SISMONDA, Angelo
– Nacque a Corneliano d’Alba il 20 agosto 1807, primo dei cinque figli di Giovanni Battista, proprietario terriero, e di Clara Pasquero.
Dopo aver seguito gli studi inferiori ad Alba e a Saluzzo, si trasferì a Torino per gli studi ginnasiali e a diciannove anni si diplomò in filosofia, titolo equivalente all’attuale licenza liceale. Per gli studi universitari scelse di iscriversi a farmacia, sempre a Torino, ma non raggiunse la laurea, pur se seguì con profitto le lezioni di fisica e di chimica e soprattutto di mineralogia, cattedra tenuta allora da Étienne Borson.
Spinto dall’interesse per la materia, il ventunenne Sismonda si trasferì a Parigi dove, in parte alla Sorbona e in parte alla École des mines e al Muséum d’histoire naturelle, seguì le lezioni dei mineralisti Alexandre Brongniart e André-Jean-François-Marie Brochant de Villiers, come pure del geologo Léonce Élie de Beaumont, di pochi anni più anziano di lui, del quale divenne grande amico, oltre che fervente seguace della sua teoria sulla genesi delle cordigliere di montagne, risultata alla lunga insostenibile, ma che molto contribuì al rilevamento di carte geologiche in tutto il mondo.
Nel 1828 Borson, ormai vecchio e malato, richiamò Sismonda a Torino e gli fece avere un posto di assistente, presto mutato in quello di professore sostituto, con sole funzioni didattiche. Alla morte di Borson (25 dicembre 1832), divenne professore a pieno titolo e ne assunse tutti i compiti: nel 1833, oltre all’insegnamento, ebbe anche la direzione del Museo di geologia e mineralogia e per un semestre tornò a Parigi a istruirsi ulteriormente. Nel 1834 accompagnò Élie de Beaumont e Ours-Pierre-Armand Dufrénoy, rispettivamente ispiratore e direttore della prima carta geologica della Francia, in un’escursione scientifica sulle Alpi marittime e sugli Appennini liguri, e lì concepì il progetto di un’analoga carta geologica del Piemonte e della Savoia, da eseguirsi seguendo gli stessi criteri. La cominciò egli stesso e si concentrò sulle valli piemontesi, effettuandovi numerosi rilevamenti accompagnato dal fratello minore Eugenio (che, oltre che fargli da medico, era diventato un valido geologo; v. la voce in questo Dizionario) e da Luigi Bellardi, che curava soprattutto l’aspetto paleontologico dello studio. Anno dopo anno, le note illustrative dei rilevamenti effettuati erano pubblicate sulle Memorie dell’Accademia delle scienze (Osservazioni geologiche sulla valle di Susa e sul Moncenisio, 1835, vol. 38, pp. 143-162; Osservazioni geognostiche e mineralogiche intorno ad alcune valli delle Alpi e del Piemonte, 1836, vol. 39, pp. 259-283; e così via fino al 1843, poi a intervalli fino al 1848) e contenevano sempre profili oppure carte di dettaglio. L’alta qualità del suo lavoro attirò l’attenzione del re Carlo Alberto, che nel 1836 gli affidò l’insegnamento della geologia e mineralogia ai suoi due figli.
Nel 1837, per sei mesi, effettuò un viaggio d’istruzione in Francia, Inghilterra, Belgio, Germania e Svizzera studiandone, oltre alla geologia, anche l’industria mineraria. Un grande riconoscimento gli venne nel 1839: nella prima riunione degli scienziati italiani, svoltasi a Pisa dal 1° al 15 settembre 1839, gli fu affidata la presidenza della sezione di geologia, mineralogia e geografia; ne fu poi assessore alla riunione di Torino (1840) e segretario in quella di Firenze (1841). Fin dalla prima riunione, che presiedeva, si presentò per lui l’occasione di patrocinare il rilevamento di una carta geologica estesa a tutta l’Italia mostrandone un esempio preliminare (Carte géologique des États Sardes, avec quelques considérations sur les soulèvements du sol des Alpes et du Piémont, sur l’état métamorphique des terrains stratifiés et sur les terrains crétacés et tertiaires de ces contrées, in Bulletin de la Société géologique de France, 1844, vol. 1, pp. 783 s.). L’idea fu subito appoggiata dal geografo toscano Attilio Zaccagni-Orlandini, che riuscì però a procrastinarne l’esecuzione effettiva fino a quando non fosse stata completata la carta geografica. Ciò avvenne, sotto forma di atlante con i confini dei singoli Stati preunitari, solo nel 1845. Per una serie di motivi, poi, Sismonda poté vedere stampata solo nel 1862 la sua carta della Savoia, del Piemonte e della Liguria, di cui aveva già pubblicata sulle Memorie dell’Accademia delle scienze la grande nota illustrativa (Notizie e schiarimenti sulla costituzione delle Alpi piemontesi, 1848, vol. 9, pp. 1-123).
Nel frattempo, Sismonda si era immerso in un programma molto più ambizioso. Nel 1841 un ispettore della dogana di Bardonecchia, Giuseppe Medail, aveva esposto a Carlo Alberto il progetto di una galleria ferroviaria sotto il Moncenisio che, prima fra tutte, avrebbe collegato il Piemonte e l’Italia con la Savoia e con il resto d’Europa attraverso le Alpi. Sponsorizzato dal generale del genio Paolo Racchia e dal ministro dei Lavori pubblici Luigi Des Ambrois de Nevâche, il progetto, che pure era considerato irrealizzabile dalla maggior parte dei geologi a causa della sua lunghezza (circa 12 km), fu visto di buon occhio dal re. Nel 1845 Sismonda iniziò i rilevamenti e in pochi anni, con la collaborazione dell’ingegnere belga Henri Mauss, riuscì a trasformare un’idea considerata peregrina in un piano di fattibilità che nel 1853 fu approvato dal governo. La collaborazione tra l’ingegnere Mauss, il geologo Sismonda e il chimico Ascanio Sobrero aveva intanto dato altri frutti: insieme essi trovarono il modo di impiegare la lignite locale per far viaggiare le locomotive, evitando l’importazione di carbone coke (Sopra un nuovo forno fumivoro e su l’impiego dei carboni fossili in Piemonte (ligniti di Noceto e di Cadibona) pel servizio delle macchine locomotive, Torino 1846). Il lavoro ebbe risonanza internazionale e fu ripubblicato in francese.
Nel 1848 il solo Sismonda fu inviato in Inghilterra a scegliere il ferro adatto per i binari della ferrovia tra Torino e Genova, che furono fusi a Merthyr Tydfil, nel Galles, perché il Piemonte non disponeva allora di un impianto siderurgico idoneo. Nel 1854 gli fu riconferito da Vittorio Emanuele II l’incarico di insegnare geologia e mineralogia ai principi reali. I lavori alla galleria del Cenisio (Fréjus) cominciarono dalle due estremità nel 1857 e, grazie a un nuovo modello di perforatore pneumatico messo a punto da Germain Sommeiller e all’attento uso della nitroglicerina di Sobrero, erano a buon punto quando nel 1861 furono sospesi a causa della cessione della Savoia alla Francia. Ripreso dopo alcuni anni, il traforo fu completato nel 1870 con un errore di allineamento di circa mezzo metro. Il contributo dato dallo studio geologico fu immenso: Sismonda era riuscito perfino a localizzare, partendo dalla superficie, un banco di quarzite che i lavoratori incontrarono nel 1865 e che perforarono solo con grande difficoltà. Per questo motivo, i giornalisti poterono affermare che «per gli occhi della scienza le montagne erano trasparenti» (S. Tecchio, Commemorazione, in Atti parlamentari della Camera dei senatori. Discussioni, II, Roma 1879, p. 1373). Sismonda espose i suoi criteri di scelta dei luoghi e dei metodi migliori con cui traforare le Alpi in due riprese, essendo sempre magna pars delle commissioni deputate a tal fine dal governo (G.D. Botto - L.F. Menabrea - R. Piria - E. Sismonda, Progetto di osservazioni ed esperienze da farsi nel traforo delle Alpi dagli ingegneri direttori del lavoro, in Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, 1861, vol. 19, pp. LXXXVI-LXXXIX; Rapporto della commissione instituita per l’esame geologico delle grandi gallerie progettate attraverso le Alpi elvetiche, Torino 1865, con A. Stoppani - F. Giordano). I suoi pareri, basati sull’esperienza acquisita nel versante piemontese delle Alpi, furono seguiti fino al traforo del Sempione, nel 1914.
Tutti questi contributi alla gestione delle attività pubbliche fecero sì che Sismonda fosse colmato di medaglie, onori e distinzioni. Fu membro dell’Accademia delle scienze di Torino (1835), dell’Accademia Leopoldina (1840), della Società italiana delle scienze detta dei XL (1844), della Pontificia Accademia dei nuovi Lincei (1849), poi diventata Reale Accademia dei Lincei, e della Società reale di Napoli (1869). Fu cavaliere, commendatore e gran cordone del Regno d’Italia. Per un breve periodo fu deputato, poi venne nominato senatore per meriti scientifici (1861), ma fu poco attivo e solo a Torino, perché la sua salute precaria gli impedì di muoversi tanto a Firenze quanto a Roma. Intanto la sua carriera progrediva anche in ambito universitario: già membro del Consiglio universitario dal 1853, con l’applicazione della legge Casati (1860) divenne preside della facoltà di scienze e direttore della Scuola di farmacia.
Dal punto di vista della ricerca, prima di dedicarsi al rilevamento della carta geologica e alla descrizione di fossili che gli erano necessari per stabilire la successione degli strati, Sismonda aveva raccolto e analizzato minerali per arricchire il museo (vesuvianite, cabasite, gesso) tanto che, nel 1844, dovette farsi assegnare nuovi spazi in cui i minerali erano esposti in vetrine a gradinata, così da aumentarne il più possibile il numero. La sua dedizione alla mineralogia è attestata dal fatto che gli fu perfino dedicata una specie: il francese Achille Delesse nel 1843 chiamò sismondina un minerale di S. Marcel (Aosta) che, però, dopo pochi anni fu declassato a varietà perché fu riconosciuto essere uguale alla specie cloritoide, già descritta nel 1837.
Gli ultimi anni di Sismonda non furono felici, a causa di ripetuti attacchi di apoplessia, dovuti a una malattia probabilmente congenita, ma anche a causa dell’evoluzione scientifica in corso. Le teorie litogenetiche di Élie de Beaumont, su cui egli aveva fondato le sue ricostruzioni geologiche alpine, furono smontate una dopo l’altra dai suoi stessi colleghi e amici Quintino Sella e Felice Giordano. Gli morì il fratello Eugenio, che era un paleontologo valente, ma era anche il suo medico. Infine, nel 1877 il museo, che era il suo orgoglio, nel quadro del riordino generale dell’Università di Torino fu trasferito a palazzo Carignano e diviso in mineralogia, da un lato, e geologia e paleontologia, dall’altro lato, per cui egli dovette abbandonare il sistema d’esposizione a gradini che gli era tanto caro. Fu probabilmente allora che Sismonda, nonostante le affettuose cure prestategli dalla figlia Cristina, si lasciò completamente andare e poco tempo dopo, il 30 dicembre 1878, morì nella sua casa di Torino.
Fonti e Bibl.: Anonimo, Ricordi del terzo Congresso scientifico italiano ossieno ritratti di trentasei fra i suoi componenti disegnati dal vero dal cav. E. S. Liverati e accompagnati da brevi biografie, Firenze 1842 (con ritratto); E. Ricotti, Brevi notizie di A. S., in Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino. Classi riunite. Adunanza del 12 gennaio 1879, 1879, vol. 14, pp. 327-335; Q. Sella, A. S. Cenno necrologico, in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Transunti, s. 3, 1879, vol. 3, pp. 52-54 (con bibliografia); M. Lessona, Naturalisti italiani, Roma 1884, pp. 75-82 (con bibliografia); In ricordo di A. S.: raccolta di lettere a lui dirette da Giacinto Di Collegno, Paolo Savi, Charles Lyell, Bernhard Studer, Léonce Élie de Beaumont e J. Fournet, coordinate da A. Roccati, Torino 1922; J. Hollier et al., A. S.(1807-1878), pioneer of geological mapping in the Alps of Savoy and the Piedmont: a bibliography, in Archive of natural history, 2016, vol. 43, n. 1, pp. 119-130 (con bibliografia completa).