MASSARELLI, Angelo
– Nacque a San Severino, nella Marca di Ancona, nel 1510, da Sebastiano e da una donna di cui s’ignora il nome.
Ricevette la prima educazione sotto la guida dello zio paterno Benedetto, priore della collegiata di S. Severino. Studiò quindi diritto all’Università di Siena, dove rimase per circa sette anni, durante i quali ricoprì per qualche tempo la carica di rettore degli studenti, fino al conseguimento della laurea in utroque iure. Tornato in patria, fu preso sotto la protezione di Girolamo Boccadoro («Buccauratus»), succeduto al defunto Benedetto Massarelli nell’ufficio di priore. Canonico della basilica di S. Pietro e residente a Roma, il Buccauratus introdusse il M. nei circoli dell’Urbe, prima di diventare vescovo di Accia, in Corsica, il 26 ag. 1545.
Il M., che aveva frequentato le case dei cardinali Pompeo Colonna e Agostino Trivulzio, entrò al servizio del neocardinale Girolamo Aleandro (la sua creazione era stata resa pubblica il 13 marzo 1538), arcivescovo di Brindisi, il 1° aprile, giorno in cui il porporato, designato da Paolo III legato al concilio in procinto di aprirsi a Vicenza, si mise in viaggio per la città veneta. Annullata la convocazione, Aleandro fu inviato legato in Germania e il M. lo accompagnò come segretario.
Il gruppo, di cui faceva parte anche Marcello Cervini, partì il 13 ag. 1538 da Vicenza e si fermò a Trento, dove il M. fece conoscenza del futuro vescovo Cristoforo Madruzzo, allora decano del capitolo cattedrale. La legazione, avara di risultati, si concluse il 15 dic. 1539 con il ritorno di Aleandro a Roma. In tale periodo il M. perfezionò le sue conoscenze di latino sotto la guida del brindisino Quinto Mario Corrado, anch’egli familiare del cardinale.
Dopo la morte di Aleandro (1° febbr. 1542), il 1° aprile il M. entrò a servizio del cardinale Marcello Cervini, che lo impiegò nella sua biblioteca personale con il compito di copiare i codici latini, mentre Guglielmo Sirleto si occupava dei testi greci. In quell’ambiente affinò i suoi interessi in campo storico e iniziò a scrivere le vite dei pontefici e dei cardinali.
Il 19 nov. 1544 Paolo III convocò il concilio a Trento per la quarta domenica di Quaresima del 1545. Il 6 febbr. 1545 Cervini fu designato legato insieme con i cardinali Giovan Maria Ciocchi Del Monte e Reginald Pole. Il 23 febbraio Cervini partì da Roma e il M. lo seguì come segretario.
Separatosi dalla comitiva a Monterosi, il 6 marzo, insieme con Giovanni Battista Palmerini, servitore di Del Monte, anticipò il cardinale a Trento, dove prese in affitto palazzo Giroldi, che servì come dimora per i tre legati e come sede delle congregazioni generali e delle congregazioni dei teologi. Il M. vi si trasferì il 3 dic. 1546, così da essere sempre a disposizione dei legati.
Per ricoprire la carica di segretario del concilio, creata per la prima volta in occasione del concilio Lateranense V (1512-17), si pensò dapprima a umanisti come Ludovico Beccadelli, Marcantonio Flaminio e Alvise Priuli; tuttavia, a motivo della loro indisponibilità, nel corso del tempo le mansioni furono assolte dal M.; egli partecipò, insieme con Trifone Benci, alla stesura delle relazioni da inviare a Roma e redasse il protocollo della classe di Cervini. Trascorsi tre mesi, i legati avvertirono la necessità di un verbale ufficiale delle congregazioni generali, per cui, su proposta di Cristoforo Madruzzo, il 1° apr. 1546 il M. fu nominato segretario del concilio.
Contestualmente fu incaricato, in quanto scrutator votorum, di raccogliere i voti dati nelle sessioni e, in qualità di protonotario, di dare forma legalmente valida agli atti delle sessioni stesse. Tutti i progetti e gli schemi di decreto furono da lui trasmessi ai membri e ai teologi del concilio; in tal modo l’ufficio di segretario acquistò una nuova configurazione, originariamente non prevista, che ne fece il direttore della cancelleria del concilio. Il M. mantenne l’incarico per i tre periodi conciliari, nel corso dei quali redasse i protocolli di tutte le sedute. Redigeva i suoi appunti in forma abbreviata e solo in pochi casi eseguì subito la bella copia dei protocolli, quando cioè era necessario inviarli a Roma. Aveva però l’abitudine di completare gli appunti facendosi consegnare il manoscritto dai singoli oratori, al fine di inserirlo negli atti, per controllare la propria redazione e per confrontare le citazioni bibliche e patristiche.
Nel corso della seconda sessione del concilio, apertasi il 7 genn. 1546, dopo la messa dello Spirito Santo, il M. lesse il discorso scritto dal cardinale R. Pole che insisteva sulle comuni responsabilità riguardo al sorgere dell’eresia e sul dovere dei partecipanti al concilio di lavorare seriamente per il bene della Chiesa. Tra il 20 ottobre e il 5 novembre, su incarico di Cervini, aiutò Girolamo Seripando a rielaborare il progetto, già presentato in agosto, relativo al problema della doppia giustificazione (giustificazione per la giustizia di Cristo e giustificazione per la giustizia di grazia immanente nell’uomo), teoria sostenuta dall’agostiniano ma non accettata dalla maggioranza dei teologi. Partecipò attivamente alla redazione del progetto riguardante il concetto e la posizione della fede nel processo della giustificazione, protrattasi dal 1° al 17 dic. 1546, che toccava uno dei punti centrali della dottrina luterana e, per conto di Cervini, consultò i teologi maggiormente esperti. La deputazione, riunitasi sotto la presidenza dei legati nove volte dal 30 novembre al 14 dicembre, riuscì a preparare il decreto sulla giustificazione, accettato con unanime consenso.
L’11 marzo 1547, dopo la votazione dell’assemblea, il M. lesse la bolla del 22 febbr. 1545 con la quale il papa conferiva ai legati pieni poteri per il trasferimento del concilio, che si sarebbe nuovamente riunito a Bologna il 21 aprile. Sempre alle dipendenze di Cervini, il 13 luglio 1547, dopo l’approvazione dei canoni sulla penitenza, il M. iniziò il lavoro relativo ai canoni sull’unzione degli infermi e sul sacramento dell’ordine utilizzando come base il progetto presentato da Cornelio Musso; il dibattito si svolse in tre congregazioni generali dal 27 al 29 luglio. Contemporaneamente curò la prima stampa ufficiale dei decreti conciliari per i tipi dello stampatore bolognese Anselmo Giaccarelli, che fu portata a termine il 29 ott. 1548.
Sotto la pressione dell’imperatore Carlo V, il 13 sett. 1549 Paolo III sospese il concilio. Il 6 ottobre il M. mosse con Trifone Benci da Bologna a Roma, dove giunse il 18 dello stesso mese. Venuto a morte il pontefice il 10 novembre, assistette al conclave al seguito del cardinale Cervini.
Ciocchi Del Monte, eletto papa Giulio III il 7 febbr. 1550, incluse il M. nel novero dei segretari pontifici insieme con Giulio Canani e Trifone Benci, alle dipendenze di Girolamo Dandini. In seguito alla riapertura del concilio, a metà aprile il M. si mise in viaggio per Trento.
Il 31 ag. 1551, nel corso della seduta inaugurale, il M. lesse ai partecipanti un’esortazione, nella quale ricordò le responsabilità di fronte alla Chiesa che ricadevano sui vescovi riuniti; lesse ancora il decreto di proroga, che fissava la seguente sessione all’11 ottobre e indicava come argomenti da discutere il sacramento dell’eucarestia e le misure atte a promuovere la residenza dei vescovi. Lesse inoltre il mandato dei tre oratori imperiali, che li autorizzava a discutere tutti gli argomenti dibattuti dall’assemblea conciliare. I moti di guerra nell’Impero costrinsero a una nuova sospensione dell’assise conciliare il 28 apr. 1552. Il M. lasciò Trento il 7 maggio in compagnia di Ludovico Firmano e il 31 dello stesso mese giunse a Roma, dove riprese il suo posto in Curia.
Il 26 dic. 1552 il papa dettò personalmente al M. il progetto del primo canone della grande bolla che doveva riassumere le riforme disciplinari già decretate a Trento e integrarle con ulteriori disposizioni. La bolla Varietas temporum subì diverse revisioni ma, a causa della morte di Giulio III (23 marzo 1555), rimase tra le carte del Massarelli.
È incerta la data in cui il M. accedette allo stato clericale. Egli riferisce solo le date in cui ricevette gli ordini: il 14 dic. 1557 papa Paolo IV Carafa annunciò ai cardinali l’intenzione di nominarlo vescovo di Telese, nomina formalizzata il giorno seguente nel concistoro. Sabato 18 dicembre ricevette tutti gli ordini sacri successivi alla tonsura, domenica 19 per la prima volta assistette come vescovo eletto alla messa e martedì 21 ricevette la consacrazione episcopale da Giovanni Giacomo Barba, sacrista apostolico. Il M. non si allontanò da Roma e amministrò la sua diocesi mediante un vicario.
Sul finire del pontificato, dopo aver privato dei suoi poteri il nipote Carlo Carafa e aver espulso dal palazzo Vaticano i suoi familiari, il 31 genn. 1559 Paolo IV istituì il Sacro Consiglio. Alla giunta esecutiva, formata dai cardinali Giovanni Bernardino Scotti e Virgilio Rosario e dal nobile romano Camillo Orsini, fu affidata l’amministrazione dello Stato ecclesiastico, dotandola di estese competenze e delle funzioni di suprema corte di giustizia. Il M., in qualità di segretario, fu l’animatore dell’imponente lavoro svolto, che la morte del pontefice, il 18 ag. 1559, interruppe.
Con il nuovo pontefice, Pio IV de’ Medici, si prospettò la ripresa del concilio, di cui il 2 febbr. 1561 fu nominato per la terza volta segretario il M., che lasciò Roma il giorno 11, dopo aver ricevuto dal papa indicazioni sulla procedura da adottare.
Passando da San Severino e da Loreto, il 24 marzo raggiunse Mantova, latore degli ordini del papa per il cardinale Ercole Gonzaga, uno dei legati del concilio, e giunse a Trento due giorni dopo. Il concilio iniziò i lavori il 18 genn. 1562. Il M. era coadiuvato dallo scrivano Astolfo Servanzio, che abitava nella sua casa. Quel periodo non fu felice per lui: l’età avanzata, il senso di indipendenza che gli proveniva dalla sua esperienza precedente e dall’essere vescovo, l’accresciuto lavoro dovuto ai numerosi partecipanti, la calcolosi che lo affliggeva gli procurarono non pochi problemi. In diverse occasioni si scontrò con i legati: all’inizio del febbraio 1562 volle impedire ai rappresentanti imperiali l’accesso alle congregazioni; il 20 luglio 1562 ammise a votare i procuratori dei vescovi di Germania senza consultare i legati, attirandosi la disapprovazione del cardinale Carlo Borromeo; in occasione del dibattito sul fondamento dell’obbligo di residenza dei vescovi si intromise nelle discussioni.
All’inizio del giugno 1562 si ammalò e il suo lavoro fu svolto da Bartolomeo Sirigo, vescovo di Castellaneta. Quando ebbe una ricaduta in ottobre, i legati offrirono il suo posto a Gabriele Paleotti, il quale rifiutò, non ritenendo l’ufficio confacente alla sua dignità di uditore della Sacra Rota. Nel corso dell’inverno del 1562-63 la critica al modo di lavorare del M. si acutizzò: gli furono contestati errori materiali e soprattutto non si ritenne opportuno che a stendere i verbali fosse un unico segretario dipendente dai legati e avversario della riforma della Chiesa. Il cardinale di Lorena Charles de Guise propose di assumere alcuni segretari ausiliari, provenienti da nazioni diverse, ma il cardinale Borromeo respinse la proposta, intravedendo lo spettro della votazione per nazioni.
All’inizio del giugno 1563 il M. cadde così gravemente ammalato che i legati chiesero per lui la facultas testandi. Non ebbero il coraggio di licenziarlo e, senza allontanare Sirigo, nominarono due segretari ausiliari: il domenicano Marco Laureo, vescovo di Campagna, già aiutante del M., e il canonico veronese Adamo Fumano, un tempo appartenuto alla cerchia del vescovo Gian Matteo Giberti. Laureo redasse i verbali da giugno fino alla sessione di novembre, quando il M. riprese il suo lavoro. Spesso però non riuscì a seguire il dibattito, accelerato dal legato Giovanni Morone. Stese il verbale delle ultime congregazioni generali del 2 e del 4 dicembre, ma i decreti sul purgatorio, sulla venerazione dei santi e delle immagini furono letti da Sirigo.
Il M. lasciò Trento l’11 dic. 1563, portando con sé i verbali del concilio con le sottoscrizioni dei partecipanti, e giunse a Roma l’8 genn. 1564.
Nel concistoro segreto del 26 gennaio il papa confermò in forma solenne tutti i decreti conciliari. Il M., che si era stabilito in una casa nei pressi di porta Pia, si dedicò alla compilazione degli atti del concilio che la Curia voleva pubblicare. La commissione composta dai cardinali Giacomo Simonetta, Vitellozzo Vitelli, Guglielmo Sirleto, Marco Antonio Da Mula e Gabriele Paleotti decise di pubblicare solo un estratto molto riassunto dei protocolli. Il M. si mise al lavoro, ma il risultato non piacque al papa, il quale volle tornare al progetto dell’edizione integrale, che il M. preparò con l’aiuto di assistenti. Per volere del pontefice fu approntata su pergamena una copia ufficiale degli atti, autenticata dal M. e firmata dai legati dell’ultimo periodo. La prima edizione comparve il 18 marzo 1564 per i tipi di Paolo Manuzio, ma conteneva tanti errori di stampa che il M. e i due notai conciliari procedettero alle correzioni, almeno in alcuni esemplari, attestandone l’autenticità di propria mano. Nello stesso anno seguirono altre due ristampe romane, anch’esse curate da Manuzio.
Di grande importanza per la storia del concilio di Trento, oltre che per la vicenda personale del M., sono i sette diari: i primi quattro coprono gli anni dalla sua partenza da Roma fino alla morte di Paolo III, mentre i restanti tre abbracciano il periodo dall’elezione di Giulio III al 1561. Sono pervenuti inoltre alcuni manoscritti miscellanei, testimoni dei suoi interessi storiografici (cfr. Concilii Tridentini diariorum pars prima, 1, pp. XCVIII-CI).
Il M. morì a Roma il 16 luglio 1566, dopo aver fatto testamento, nel quale aveva nominato erede universale il fratello Michelangelo, e fu sepolto, come da lui disposto, nella chiesa di S. Maria in Aracoeli.
La sua opera, di fondamentale importanza per ricostruire lo svolgersi del concilio di Trento, non è esente da limiti, legati alla sua non eccelsa preparazione in campo linguistico, stilistico e teologico, solo in parte compensati dalla capacità di raccogliere e organizzare materiale e dalle sue qualità di lavoratore coscienzioso e instancabile. Tale situazione condiziona il contenuto degli atti conciliari da lui redatti: «Dove siamo in condizione di confrontare i protocolli di Massarelli con i voti originali, risulta di frequente che la sua cultura teologica non fu sempre sufficiente a cogliere le sottili sfumature dei discorsi dei teologi o dei voti dei Padri. I suoi protocolli, perciò, sono di valore limitato per la storia dei dogmi. […]. Inoltre Massarelli non fu sempre in grado di distinguere ciò che era veramente importante da ciò che era secondario e di afferrare il decorso di un dibattito nel suo complesso» (Jedin, Storia del concilio di Trento, II, p. 587).
Fonti e Bibl.: Concilii Tridentini diariorum pars prima: Herculis Severeoli commentarius. Angeli Massarelli diaria, 1, Friburgi Brisgoviae 1965, pp. XCVIII-CI; Decreta septem priorum sessionum concilii Tridentini sub Paulo III Pontifice Maximo ex autographo Angeli Massarelli (codice Morganiano ms. A. 225A Neo-Eboracensi), a cura di S.Kuttner, Vashingtoniae 1945; Nuntiaturberichte aus Deutschland, I, 1553-1559, 3, Legation Aleanders 1538-1539, a cura di W. Friedensburg, Gotha 1893, pp. 20 s.; G. Colucci, Delle antichità picene, V, Fermo 1798, pp. 55-61; G.G. Rossi, Catal. de’ vescovi di Telese, Napoli 1827, pp. 128-139, 233-239; G.C. Gentili, Elogio stor. di mons. A. M., Macerata 1837; Id., De Ecclesia Septempedana, III, Maceratae 1838, p. 196; Casimiro da Roma, Memorie storiche della chiesa e convento di S. Maria in Aracoeli di Roma, Roma 1845, pp. 452-455; A. von Druffel, A. M., in Theologisches Literaturblatt, X (1875), p. 339; XI (1876), pp. 395 s.; H. Lennerz, Das Original von M.s erste Diarium, in Gregorianum, XV (1934), pp. 573-576; S. Merkle, Lücken in den Protokollen des Tridentinums und ihre Ergänzung, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung, XXVII (1938), pp. 154-179; H. Jedin, Un altro autografo di A. M., in Riv. di storia della Chiesa in Italia, I (1947), pp. 430 s.; Id., Storia del concilio di Trento, Brescia 1949-81, ad indices; N. Raponi, A. M. (1510-1566) segretario del concilio di Trento, storico e osservatore privilegiato di carriere curiali, in La nobiltà della Marca nei secoli XVI-XVIII: patrimoni, carriere, cultura. Atti del XXXII Convegno di studi maceratesi, Abbadia di Fiastra (Tolentino)… 1996, Macerata 1998, pp. 197-215; K. Ganzer, M., A., in Lexikon für Theologie und Kirche, VI, Freiburg i.Br. 1997, col. 1460; Diz. biografico dei Marchigiani, Ancona 2002, p. 324.