FERRI, Angelo
Non si conoscono i dati anagrafici di questo incisore, attivo a Bologna nella seconda metà del XVIII secolo. Il suo biografo (Oretti, ms. B. 133) dà su di lui scarni elementi, limitando il ricordo al talento dimostrato al tempo del tirocinio presso l'Accademia Clementina di pittura, scultura e architettura di Bologna, presumibilmente la sua città natale. Fu allievo di E. Lelli e da ciò si può desumere concluso al 1766, anno della scomparsa del maestro, il suo percorso formativo che è plausibile ritenere avviato entro il sesto decennio, se studiò, come afferma l'Oretti (ibid.), accanto ai fratelli U. e G. Gandolfi. Con quest'ultimo condivise alcune significative esperienze di lavoro: entrambi nel 1762 collaborarono all'impresa promossa da F. Malvezzi, un volume edito da L. Dalla Volpe per le nozze di Lucrezia Savorgnan e Giovanni Lambertini, nipote del pontefice Benedetto XIV.
Per quell'opera, I riti nuziali degli antichi Romani..., il F. eseguì i disegni, incisi poi da G. De Leonardis, per i capitoli IV, "Il flammeo", VI, "La confarreazione", VII, "Il ratto e l'accompagnamento", VIII, "L'ingresso nella casa dello sposo", X, "Il talamo": ad eccezione di quest'ultimo, che deriva il modello da un particolare delle Nozze Aldobrandini, gli altri discendono dalle incisioni di P. S. Bartoli (Admiranda romanorum antiquitatum, 1685) e le aggiunte a queste di G. G. De Rossi (1693).
L'opera, che per aggiornamento culturale e sontuosità di resa impose presso il coté bolognese i giovani artisti coinvolti, aprì loro la strada per una commessa di maggior respiro, la realizzazione dei ritratti in disegno dei più illustri "in re botanica scriptorum", ovvero la Pinacotheca Bassiana che dall'ostensore dell'Orto botanico bolognese, Ferdinando Bassi, promotore dell'impresa, trae il nome (Bologna, Bibl. univ., ms. 137; cfr. D. Biagi Maino, La Pinacotheca Bassiana: Bologna e l'Europa del Settecento in una raccolta di ritratti, in Fra studio, politica ed economia: la Società agraria dalle origini all'età giolittiana, Bologna 1992, pp. 597-618).
Di quella ideale galleria di scienziati, illuministicamente intesa come antologia dei più grandi talenti dall'antichità al contemporaneo con fini sia celebrativi sia didascalici dal committente, all'epoca assai noto tra gli accademici d'Europa, pensionario benedettino presso l'Istituto delle scienze di Bologna, restano circa centocinquanta fogli, a penna acquarellata, non tutti condotti a termine per la precoce scomparsa del creatore della raccolta.
Il Bassi aveva affidato ad artisti già affermati dell'Accademia Clementina o a giovani promesse, quali appunto il F., modelli tratti da frontespizi delle opere a stampa degli scienziati o disegni, spesso di qualità men che modesta, inviatigli dai corrispondenti coinvolti nell'impresa, prevedendo, a completamento di ogni ritratto, una incorniciatura di tipo architettonico come nella consuetudine, o con maggiore originalità fregi raffiguranti gli oggetti di natura studiati dal ritrattato. Dei più di venti ritratti attribuiti al F. dal Bassi nelle sue note manoscritte si rivelano di qualche interesse quelli degli scienziati pisani, quali ad esempio il D. Vigna che mostra la volontà dell'artista di mantenersi il più possibile fedele al modello, ossia il ritratto di R. Borghetti (Pisa, Dipartimento di scienze botaniche), al quale il F. si ispirò anche per l'effigie di M. Cornacchini, che ancora merita di essere citato. Il confronto comunque tra un ritratto di qualità quale quello di J. Ray di W. Faithorne, che il F. conobbe per il tramite dell'incisione di G. Vertue, mostra i limiti delle sue capacità grafiche, che risolvono in pedissequi modi la franchezza dell'originale; di onesta maniera, se pure poveri per invenzione, sono le cornici che contornano l'immagine ed i cartigli predisposti a contenere il nome del ritrattato.
Come disegnatore, il F. si mostra dunque, alla metà del settimo decennio, poco più che modesto; diversamente dotato dovette rivelarsi invece in qualità di incisore, se meritò di essere accolto tra gli accademici effettivi della Clementina nella classe degli intagliatori nel 1779, dopo alcune affermazioni ai concorsi istituzionali in quel medesimo decennio (Biagi Maino, 1990). Delle stampe ricordate dall'Oretti (ms. B. 134), tra le quali spicca quella derivata dal Sacro Cuore di P. Batoni che certo godette della massima diffusione dato il soggetto, si conosce solo l'acquaforte datata 1770, Il b. Niccolò Albergati in atto di supplicare la Madonna di s. Luca per Bologna (riprodotta, come opera di anonimo, in Gottarelli, 1976).
La bella immagine, edita da G. Franceschi come antiporta alla descrizione a stampa dell'itinerario processionale, il cosiddetto e canonico "viaggio della Madonna di san Luca", compiuto a quella data con la venerata icona, effigia, dinanzi alla veduta della città, l'Albergati, immagine di appassionata retorica: l'invenzione si deve ad U. Gandolfi, che trovò nel F. un esecutore abile ed esperto nell'uso del bulino; con loro collaborò, per l'ornamento, F. Minozzi.Del F. si conosce ancora una Veduta di porta Maggiore (oggi Mazzini: Zucchini, 1976); sappiamo dalle fonti che per lo stampatore Longhi aveva inciso "fragmenti di architettura tolti da varij Autori" (Oretti, ms. B. 134), una cartella probabilmente anche ad uso degli studenti della Clementina. Il F. fu tra i più assidui alle sedute accademiche, stando allo spoglio dei resoconti; incaricato dapprima di compiti di scarso rilievo - ad esempio, visitatore degli infermi, perito aggiunto - ricoperse, dal 1782 per sette volte, la carica di direttore di figura (Farneti, 1988). È da sottolineare l'opera che svolse in qualita di perito per l'Accademia, dall'ultimo decennio del secolo, ricordata in più luoghi negli Atti; da una nota autografa che si conserva presso la Biblioteca comunale di Bologna, relativa ad un dipinto di G. G. Sementi (Autografi, CXIV, 24871). si deducono le modalità delle sue prestazioni. Le sue competenze in merito furono poste alla prova allorché fu chiamato a far parte, nel 1798, della commissione cui era delegato di periziare i disegni (L'opera dell'Accademia ...,1971, p. 14; Benassi, 1988: erroneamente indicati come quadri) acquisiti dalla Repubblica Cisalpina dagli istituti religiosi soppressi. Conseguentemente fu tra gli ex accademici clementini chiamati nel gennaio del 1804 (Benassi, 1988) a far parte della nuova Accademia nazionale di belle arti. Nel 1806 risulta tra gli accademici viventi (Discorsi..., 1806).
Dallo Zani (1821) si apprende della parentela del F. con il quadraturista Giuseppe, sul quale le scarne notizie biografiche si desumono ancora dall'Oretti (ms. B. 134), che peraltro tace su tale consanguineità. Il biografo informa che l'ornatista si affermò con grande plauso ai concorsi accademici "Fiori della Clementina" nel 1765, 1768, 1769(in questa occasione con un disegno di un tempio ispirato al Pantheon, testimonianza di aggiornate attenzioni). Negli Atti manoscritti dell'Accademia si trova conferma a tali dati e si apprende che Giuseppe aveva vinto già nel 1762, 1764, e nel 1766, 1767, 1773; nel 1769 fu proposto per l'accademicato che non ottenne, così come tutte le successive volte in cui fu sottoposto al vaglio degli assunti (nel 1770, 1775, 1778, 1780): in ultimo, e ancora senza esito, nel 1784. Della sua carriera, che dunque si svolse senza l'avallo dell'istituzione accademica, ben poco si conosce: se infatti la guida di Bologna (Pitture...) del 1782 cita un suo intervento ad affresco nella chiesa dei Ss. Vitale e Agricola, la notizia è taciuta già nell'Ottocento e non è recuperata nei testi recenti (I Ss. Vitale e Agricola, a cura di G. Fasoli, Bologna 1993);altrettanto per l'altra operazione riconosciutagli dalla letteratura odeporica, la prospettiva del cortile di palazzo Castelli, citata solo nell'edizione delle Pitture... del 1792.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, mss. B. 133-134: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno, XI, cc. 199-200; e c. 309 (Giuseppe); Ibid., Id., ms. B. 106: Cronica o sia Diario pittorico..., c. 43;Ibid., Atti dell'Accad. Clementina di Bologna (mss.) I, Accad. di belle arti, 1710-1764, c. 311; II, 1764-1782, cc. 102, 120, 307, e cc. 13, 38, 63, 104, 107, 110, 128,168, 175, 219, 222, 294, 340(Giuseppe); III, 1782-1789, c. 30 e passim, e c. 66(Giuseppe); IV, 1789-1804, c. 322 e passim; Pitture, scolture e architetture ... della città di Bologna, Bologna 1782, p. 47(Giuseppe); Ibidem, Bologna 1792, pp. 48, 327 (Giuseppe); Elenco degli accademici..., in Discorsi letti nella Regia Accad. di belle arti, Bologna 1806; P. Zani, Enciclopedia metodica ... delle belle arti, Parma 1821, p. 257(anche per Giuseppe); L'opera dell'Accademia Clementina per il patrimonio artistico e la formazione della Pinacoteca nazionale di Bologna, a cura di A. Emiliani, in Atti e mem. dell'Accad. Clementina di Bologna, X (1971), pp. 4 s., 14 e passim; G. Zucchini, Edifici di Bologna, a cura di G. Roversi, Bologna 1976, p. 140; E. Gottarelli, I viaggi della Madonna di s. Luca, Bologna 1976, tav. XXXIII; Il patrimonio artistico e architettonico di Bologna 1792, Bologna 1979, p. 73 (Giuseppe); S. Benassi, L'Accademia Clementina. La funzione pubblica. L'ideologia estetica, Bologna 1988, pp. 252, 284, 286, 288, 379, 382;F. Farneti, I maestri dell'Accademia Clementina (1710-1803), in Atti e mem. dell'Accad. Clementina di Bologna, n.s., XXIII (1988), pp. 124-129; D. Biagi Maino, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, II, p. 717(anche per Giuseppe); Ead., Un episodio di cultura illuminista a Bologna: i Gandolfi e l'Istituto delle scienze, in Saecularia Nona Annual, XI, 1993, p. 49.