LERCARI (Lercaro), Angelo
Nacque probabilmente a Genova intorno al 1500.
È problematica l'identificazione di due coetanei omonimi, nati entrambi nel 1500 circa e ascritti al libro della nobiltà dopo la riforma doriana del 1528: l'uno figlio di Luca di Simone, l'altro figlio di Gerolamo di Gerolamo. Il primo apparteneva a un ramo dell'"albergo" Lercari, economicamente e politicamente importante: esso discendeva da Brancaleone e Ginevra, figlia di Simone Doria, testante nel 1452, e aveva distribuito consistenti patrimoni tra una decina di figli. Tra di loro vi era Simone, padre di Domenico, Giovan Battista e Luca, padre di Gregorio, Agostino e, appunto, di Angelo, che non ebbe discendenza. Sembra però più giustificata la seconda identità: quella di uno dei due figli di Gerolamo (in atti notarili tra il 1516 e il 1526 e ascritto alla nobiltà nel 1528) di Gerolamo di Angelo (trisavolo e omonimo del L., testante in atti notarili di metà Quattrocento e discendente da Grifiotto). Questo ramo della famiglia risulta solo in Arch. di Stato di Genova, Mss., 484, cc. 60-61; il ramo comunque sembra estinguersi con i figli del L. e del fratello, Giovanni Battista. A metà del Settecento, alcuni discendenti del L. residenti nelle Canarie intenteranno un processo per rivendicare l'appartenenza alla nobiltà genovese e un'eredità consistente nelle rendite di 1000 lire in cartulari del Banco di S. Giorgio sottoscritti nel 1410; l'eredità era stata goduta dai discendenti del fratello del L. per linea femminile, nella presunta interruzione della linea maschile con l'unico suo figlio maschio, Francesco.
Il processo durò più di vent'anni e una parte (ibid., 451, cc. 309-330: Replica al disinganno legale pubblicato dai m.m. asserti Lercari delle Canarie) fu data alle stampe nel 1756 dalla controparte, M. Caterina Negrone. Da tale documento, pur tra la contestazione di alberi genealogici, di iscrizioni alla nobiltà e di date di morte, risultano non solo una lunga discendenza del L., ma anche il trasferimento suo, del figlio Francesco e dei discendenti, nelle Canarie, dove avrebbero ricoperto impieghi così importanti da trascurare di mantenere attiva l'ascrizione alla nobiltà genovese con i relativi benefici. Tra questi era compresa la rendita in questione, goduta prima dal fratello del L., Giovanni Battista, morto a Genova nel 1573, poi dai suoi due figli Gerolamo e Francesco (morti rispettivamente nel 1615 e nel 1620) e quindi passata alla linea femminile.
Non è noto quando fosse avvenuto il definitivo trasferimento del L. alle Canarie. Così come è ignoto quali attività il L. vi svolgesse prevalentemente: se imprenditoriali o giuridico-amministrative. Di certo, il L. era considerato dal governo genovese persona ben introdotta alla corte di Spagna. È con questa motivazione, infatti, che nel novembre 1538 era stato scelto per essere inviato all'imperatore Carlo V come agente della Repubblica per difenderne gli interessi durante la stipulazione del previsto trattato di pace tra Spagna e Francia: ottenere cioè l'inclusione di Genova nelle clausole del trattato, con l'abbandono di qualsiasi pretesa della Francia sul territorio ligure. A questo scopo gli venne affidato un memoriale che non fu possibile consegnare a Carlo V durante il suo ultimo passaggio a Genova, a causa della repentina partenza dell'imperatore. Il L., incaricato altresì di risolvere alcune minori pendenze insolute (successioni, rappresaglie, risarcimenti) per conto della Repubblica e di privati e con uno stipendio annuo di 500 scudi, arrivò a Toledo il 10 dic. 1538; fu presto ricevuto in udienza ufficiale e mandò lettere a Genova fino all'8 nov. 1539. Tuttavia non riuscì nello scopo primario e alla fine del novembre 1539, incarichi e memoriale furono affidati ad Ansaldo Giustiniani, ancor meglio introdotto del L. nella corte spagnola e in quella francese. Forse il L. si trasferì nelle Canarie subito dopo la conclusione di questo incarico, come lascerebbe supporre la sua assenza da eventi e cariche della Repubblica. Il suo nome risulta cancellato sotto una riga nell'elenco dei nobili, stilato per la riforma delle leggi del 1576: la cancellatura è utilizzata nella Replica del processo settecentesco per argomentare l'avvenuta morte del L. e inficiare così l'autenticità di un atto stilato alle Canarie il 25 febbr. 1581, in cui il dottor L. attestava la sua paternità, atto presentato dai discendenti. Ma quella cancellatura nell'elenco nobiliare del 1576 può essere spiegata con la più che trentennale assenza del L. da Genova, e l'atto del 1581 come attestazione dell'appartenenza alla nobiltà genovese fatta poco prima della morte, a vantaggio dei discendenti.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Mss., 451, cc. 155, 305-306, 309-330; 484, cc. 60-61; Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, I, a cura di R. Ciasca, Roma 1955, pp. 137-140; G. Guelfi Camajani, Il Liber nobilitatis Genuensis…, Firenze 1965, p. 296; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti della Società ligure di storia patria, LXIII (1934), p. 160; A. Pacini, La Genova di Andrea Doria nell'Impero di Carlo V, Firenze 1999, pp. 314, 494.