ANGILBERTO di Saint-Riquier
Nato, probabilmente in Neustria, di nobile famiglia franca dopo la metà del sec. VIII, morto nell'anno stesso di Carlo Magno (814), di cui era stato consigliere ed amico. Ebbe da lui, quantunque laico, la dignità di abate di Saint-Riquier (790). Fu inviato più volte ambasciatore al papa (792-6). Tenne alla corte alte cariche. Dalla figlia di Carlo, Berta, ebbe (senza giuste nozze) due figli, di cui uno fu il noto storico Nitardo. Delle sue inclinazioni mondane e dei suoi gusti per gli spettacoli reca testimonianza Alcuino, dal quale appunto, e da Paolino d'Aquileia, Angilberto era stato avviato alle lettere. Il successo che vi conseguì è provato dal nome che gli fu assegnato nell'accademia palatina: Omero; ma che il nome fosse meritato non provano i pochi scritti che di lui ci sono rimasti. Certo più che nelle prose (qualche lettera e qualche opuscolo sacro) il valore dell'Omero carolingio si misura nelle poesie. Due primeggiano fra esse: l'una in onore di Pipino reduce dalla vittoriosa campagna contro gli Avari (796); l'altra in lode di Carlo Magno, protettore della poesia, rinnovatore della sapienza antica: entrambe storicamente, e anche artisticamente, interessanti. Ma più grandi sarebbero i meriti poetici di Angilberto, se gli si potesse attribuire l'importantissimo frammento epico Karolus Magnus et Leo papa, ove le meraviglie della "seconda Roma", Aquisgrana, e le emozioni delle regali cacce, e le sventure del pontefice, e il suo incontro col re a Paderborn (799) sono rappresentati con grande vigore. È il terzo canto di un poema perduto, che terminava forse col racconto della consacrazione imperiale di Carlo Magno a Roma per opera di Leone III; ma la sua attribuzione ad Angilberto è da parecchi critici combattuta.
Ediz.: Mon. Germ. hist., Poët. lat. m. ae., I, p. 358 segg. (compreso il frammento epico Karolus et Leo).