SPANNOCCHI, Angelo
– Nacque il 26 luglio 1540 a Siena da Girolamo e da Bianca Nicolucci dal Golia.
La famiglia paterna figurava tra le maggiori della città, e lo stesso Girolamo fu uomo di ingenti ricchezze che si distinse per il valore dimostrato nel corso dell’assedio ispano-mediceo a Siena tra il 1554 e il 1555. Alcuni dei fratelli di Angelo dettero lustro alla casata grazie agli incarichi conseguiti presso diverse istituzioni: Orazio fu lettore di diritto a Siena, auditore di rota a Firenze, legato pontificio e vescovo di Chiusi; Silvio fu anch’egli lettore di diritto nelle Università di Siena e Macerata, nonché auditore presso la rota fiorentina e, nell’ultima parte della sua vita, giudice dei pupilli a Siena; Tiburzio entrò nell’Ordine dei Cavalieri gerosolimitani e, grazie alle eccellenti doti di ingegnere militare di cui aveva dato prova, fu chiamato al servizio della Corona di Spagna insieme al fratello Mario.
Terminati gli studi universitari a Siena, Angelo ottenne il primo incarico come lettore di diritto presso lo Studio cittadino, ove rimase per cinque anni. Dal 28 agosto 1570 fu condotto all’insegnamento del diritto civile nello Studio di Salerno, presso il quale restò per i successivi sedici anni: la chiamata di Spannocchi nell’università campana s’inscriveva nella diaspora dei molti dottori senesi che, sulle orme di Marcello Biringucci, complice anche la crisi nella quale versava in quel periodo lo Studio di Siena, trovarono favorevole collocazione presso gli Studi di Napoli e Salerno. Imbevuto di insegnamenti sociniani, nelle sue lezioni salernitane Angelo lesse il «comento di Soccino de verbo ad verbum, oltre l’introdutione dei testi che pone l’istesso Soccino» (Nardi, 1975, p. 205; Rossi, 1906, pp. 47 s.).
Sul finire del 1585, il Senato di Bologna lo ingaggiò come lettore dello Studio a partire dall’anno successivo. Il suo passaggio allo Studio bolognese non fu agevole, ma anzi dovette essere molto travagliato: sebbene infatti gli venisse riconosciuta una buona capacità di esposizione, d’altro canto il dottore senese aveva fama di carenza di memoria e scarsa attitudine all’argomentazione. L’eco di queste notizie contraddittorie, amplificata dall’impossibilità di giudicarne gli scritti a causa della sua ritrosia nel pubblicare – al punto che, pur essendo egli docente universitario ormai da molti anni, non si aveva ancora notizia alcuna di una sua opera che fosse stata data alle stampe –, aveva già fatto naufragare una prima trattativa per portare Spannocchi a Bologna, consumatasi infruttuosamente tra il 1582 e il 1583 (Costa, 1903-1904, pp. 250-252).
Una volta che ebbe inizio il suo insegnamento bolognese, tuttavia, ogni riserva nei suoi confronti dovette cessare, posto che Spannocchi mantenne la cattedra nella città felsinea per ben ventinove anni, e fu insignito anche della cittadinanza. Per quanto riguarda la docenza presso lo Studio bolognese, durante il primo anno accademico egli tenne la lettura straordinaria dell’Inforziato, per passare l’anno successivo al Digestum Novum, mentre in seguito alternò la lettura dell’Infortiatum (negli anni accademici 1588-89, 1590-91, 1592-93), a quella del Novum (durante gli anni accademici 1589-90, 1591-92, 1593-94, 1594-95, 1595-96). Nel corso degli anni seguenti proseguì l’insegnamento del Digesto, sempre sui libri straordinari, che lesse dal 1600 fino alla morte.
Se quanto al metodo di insegnamento Spannocchi si mantenne fedele alla tradizione scolastica dei commentatori (mos italicus), d’altra parte egli fu in rapporti epistolari con alcuni dei più brillanti umanisti del suo tempo, come il fiammingo Giusto Lipsio e l’erudito senese Bellisario Bulgarini, insieme al quale militò a Siena nell’Accademia letteraria degli Accesi e di cui accolse a pensione presso la propria casa due figli, studenti universitari a Bologna.
La morte lo colse il 25 luglio 1614 a Bologna e fu sepolto nella cappella maggiore del convento di S. Benedetto, che egli stesso aveva fatto erigere. L’intera eredità di Angelo fu devoluta per testamento al fratello Silvio.
Della sua non copiosa produzione scientifica ci resta soprattutto un Liber singularis ad l. Gallus, ff. de lib. et post., stampato per la prima volta a Bologna nel 1587 presso le officine di Giovanni Rossi. Di quest’opera Spannocchi realizzò anche un breve sunto, intitolato Scaevola lucidatus seu Paraphrasis ad legem Gallus, Dig. De lib. et postumis, che fu dato alle stampe, con gli stessi torchi, contemporaneamente al volume principale. Conformemente alla prassi giudiziaria del tempo, si cimentò anche nell’attività di giurista consulente, fatto testimoniato da un consilium a stampa, senza data ma ascrivibile senza dubbio al periodo bolognese, come risulta dalla sottoscrizione «Angel. Spannocchius I.U.D. Senen. et Bonon. Profess. Iur. Civ. Primarius», nonché la sottoscrizione di un consulto di Antonio Piaggio, entrambi legati insieme ad allegazioni di diversi dottori in una miscellanea stampata a Perugia nel 1595 (Responsa diversorum iurisconsultorum, Perusiae, Apud Petrum Iacobum Petrutium). Un’Oratio habita per eum Bononia in sua schola magna prima mensis Martii 1586, recitata a lode del Senato e dello Studio di Bologna, fu fatta stampare da Angelo presso Giovanni Rossi nel 1587, a titolo di ringraziamento per avere ottenuto il rinnovo del contratto di docenza presso l’ateneo bolognese per altri sette anni.
Fonti e Bibl.: G.N. Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica e civile dal principio di essi e per tutto l’anno 1619, Bologna 1620, pp. 242 s.; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, I, pp. 183 s., 464-466, 668-672, II, pp. 197, 323 s.; A. Fontana, Amphitheatrum legale seu Bibliotheca legalis amplissima, Parmae 1688, col. 302; G. Gigli, Diario sanese, Lucca 1723, I, p. 180, II, pp. 293-296; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1790, pp. 22-26; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 294; C. Mazzi, La congrega dei Rozzi di Siena nel secolo XVI, II, Firenze 1882, pp. 344-346; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, II, Bologna 1889, pp. 223, 226, 229, 233, 236, 240, 243, 248, 251, 255, 258, 260, 263, 266, 269, 273, 277, 280, 284, 287, 291, 295, 298, 302, 306, 310, 313, 317; E. Costa, La prima cattedra pomeridiana di diritto civile nello Studio bolognese durante il secolo XVI, in Atti e Memorie della Regia Deputazione di storia patria per le province di Romagna, XXII (1903-1904), pp. 213-252; P. Rossi, La prima cattedra di Pandette nello Studio Senese, in Studi senesi, XX (1906), pp. 39-62; G.B. Di Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, II, Bologna 1965, p. 550; P. Nardi, Note sulla scuola giuridica senese negli anni della caduta della Repubblica, in Studi senesi, LXXXVII (1975), pp. 195-220; M. Quaglino, «Pur anco questa lingua vive, e verzica». Belisario Bulgarini e la questione della lingua a Siena tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, Firenze 2011, pp. 32 s., 35, 37-40, 42, 44, 52, 89; D. Danesi, Cento anni di libri: la biblioteca di Belisario Bulgarini e della sua famiglia, circa 1560-1660, Firenze-Pisa 2014, pp. 14, 20.