ITALIA, Angelo
Nacque a Licata, presso Agrigento, l'8 maggio 1628 da Francesco e da Lisabetta.
La sua prima formazione avvenne sotto la guida del padre, attivo a Licata in qualità di mastro muratore e appaltatore nei primi decenni del Seicento (Comandè, p. 37); l'I. dovette però anche entrare in contatto con quei cantieri dove, grazie all'uso elementare che in essi si faceva dei trattati d'architettura, gli fu possibile assimilare quella "maniera dei moderni architetti" di cui dimostrò la conoscenza, difficilmente spiegabile altrimenti, fin dai suoi primi progetti (Giuffrè, p. 147).
L'esordio dell'I. sarebbe avvenuto nella sua città natale, dove per la chiesa di S. Angelo avrebbe approntato la facciata, compiuta, però, solo in parte (Carbonelli, 1963, p. 32).
Fonti d'archivio registrano al 1658 l'esecuzione di "disegni della chiesa di S. Angelo nuovamente fatti per mastro Angelo di Italia" (D'Arpa, p. 41). L'attribuzione è fondata però anche su alcuni elementi presenti in altre opere, come la chiesa di S. Francesco Borgia a Catania e la matrice di Palma di Montechiaro: uno per tutti è il motivo sincopato di facciata, un telaio su due registri di colonne libere addensato intorno all'asse di simmetria verticale. Nel 1696 il nome dell'I. sarebbe stato ancora legato alla chiesa di Licata: a quella data fu richiesta infatti una sua consulenza per le correzioni all'edificazione della cupola (poi voltata su un inedito tamburo serrato da quattro torrette), certo grazie a una fama già acquisita e alla perizia mostrata dall'I. nel serrare la cupola della chiesa del Carmine di Palermo, iniziata nel 1679 e costruita anch'essa su un tamburo dagli scarti di spessore consistenti, poi percettivamente annullati da un imponente apparato scultoreo.
Nel 1666 i Tomasi di Lampedusa commissionarono all'I., forse per tramite dei Caro di Licata, la chiesa madre di Palma di Montechiaro, la cittadina di cui erano feudatari (Stella, p. 158).
Edificata in posizione dominante, la chiesa rivela il pensiero di un architetto oramai tecnicamente esperto (specie per quanto attiene alla pietra da taglio), ma anche informato delle correnti linguistiche del tempo, in particolare quelle di area romana. Non a caso, la matrice di Palma divenne un modello, per tipologia architettonica e per insediamento urbanistico, di molte chiese sorte più tardi nella Sicilia sudorientale.
Tra le poche note biografiche certe dell'I. è il suo ingresso nella Compagnia di Gesù avvenuto nel 1671, come "novitius coadiutor, architectus et sculptor" (Dufour - Raymond, p. 13). Già durante il noviziato, trascorso a Messina tra il 1671 e il 1672, gli furono affidati alcuni lavori nella locale chiesa di S. Francesco Saverio. Da allora la sua attività sarebbe stata dedicata prevalentemente ai programmi edilizi della Compagnia di Gesù.
La sua stessa architettura, subito dopo il soggiorno messinese, mostra elementi mutuati dai progetti che G. Guarini aveva elaborato per la città (la chiesa, non realizzata, dei padri somaschi e il prospetto, iniziato nel 1660, dell'Annunziata): suggestioni compositive che si intravedono, in particolare, nelle chiese gesuitiche a pianta centrale ideate dall'I. per la Compagnia a partire dal 1675. In esse anticipò anche temi assolutamente originali in Sicilia: un esempio è la chiesa di S. Ignazio a Mazzara del Vallo, progettata nel 1675 ma eretta tra il 1701 e il 1714, che compendia in modo inedito una serie di assunti, come la pianta ellittica con l'asse maggiore trasversale (simile a S. Andrea al Quirinale a Roma, anch'esso noviziato gesuitico, 1658-70), il deambulatorio concentrico o ancora la perimetrazione dell'invaso con una serliana reiterata (Nobile, p. 156).
Ancora da chiarire è l'operato, a partire dal 1675, dell'I. nel collegio di studi adiacente al S. Ignazio di Mazzara, tradizionalmente assegnato a G. Napoli, che però avrebbe assolto compiti essenzialmente amministrativi (Cotroneo, p. 89, n. 25).
Dal 1679 l'I. si recò più volte a Mazzarino, dove partecipò probabilmente alla progettazione del nuovo collegio ignaziano, la cui realizzazione ebbe inizio solo nel 1694. Dal 1683 attese alla costruzione della chiesa di S. Girolamo a Polizzi Generosa il cui impianto, un ottagono centrale sul quale si aprono radialmente quattro vani absidati alternati a quattro cappelle ottagonali, rivela una ricerca sempre più complessa.
Contemporaneamente avanzavano i lavori del collegio annesso, progettato dall'I. già nel 1681 (completato nel 1730) secondo una tipologia codificata fin dal XVII secolo dalla sede romana dell'ordine.
Nel 1684 fu a Palermo, dove si occupò della costruzione della chiesa di S. Francesco Saverio in contrada dell'Albergheria e della casa detta di "terza probazione".
Difficoltà finanziarie e conseguenti interruzioni dei lavori fecero sì che al 1700 la chiesa fosse ancora priva della facciata, della cupola e di parte della decorazione interna completata solo nel 1730 (Giuffrè, p. 148). La pianta, analogamente alla chiesa di Polizzi Generosa, è un ottagono irregolare, ricondotto a un ideale quadrato circoscritto mediante otto ambienti aperti radialmente sulla nave centrale. Per essa la derivazione guariniana o borrominiana è in genere privilegiata dagli storici; tuttavia, si tratta in questo caso di un autentico quincunx con cinque cupole di antica memoria bizantina, che si pone comunque in continuità con la sperimentazione rinascimentale di ambito romano (Calandra, p. 115; Nobile, p. 155).
Secondo Mongitore, e sempre a Palermo, l'I. avrebbe costruito la cupola della casa professa, completata dopo il 1683 (distrutta durante l'ultima guerra mondiale e ricostruita su disegno diverso dall'originale). Nel 1688 predispose l'apparato decorativo della cappella del Crocefisso nel duomo di Monreale, realizzato con un'incrostazione totale delle superfici murarie con marmi mischi e con elementi scultorei e plastici di raffinata esecuzione.
In quegli anni l'I. continuò a sovrintendere alle opere da lui progettate in vari centri della Sicilia.
La sua presenza si intensificò in alcune città distrutte dal terremoto nel gennaio del 1693. Già nel marzo dello stesso anno fu incaricato dai rappresentanti del duca di Terranova, feudatario di Avola, di predisporre il piano di ricostruzione della città, per il quale adottò uno schema esagonale rigidamente normato da una griglia geometrica. Si tratta di un'autentica citazione della città ideale rinascimentale, ampiamente codificata dalla trattatistica del XV e XVI secolo, desunta da quel "libro di piante di città" (Dufour - Raymond, p. 30, n. 45) che egli recava con sé durante i sopralluoghi per tracciare gli orditi dei nuovi insediamenti. Anche per i nuovi piani di Lentini, Carlentini e di Noto (per il quale fu affiancato dall'ingegnere militare Carlos de Grunemberg) egli impostò l'impianto urbano su un sistema rigorosamente modulare (ibid., p. 28, nn. 18 s.).
Recenti ricerche hanno consentito di attribuirgli anche la matrice di Avola e il lazzaretto di Messina, quest'ultimo in collaborazione con Grunemberg (Cotroneo, p. 84).
Dopo il 1693 fu inviato a Catania, anch'essa devastata dal terremoto, per la ricostruzione del complesso dei gesuiti.
Il libro della fabbrica rivela che i lavori certamente erano in corso nel 1698 (Stella, p. 170). Le discrasie tra progetto ed esecuzione inducono ad assegnare all'I. solo alcune parti della costruzione; al contrario, nella chiesa annessa, dedicata a S. Francesco Borgia e consacrata nel 1754, molti sono i temi compositivi riconducibili al suo operato, come la serliana a separare le tre navi oppure il prospetto con il telaio di colonne a due ordini sovrapposti concluso da un frontone spezzato.
Tra le ultime opere, progettò con G. Diamante la chiesa madre di Alcamo, iniziata nel 1699 e intitolata a S. Maria Assunta, ritornando alla tradizionale pianta basilicale a tre navate che si dilatano lateralmente in una serie di cappelle.
L'I. morì a Palermo il 5 maggio 1700 (Cotroneo, p. 88, n. 22).
Accanto a quella di architetto, rimane memoria nelle fonti di un'attività dell'I. in qualità di scultore a proposito di due statue lignee poste nella chiesa di S. Sofia a Mazzarino, ora non più rintracciabili (Carbonelli, 1971, p. 146).
Fonti e Bibl.: Palermo, Biblioteca comunale, Mss., 2QqH1: F.E. Cangiamila, Notizie della chiesa madre di Palma (sec. XVIII), n. 31; QqE I-II: A. Mongitore, Dell'istoria sagra di tutte le chiese, conventi et altri luoghi pii della città di Palermo, c. 335; Roma, Archivum Romanum Societatis Jesu: P. Pirri, Architetti gesuiti, ad vocem; G. Millunzi, La cappella del Crocefisso nel duomo di Monreale, in Arch. stor. siciliano, XXXII (1907), pp. 459-524; E. Calandra, Breve storia dell'architettura in Sicilia, Bari 1938, pp. 111, 125; A. Manganaro, La chiesa di S. Francesco Saverio in Palermo ed il suo architetto, Palermo 1940; V. Regina, La chiesa madre di Alcamo, Alcamo 1956, pp. 21-28; A. Giuliana Alajmo, Fratello A. I. S.J., in Ai nostri amici, X (1957), pp. 225-227; A. Toscano Deodato, La riedificazione della chiesa di S. Maria dell'Elemosina (collegiata) in Catania dopo il terremoto del 1693, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, LIII (1957), p. 119; C. Nicotra, Il carmelo palermitano, Palermo 1960, p. 155; C. Carbonelli, Luci e ombre su Licata, Licata 1963, p. 32; G.B. Comandè, Alcuni aspetti del barocco in Palermo dal suo nascere alla fine del secolo XVIII, Roma 1968, p. 37; M.L. Stella, L'architetto A. I., in Palladio, n.s., XVIII (1968), 1-4, pp. 155-176; C. Carbonelli, Licata ed i suoi figli nel tempo, Canicattì 1971, pp. 132 s., 146; V. Scuderi, Architettura e architetti barocchi del Trapanese, Trapani 1973, pp. 31-34; V. Palazzotto, A. I. e S. Francesco Saverio a Palermo, Palermo 1977; Aspetti dell'architettura barocca in Sicilia: Guarino Guarini e A. I., a cura di T. Viscuso, Palermo 1978, pp. 26-29; S. Boscarino, Sicilia barocca, Roma 1981, pp. 79-82, 114-122; L. Dufour - H. Raymond, La riedificazione di Avola. Noto e Lentini: "Fra A. I., maestro architetto", in Il barocco in Sicilia, a cura di M. Fagiolo - L. Trigilia, Siracusa 1987, pp. 11-34; M. Giuffrè, A. I. architetto e la chiesa di S. Francesco Saverio a Palermo, in L'architettura della Compagnia di Gesù in Italia, XVI-XVIII secolo. Atti del Convegno, Milano… 1990, a cura di L. Patetta - S. Della Torre, Genova 1992, pp. 147-153; M.R. Nobile, A. I. architetto e la chiesa centrica con deambulatorio, ibid., pp. 155-158; M.G. Martellucci, La strategia insediativa dei gesuiti in Sicilia e il collegio di Polizzi Generosa, ibid., pp. 159-166; G. Cotroneo, Il primo barocco siciliano nel gesuita A. I., in Centri e periferie del barocco. Corso internazionale di alta cultura 1987, III, a cura di M.L. Madonna - L. Trigilia, Roma 1992, pp. 77-91; C. D'Arpa, Il contributo dell'architetto A. I. al cantiere della chiesa di S. Angelo di Licata, in Lexicon. Storia e architettura in Sicilia, 2000, pp. 39-52; M.C. Ruggieri Tricoli, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, I, Palermo 1993, sub voce.