TOSETTI, Angelo
TOSETTI, Angelo (Lello, Lelio). – Figlio di Pietro (di Stefano), nacque a Roma in data imprecisata, da collocarsi nel primo decennio del XIV secolo (probabilmente prima, ma non di molto, del 1304; cfr. F. Petrarca, Familiares XX, 12, 4: «qui me patrem et te filium vocabat, cum et tu me senior sis et ipse proavus esse posset amborum»), da una famiglia residente nel rione dei Colonna (e a loro legata da rapporti di clientela). Pietro Tosetti fu al servizio dei cardinali Pietro e Giacomo: la famiglia fu proprietaria dell’arco Antonino (o di Claudio), monumento che assunse dapprima la denominazione dei Tosetti e poi di Carbognano; era una dimora fortificata in diretto collegamento con le case dei familiares dei potenti Colonna.
La fama di Tosetti è dovuta all’amicizia con Francesco Petrarca, maturata fin dalla gioventù nell’ambiente colonnese: il soprannome latino Lelius gli fu attribuito probabilmente per la vicinanza con il diminutivo Lellus e, forse, per la passione rivolta alla storia.
Nulla si sa sulla formazione di Tosetti, che però dovette seguire il cursus studiorum dei suoi tempi: diversi testi (dal Liber de coronatione Karoli IV imperatoris di Giovanni Porta di Annoniaco alla Tertia Vitae Clementis VI fino ad alcune lettere di Petrarca, come Familiares III, 22) lo presentano come un eccellente oratore.
È probabile – anche se non sicuro – che il 22 aprile 1328 Tosetti fosse al seguito di Giacomo Colonna, quando questi affisse sulla porta della chiesa di S. Marcello a Roma la bolla di scomunica all’imperatore Ludovico il Bavaro. Questo atto di coraggio segnò il destino di entrambi: Giacomo, un mese dopo, fu nominato vescovo di Lombez. Il trasferimento del nuovo vescovo e del suo seguito avvenne, però, solo nel 1330: il giovane nobile romano non solo non possedeva, nel 1328, l’età prevista dal diritto canonico per la nomina, ma non era stato ancora consacrato sacerdote. La cerimonia avvenne nel luglio del 1329 ad Avignone: in questa occasione, se si presta fede a un dato cronologico in Seniles III, 1, 20, dovrebbe risalire l’amicizia con Petrarca, il quale, peraltro, ricorda che la morte dell’amico capitò nel «quartus ac trigesimus [...] annus amicitie».
La permanenza a Lombez – con probabili missioni ad Avignone – durò tre anni: già nel 1333, come attesta una lettera di Petrarca (con cui, assieme al musicista fiammingo Ludwig Van Kempen, aveva stretto profonda amicizia), Tosetti fece ritorno a Roma assieme a Giacomo, il quale fu chiamato a risolvere una nuova contesa contro gli Orsini. Tale viaggio è attestato in Familiares I, 6, 4 (e in Seniles III, 5, 7), dove Petrarca, di rientro da una trasferta e venuto al corrente della partenza del vescovo, affermava di essere invidioso di Angelo per l’immensa fortuna di vedere l’Urbe. Tosetti fu al fianco del suo protettore fino alla pace del settembre del 1337.
Il ritorno di Giacomo nella sua diocesi fu fissato nel 1341, ma il secondo soggiorno a Lombez durò solo pochi mesi: nel settembre dello stesso anno il vescovo morì e Tosetti passò al servizio del fratello, l’influente cardinale Giovanni (presso cui già dimorava il parente e uomo d’armi Pietro di Niccolò de’ Tosetti). Durante questi anni non furono rari i viaggi: nella Dispersa II, diretta a Guglielmo da Pastrengo, e risalente almeno al 1339, Petrarca preannuncia una visita in Valchiusa all’amico comune.
Nel novembre del 1342 Tosetti partì da Roma per Avignone assieme alla delegazione capitanata dai senatori Stefano Colonna il giovane e da Bertoldo Orsini, con l’incarico ufficiale di conferire la signoria vitalizia al nuovo papa Clemente VI, ma con il vero obiettivo di invocarne il ritorno a Roma e di auspicare l’anticipazione dell’anno santo al 1350. Da quanto si legge dalla Tertia Vitae Clementis VI (Stephanus Baluzius, Vitae paparum Avenionensium, a cura di G. Mollat, I, Paris 1914, p. 279), fu proprio Tosetti a riferire le richieste dei cittadini romani.
Dal testo si apprende che il «nobilem virum Lellum Petri Stephani de Thosetis» (ibid.) poteva vantare tre cariche: «syndicum [...] Urbis», «magistri hostiarii» del papa e ‘procuratore’ del popolo. Le cariche vengono ricordate in una lettera di Clemente VI che risale al 7 ottobre 1347: Lello vi è definito «domicello romano» (da Theiner, 1862, n. CLXXVIII, si tratta di un titolo nobiliare di secondo ordine) e ‘familiare’ del papa, e viene posto sotto la diretta protezione del pontefice ed esentato dall’obbligo di comparire davanti a Cola di Rienzo in ragione di una precedente citazione volta a spiegare le sue attività a Roma.
Il momento era molto critico: a metà settembre il tribuno aveva incarcerato i baroni, con Stefano Colonna il vecchio in testa (salvo poi liberarli); a novembre si consumerà la battaglia di porta S. Lorenzo con la morte di molti membri del casato Colonna (Lelio informò Petrarca della tragedia: cfr. Familiares VII, 5, 6). Non è difficile supporre che in un momento di così alta tensione, Cola abbia provato a scardinare il complesso sistema governativo romano in cui Tosetti, in qualità di syndicus, deve aver giocato un ruolo di primo piano.
È difficile stabilire in quale ufficio consistette la carica assunta e la durata della stessa (perpetua o speciale); dalla lettera di Clemente VI si apprende solo che il titolo gli era stato concesso dai cittadini romani. Differente il caso dell’attributo ‘maestro ostiario’: si trattò di una carica onorifica legata agli Ordini minori che prevedeva anche uno stipendio; il compito era quello di aprire le porte ai fedeli (a questo ruolo alludono i versi finali dell’anonimo sonetto Quella chiara virtù, che·sse diriva: «e sol per questa gratïosa porta, / per la qual tanta chiarità si vede, / Roma convien intrar chi Lello crede»; Biblioteca apostolica Vaticana, Chigi, M.IV.79, c. 60). La lettera del pontefice offre un ulteriore dato sulla biografia di Tosetti: il papa gli ordinò di rimanere presso la curia, dunque di non allontanarsi da Avignone; è probabile che partì per Roma solo con l’aggravarsi degli eventi.
Ai primi mesi del concitato 1347 risale anche una missione a Napoli per curare alcuni affari che vedevano coinvolto il vescovo di Trani (forse Filippo di Napoli o il predecessore Guillaume de Rosières). Del viaggio vi è la testimonianza della Dispersa VII, che Petrarca inviò a Barbato da Sulmona per presentargli l’amico.
Il 12 febbraio 1349 Tosetti era di nuovo in Provenza come rappresentante, assieme a Stefanello Colonna, di Pietro di Giordano Colonna nella compravendita da parte del nipote del papa, Guillaume de la Jugie, delle proprietà della «Laviniara» e dei «Loci de Ferralibus» che appartenevano alla famiglia romana; anche in questa occasione è nominato «magistrum hostiarium domini nostre pape». Tra il 1351 e il 1353 risiedette a Roma dove fu al servizio di Stefanello Colonna di Palestrina; in questi anni, a quanto attesta Petrarca (Familiares XV, 1), fu impegnato nella riforma del senato della città. Durante la discesa in Italia di Carlo IV chiese ed ottenne una lettera di presentazione da parte dell’amico (datata 25 febbraio e, dunque, risalente al 1355; Petrarca affermò che la lettera sarebbe stata fatta recapitare a Pisa). In considerazione del fatto che l’imperatore fu ad Avignone, prima dell’incoronazione, già nella primavera del 1346, è possibile supporre che Tosetti non fosse in Provenza in quella circostanza.
Poco aggiunge alla biografia di Tosetti la Familiare III, 20, 4: essa è stata collocata cronologicamente alla fine degli anni Quaranta, ma senza prove decisive (è assente la redazione originale), e fa parte di un gruppo di quattro epistole il cui scopo principale è esaltare la virtù di Lelio (gli stessi «studia» potrebbero riferirsi a Livio e non agli ambiti accademici). In due di esse si fa riferimento a un intervento di Tosetti presso il potente signore di entrambi, probabilmente Giovanni Colonna, al fine di procurare la liberazione di un giovane ingiustamente imprigionato a Thor (del fatto non si hanno ulteriori notizie). Se si tiene conto del progetto cronologico alla base della fictio della raccolta epistolare petrarchesca, l’episodio potrebbe essere collocato agli inizi degli anni Quaranta: in questo modo Petrarca avrebbe valorizzato il potere del suo nuovo protettore (e dell’amico) ponendolo in rapporto narrativo con la laurea poetica raccontata nel successivo IV libro dell’epistolario.
Il 26 marzo 1355 Tosetti entrò a Roma come procuratore imperiale per l’Italia e il 5 aprile preparò l’incoronazione del nuovo imperatore; a Carlo inviò due lettere (una fu pubblicata da Schieche, 1927, pp. 339-349). Nello stesso anno, infine, si impegnò in una supplica al pontefice per alcuni nobili, tra cui un Colonna. Almeno fino al 1358 era ancora ad Avignone, dove ebbe dissapori con l’amico Ludwing van Kempen, sanati da Petrarca per via epistolare (la vicenda è raccontata nel gruppo delle Familiares XX, 12-15).
La sua figura presenta ancora alcuni aspetti poco chiari ma è certo che fu centrale nella vita politica romana del XIV secolo, come testimoniano tre sonetti anonimi che invocano l’intervento di Tosetti per risolvere alcune faide, tra cui il possesso di Tivoli: si tratta di Poi ch’al sommo signor terreno piacque, del già menzionato Quella chiara virtù, che·sse diriva (entrambi conservati nella Biblioteca apostolica Vaticana, Chigi, M.IV.79) e di Poi ch’al Fattor de l’universo piacque (F. Petrarca, Rime disperse, a cura di A. Solerti, 1909, p. 188); lo stesso Petrarca gli inviò alcuni testi poetici (come attestato dal codice della Biblioteca apostoloca Vaticana, Vat. lat. 3196), a dimostrazione del ruolo ricoperto anche nel campo della lirica volgare.
Fu, forse, autore di un’opera storica, perduta, dedicata alla genealogia dei Colonna, di cui fanno menzione due autori cinquecenteschi: secondo Scipione Ammirato Tosetti «mise insieme la discendenza dei Colonnesi» (si veda Rossi, 1999, p. 417), mentre Vincenzo Carrari fa riferimento alla «Genealogia de’ Colonnesi» (Carrari, 2007, p. 410). In cosa consistette l’opera non è noto. È stato anche congetturato, sulla base del passo di Ammirato, che Lello sia l’autore della Cronica dell’Anonimo romano, e anche se l’ipotesi non è stata accolta, va notato che gli interessi di Lello su Tivoli (cfr. Poi ch’al sommo signor terreno piacque) negli stessi anni di presenza dell’Anonimo romano nella città laziale (Tosetti vi fu senz’altro il 7 aprile 1355 al seguito dell’imperatore) aprono prospettive ancora da indagare sui rapporti tra Tosetti, l’identità dell’autore della Cronica e l’opera stessa.
Morì prima del 7 settembre 1363, come viene attestato da Petrarca che scrive a Giovanni Boccaccio. È possibile restringere la data della morte, avvenuta o a seguito di alcuni tumulti popolari o per lo scoppio di un nuovo focolaio di peste: in Seniles III, 1, 164, Petrarca afferma che quell’anno Boccaccio rimase da lui tre mesi mentre nella successiva (III, 2) rimprovera l’amico di essere venuto a conoscenza della morte di Lelio senza averlo informato. La morte di Tosetti va pertanto collocata o durante l’estate del 1363 o nelle ultime settimane della primavera precedente al soggiorno veneziano.
Risale invece a tre anni prima una malleveria, attestata dai Protocolli di Johannes Nicolai Pauli (a cura di R. Mosto, 1982, pp. 135-137), a favore di due parenti per l’acquisto della fortezza di Tor Vergata dai Capocci: tale atto è l’ultimo documento che riguarda Tosetti vivo. L’ultimo ritorno a Roma da Avignone, considerata anche una lettera di Francesco Nelli a Petrarca, in cui il priore della chiesa dei Ss. Apostoli affermò di aver incontrato il comune amico a Firenze, dovette avvenire entro la primavera del 1360.
Fonti e Bibl.: Per le opere di Petrarca: le Seniles si leggono dall’edizione a cura di S. Rizzo e M. Berté, Firenze 2006-2018; le Familiares dall’edizione a cura di E. Bianchi, Firenze 1975; le Disperse dall’edizione curata da A. Pancheri, Parma 1994. Il sonetto Poi ch’al Fattor de l’universo piacque è stato pubblicato in F. Petrarca, Rime disperse, a cura di A. Solerti, Firenze 1909, p. 188. Alcune informazioni sulla famiglia si trovano in I protocolli di Johannes Nicolai Pauli, a cura di R. Mosto, Roma 1982, nel terzo volume della monumentale opera di G. Tomassetti, La campagna romana, Roma-Firenze, 1879-1910 (rist. anast. Firenze 1979) e in E. Martin-Chabot, Contribution à l’histoire de la famille Colonna de Rome dans ses rapports avec la France, in Annuaire-Bulletin de la société de l’histoire de France, LVII (1920), pp. 137-181. Per un quadro generale importante la lettura di A. Rehberg, Familien aus Rom und die Colonna auf dem kurialen Pfründermarkt (1278-1348/78), I-II, in Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken, LXXVIII (1978), pp. 1-122, LXXIX (1979), pp. 99-214.
Si vedano inoltre: A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, I-III, Roma 1862, passim; H. Cochin, Un amico di Francesco Petrarca, Firenze 1901; E. Schieche, Ein Schweidnitizer Formularbuch Johanns von Neumarkt, in Verein für die Geschichte Schlesiens Zeitschrift, LXI (1927), pp. 334-355; L. Herlands Hornstein, Petrarch’s Laelius, Chaucer’s Lollius?, in Modern Language Association, XLIII (1948), 1, pp. 64-84; V. Carrari, Istoria di Romagna, a cura di U. Zaccarini, I, Ravenna 2007, p. 410; D. Internullo, Ai margini dei giganti. La vita intellettuale dei romani nel Trecento, Roma 2016, pp. 175-180. Il riconoscimento di Tosetti come autore della Cronica è stato proposto da A. Rossi, Anonimo romano: Lello de’ Tosetti, in Id., Da Dante a Leopardi, Firenze 1999, pp. 412-417.