ANGERΑ
Resti di un vicus di età romana di notevoli dimensioni sono riconoscibili presso l'odierna cittadina di A. (provincia di Varese) sulla sponda SE del Lago Maggiore.
Già noto nel Rinascimento per rinvenimenti di iscrizioni e rilievi (fra cui la celebre ara di Α., appartenuta alla Collezione Archinto e ora al Museo Archeologico di Milano) e per la presenza di ruderi, il sito fu oggetto di scavi occasionali nel XIX sec. e, nell'ultimo decennio, di indagini sistematiche. Si è così confermato l'emergere dell'abitato angerese entro la strutturazione territoriale, a fitti, piccoli agglomerati abitativi, che caratterizza la Transpadana centrale fra I e III sec. d.C.
Incerto rimane il toponimo, proposto dal Mommsen, di Vicus Sebuinus (da un'iscrizione di non sicura provenienza dall'abitato) di tradizione preromana; il nome Stano, ben testimoniato in età medievale, sembra meglio riferirsi alla posizione dell'abitato in una insenatura adatta agli approdi.
Lo sviluppo del vicus dovette infatti dipendere dalla sua posizione di ottimo porto naturale sul Verbano, inserito nell'importante asse di comunicazione fluvio-lacuale, che, attraverso il Po e il Ticino, metteva in comunicazione l'Adriatico con la Transpadana centrale e il sistema alpino. L'ampiezza dei traffici per via d'acqua da e per i valichi alpini, è confermata a Ν del Verbano dalla ricchezza dell'approdo romano presso Locarno (Canton Ticino), e sulla sponda O, da quello alle foci del Toce.
Gli scavi sistematici più recenti (1976-86: Università degli Studi di Milano e Soprintendenza Archeologica della Lombardia) hanno messo in luce, a E del vicus, una grande necropoli di I-III sec. d.C. Prevalgono, per i primi due secoli, le tombe a cremazione diretta o a recinto di pietre e le inumazioni infantili; le inumazioni in cassa lignea o in loculo in muratura per il III-IV sec. d.C. Le sepolture erano raggruppate, mai sovrapposte, in dossi con addensamenti di tombe non contemporanee, così da poter ipotizzare aree funerarie familiari. Numerosi piccoli sepolcreti, sparsi nel territorio circostante, devono probabilmente considerarsi sepolture «prediali» disposte ai confini delle proprietà terriere. Le caratteristiche della necropoli forniscono dunque il quadro di un popolamento sparso, di carattere agricolo e artigianale, gravitante su un insediamento in riva al lago a carattere portuale e commerciale.
L'analisi dei corredi evidenzia, per il vicus, una popolazione economicamente omogenea con due momenti di espansione: nella seconda metà del I sec. d.C. e in età antonina e severiana. Gli oggetti d'uso (ceramiche fini e comuni, vetri, lucerne, piccola coroplastica) si riferiscono in gran parte alle manifatture centropadane che distribuivano i loro prodotti non solo a medio raggio (l'area culturalmente omogenea del c.d. comprensorio Ticino-Verbano) ma, esportandoli in età tiberiano-flavia, a Ν in area retica e a E verso l'Adriatico, raggiungendo in alcuni casi, attraverso Aquileia, le Provincie pannoniche. All'interno di tali intensi rapporti commerciali privilegiati dalle vie fluviali, A. doveva rappresentare un importante centro di smistamento.
L'abitato antico coincideva con quello moderno. Studi sulla strutturazione urbanistica attuale, rinvenimenti casuali e i risultati dei recenti interventi sistematici, consentono di riconoscere un centro in forte espansione verso il lago in età tiberiano-flavia, insediatosi su un precedente, modesto abitato celtico (forse dei Sebuini) in altura. Vi sono tracce di uno spazio forense, con numerose iscrizioni sacre (fra cui un'ara alle Matrone), un sacello con pronao e columnae caelatae con motivi sovrapposti di una tipologia ben conosciuta in ambiente transalpino, forse un impianto termale, di cui restano pochi indizi. Assai poco conservate sono tutte le strutture abitative di I e II sec. d.C.: di tale periodo restano invece ingenti quantità di frammenti ceramici, talvolta riutilizzati per rialzi e vespai in epoca successiva. Una grande espansione dell'abitato è rilevabile nel corso del IV sec. d.C., dovuta probabilmente al ben noto incremento della navigazione fluvio-lacuale in età tardoantica e alla vicina presenza di Milano, sede imperiale. Si ha una ristrutturazione urbanistica a isolati regolari verso il lago e, forse, un potenziamento degli approdi. All'interno della struttura vicanale sono testimoniati molti piccoli edifici a carattere abitativo/produttivo, caratterizzati da ampie cisterne di fattura molto accurata e da piccoli forni, un modesto impianto termale e un ricchissimo deposito archeologico (ceramiche, strumenti metallici, vetri, monete, scorie di lavorazioni).
Uno scavo sistematico condotto in un ristretto spazio a NO del centro vicanale (giardino della Casa Anziani) ha restituito una stratigrafia archeologica dalla metà del I sec. a.C. a età rinascimentale. Sono state messe in luce murature relative alle fondazioni di un edificio di vaste proporzioni, associate a materiali prevalentemente di IV sec. d.C., con orientamento corrispondente a quello della ristrutturazione urbanistica tardoromana. Tre o più tombe a lastroni e muretti databili intorno alla fine del V sec. d.C., impostate sulle fondazioni dell'edificio degradato e distrutto, segnalano l'uso, in quell'epoca, del seppellimento in vicum in un'area forse adiacente a edifici di culto cristiano, sulla cui esistenza vi sono numerosi indizi. A tali strutture possono riferirsi una grande cisterna rotonda e resti di un poderoso muro perimetrale.
Un edificio a prevalente carattere produttivo, di cui si sono riconosciute tre fasi tra la metà del III sec. e il V sec. d.C., è stato rinvenuto in zona extravicanale, tra la necropoli E e un approdo lacuale. Uno spazio parzialmente aperto a cortile era adibito a lavorazioni ceramiche e di piccola metallurgia con cisterna, piano di lavorazione, forno; a E un'area coperta comprendeva un grande ambiente di lavoro, piccoli vani e ingresso porticato. La pianta riproduce uno schema di edificio rustico esteso in lunghezza e con porticati esterni, ben noto nella Transpadana e in area transalpina. Tettoie con sostegni lignei e coperture in laterizio dovevano servire per stoccaggio o ulteriori lavorazioni. Sull'edificio, più volte abbandonato, (con occultamento di un ricco tesoretto alla fine del III sec. d.C.) si installarono piccole strutture abitative alla fine del V sec. d.C.
La loro presenza conferma, come i contemporanei resti entro il vicus e le testimonianze dei materiali, che il sito non fu abbandonato in età altomedievale; contraendosi al di là di un fossato (anch'esso rinvenuto per il tratto E nei recenti scavi dell'Università di Milano) presso una struttura fortificata facilmente difendibile, si trasformò senza soluzione di continuità nel borgo medievale che prese il nome di Angleria.
Bibl.: M. Bertolone, Lombardia romana, II, Milano 1939, p. 73 ss.; E. Ratti, Sebuinus Vicus. Ricerca pilota, analitica e stratigrafica su un villaggio della Cisalpina, in AttiCItRom, VI, 1974-75, p. 200 ss.; G. Sena Chiesa, Scavi dell'Università degli Studi di Milano nella necropoli romana di Angera, osservazioni preliminari, in Acme, XXXII, 1979, p. 38 ss.; M. P. Lavizzari Pedrazzini, Terra sigillata e ceramica comune della necropoli romana di Angera, ibid., XXXIII, 1980, p. 205 ss.; G. Sena Chiesa, Candida marmorum fragmenta, in Studi in onore di M. Bertolone, Varese 1982, p. 111 ss.; G. M. Facchini, Osservazioni sui recenti ritrovamenti di via Milano, ad Angera, ibid., p. 127 ss.; G. Rovelli, Un erote bronzeo ad Angera, ibid., p. 145 ss.; M. Tamborini, G. Armocida, E.A. Arslan (ed.), Angera e il Verbano orientale nell'antichità. Atti della giornata di studio, Angera 1982, Milano 1983; G. M. Facchini, Guida al Museo Civico di Angera Parte II: Età romana, Angera 1983; G. Sena Chiesa, Angera: scavi nell'abitato, in Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, 1984, p. 62 ss.; ead., Scavi nella necropoli romana di Angera, in Scavi e ricerche archeologiche degli anni 1976-1979, II (Quaderni de «La ricerca scientifica», 112), Roma 1985, p. 385 ss.; G. Sena Chiesa, M. P. Lavizzari Pedrazzini (ed.), Angera romana. Scavi nella necropoli, 1970-79, 2 voll., Roma 1985; G. Sena Chiesa, in Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, 1985, p. 97 ss.; ead., ibid., 1986, ρ. ιοί; «Fabularum patria». Angera e il suo territorio nel Medioevo. Rocca di Angera 1986, Bologna 1988; M. T. Grassi, Nuovi materiali provenienti dal centro del vicus romano al Civico Museo di Angera (Va), in RAComo, CLXX, 1988, p. 177 ss.; ead., Rinvenimenti monetali da Angera (Varese), scavi 1980-1984 in BollNum, XI, 1988, p. 7 ss.; AA.VV., Angera: il vicus e Angera, edificio produttivo extra vicanale, in Milano Capitale dell'Impero Romano 286-402 d.C. (cat.), Milano 1990, pp. 243 ss., 250 ss.; AA.VV., Angera romana, II. Scavi nell'abitato, 1980-1986, in corso di stampa.