MARINALI, Angelo
– Nacque ad Angarano, nel Vicentino, il 24 maggio 1654 da Anna e da Francesco, scultore e intagliatore in legno. La sua prima formazione artistica ebbe luogo sotto il magistero del fratello Orazio e al fianco dell’altro fratello, Francesco. Tra il 1666 e il 1667 si trasferì con la famiglia a Vicenza, dove fu attivo all’interno della bottega familiare nella quale svolse un ruolo subalterno sino agli inizi degli anni Ottanta. Nel 1681 si iscrisse, con la qualifica di «scultor», insieme con il fratello Francesco, alla fraglia vicentina dei muratori e tagliapietra (Fasolo); il 26 ott. 1682 sposò Leonora Trevisan, nella cui casa in contrada dell’Isola andò a dimorare (Saccardo, 1981). La coscienza del proprio valore e l’impossibilità di potersi esprimere liberamente come artista dovettero convincere il M. ad abbandonare anche «il consortio fraterno» andando ad «abitar altrove di botegha» (Puppi; Saccardo, 1981, pp. 193 s.).
La separazione dai fratelli avvenne entro il 21 apr. 1684 e fu sancita, secondo il volere di Orazio, con «schritura e testimonij» e con la ripartizione degli «utensilj di botega» (ibid., p. 204).
Tale risoluzione non compromise affatto la possibilità di continuare a collaborare con i familiari, ma consentì al M. di equipararsi professionalmente a Orazio affermando un proprio stile che, pur nel comune sostrato classicista di matrice albanesiana, si differenzia per il tono aristocratico, affine alla pittura di Giulio Carpioni di cui il M. fu, non a caso, collezionista (Puppi). La misura dell’ampio successo in breve tempo riscosso dal M. si deduce dalla quantità di commissioni ricevute da illustri casate venete e anche dal numero di collaboratori di bottega, tra i quali si annoverano Angelo De Putti e Lorenzo Mattielli, suoi generi, e Giacomo Cassetti.
Nelle imprese compiute dai tre fratelli tra gli anni Settanta e i primi Ottanta è arduo distinguere la mano del M., eccetto forse nella facciata della chiesa veneziana degli Scalzi, dove le statue dei santi Giovanni Battista, Maddalena, Margherita e Sebastiano, realizzate entro il 1680, manifestano in nuce i caratteri peculiari del suo stile (De Vincenti, 2006). Nel 1683, come i fratelli, risulta impegnato a Verona (Saccardo, 1981): una circostanza che può forse essere posta in relazione con la realizzazione degli imponenti Apostoli ed Evangelisti della chiesa di S. Nicolò. Qui, secondo le fonti (Verci), il M. eseguì per l’altare maggiore, realizzato da Carlo e Giambattista Rangheri su disegno di Guarino Guarini, quattro Angeli e una statuetta di S. Nicolò.
Tra le prime opere indipendenti del M. si possono forse ascrivere le statue siglate di Cerere e di Bacco nel palazzo vicentino dei Piovene, oggi Leoni Cappelletti (Barbieri, 1961), la cui commissione dovette seguire la costruzione dell’altare Piovene (1683-84) nella chiesa dell’isola veneziana di San Clemente, per il quale i Marinali erano stati contattati sin dal 1681 (Saccardo, 1981).
Nel luglio del 1685 Pietro Conti incaricò il M. di eseguire cinque statue per la propria villa di Montegaldella, delle quali quelle poste sulla «facada dell’alba del palazzo sopra la strada» (Saccardo, 1999, p. 343) possono essere identificate con Mercurio, Giove e Minerva tuttora visibili. Per la decorazione di tale villa il M. realizzò nel 1686 anche otto «bambozzi», destinati alla «balaustra della loggia grande» (ibid., p. 344).
Ancora Conti, quale procuratore di Giovanni Battista Donà, il 26 luglio 1685 stipulò un contratto con il M. per sedici statue destinate al castello di Montegalda: due «giganti», «Ercule e Giolle», un «amorino», «le tre dee», un «Polifemo che lazera gambe umane», sei «amorini con frutti e fiori», una «Camedra che amazza il drago»: opere che furono tutte saldate nel marzo del 1686 (ibid.).
Al 1685 circa è datata pure la Venere dello scalone di palazzo Leoni Montanari a Vicenza assegnata al M. in un inventario del 1713 (Bellavitis - Olivato); gli è pure stata attribuita la statua denominata Apollo nella loggia del cortile.
Appartengono agli anni Ottanta anche gli Angeli della cappella dell’Addolorata della chiesa veneziana di S. Pantalon, assegnatigli per via stilistica (Guerriero, 1996-97), affini agli Angeli cerofori della chiesa udinese di S. Chiara, firmati insieme con Francesco nel 1696.
Alla fine del 1686 ebbe inizio il carteggio tra il M. e il nobile veneziano Angelo Maria Labia, che gli commetterà in un arco di quattordici anni una cinquantina di statue destinate alla sua villa sulla riviera del Brenta (Tiozzo).
Di tali opere, disperse nella prima metà del Novecento, sono state reperite sinora solo l’Assunta e gli Angeli dell’oratorio, oggi custoditi nella chiesetta di Ca’ Labia a Cavarzere (Guerriero, 1996-97). Nel carteggio sono precisati solo i soggetti di quattro statue collocate sui pilastri dei cancelli (Eternità, Saturno, Pomona, Virtumno); mentre si accenna alle Metamorfosi di Ovidio come fonte letteraria per le figure del giardino. Restituiscono un’idea di questo perduto ciclo le statue che decorano i giardini di Castello a Venezia e l’orangerie di villa Pisani a Stra, la cui provenienza rimane ignota (De Vincenti, in Per un atlante…, 2005; Guerriero, ibid.).
Orazio dovette contribuire alla decorazione di villa Labia, come indica una lettera datata 1691, firmata «Angelo et Orazio / fratelli Marinalli» (Tiozzo, p. 69), nella quale si citano alcuni disegni per una «prospetiva».
Di questa struttura con statue sono giunti i progetti, sinora erroneamente connessi a palazzo Labia di Cologna Veneta (Lanfranchi Strina). Altre collaborazioni dei due fratelli si registrano nel 1690 per i veronesi conti Pompei (Guzzo) e nel 1691, quando fornirono per Vicenza «una memoria con Statua» del Capitanio Giorgio Benzon (Saccardo, 1981, p. 415). Le fonti (Verci) annotano la firma congiunta dei fratelli su una delle numerose sculture che un tempo popolavano il giardino di palazzo Soranzo a Padova, per l’esattezza uno dei due «Giganti», simile nella forma a quella incisa sul basamento della figura colossale che orna la barchessa di Ca’ Mora Morasutti a Montebelluna (De Vincenti, in Per un atlante…, 2005). Altrettanto ignoto è il destino del gruppo raffigurante il Ratto di Proserpina, firmato dal M., del palazzo Lavagnoli Astori a S. Eufemia in Verona (Dalla Rosa), delle statue di Diana, Apollo, Marte e Minerva (una firmata e datata «Angeli Marinal. opus 1686» e un’altra siglata «A. M.»: Descrizione…, 1779, p. 54), presenti nel vestibolo terreno tra le due logge di palazzo Chiericati a Vicenza sino agli anni 1851-54 (Magrini), e delle eleganti figure di Diana e di Venere con Cupido delle quali rimane perlomeno documentazione fotografica (Guerriero, in Per un atlante…, 2005).
Al maggio del 1688 risalgono i primi contatti con i padri di S. Corona a Vicenza per la realizzazione delle statue da porsi sull’altare maggiore. I documenti attestano che le quattro figure marmoree – di S. Sebastiano, S. Maria Maddalena (eseguita con il fratello Francesco), S. Maria Egiziaca e S. Girolamo, i cui modelli si trovavano sin dal 1768 nell’oratorio di villa Conti a Montegaldella (Saccardo, 1999) – finanziate dai conti Sesso e tutte firmate, furono scolpite tra il 1691 e il 1700 (Id., 1976). All’incirca nel 1693, nella chiesa vicentina di S. Giuliano, furono collocate le statue degli Evangelisti sul cornicione lungo la navata: tra esse S. Marco e S. Luca sulla controfacciata recano la firma del solo M.; mentre S. Matteo, a destra dell’arco trionfale, è firmato anche dal fratello Francesco. Poste in situ entro il 1694 risultano invece le tre statue di S. Giuliano, S. Vincenzo e S. Francesco di Paola della facciata della stessa chiesa, attribuite dalla critica sia al M. sia a Orazio (Saccardo, 1999; Lodi). Nel 1694, per conto di Elisabetta Barbarano Trissino, il M. presentò, unitamente a Giacomo Borella, una perizia dell’altare incompleto di S. Francesco di Paola nella medesima chiesa vicentina che, eseguito da Giovanni e fratelli Merlo, non aveva soddisfatto la nobildonna (Saccardo, 1999). La decorazione scultorea della parte superiore dell’altare, terminato nel 1697, fu affidata allo stesso M. a cui spettano per evidenza stilistica i due grandi Angeli e i due Angioletti sul fastigio.
Agli anni Novanta dovrebbe risalire anche l’intervento del M. alla decorazione della villa superiore dei Trissino di Baston a Trissino, dove gli appartengono le otto elegantissime statue nelle nicchie della corte nobile (De Vincenti, in Per un atlante…, 2005). Al novembre del 1696 risalgono invece gli accordi per l’esecuzione delle statue dei santi Agostino e Ambrogio (firmate) della chiesa di S. Nicolò del Lido di Venezia, della Madonna con il Bambino e dei santi Leonardo e Pietro (firmate) per la sala superiore della Scuola della Carità, opere oggi divise tra la chiesa veneziana di S. Antonin e la parrocchiale di Codroipo (Guerriero, 1996-97).
All’inizio del 1697 il M. risulta in contatto con i nobili Pio e Michiel (Tiozzo). A questa circostanza è stata fatta risalire l’esecuzione delle sculture nel giardino della villa Michiel a Mirano (Sesler; Tiozzo). Sempre a Mirano gli appartengono le due Fatiche d’Ercole poste sui pilastri d’ingresso di villa Bollani Molin, ora Comunale (De Vincenti, in Per un atlante…, 2005). Alla fine del Seicento il M. fu presente, al fianco dei fratelli, al cantiere della basilica di Monte Berico, eretta tra 1688 e 1703 su progetto dell’architetto Carlo Borella: tra le molte sculture gli sono state assegnate per via stilistica le statue di S. Paolo e S. Pietro della facciata settentrionale (Barbieri, 1960). Tra 1700 e 1702 il M. firmò il gruppo della Pietà sull’altare di S. Giovanni Battista nella cappella voluta dal canonico Giambattista Maffei nella chiesa di S. Nicolò a Verona. La firma e la data, 1701, sono incise sul retro dell’Eternità posta, in coppia con il Tempo, all’ingresso del piccolo giardino a emiciclo della villa Godi Malinverni a Lugo Vicentino, presso Lonedo (Cevese).
In questo stesso anno il M. fu pagato per le quattro statue e «per [li pila]strini del portal dell’altar maggiore» della chiesa vicentina di S. Stefano (Saccardo, 1981), variamente identificate con gli Evangelisti, di cui sopravvivono solo S. Marco e S. Luca (ibid.), o con i santi Stefano, Vincenzo, Gaetano da Thiene e Filippo Neri al centro dei quattro portali del transetto (Galasso). Alla produzione tarda del M. appartiene anche la statua firmata di S. Matteo sulla facciata della chiesa vicentina di S. Maria in Foro, detta degli Scalzi (Arslan). La Carità e la Fede della chiesa veronese di S. Luca – dove Verci gli assegna pure i puttini dell’altar maggiore – sono, secondo le iscrizioni dei basamenti, le sue opere estreme.
Il M. morì a Vicenza nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1702. Fu sepolto nell’oratorio del Rosario di S. Corona, alla cui Confraternita apparteneva dal 1691 (Saccardo, 1981).
Fonti e Bibl.: G.B. Verci, Notizie intorno alla vita e alle opere de’ pittori scultori e intagliatori della città di Bassano, Venezia 1775, pp. 296-298; Descrizione delle architetture, pitture e sculture di Vicenza con alcune osservazioni, I, Vicenza 1779, p. 54; S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona (1803-06), a cura di S. Marinelli - P. Rigoli, Verona 1996, pp. 37, 90, 117, 272; A. Magrini, Il palazzo del Museo civico in Vicenza descritto e illustrato, Vicenza 1855, p. 35; C. Tua, Orazio Marinali e i suoi fratelli, in Riv. d’arte, XVII (1935), 3, pp. 282-284, 288, 298-300, 311-315; G. Fasolo, I Marinali, in Odeo olimpico. Memorie dell’Accademia Olimpica di Vicenza, II (1942), pp. 55, 67; W. Arslan, Le chiese di Vicenza. Cataloghi delle cose d’arte e d’antichità d’Italia, Roma 1956, ad ind.; F. Barbieri, L’attività dei Marinali per la decorazione della basilica del Monte Berico, Vicenza 1960; Id., Due statue di A. M., in Arte veneta, XV (1961), pp. 252 s.; C. Semenzato, La scultura veneta del Seicento e del Settecento, Venezia 1966, pp. 33-37, 100 s.; L. Puppi, Nuovi documenti sui Marinali, in Atti dell’Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, CXXV (1966-67), pp. 195-215; R. Cevese, Ville della provincia di Vicenza, Milano 1971, ad ind.; M. Saccardo, Arte organaria, organisti e attività musicale a S. Corona, Vicenza 1976, pp. 161-165; Id., Notizie d’arte e di artisti vicentini, Vicenza 1981, ad ind.; G. Bellavitis - L. Olivato, Il palazzo Leoni Montanari di Vicenza della Banca cattolica del Veneto, Vicenza 1982, pp. 65, 224, 274; L. Sesler, La scultura di A. M. attraverso un carteggio inedito, in Notizie da Palazzo Albani, 1984, n. 2, pp. 75-81; E. Guzzo, Documenti per la storia dell’arte a Verona in epoca barocca, in Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, CLXVII (1990-91), p. 263; B. Lanfranchi Strina, Alcuni disegni dell’Archivio Labia a Venezia, in Il Disegno di architettura, IV (1993), 8, pp. 28-32; S. Guerriero, Per A. M., in Atti dell’Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, CLV (1996-97), 2, pp. 359-385; C.B. Tiozzo, A. M. scultore e il carteggio Labia, Mira 1998; G. Galasso, Orazio Marinali e la sua bottega: opere sacre, in Scultura a Vicenza, a cura di C. Rigoni, Cinisello Balsamo 1999, pp. 225-263; M. Saccardo, Appendice documentaria, ibid., pp. 343 s.; Id., Note su Pietro Conti e Giovanni Battista Donà committenti di A. M., ibid., pp. 346-349; F. Lodi, Le sculture e gli altari nella chiesa di S. Giuliano, in La chiesa di Sanzuliàn in Vicenza, Vicenza 1999, pp. 169-171; M. Saccardo, Itinerario d’archivio, ibid., pp. 42 s.; S. Zanuso, A. M., in La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di A. Bacchi, Milano 2000, pp. 748-750; Catalogo scientifico delle collezioni, III, Pinacoteca civica di Vicenza. Scultura e arti applicate dal XIV al XVIII secolo, a cura di M.E. Avagnina - M. Binotto - G.C.F. Villa, Vicenza 2005, pp. 114 s.; Per un atlante della statuaria veneta da giardino, I, in Arte veneta, LXII (2005), pp. 226 s., 229-233 (M. De Vincenti) e 224 s., 238 (S. Guerriero); M. De Vincenti, «Domino Horatio et Fratelli Marinali bassanesi, illustri scultori della città di Venezia», in Arte veneta, LXIII (2006), pp. 97-121; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 101.