SOLIMENA, Angelo
SOLIMENA, Angelo. – Nacque a Canale, frazione di Serino (Avellino), il 17 novembre 1629, da Orazio e da Angela Perreca, e venne battezzato il giorno seguente nella locale parrocchia di S. Lorenzo (Pavone, 1980, p. 135).
Ebbe come maestro a Solofra (Avellino) Francesco Guarini (che frequentò Massimo Stanzione a Napoli e morì nel 1651), osservando i cui principi imboccò «quella strada che conduce all’acquisto dell’arte, che sono il disegno, la freschezza del colore ed il buon gusto del naturale e del vero», non senza la scorta di «una ragionevole e graziosa invenzione» (Roviglione, 1731).
Il termine cronologico più antico nel catalogo di Solimena è il 1654, quando a Solofra, feudo degli Orsini, il pittore datò uno dei tre dipinti (la Moltiplicazione dei pani, recante pure il monogramma con le iniziali, di lì in avanti tipico di lui) nel soffitto di S. Andrea (Braca, 1988). Quell’anno è datata pure la Pentecoste nella collegiata di S. Michele a Solofra, opera di solida estrazione naturalistica, da tempo riferitagli (Bologna, 1955, p. 64). Danno conto della prossimità con il Guarini in specie tardo le due tele (la Madonna delle anime purganti e santi e la Madonna col Bambino e santi, questa seconda datata 1655) nella chiesa del Corpo di Cristo a San Sossio di Serino. All’inizio, dunque, il pittore si faceva interprete locale del naturalismo napoletano di primo Seicento, eppure temperato dall’esempio d’uno Stanzione (Pavone, 1979).
Al 2 ottobre 1655 risale il matrimonio con Marta Grisignano, di famiglia della piccola borghesia dell’allora Nocera Soprana (dipartimento della civitas di Nocera de’ Pagani, oggi suddivisa in cinque comuni in provincia di Salerno), dove Angelo s’impegnava a vivere per almeno vent’anni continui, con la facoltà, tuttavia, di allontanarsene periodicamente per svolgere la sua professione (Tramontano, 2002, p. 121). Prima, però, il pittore si rifugiò con la moglie a Canale, tra più sicuri monti, durante la peste del 1656. Qui la coppia ebbe, il 4 ottobre 1657, il primogenito Francesco (Ferrazzano, 1922, pp. 5 s.). In tale periodo Angelo era impegnato a illustrare il soffitto (distrutto già nel 1768) del santuario nocerino di S. Maria Materdomini, allora retto dai basiliani (Fabiano d’Afragola, 1938). Poi, nel 1664, risulta che il pittore s’era ormai stabilito a Nocera da due anni; e, il 27 ottobre di quell’anno, il padre Orazio lo nominò unico erede di un patrimonio non trascurabile, dovuto alla compravendita d’immobili (Tramontano, 1990, p. 126).
Nello stesso 1664 l’artista realizzò la Deposizione dalla croce per la chiesa di S. Matteo a Nocera Inferiore (opera rubata), riprendendo il celebre modello perugino di Federico Barocci (Pavone, 1980, p. 53). Siglata e datata 1665 è, poi, l’Immacolata Concezione e santi per il Ss. Nome di Gesù e Maria a Sorbo Serpico, presso Avellino.
Siglata pure e datata 1667 è l’Apparizione della Madonna e di s. Giovanni Evangelista a s. Gregorio Taumaturgo nella chiesa di S. Maria del Suffragio, detta del Purgatorio, a Gravina (oggi Gravina in Puglia, provincia di Bari), su commissione di Giovanna Frangipane della Tolfa, vedova del duca Ferdinando III Orsini. Il dipinto risente soprattutto del modello stanzionesco, d’analoga composizione, per S. Paolo Maggiore a Napoli, e una simile iconografia rimanda, peraltro, all’unica opera (comunque perduta) che le fonti settecentesche ricordano di Angelo nella capitale partenopea, cioè nel cosiddetto Carminello ai Mannesi (Sigismondo, 1788). Per la succitata chiesa gravinese, luogo di sepoltura degli Orsini, il pittore aveva già dipinto, presumibilmente entro il 1660, l’Annunciazione, attribuitagli dalla critica (Lattuada, 1982).
Del 1669 sono gli affreschi nella chiesa del Ss. Salvatore a Calvanico, nel Salernitano, dove si mostrano, in una maggior larghezza di modi, segnali d’interesse verso la pittura emiliana, Giovanni Lanfranco in specie (Pavone, 1990, p. 59). Ciò sembra accennato anche in alcune tele di poco successive, e di destinazione ancora periferica, come la Madonna di Costantinopoli coi ss. Bartolomeo e Nicola di Bari in S. Maria delle Grazie a Roccapiemonte (Salerno) e la Madonna delle anime purganti nell’abbazia di S. Maria Maddalena in Armillis a Sant’Egidio di Montalbino (Salerno), dipinti entrambi siglati e datati 1671. Segue la Ss. Trinità per l’omonima chiesa di Avellino, siglata e datata 1672. A questo tempo dovrebbero datarsi pure il S. Francesco che chiede l’indulgenza plenaria per la Porziuncola (solo siglato) in S. Lorenzo a Salerno e la Sacra Famiglia e santi (anch’essa solo siglata) nei Ss. Pietro e Paolo a Mercogliano (Avellino).
Nelle fonti biografiche settecentesche si riferisce della confidenza tra Angelo Solimena e Pier Francesco Orsini dei duchi di Gravina, poi frate domenicano Vincenzo Maria, e futuro papa Benedetto XIII.
Famoso è l’episodio in cui l’Orsini nel 1674 (quand’era cardinale di S. Sisto), ospite in casa di Angelo, avrebbe incoraggiato l’amico a mandare Francesco a Napoli per farsi un nome nella pittura. Più in genere, il prelato rappresentò per l’artista un indubbio riferimento, quale ispiratore di una linea moderata e decorosa delle immagini sacre, contemplandovi rigore devoto e corretta intelligibilità, di contro a sussulti d’estro più disinvolti o scopertamente decorativi.
È in tale clima che va considerata la ben nota lettera, del 5 maggio 1685, indirizzata a Solimena dal dotto abate Pompeo Sarnelli (1686), sodale appunto dell’Orsini. Lo scrivente, testimone del bagaglio anche letterario dell’artista, desiderava che questi gli dipingesse quattro quadri, raffiguranti il Cristo, la Madonna, s. Pietro e s. Paolo, raccomandandosi di renderli senza «tanta bizzarria pitturesca», né «stravaganza di panneggiamento e di positura», bensì aderenti alle oneste descrizioni da lui stesso fornite (Basile Bonsante, 1994).
L’ottavo decennio del Seicento comprende inoltre alcune importanti imprese decorative, sancendo l’affermazione dell’attività matura di Solimena nei centri interessati, insieme ad altri cicli eseguiti in contesti minori, e rispondenti a piane esigenze di devozione di piccole comunità.
Il più vasto di tali incarichi ebbe luogo nella chiesa del complesso benedettino femminile di S. Giorgio a Salerno: coadiuvato da collaboratori, il maestro vi dispiegò a fresco Storie e miracoli di s. Benedetto nella volta della navata e alla parete sopra l’ingresso, Figure allegoriche tra le finestre, la Passione di Cristo nel coro, il Paradiso nella cupola e gli Evangelisti nei pennacchi, una silloge di Santi, Angeli musicanti e Putti nelle cappelle, e sistemò le tele con la Crocifissione e S. Benedetto alle testate del transetto. Il ciclo (oggi non privo di guasti conservativi) fu concluso da Angelo nel 1675, data apposta nella Deposizione dalla croce, in cui il pittore impiegò l’invenzione di Peter Paul Rubens per la cattedrale di Anversa, conosciuta a mezzo di stampa (ma la decorazione della cappella delle Ss. Tecla, Archelaa e Susanna in S. Giorgio fu terminata solo nel 1680 da Francesco Solimena, segnando, nell’apertura barocca, una netta distanza formale dal linguaggio paterno). A seguire, databili verso il 1676, sono gli affreschi di Angelo nella cappella della Madonna del Carmelo in S. Maria delle Grazie a Raito di Vietri sul Mare (Pavone, 1986). Alla seconda metà del decennio sono stati datati pure gli sciupati affreschi nell’oratorio annesso a S. Maria della Peschiera in San Cesareo di Cava de’ Tirreni (De Nicola, 2014).
In questi anni si colloca anche l’affresco con l’Incoronazione della Vergine in Paradiso nella cupola della congrega del Rosario annessa alla cattedrale di Nocera Inferiore: impresa tra le maggiori, in cui si riconosce il contributo esecutivo (in alcune figure dove il tocco è più spigliato) del giovane Francesco (forse addirittura responsabile del progetto). Nella composizione e nella spazialità di quest’opera, comunque, oltre al retaggio correggesco-lanfranchiano, appare determinante l’esito napoletano di Giovan Battista Beinaschi in S. Maria degli Angeli a Pizzofalcone. Coeva alla cupola nocerina è la decorazione a fresco, con la Caduta della manna (assai guasta) e la Comunione degli apostoli, in una delle absidi laterali della cattedrale di Salerno.
Dopo la Pietà (1678) per S. Bartolomeo a Nocera Superiore (oggi nel Museo diocesano S. Prisco) e la S. Rosa da Lima, siglata e datata 1679, in S. Giovanni Battista ad Angri (Salerno), il pittore dipinse la S. Anna e la Vergine bambina coi ss. Antonio di Padova e Nicola di Bari, siglata e datata 1680, per il monastero di S. Chiara a Nocera Inferiore: tutte opere in cui sembra essere penetrata, in vario modo, l’ispirazione più moderna propria di Francesco sin dagli esordi.
Segue l’Incoronazione di s. Anna con ss. domenicani, siglata e datata 1681, per l’omonima chiesa del convento domenicano femminile a Nocera Inferiore, in cui si monacò nel 1685 una delle figlie di Solimena, Anna, seguita poi da due nipoti di lui (Tramontano, 1990, p. 126). Di questa pala d’altare, una delle più impegnative del maestro, esiste il disegno preparatorio nel Kupferstichkabinett di Berlino (Dreyer, 1990).
Già posto da vari casi, il problema del rapporto, culturale e operativo, tra Angelo e Francesco ha un episodio significativo in una parte della decorazione del duomo di Sarno, voluta dal vescovo Nicola Antonio di Tura, d’origini solofrane e già precettore dell’Orsini. In una prima fase Angelo vi realizzò la Comunione degli apostoli all’altare del Sacramento (datata 1683: Pavone, 1993, p. 259) e le pitture del polittico all’altare maggiore, siglato e datato 1689 rispettivamente sotto le figure in grisaglia di S. Pietro e di S. Paolo, e al cui centro campeggia il S. Michele che abbatte il demonio: raffigurazione, quest’ultima, nata giusto sotto gli auspici di di Tura, anche poeta, che per l’occasione dedicò un sonetto ad Angelo (Id., 1977, p. 62 nota 13; i due già si conoscevano grazie ai circoli delle accademie letterarie, tra Solofra e Gravina, e non a caso il prelato, in un precedente componimento, aveva evocato il proprio ritratto fatto da Angelo, che a sua volta gli aveva indirizzato un sonetto per salutarne la raccolta poetica: di Tura, 1669). Convince poco, invece, la data segnata nel dipinto con il S. Michele, 1682, che pare incongrua nel percorso stilistico di Angelo (rendendo difficoltoso il confronto, ad esempio, con un’altra opera dello stesso anno, la Sacra Famiglia per la parrocchiale a San Michele di Serino). Riguardo all’apporto di Francesco, un documento d’archivio locale informa che i tre dipinti «dell’intempiatura» dell’edificio sarnese (S. Michele fa cessare la peste a Roma, S. Michele intercede per le anime purganti presso la SS. Trinità, S. Michele sconfigge le milizie di Sennacherib), compiuti il 19 agosto 1694, furono eseguiti da Angelo su disegni del figlio, che per di più dipinse la testa del Padre Eterno nella scena centrale (Pavone, 1977): a dimostrazione dell’ormai avvenuto superamento, nella fama, del figlio sul genitore, cosa ben percepita dalla committenza. Al solo Angelo, infine, spetta la volta del coro, siglata e datata 1698.
La più rara produzione del pittore per il collezionismo privato è testimoniata dai suoi quadri, tra cui una Cleopatra, che compaiono nel testamento (1699) del giurista salernitano Fabrizio Pinto (Avino - Del Grosso, 1989). Tra le commesse non pubbliche si ricorda inoltre la Giuditta che incita a canti di ringraziamento (1667), dipinta come coperchio di un virginale conservato nel Museo della Scala di Milano (Pavone, 1984).
Le ultime opere dell’anziano maestro, per lo più improntate a uno stanco formulario, sono la Pietà, documentata nel 1700 (Rizzo, 1987), ma bruciata e pressoché rifatta dal pittore Michele Ricciardi qualche decennio dopo (Braca, 2005, p. 361), per il Corpus Domini a Nocera Inferiore, chiesa di cui Angelo fu governatore (e dove si conserva un altro suo dipinto più antico, databile al 1674-75, con S. Gennaro che intercede presso Cristo: Braca, 2002, p. 51); il Martirio di s. Lorenzo (1704) per la parrocchiale del borgo natio; e la Madonna col Bambino e i ss. Matteo e Pietro (1706) per S. Matteo ancora a Nocera Inferiore.
Morì nel 1716 e, il 18 febbraio, fu sepolto nella cattedrale di Nocera Inferiore.
Fonti e Bibl.: N.A. di Tura, Degli aborti poetici, Venezia 1669, p. 161; P. Sarnelli, Lettere ecclesiastiche, Napoli 1686, pp. 273-280; A. Roviglione, Aggiunta all’Abcedario d’altri pittori e scultori non descritti dall’autore, in [P.A. Orlandi,] L’Abcedario pittorico, Napoli 1731, p. 434; B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani (1742-1745 circa), a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, III, 2, Napoli 2008, pp. 1098-1101 (note di F. Sricchia Santoro); O. Giannone, Giunte sulle vite de’ pittori napoletani (1771-1773 circa), a cura di O. Morisani, Napoli 1941, p. 119; G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, II, Napoli 1788, p. 104; G. Orlando, Storia di Nocera de’ Pagani, III, Napoli 1887, pp. 491, 499, 586; R. Ferrazzano, Dov’è nato F. Solimena, Salerno 1922; G. Fabiano d’Afragola, Storia del santuario di S. Maria Materdomini in Nocera Superiore, Pompei 1938, pp. 138 s., 142; F. Bologna, Opere d’arte nel Salernitano (catal.), Napoli 1955, pp. 64-69, 83; Id., Francesco Solimena, Napoli 1958, pp. 41-48, 140, 177-179; M.A. Pavone, Contributo ad A. S., in Prospettiva, 1977, n. 8, pp. 57-62; Id., La fase giovanile di A. S., in Antologia di Belle Arti, III (1979), nn. 9-12, pp. 132-143; Id., A. S. e la pittura napoletana della seconda metà del Seicento, Salerno 1980; R. Lattuada, Opere di Francesco Guarino a Campobasso, in Prospettiva, 1982, n. 31, pp. 67-69 nota 49; M.A. Pavone, Alcune considerazioni su dipinti tra Guarini e A. S., in Ricerche sul ’600 napoletano, Milano 1984, pp. 131-134; Id., A. S. negli affreschi di Raito, in Rassegna storica salernitana, III (1986), pp. 93-106; V. Rizzo, Altre notizie su pittori, scultori ed architetti napoletani del Seicento..., in Ricerche sul ’600 napoletano, Milano 1987, p. 159; A. Braca, Nuove acquisizioni su Solimena senior, in Francesco Guarino & C. Opere restaurate nella Archidiocesi di Salerno ed oltre (catal., Padula 1987), Roma 1988, pp. 49-51; L. Avino - M.A. Del Grosso, Arte e cultura nel Seicento. Il testamento e l’inventario dei beni di Fabrizio Pinto, Salerno 1989, pp. 48 s.; P. Dreyer, A drawing by A. S., in Master Drawings, XXVIII (1990), pp. 320-322; V. Pacelli, A. S.: la formazione artistica tra Solofra e le problematiche culturali a Napoli nel ’600, in Angelo e Francesco Solimena: due culture a confronto (catal., Pagani-Nocera Inferiore), a cura di V. de Martini - A. Braca, Milano 1990, pp. 13-33; M.A. Pavone, Angelo e Francesco Solimena tra il 1669 e il 1706, ibid., pp. 59-115; E. Tramontano, I Solimène in alcuni documenti inediti, ibid., pp. 126 s.; M.A. Pavone, Gli ultimi studi su Angelo e Francesco Solimena, in Archeologia e arte in Campania, Salerno 1993, pp. 251-294; M. Basile Bonsante, La lettera di Pompeo Sarnelli ad A. S. Arte e devozione nell’esperienza pastorale del cardinale Orsini, in Angelo e Francesco Solimena: due culture a confronto. Atti del Convegno..., Nocera Inferiore... 1990, a cura di V. de Martini - A. Braca, Napoli 1994, pp. 13-22; E. Tramontano, A. S. e famiglia in alcuni documenti inediti, ibid., pp. 75-78; F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il secolo d’oro, Roma 2002, pp. 244-246; A. Braca, La presenza di A. S. nell’agro nocerino-sarnese tra conservazione e innovazione, in Angelo e Francesco Solimena nell’agro nocerino-sarnese tra continuità e alternative, a cura di G. Contursi, Salerno 2002, pp. 39-61; E. Tramontano, Il giovane Angelo (1629-1657), ibid., pp. 117-123; A. Braca, La pittura del Sei-Settecento nell’agro nocerino-sarnese, in Architettura e opere d’arte nella valle del Sarno, a cura di A. Braca - G. Villani - C. Zarra, Nocera Inferiore 2005, pp. 340-343, 346-361; R. Lattuada, Francesco Guarino da Solofra nella pittura napoletana del Seicento (1611-1651), Napoli 2012, pp. 251-255; E. De Nicola, Radici guariniane: l’opera riscoperta di A. S. a Cava, in Francesco Guarini. Nuovi contributi 2, a cura di M.A. Pavone - M. Pasculli Ferrara, Napoli 2014, pp. 136-150.