MAZZOLENI, Angelo
– Nacque a Milano il 13 giugno 1838 da Giuseppe, negoziante, e Caterina Rotta.
Ricevette un’educazione cattolica, ma presto assunse posizioni intransigentemente laiche e anticlericali. Dopo aver svolto studi classici presso il liceo di Porta Nuova a Milano, nel 1858 il M. si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pavia, dove entrò in contatto con un ambiente studentesco e cittadino permeato da diffusi sentimenti patriottici, che trovava come centro di riferimento la famiglia Cairoli. Ebbe compagni di facoltà G. Marcora, R. Arconati, N. Perelli, F. Cavallotti, con i quali avrebbe parzialmente condiviso, in tempi successivi, percorsi di militanza politica.
Il pensiero di G. Mazzini influenzò il M. negli anni della formazione, ma fu l’esperienza a fianco di G. Garibaldi, nell’iniziativa militare in Sicilia, a segnare radicalmente la sua personalità. Il M. aderì al bando di arruolamento lanciato a Pavia alla fine del maggio 1860 e il 6 giugno, inquadrato nella 3ª compagnia, cosiddetta degli studenti, si imbarcò con la seconda spedizione comandata da G. Medici. Sbarcato a Castellammare del Golfo, partecipò al sanguinoso combattimento di Milazzo e il 1° ottobre alla battaglia di Capua. Ferito, venne ricoverato presso l’ospedale militare di Napoli e, per il suo comportamento, fu insignito con una medaglia al valor militare.
A impresa conclusa condivise la medesima delusione di altri garibaldini per l’indirizzo del governo nazionale. Per altro verso, proprio quell’esperienza bellica rappresentò l’origine del pacifismo che divenne il suo credo militante nell’ultima parte della vita. Lasciò una raccolta di appunti manoscritti sotto il titolo Mie memorie. Campagna di Sicilia, Calabria e Napoli 1860, che è andata perduta.
Al ritorno in Lombardia il M. completò gli studi iniziando a esercitare l’avvocatura e affiancando a questa un’intensa attività pubblicistica. Nei primi anni Sessanta entrò in stretta relazione con G. Ferrari, che sempre riconobbe come suo maestro e, attraverso di lui, si avvicinò allo studio di C. Cattaneo, aderendo alle idee federaliste.
Dichiarò pertanto, apertamente e orgogliosamente, di appartenere alla «scuola [del]l’idea federale» (Giuseppe Ferrari. I suoi tempi e le sue opere. Commemorazione pronunciata… il giorno 8 luglio 1877, Milano 1877, p. 49; nuova ed., con il titolo Giuseppe Ferrari. Il pensatore, lo storico, lo scrittore politico, Roma 1925), osteggiata e boicottata dai contemporanei.
Applicando il metodo cattaneano de Il Politecnico si impegnò in una serie di ricerche storiche, statistiche, economiche e sociali e presentò memorie e letture, per esempio alla Società lombarda di economia (sulle condizioni economico-morali dei contadini nel Comasco, Milanese, Pavese, Lodigiano, 1865) e all’Accademia fisio-medico-statistica di Milano (sulla riforma scolastica, 1867).
Nel 1869 uno studio, proposto al concorso indetto dalla Società pedagogica italiana sul tema della famiglia, venne premiato con la medaglia d’oro. Il saggio, pubblicato poi in volume (La famiglia nei suoi rapporti coll’individuo e colla società, Milano 1870), portò notorietà al M. anche fuori dai confini regionali. Mazzini, che aveva ricevuto in dono una copia dal M., espresse il suo apprezzamento, ma sollevò qualche perplessità per l’approccio troppo tradizionale e prudente alla «questione dei diritti politici della donna» (lettera di Mazzini, 10 sett. 1870, in G. Mazzini, Scritti editi ed inediti, XC, Imola 1940, Epistolario, p. 34). Facendo tesoro di questa osservazione il M., nelle sue riflessioni successive sul tema, riconobbe la necessità di riformare le leggi e i codici per la reintegrazione giuridica della donna e per riconoscerle il diritto di voto. Il suo nome comparve poi tra i consiglieri della Lega promotrice degli interessi femminili, fondata a Milano nel 1880. Paolina Schiff, che di quella associazione fu animatrice insieme con Anna Maria Mozzoni, volle ricordarlo come «amico, compagno e valido sostenitore della nostra causa» (discorso funebre, in Ricordo agli amici di A. M., pp. 14 s.).
Nel 1870 il M. accettò la candidatura a deputato nel collegio di Rho e riuscì vincitore, nonostante fosse stato aspramente contrastato sia dai moderati, che lo dipingevano come un «demagogo scapigliato» (Galante Garrone, 1976, p. 262), sia dai mazziniani ortodossi, che giudicavano un’abiura la sua scelta parlamentare.
In sintonia con Ferrari e con A. Mario, il M. aveva condannato l’astensionismo elettorale come una «confessione di impotenza», sostenendo la necessità di dimostrare «l’assurdità del sistema» attraverso una partecipazione attiva e propositiva alla vita politica nazionale. Il compito dei democratici autentici si prospettava, ai suoi occhi, nella duplice dimensione, pedagogica e preparatoria. «La repubblica trionferà – aveva ammonito – quando dimostreremo alla maggioranza di essere utili e necessari» (L’XI legislatura. Memorie di un defunto, Milano 1875, pp. 44, 49). Anche l’ostacolo del giuramento dei deputati alla monarchia fu da lui superato attribuendo a quell’atto un valore puramente rituale. Peraltro, non potendo ignorare il significato morale e simbolico di un simile impegno solenne, il M. fu firmatario, insieme con altri parlamentari (4 apr. 1873), di un disegno di legge per riformare l’art. 299 del codice penale, consentendo il giuramento sulla propria dignità e sul proprio onore a quanti, chiamati a testimoniare in giudizio, dichiarassero di «professare credenze le quali non hanno riti» (ibid., pp. 383 s.). La proposta non venne tradotta in legge, ma il M. ottenne comunque la soddisfazione di vedere applicato tale assunto in un’ordinanza della Corte di cassazione di Milano del 30 maggio 1873.
Gli atti più significativi della sua deputazione, nelle file della Sinistra parlamentare, furono la presentazione di due disegni di legge ispirati al principio della laicità delle istituzioni: il primo, il 23 nov. 1872, per sancire la precedenza del matrimonio civile rispetto a quello religioso, argomento che trattò diffusamente in un opuscolo redatto in forma di risposta all’episcopato lombardo (Dell’obbligatorietà del matrimonio civile prima dell’ecclesiastico, Milano 1874); il secondo, il 28 genn. 1874, per richiedere il divieto dell’insegnamento religioso nelle scuole elementari, da sostituirsi con lo studio di un «catechismo civile» approvato dai Consigli scolastici provinciali. Sostenne inoltre appassionatamente il progetto di riforma elettorale, presentato da B. Cairoli il 31 maggio 1872, che prevedeva l’introduzione del suffragio universale.
Circondato da generale considerazione negli ambienti progressisti lombardi per le sue pubblicazioni, tra le quali un libro di successo come Il Popolo italiano. Studi politici (ibid. 1873), e per i suoi interventi giornalistici, per esempio ne La Gazzetta di Milano e ne Il Lombardo, il foglio diretto da Cavallotti tra gennaio e luglio 1871, il M. fu nominato segretario dell’Associazione democratica di Milano, carica che mantenne dal gennaio al luglio 1873. Per suo impulso l’Associazione lanciò una serie di iniziative che ebbero forte risonanza nell’opinione pubblica: per esempio un grande meeting popolare contro il varo della legge sulle guarentigie, che si svolse nel capoluogo lombardo il 19 genn. 1873 sotto la presidenza di Cairoli. A quel comizio il M. intervenne con un acceso discorso contro il Papato, da lui definito «negazione dell’Italia moderna» (L’XI legislatura…, cit., p. 139).
Intanto cresceva il disagio del M. per il modo con cui gli uomini della sua parte politica interpretavano i doveri dell’opposizione. Quando, il 5 luglio 1874, fu pubblicato il manifesto della cosiddetta Sinistra giovane, in parziale dissenso dalla Sinistra «ufficiale», egli rifiutò di aderirvi, nonostante le sollecitazioni di Cairoli, che figurava come primo firmatario.
Il testo gli era parso «innocuo e indolore» (lettera a Cairoli, 20 giugno 1874, in Pavia, Arch. civico storico, Fondo Cairoli, cart. XVII, n. 872), timido ed evasivo su questioni come la laicità della scuola, il suffragio universale, il decentramento amministrativo e inoltre inutilmente conformista. Scrisse infatti: «che bisogno c’era, mi domando, di dichiarare che si accettò lealmente la monarchia? Io l’ho subita come un fatto voluto dalla maggioranza ma non l’ho accettata lealmente mai, perché insorgerei domani, se fosse il caso e l’opportunità della riuscita, contro di essa» (lettera a Cairoli, 26 giugno 1874, ibid.).
In effetti il M. sentiva fortemente l’esigenza di rilanciare l’azione dei democratici, in ambito sia parlamentare sia extraparlamentare, e affermava la necessità di dar vita a una nuova forza di opposizione, che non esitava a definire «radicale». Per questa sua indipendenza, che valse a isolarlo dalla maggioranza dei democratici lombardi, e anche a causa delle sue iniziative anticlericali, che produssero un’insolita mobilitazione del clero e degli elettori cattolici nel suo collegio, non venne riconfermato nelle elezioni politiche dell’autunno 1874. Dopo un’altra deludente campagna elettorale nel novembre 1876 nel collegio di Milano, dove risultò soccombente rispetto al moderato C. Tenca, alla fine del 1878 interruppe i rapporti politici e personali con Cairoli che, nella sua prima esperienza di governo, aveva suscitato in lui autentiche speranze per il rinnovamento morale e politico del paese, ma che successivamente si era «perduto», subordinandosi ad A. Depretis e mostrandosi prono alla Corona.
Il M. si avvicinò allora al piccolo gruppo dei repubblicani lombardi che, attraverso fogli come La Voce del popolo (febbraio-aprile 1877) e la Rivista repubblicana (aprile 1878 - febbraio 1881), ai quali collaborò, proponevano il progetto federalista in un’ottica legalitaria, positiva e partecipativa, indicando come obiettivi perseguibili una serie di riforme sociali, il decentramento su base regionale e il suffragio universale, in vista di una Costituente per riformulare il patto nazionale. Su queste basi programmatiche il 9 marzo 1879 si costituì a Milano la Consociazione repubblicana lombarda e il M. figurava tra i fondatori. Eletto a far parte del comitato centrale, insieme con G. Rosa, A. Ghisleri, E. Pozzi, C. Mantovani, fu impegnato a diffonderne i documenti, a prezzo di denunce e processi. In stretto contatto con la Lega della democrazia di Garibaldi e A. Mario, la Consociazione si dimostrò particolarmente attiva nell’organizzare la campagna dei comizi popolari per il suffragio universale.
Il M. redasse e pubblicò il saggio La Costituente italiana. Studio politico legale per la Consociazione repubblicana lombarda (Milano 1880), in cui sosteneva la piena legittimità di avanzare la richiesta del nuovo patto nazionale sulla base di un precedente storico: la legge votata dal Parlamento subalpino il 28 giugno 1848, che accoglieva il voto del popolo lombardo e dei Veneti di fusione al Piemonte, subordinatamente alla convocazione di un’Assemblea costituente eletta a suffragio universale.
Candidato nel II collegio di Milano alle elezioni dell’ottobre 1882, il M. fu sconfitto non solo per l’ostruzionismo messo in atto dal governo contro di lui, che si era candidato con la qualifica di radicale, ma anche, a suo dire, per le «diserzioni non previste né sospettate in campo democratico» (Un radicale. Elezioni 1882, ibid. 1882, p. 89). Ritornò in Parlamento, eletto nel collegio di Sondrio nelle suppletive dell’aprile 1888, ma non venne riconfermato alle elezioni generali del 1890 che, anche nel collegio valtellinese, si svolsero sotto stretta sorveglianza prefettizia. L’intervento di F. Crispi valse certamente a segnare la sconfitta di un parlamentare come lui, che aveva aderito al patto di Roma di Cavallotti (1890) e che contestava ferocemente le scelte di schieramento internazionale e coloniali del governo.
Dal 1887 il M. era segretario della Società per la pace e l’arbitrato internazionale - Unione lombarda. Sostenitore dell’arbitrato per dirimere i contrasti tra gli Stati che non toccassero materia di territorio o di nazionalità, fautore della Nazione armata, proiettato verso l’obiettivo degli Stati uniti d’Europa, che già Mazzini e Cattaneo avevano indicato, il M. aveva sposato la causa pacifista sin dalla costituzione, nel 1867 a Ginevra, della Lega internazionale della pace e della libertà, presidente onorario Garibaldi.
Come segretario dell’Unione lombarda il M. prese l’iniziativa di convocare a Milano, il 19 genn. 1889, un comizio per la pace alla presenza di numerosi ospiti stranieri, di varia coloritura, dai radicali agli anarchici, le cui conclusioni risuonarono come atto di accusa al governo Crispi, in particolare per i rapporti tra Italia e Francia. Tuttavia, presto si persuase che l’obiettivo della pace andasse perseguito allargando quanto più possibile il consenso, di là dalle distinzioni politiche. Perciò si dispose a collaborare lealmente con quegli uomini di parte moderata che erano impegnati nel movimento. Fu relatore con E.T. Moneta al I congresso nazionale della Società per la pace e l’arbitrato internazionale, che si svolse a Roma nel maggio 1889.
L’impegno per diffondere la cultura della pace e per vedere applicate forme di collaborazione tra gli Stati lo assorbì completamente. Nominato nel 1890 vicepresidente per l’Italia del Bureau pour la paix di Berna, che operava come organismo di coordinamento e di direzione delle varie Società per la pace e l’arbitrato internazionale attive in Europa, si dimostrò infaticabile nel promuovere incontri, nell’organizzare conferenze e «letture domenicali», nel diffondere materiale documentario.
Come scrisse a Ghisleri il 23 marzo 1888, «il nostro lavoro di propaganda deve essere serio e continuo. Urge che il movimento si propaghi» (Pisa, Domus Mazziniana, Fondo Ghisleri, ad nomen). Pragmatico, concreto e gradualista, il M. insisteva sulla opportunità di concentrare gli sforzi per vedere subito codificate nuove regole, di natura arbitrale, nella normativa dei vari paesi europei, anziché lanciare sul terreno la proposta, a suo giudizio prematura, di un Parlamento sovranazionale come preludio allo Stato federale europeo. Redasse rapporti e relazioni, come per esempio il rendiconto L’Italia nel movimento per la pace (Milano 1891), e intervenne in riviste e giornali, quali Il Rinnovamento e Il Pensiero italiano, trattando ormai esclusivamente questo genere di tematiche. Il suo ultimo saggio, pubblicato in francese, porta il titolo eloquente La guerre. Est-elle necessaire? Par un ami de la paix (Berne 1892).
Il M. morì improvvisamente a Milano il 18 sett. 1894.
Fonti e Bibl.: L’archivio del M., legato per testamento al Museo nazionale del Risorgimento di Milano e accettato con disposizione in data 30 marzo 1895, lib. n. 3, boll. 80, è andato perduto, probabilmente a causa del bombardamento che devastò i depositi nell’agosto del 1943. Resta un inventario, incompleto, in cui viene citata la memoria manoscritta sulla campagna meridionale del 1860. Lettere del M. sono conservate a: Pisa, Domus Mazziniana, Fondo Ghisleri, ad nomen; Milano, Museo del Risorgimento, Carte Ghisleri e Carte Correnti (rispett. cartt. 1, 1879 e 1880; 3, 1885; 16, b. 798); Pavia, Arch. civico storico, Fondo Cairoli, cart. XVII, n. 872; Sondrio, Biblioteca civica Pio Rajna, Fondo Emilio Quadrio, ad nomen.
Sul M. si vedano: Ricordo agli amici di A. M., Milano 1895 (raccolta di necrologi, articoli a stampa, lettere di condoglianze, a cura del figlio Ugo et al.); G. Stefani, Due lettere di Francesco Crispi a A. M., in Nuova Antologia, 1° maggio 1935, pp. 154-157; A. M., in La Voce repubblicana, 8 nov. 1952; La scapigliatura democratica. Carteggi di Arcangelo Ghisleri 1875-1890, a cura di P.C. Masini, Milano 1961, pp. 27, 160, 221, 257, 261; A. Piraino, A. M. e il settimanale federalista «La Voce del popolo», in Boll. della Domus Mazziniana, 1972, n. 1, pp. 42-47; A. Galante Garrone, I radicali in Italia (1849-1925), Milano 1973, p. 572; Id., Felice Cavallotti, Torino 1976, pp. 251, 262; A. Comba, I repubblicani alla ricerca di un’identità, in Mazzini e i repubblicani italiani. Studi in onore di Terenzio Grandi, Torino 1976, p. 452; V.P. Gastaldi, La «Rivista repubblicana», in I periodici ghisleriani, a cura di A. Benini, Bergamo 1979, pp. 60 s.; F. Della Peruta, Realtà e mito nell’Italia dell’800, Milano 1996, pp. 107 s.; M. Tesoro, I repubblicani cattaneani lombardi tra Otto e Novecento, in Mazzini e la Lombardia, a cura di G.E. De Paoli, Pavia 1998, p. 147; Giuseppe Marcora. Note autobiografiche, a cura di M. Soresina, Milano 2006, p. 278; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 183.