SALVETTI, Angelo
– Nacque a Siena in data incerta, ma presumibilmente collocabile intorno alla metà del XIV secolo. Secondo Celso Cittadini la famiglia Salvetti sarebbe stata originaria di Staggia Senese (Siena, Biblioteca Comunale, A.V.23, c. 88r), ma Luca Wadding sostiene che fosse fiorentina.
La data di ingresso di Salvetti tra i frati minori non è nota. Nel 1388 e 1389 era comunque a Bologna, ove forse conseguì il lettorato in teologia. Lettore a Faenza nel 1393, ivi trascrisse (25 marzo 1396) sei questiones di Pietro di Candia sul primo libro delle Sentenze, e conseguì il baccalaureato; visse poi tra Bologna (ove fu bacalarius secundus nel 1396) e Faenza (ove ottenne il magistero in teologia, fra 1398 e 1400). Nel 1400-1401 (almeno sino al 20 agosto, quando intervenne a un testamento), secondo Francesco Antonio Benoffi, Salvetti fu a Siena dove predicò in cattedrale e fu «commissario del provinciale sopra le monache di Siena e di Asciano» (Pesaro, Biblioteca Oliveriana, 1688, c. 16rv). Dal 1402 al 1407 fu ministro provinciale dei frati minori di Toscana, coadiuvato da Francesco da Prato nel 1402 e Marco da Asciano nel 1404 in qualità di suoi segretari. Meno probabilmente fu inquisitore dal 1402 al 1408, come vuole Niccolò Papini (L’Etruria francescana..., 1797, p. 59). In ogni caso questi suoi impegni istituzionali furono contemporanei con l’inizio di un’intensa attività diplomatica, svolta da allora in poi per conto della Repubblica di Siena e ben documentata dal suo carteggio con il governo cittadino (Bulletti, 1961, pp. 26-93).
Fu infatti a Genova nel 1402 (per gestire una transazione fra il genovese Valeriano de Lomellinis e alcuni mercanti senesi); a Roma nel novembre-dicembre 1404, con altri oratores senesi, per le congratulazioni di rito al neoeletto Innocenzo VII; a Firenze nel gennaio 1405, donde concesse il convento della Capriola (Siena) agli osservanti e fu in conflitto con la Repubblica fiorentina che ne chiese la destituzione da provinciale, accusandolo di aver sostenuto presso il papa che la città era filoavignonese; a Siena nel 1407 ove visitò, secondo la sua testimonianza al «processo Castellano» di Caterina da Siena, alcuni conventi di certosini e serviti; nel 1408 (marzo-ottobre) di nuovo a Firenze, forse ancora in qualità di orator del governo senese, per mediare l’alleanza (26 aprile) fra le due città contro l’aggressivo Ladislao d’Angiò Durazzo, allora signore di Roma; nell’ottobre 1408 ancora a Siena ove è menzionato per i lavori in piazza S. Francesco e dove tenne forse una lectura Dantis dal pulpito della cattedrale (Bulletti, 1961, p. 28).
Tante benemerenze fecero sì che il governo senese chiedesse al papa ‘romano’ Gregorio XII – residente a Siena dal luglio 1408 per trattare con Benedetto XIII una conclusione dello scisma e in difficoltà perché abbandonato da parecchi cardinali che avrebbero convocato il concilio di Pisa assieme a una parte dei sostenitori dell’avignonese – di nominare cardinale Salvetti. La richiesta non fu esaudita ma Salvetti fu comunque scelto per far parte del seguito che accompagnò il papa a Rimini (27 ottobre). Probabilmente in quegli stessi giorni Gregorio XII depose il generale dei minori di obbedienza romana in carica, Antonio da Pereto (reo di aver appoggiato il concilio di Pisa), e designò Salvetti come vicario generale (ante 5 novembre). Inizialmente, Salvetti rimase fedele a Gregorio XII e tentò di sventare l’adesione della provincia minoritica inglese al ‘partito pisano’, ma nel marzo 1409 abbandonò Rimini, si recò per la quaresima a Venezia (donde riferì al governo senese le sue difficoltà, anche in quanto vicario, e le sue perplessità) e infine passò sotto l’obbedienza di Alessandro V, il suo confratello Pietro Filargis, eletto a Pisa il 26 giugno 1409. Inviato a lui come orator dalla Repubblica di Siena, Salvetti ottenne di essere rimosso dalla carica di vicario, e seguì Alessandro V a Pistoia (dicembre 1409), per tornare infine a Siena nel 1410 come predicatore.
Successivamente Salvetti fu a Venezia nel 1413 (quando adempì a un incarico del governo senese) e poi nel 1415, quando inviò al «processo Castellano» la sua deposizione in qualità di lettore del convento di S. Maria dei Frari – di cui diventò guardiano due anni dopo – circa i miracoli attribuiti a Caterina da Siena, da lui appresi tra il 1410 e il 1411 a Pontignano, presso Siena, da Stefano Maconi, uno dei segretari e scrivani della santa.
È probabilmente da collocarsi fra il novembre 1417 e il luglio 1418 il viaggio che Salvetti compì «in partibus Siriae et Terrae Sanctae», di cui ci è pervenuta solo la sua testimonianza in una lettera del 13 luglio del 1418 che scrisse da Venezia.
Con Martino V, unico papa dal 1417, Salvetti ebbe a che fare solo nel gennaio 1420, quando il governo senese lo inviò in Curia, a Firenze. Rimase a S. Croce fino al settembre 1420, quando fu richiamato a Siena per almeno un anno; ma dal 25 ottobre al 13 novembre fu nuovamente inviato dal governo stesso presso il papa, ora a Roma, allo scopo di ottenere l’esenzione dal pagamento di un censo per il castello di Radicofani. A prova del suo prestigio, la Repubblica gli concesse di insegnare contemporaneamente, nello Studio senese, sia teologia sia filosofia naturale e gli chiese una volta di più di predicare la quaresima. Nel capitolo generale di Forlì del 1421 Angelo Salvetti venne eletto ministro generale dei frati minori, probabilmente grazie alla decisiva mediazione di Giorgio Ordelaffi, signore di Forlì.
Fu quella l’occasione per il nuovo generale di riformare l’Ordine, scosso dai contrasti con i frati osservanti che, con l’appoggio di Martino V, ponevano urgentemente l’esigenza di una restaurazione della vita minoritica. Revocati molte grazie e privilegi pregressi, Salvetti e i frati riuniti a Forlì intervennero su diversi fronti: elezione e competenze di provinciali, custodi, guardiani, lettori, inquisitori, visitatori delle Province e dei monasteri delle «sorores»; normativa sull’uso del denaro e sulla proprietà dei conventi; repressione della diffusa consuetudine di creare i cosiddetti magistri bullati, vale a dire maestri autorizzati a insegnare grazie a una bolla papale (e definizione, invece, di un rigido itinerario formativo di 7 anni per l’acquisizione di tale licentia docendi giunto ad approvazione nel 1423). Per arrestare le possibili divisioni, Salvetti dovette giurare di ridurre all’obbedienza dei ministri gli osservanti delle province di Francia, Borgogna e Turenna che, in base alla concessione fatta dal Concilio di Costanza e confermata da Martino V, potevano erigersi in vicaria generale autonoma. Ma circa l’osservanza non mancarono anche scelte diverse, in prosieguo di tempo. Agli osservanti in Veneto e Lombardia fece concessioni, per facilitarne l’insediamento; così come lasciò margini di autonomia a Bernardino da Siena, forse nominato dallo stesso Salvetti nel 1421 commissario dell’osservanza per l’Italia centrale e settentrionale. Con il grande predicatore, che pure ammirava, ebbe rapporti complessi e non facilmente decifrabili, che le fonti cinquecentesche non aiutano a chiarire.
Gli anni 1421-23, che si sarebbero rivelati gli ultimi della vita di Salvetti, furono intensissimi. Fra l’estate e l’autunno 1421 fu a Roma (giugno), Siena (9 luglio), Venezia (settembre) e Bologna (8 novembre). Sin dal giugno progettava un viaggio in Aquitania e Borgogna, probabilmente per controllare gli sviluppi della riforma osservante e l’applicazione dei provvedimenti presi a Forlì contro le tendenze centrifughe dei francesi. In realtà è documentato solo nell’anno successivo un suo viaggio in Svizzera e Francia, durante il quale sembra agisse sia nelle vesti di orator della Repubblica di Siena (alla quale scrive) sia in quelle di generale in visita alle province ultramontane. Il 25 aprile 1422 era a Verona, poi a Costanza e a Ginevra (25 giugno), ove incontrò Amedeo VIII duca di Savoia; di lì si recò ad Avignone, da dove forse partì per completare la visita delle province francesi. Rientrando nella città papale il 20 novembre (quando concesse a fra Giuliano di Luca da Firenze dieci privilegi legati alla carica di maestro di teologia), ripartì poi per l’Italia.
Negli stessi anni, si occupò delle province orientali e di alcuni affari in Veneto e in Toscana. Da due brevi di Martino V del 3-4 luglio 1421 si apprende che nominò o confermò vicario della vicaria di Russia, Valacchia e Podolia fra Marco Slavo di Candia, e fu attento alle esigenze dei francescani bosniaci vessati dai turchi. Lo stesso anno a Venezia fece arrestare frate Marco Trevisan e depose il ministro della provincia di Sant’Antonio, Bartolomeo da Mantova. Quanto alla Toscana, nell’aprile 1422, nominò Antonio da Massa Marittima vicario generale per l’Italia e l’8 giugno inviò a Colonia uno studente della provincia Toscana (Riccardo Kirchberg). Pochi giorni dopo, infine, accolse l’indicazione della Repubblica senese circa la designazione a provinciale di fra Francesco Curzio da Montalcino.
In Veneto tornò anche nel marzo 1423, quando a Padova diede il consenso allo svolgimento del capitolo del convento dell’Arcella e accolse nell’ordine Guerra, il figlio del conte Lodovico di S. Bonifacio. Le sue ultime iniziative si configurarono all’insegna del rapporto speciale che lo legò alla Repubblica di Siena. Fu infatti probabilmente raccomandato al papa dai senesi ancora una volta per la porpora e a maggio fu incaricato di assicurare che il concilio ecumenico indetto da Martino V, che si era aperto a Pavia il 23 aprile, ma che doveva essere trasferito a causa della peste, fosse spostato a Siena. Il tentativo ebbe successo e il concilio vi si trasferì in estate. Salvetti, non potendo partecipare perché infermo, incaricò Antonio da Massa e fra Bernardo di Valenza di fargli da portavoce. Nonostante la malattia sembra che i suoi servigi furono fino all’ultimo richiesti, se con breve del 25 agosto 1423 il papa gli ingiunse di compiere un arbitrato fra Petruccio da Napoli e Giovanni da Nola, ambedue aspiranti al provincialato di Terra di Lavoro.
L’influente e attivissimo generale morì il 6 ottobre 1423 e fu sepolto in S. Francesco, a Siena.
Opere. Di Salvetti non ci è pervenuta nessuna opera, ma Wadding (1650) gli attribuisce un Tractatus de judicio et Antichristo; Sbaraglia (1806) aggiunge che Salvetti scrisse anche due volumi di sermoni e un Quadragesimale de legibus. Nella nuova edizione arricchita del Supplementum di Sbaraglia, uscita nel 1908, si aggiungono ancora delle Adnotationes in D. Bonaventurae Opera e un testo Super Aristotelis “Praedicamenta”.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Diplomatico del Convento di S. Francesco, 10 febbraio 1400; Pesaro, Biblioteca Oliveriana, 1688, c. 16rv (autografo di Francesco Antonio Benoffi); Siena, Biblioteca comunale, A.V.23, c. 90r; A.VI.54, c. 439r; A.VII.36, c. 85r; B.V.3, c. 93r. Come appendice de L’Etruria francescana, Niccolò Papini inserisce l’«Indice dei codici manoscritti dell’antica libreria di S. Francesco di Siena» in cui si possono individuare alcuni codici appartenuti a Salvetti o contenenti sue opere (N. Papini, L’Etruria francescana..., Siena 1797, pp. 13 s., 120, 125, 129, 135-137); L. Wadding, Annales Minorum, V, Lione 1642, pp. 143 s., 153; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, o’ vero relazione delli huomini, e donne illustri di Siena e suo Stato, Pistoia 1649, pp. 280, 360; L. Wadding, Scriptores Ordinis Minorum, Roma 1650, p. 26; Chronologia historico-legalis seraphici ordinis fratrum Minorum, I, Napoli 1650, pp. 89, 97; G. Negri, Istoria degli Scrittori Fiorentini, Ferrara 1722, pp. 48 s.; Anonimo, Historia florentina ab anno 1406 usque ad annum 1438, in RIS, XIX, Milano 1731, p. 961; C. Poggiali, Memorie istoriche di Piacenza, Piacenza 1759, p. 164; N. Papini, L’Etruria Francescana, Siena 1797, pp. 120, 125, 129, 135-137; G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum s. Francisci a Waddingo, aliisve descriptos, Roma 1806, p. 44; A. Benoffi, Compendio di storia minoritica, Pesaro 1829, pp. 159 s., 166; N. Glassberger, Chronica Ordinis Minorum Observantium, in Analecta franciscana..., II, Firenze 1887, n. 2212, pp. 274-277, 297; H. Denifle, Chartularium universitatis parisiensis, IV, Parigi 1897, p. 416; Bullarium Franciscanum, VII, Roma 1904, nn. 535, 1488, 1489, 1494, 1586, 1594, 1630; Mariano da Firenze, Compedium Chronicarum Fratrum Minorum, Firenze 1911, p. 98; J. Vincke, Acta concilii pisani, in Römische Quartalschrift, XLVI (1938), pp. 81-331 (in partic. pp. 192 s.); C. Piana, Chartularium Studii Bononiensis S. Francisci (saec. XIII-XVI), in Analecta franciscana..., XI, Firenze 1970, pp. 30*, 58 s., 95*, 271 s., 292, 385; C. Cenci, Supplementum ad Bullarium Franciscanum, I, Grottaferrata 2002, nn. 563, 572.
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