GOTTARDI, Angelo
Nacque a Verona il 20 giugno 1826 da Giovan Battista e da Angela Bertoldi. Entrato nel seminario vescovile di Verona nel 1839, prese gli ordini nel 1850. Intorno al medesimo anno ebbe inizio la sua lunga e intensa attività progettuale che lo vide impegnato, a Verona e nel suo territorio, nel campo dell'edilizia ecclesiastica e del restauro. Le sue prime realizzazioni architettoniche oscillano tra modelli neoclassici e neocinquecenteschi.
Il pronao corinzio tetrastilo della chiesa di Vestenanova (1849-53) ripete, in modo pressoché pedissequo, schemi neoclassici correnti desunti, soprattutto, dalle opere degli anni Venti e Quaranta dell'architetto veronese B. Giuliari.
La chiesa di Mambrotta di San Martino Buon Albergo (1863) mostra ancora, nel prospetto neocinquecentesco a lesene e timpano, i segni dell'iniziale formazione accademica, evidenti anche nel nuovo coro della parrocchiale di Illasi (1863). Una più originale elaborazione di tipologie neoclassiche si manifesta, invece, nella facciata della parrocchiale di Bussolengo (1870), animata da nicchie con statue, da specchiature con festoni e da un'enorme cimasa, con altorilievo, sopra un portale incorniciato da un'edicola ionica.
Negli anni Settanta, seguendo l'orientamento già intrapreso, a Verona, dall'architetto G. Franco, il G. si inserì nel filone neomedievalista. Non prima, tuttavia, di sperimentare composizioni eclettiche, di cui resta testimonianza la composita facciata di S. Giorgio Martire a Cazzano di Tramigna (1870), la quale mescola spunti romanici, gotici e venezianeggianti.
Prevalgono, invece, schemi romanico-bizantini nella parrocchiale di Marzana (1875) e romanico-gotici nel rinnovamento di S. Maria Assunta a Tregnago (1879). In quest'ultimo edificio - certamente il più significativo tra le architetture religiose del G. - la tripartizione verticale della facciata, le gallerie ad archetti e la policromia "lombardesca" del rivestimento a corsi di tufo e cotto richiamano il duomo di Lonigo (1875) di G. Franco, di cui la chiesa di Tregnago appare, sotto l'aspetto decorativo, la versione "povera".
Lo stile neogotico - già preannunciato nel verticalismo della navata centrale e delle guglie a edicola di S. Maria Assunta a Tregnago - divenne il naturale approdo, per il G., nelle opere fra gli anni Settanta e Ottanta. Le chiese costruite in questi anni, nei piccoli centri della provincia veronese, si rifanno, perlopiù, ai modelli gotici cittadini di S. Bernardino e di S. Tommaso. Le chiese di Engazzà di Salizzole, di Mezzane di Sotto (1871-89), di Cellore di Illasi (1880) e di Ferrara di Monte Baldo (1886-90) riproducono, con poche varianti, uno schema di facciata divenuto ormai consueto: portale cuspidato fiancheggiato da alte bifore, cornici ad arcatelle sugli spioventi del tetto e piloni laterali sormontati da guglie a tabernacolo.
Nella chiesa di Casaleone (1885) e nel campanile e portale della chiesa di Roncanova di Gazzo (prima del 1886) si avverte un appesantimento di stilemi romanico-gotici: sono i segnali del declino del periodo neomedievalista.
La chiesa di San Briccio di Lavagno (1885) e la facciata della parrocchiale di Incanale di Rivoli Veronese - caratterizzate dall'inserto della serliana in facciata - segnano il volgersi verso forme neocinquecentesche. L'ampliamento della chiesa di S. Lorenzo a Soave (1877-84) rivela - nella plastica facciata di semicolonne corinzie poggianti su alti plinti - una più matura assimilazione dei modi palladiani. Nel 1880, peraltro, il G. era stato incaricato di edificare, su progetto di B. Giuliari del 1830, il pronao neoclassico della parrocchiale di Bardolino.
Il sentimento patriottico, ereditato dalla famiglia, e i contatti con C. Boito (più volte presente a Verona per consulenze in materia di restauro) certamente influirono nello spingere il G. ad abbracciare lo stile romanico-gotico, e a vedere in esso l'espressione della civiltà di un popolo, secondo la nota ideologia nazional-patriottica diffusa dallo stesso Boito. Ma è altrettanto vero che per l'abate G. il neomedievalismo era la manifestazione, in primo luogo, del sentimento religioso della nazione, un sentimento che l'architettura doveva contribuire a risvegliare e a rafforzare. La tendenza ad accentuare la componente gotica - la più idonea a suscitare nelle coscienze forti tensioni spirituali - rendeva dunque l'architettura chiesastica del G. un'espressione tardiva di aneliti romantici e cristiani alla Chateaubriand. Il G., tuttavia, non abbandonò mai completamente l'iniziale atteggiamento accademico-eclettico, come dimostra, per esempio, il progetto neorinascimentale, non realizzato, per il campanile della chiesa di Ca di David.
Partecipe del dibattito architettonico e ideologico della Verona degli anni Settanta e Ottanta - un dibattito al cui centro era la valorizzazione, attraverso il ripristino delle testimonianze materiali, delle radici medievali della città scaligera - il G. fu membro, fin dal 1876, della sottocommissione ai monumenti e agli oggetti archeologici all'interno della commissione conservatrice prefettizia. E, in tale veste, egli espresse più volte pareri, inviò richieste di restauro al ministero, stese relazioni, progettò e diresse opere di rifacimento stilistico.
Nel 1877 si oppose al progetto di G. Franco per la costruzione di un pulpito in pietra per l'abbazia romanica di S. Zeno, e avanzò la proposta, poi accolta, di collocare un pulpito mobile in legno. Nel 1881 venne incaricato di presentare una proposta per il restauro, da lui precedentemente sollecitato, degli affreschi e delle tarsie lignee di S. Maria in Organo. Nello stesso anno riferì alla commissione conservatrice in merito ai restauri in corso nelle cappelle Salerno e Lavagnoli in S. Anastasia. Per quest'ultima cappella venne accolta, nel 1883, la sua proposta di rifacimento delle decorazioni medievali, mentre per la cappella Pellegrini, nella stessa chiesa, venne approvato il suo progetto (1881) di erigere un altare anziché di ricostruire il trittico.
Più volte il G. assunse il compito di sorvegliare le opere di rimozione, liberazione o rifacimento che - nel generale revival medievaleggiante - interessavano le più antiche chiese cittadine. Nel 1883, su suo progetto, venne restaurata la cripta di S. Maria in Organo. Nel 1884 egli diresse i restauri del coro, della cripta e della cantoria di S. Stefano, e interventi analoghi fece eseguire in S. Maria Antica. Il G. presentò, inoltre, due progetti per il rifacimento del pavimento del duomo e un progetto, non accolto, per il restauro della chiesa di S. Pietro Martire.
La prassi seguita dal G., nel campo del restauro, si ispirava a un'interpretazione estensiva dei precetti boitiani, fino a sconfinare, sovente, in ricostruzioni immaginose: come nel caso di S. Maria Antica, dove i suoi ripristini in stile si spinsero ben oltre le indicazioni conservative date dall'allora direttore dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti, F. Berchet. Analogo è il caso della cappella dell'Incoronata in S. Maria della Scala, dove, sull'onda di un crescente entusiasmo neomedievalista, il G. aggiunse arbitrariamente armi scaligere.
Fautore, anche per l'edilizia pubblica e privata, del gusto neoscaligero e tardoromantico, nel 1882 il G. fu delegato a sovrintendere al restauro stilistico dell'antico palazzo degli Scaligeri, sede della prefettura. Egli inoltre ristrutturò, in forma di castello, la villa e l'annesso parco, affacciato sul lago di Garda, del conte Giovanni Battista Buri, a Lazise.
Secondo G. Trecca furono circa settanta, e quasi tutte nel territorio veronese, le chiese che il G. edificò, ampliò o restaurò. Oltre a quelle citate, egli costruì le chiese di Orgiano (nel Vicentino), Lobia e San Giorgio in Bosco; portò a compimento il campanile della chiesa di San Michele Extra (su progetto di G. Barbieri del 1820); fece voltare da ovest a est la facciata della chiesa di S. Rocco a Soave (1890). Ingrandì, inoltre, le chiese di Bonavigo, Piovezzano, Quinzano, Roveredo di Guà, Cancello, Cerea, Velo Veronese. Modificò o restaurò le chiese di Baunio presso Domodossola, Bonferraro, Buttapietra (oratorio), Caldierino (campanile), Nogara, Raldon, Roveré di Velo, San Giovanni Lupatoto, San Martino Buon Albergo, Caldiero (facciata), Canedole, Castagnaro, Boscochiesanuova (chiesa, asilo, scuole), Colognola, Chievo, Dossobuono (facciata), Torri del Benaco (pavimento), Villafranca (pavimento e balaustri, 1881).
Edificò chiese anche nelle missioni cattoliche in Africa (a Elovan presso Il Cairo) e in America Latina (a Nuova Trento presso San Paolo del Brasile).
Nel campo dell'architettura civile, il G. costruì il palazzo Bocca Trezza a Sommacampagna e (insieme con il fratello Giovanbattista, ingegnere) l'atrio di palazzo Dionisi in via Leoncino a Verona.
Nella Biblioteca civica di Verona (sezione Stampe 3.g) sono conservati numerosi progetti del G. non realizzati, tra i quali quelli per le chiese di Albaredo d'Adige, Locara (1875), Castelletto di Brenzone, Santa Lucia Extra e Solferino, e, inoltre, progetti di restauro o ampliamento per le chiese di Bovolone, Montorio, Ca di David e San Pietro di Lavagno, oltre a studi per teatri, catafalchi, cappelline da giardino, altari, fontane, terrazze, ingressi a cimiteri, tettoie, pavimenti e un caffè turco.
Dal 1873 il G. insegnò disegno al seminario vescovile di Verona. Negli ultimi anni gli venne conferito il titolo di socio dell'Accademia di belle arti.
Il G. morì a Verona il 30 genn. 1911.
Fonti e Bibl.: B. Bacilieri, Bussolengo. Appunti monografici, Verona 1903, p. 25; L. Sormani Moretti, La provincia di Verona, II, Firenze 1904, p. 196; L. Simeoni, Verona. Guida storico-artistica della città e provincia, Verona 1909, pp. 394, 417, 464, 468, 482, 533; G. Trecca, In memoria del cav. don A. G., Verona 1911; G.B. Pighi, Inaugurandosi la nuova pieve di S. Maria di Tregnago, Verona 1922; F. Dal Forno, Val di Mezzane, Verona 1957, p. 35; M. Steccanella, Valtramigna Cazzano e Soave, Verona 1967, pp. 60 s., 64, 92; G. Conforti, G. A. (1826-1911), in L'architettura a Verona dal periodo napoleonico all'età contemporanea, a cura di P. Brugnoli - A. Sandrini, Verona 1994, pp. 454-458; P. Brugnoli, Eclettismo, neoromanico e neogotico nell'architettura dell'Ottocento, ibid., pp. 95, 98 s., 104-108; A. Grimoldi, Restauri a Verona: cultura e pubblico 1866-1940, ibid., pp. 132 s., 138, 156; F. Venuto, Giardini a Verona e provincia nell'Otto e Novecento, ibid., p. 322.