ANGIÒ, Pietro d', detto Tempesta
Figlio di Carlo II e di Maria d'Ungheria, nato verso il 1290, ebbe il titolo di conte di Eboli nel 1306 e nel 1309 il feudo di Nocera e la riscossione dei dazi d'Isemia. Nello stesso anno, il 22 gennaio, aveva restituito il feudo di Montescaglioso al regio demanio, ricevendone in cambio Sorrento e Castellammare di Stabia.
Allevato a Napoli, ove il padre aveva per lui iniziato la costruzione d'un palazzo a Santa Lucia, nel 1310 venne dal fratello Roberto indicato a Filippo il Befio, re di Francia, per un matrimonio con una figlia del re d'Inghilterra, ma le trattative non furon neppure iniziate, pur essendo ben noto per la bellezza della persona e per il suo valore militare.
Dotato di notevole fascino personale, il giovane principe sembrò a Roberto bene indicato per realizzare la sua politica nell'Italia centro-settentrionale e specialmente in Toscana contro l'opposizione ghibellina di Uguccione della Faggiola: veniva perciò nominato "vicario di Toscana, di Lombardia, Romagna, della contea di Bertinoro, della città di Ferrara e capitano generale della parte guelfa in Toscana". Accolto da giubilo generale prima a Siena, ove passò coi suoi trecento cavalieri, e poi a Firenze, qui prese alloggio presso la famiglia de, Mozzi, ricevendo dal Comune per la sua carica uno stipendio di quattromila fiorini.
Pur essendo riuscito a riportare la pace sia tra Arezzo e Firenze, sia tra Arezzo e Siena il 29 sett. 1314, deluse, tuttavia, sul piano militare, le fiduciose aspettative dei guelfi di Toscana, e specie di Firenze, reagendo fiaccamente all'iniziativa di Uguccione, che aveva occupato Lucca.
Roberto fu perciò costretto a inviare in aiuto dell'A. Filippo d'Angiò principe di Taranto con altre truppe, sollecitando operazioni decise e ferme contro i ghibellini: l'A. mosse allora contro Uguccione, scontrandosi con lui nella piana di Montecatini. Le truppe guelfe furono però travolte e l'A., che aveva combattuto con grande valore, nella ritirata andò disperso: probabilmente, come molti altri, trovò la morte nel padule di Fucecchio. Certo il suo corpo non fu mai trovato (Acta aragonensia, a cura di H. Finke, II, Berlin Leipzig 1908, pp. 553-555).
Ebbe il soprannome di Tempesta per il suo carattere impetuoso.
Fonti e Bibl.: G. Villani Cronica..., Trieste 1857, IX, capp. 61, 64, 71-72, pp. . 235 s., 237 s.; F. Bonaini, Acta Henrici VII, II, Florentiae 1877, pp. 194, 222 s., 227, 232, 267, 271 s., 274; U. Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo, II Firenze 1916, pp. 530-536; B. Capasso, Il Tasso e la sua famiglia a Sorrento,Napoli 1866, p. 223, n. 18; C. Minieri Riccio, Studi storici fatti sopra 84 registri angioini dell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1876, pp. 14 s., 18, 21, 98-100; G. Del Giudice, La famiglia di re Manfredi, in Arch. stor. per le prov. napol., IV(1879), pp. 294 s.; C. Minieri Riccio, La genealogia di Carlo II d'Amgiò re di Napoli, ibid., VII (1882), pp. 230, 235, 242 s.; G. De Blasiis. Le case dei principi angioini nella piazza di Castelnuovo, in Racconti di Storia napoletana, Napoli 1908, pp. 137, 153; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, III, Berlin 1912, pp. 517, 526, 557, 570-573, 577 s., 580 s., 582 s., 586, 591, 605, 765; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, 2 voll., Firenze 1922-1930, passim; A. Cutolo, Il regno di Sicilia negli ultimi anni di vita di Carlo II d'Angiò, Milano 1924, p. 180; G. M. Monti, Dal secolo sesto al decimoquinto, Bari 1929, p. 97; Id., La dominazione angioina in Piemonte, Torino 1930, p. 72.