DELLA MARRA (de Marra), Angelo
Figlio, forse primogenito, di Giozzolino di Angelo, nacque probabilmente a Barletta in data da collocare intorno al 1220 (più prima che dopo), in quanto nel 1271-1272 suo figlio Giovanni era già in età di matrimonio. Fu fratello di Galgano e di Ruggero.
La famiglia, originaria di Ravello, si era trasferita in data a noi sconosciuta a Barletta, dove l'avo del D., Giovanni, esercitava la mercatura nel secondo decennio del sec. XIII. La condizione dei Della Marra era mutata con il nonno del D., Angelo, il quale si era distinto come uno dei migliori ufficiali finanziari di Federico II, tanto da essere nominato maestro razionale nel 1240. Con lui i Della Marra erano entrati a far parte di quel ceto di alti ufficiali di origine mercantile che proprio sotto il sovrano svevo aveva cominciato ad affermarsi e ad assumere la gestione corrente dell'amministrazione del Regno, soprattutto nel settore finanziario. Negli anni di Manfredi il padre del D., Giozzolino, aveva consolidato la posizione della famiglia: era diventato a sua volta maestro razionale e uno dei più ascoltati consiglieri regi.
La conquista del Regno da parte di Carlo I d'Angiò non aveva avuto alcuna conseguenza negativa per i Della Marra. Al contrario, il sovrano si avvalse costantemente dell'opera e del consiglio non soltanto di Giozzolino - che per molti anni fu il principale "ministro" finanziario del re angioino -, ma anche del D. e dei suoi fratelli. Si deve, infine, ricordare che i Della Marra erano legati da saldi vincoli di parentela con un'altra famiglia di alti funzionari finanziari regi, i Rufolo: la sorella del nonno dei D., Sigilgata, era andata sposa a Nicola Rufolo; Matteo, nato da questo matrimonio, si era maritato con Anna, sorella del padre del D.; infine, il fratello del D., Ruggero, si sposò con Ciura, figlia di Matteo e di Anna.
La prima notizia sul D. risale al 12 maggio 1269, quando Carlo I ordinò al giustiziere di Terra di Bari di pagare le spese degli ambasciatori del sultano di Babilonia, in viaggio verso il Regno su navi genovesi, "iuxta provisionem et ordinationem Angeli de Marra quem in eorum comitiva transmictimus" (I registri, I, p. 252).Il 31 agosto dello stesso anno il D. risulta, poi, castellano del castello di Canne. Nel settembre successivo fu inviato dal sovrano angioino a prendere i "quaterni" (i registri camerali) conservati nel castello di Canosa. Nel corso della XIII indizione (1ºsett. 1269-31 ag. 1270) risulta incaricato della custodia della foresta e del palazzo regio di Tricarico.
Le prime notizie sul D., dunque, lo indicano al servizio del re angioino con incarichi numerosi e di varia natura: sembra a disposizione del sovrano e non ancora inserito in uno specifico ufficio dell'amministrazione del Regno. In veste di semplice fedele e familiare del monarca dovette anche seguire Carlo I in Terra Santa nel 1270 alla crociata intrapresa da Luigi IX di Francia. Il 24 giugno 1270 il re angioino scriveva al secreto di Sicilia di mettere a disposizione del D. un galeone per consentirgli di trasportare nell'isola, al seguito della corte, i "quaterni" della Camera regia. Il 24 settembre, poi, Carlo I scriveva dal Campo posto presso Cartagine che l'arcivescovo di Palermo avrebbe potuto controllare in futuro i rendiconti dei secreti di Sicilia con l'aiuto del Della Marra. Lo Sthamer (Der Sturz)ha sostenuto che a questa data il D. era già maestro razionale, anche se non compare con il titolo di tale ufficio nel documento in questione. Sembra, invece, più probabile che il D. continuasse a servire il sovrano in compiti di varia natura anche durante la permanenza in Oriente e che solo dopo il ritorno nel Regno fosse nominato maestro razionale: lo farebbe pensare la mancanza del titolo che si ripete anche nell'elenco dei cavalieri tornati in patria al seguito di Carlo I nel gennaio 1271 (I registri, VI, p. 172), e la comparsa del medesimo titolo alla fine del 1271 (ibid., VIII, pp. 51, 119) e non a partire dal 1270 come affermava lo Sthamer.
Dalla fine del 1271 il Collegio dei maestri razionali appare composto dal D. e da suo padre Giozzolino: ognuno dei due riceveva uno stipendio mensile, superiore alle otto once d'oro, nonché una somma per l'acquisto di un nuovo vestiario all'inizio dell'estate e all'inizio dell'inverno.
Il D., peraltro, continuò a svolgere altri compiti per ordine del sovrano. Così, il 10 apr. 1273 fu incaricato dal re, insieme con Pierre de Bayeux, di indurre i protontini di Trani, Bari, Monopoli e Brindisi ad armare galee; nel febbraio 1275 fu richiesto di portare i "quaterni" delle concessioni fondiarie fatte da Federico II all'accampamento regio posto presso Canosa; infine, un documento senza data, ma ascrivibile al 1275-1277, lo indica come maestro portolano di Puglia.
Il D. risulta anche far parte dell'Ospizio regio, la "casa" reale cioè, che Carlo d'Angiò andava organizzando sul modello dell'Hôtel reale francese. Era, inoltre, titolare di vari feudi: teneva, come vassallo del monastero di S. Trinita di Venosa, il casale di S. Giovanni "in Fronte", possedeva in Terra di Lavoro il casale di S. Bartolomeo "de Flumaro", aveva feudi in Calabria, nella Valle del Crati, in terra Giordana e in Terra d'Otranto e, infine, alla morte del padre, successe, con il fratello Galgano, nei feudi di Ordeolo e Roccetta nella Valle del Crati e da solo in quello di Asinaria in Terra d'Otranto.
Il D. continuò a ricoprire l'ufficio di maestro razionale anche dopo la morte del padre, avvenuta nel 1278 probabilmente alla fine dell'estate: numerosi sono i documenti che lo ricordano con tale incarico negli anni successivi. Era, dunque, al vertice dell'amministrazione finanziaria del Regno quando nel giugúo 1283, dopo la rivolta siciliana dei Vespri, il principe di Salerno Carlo - che governava in luogo del padre, impegnato nella guerra contro gli Aragonesi - fece arrestare i principali ufficiali e consiglieri finanziari di Carlo I. Tra loro erano il D., i suoi due fratelli e i più importanti esponenti della famiglia Rufolo.
Secondo lo Sthamer (Der Sturz), ilprincipe di Salerno si proponeva due obiettivi principali: da un canto, l'eliminazione di quel gruppo ristretto e omogeneo di funzionari che da anni aveva assunto il monopolio della gestione finanziaria del Regno e che gli impediva di intervenire in questo settore dell'amministrazione, dall'altro, l'esproprio delle considerevoli ricchezze mobili e immobili degli accusati, esproprio che era particolarmente utile alla monarchia impegnata nella costosa lotta contro gli Aragonesi (Der Sturz). Lo Sthamer giudica, a ragione, eccessivamente generiche le accuse che a detta di Ferrante Della Marra (Discorsi) vennero rivolte agli imputati (esportazione di grano a danno della Corona; espressioni di favore per la rivolta dei Vespri: in particolare a Matteo Rufolo si imputava una corrispondenza segreta con la regina Costanza): tende, però, a svalutare in parte anche il contenuto della lettera inviata da Carlo il 22 giugno a varie comunità del Regno per comunicare loro l'arresto dei grandi ufficiali. Questi venivano accusati di aver provocato tutti i mali del Regno poiché avevano fatto imporre un onere fiscale insostenibile per le comunità. Il Nitschke (Carlo II)individua, invece, in questa accusa il vero motivo dell'azione di Carlo e ritiene che il principe di Salerno intese "intervenire a favore delle popolazioni oppresse dal governo del padre". Si può aggiungere che alla decisione di Carlo non dovette essere estranea la volontà di separare le responsabilità della casa reale da quelle dei suoi consiglieri e di dimostrare alle comunità del Regno la capacità della monarchia di svolgere ancora il ruolo di garante dei loro diritti e quindi di supremo giudice e dispensatore di giustizia: un ruolo, questo, che la rivolta siciliana l'accusava di non aver svolto in passato in maniera adeguata.
L'azione di Carlo di Salerno fu improvvisa e rapida: da Nicotera, in Calabria, ove era giunto dopo la conclusione del Parlamento di San Martino, egli dispose gli arresti degli accusati, che furono portati a termine tra il 17 e il 22 giugno. Il D., che probabilmente aveva seguito il principe, dovette essere preso subito: i suoi beni furono messi sotto sequestro. Non sappiamo dove si svolse il suo processo: è noto soltanto che egli era ancora in vita il 19 luglio, mentre risulta morto il 3 ottobre. Fu, dunque, uno dei primi imputati ad essere condannato e giustiziato.
Non conosciamo il nome della moglie del D.: di lei si sa soltanto che nel 1275-1276 aveva subito un furto di cavalli nel casale di S.Bartolomeo "de Flumaro" e il re disponeva un risarcimento in suo favore. Era probabilmente già morta nel 1283, dato che non viene mai ricordata nei numerosi documenti relativi al processo. Il D. ebbe almeno tre figlie: Renza, che nel novembre 1282 si sposò con Alduino di Candida, e altre due di cui si ignora il nome e che si sposarono una con Guglielmo di Marzano, l'altra con il figlio del nobile calabrese Rengerio di Sancineto. Il Camera gli attribuisce anche un'altra figlia, di nome Luisa, moglie di Bertrando d'Artus. Il D. ebbe anche un figlio Giovanni, il quale nel 1271-1272 Si sposò con Costanza del fu Corrado di Montefuscolo, feudataria di Grumo. Quando il D. fu arrestato, Giovanni fuggì all'estero e non fece ritorno nel Regno nemmeno dopo che nel dicembre 1283 il principe Carlo gli aveva concesso il perdono, dietro pagamento della somma di 400 once d'oro. Rimase ancora lontano dopo il febbraio 1284, quando il principe dispose la restituzione dei suoi beni dietro versamento di 4.000 once d'oro. Fece ritorno solo dopo aver pagato, tramite un banchiere, la somma di 1.000 once il 6 maggio: la rimanente somma di 3.000 once fu da lui versata il 18 maggio. Il principe, allora, lo riammise nella grazia regia. Nel 1285-1286 Giovanni risulta titolare del feudo di Ordeolo e nel 1289-1290 signore della terra di Grumo.
Fonti e Bibl.: C. Minieri Riccio, Saggio di codice diplomatico..., I,Napoli 1878, p. 73 n. 76; G. Del Giudice, Codice diplom. del regno di Carlo I e II d'Angiò, III,Napoli 1902, p. 228; E. Sthamer, Die Reste des Archivs Karls I. von Sizilien im Staatsarchiv zu Neapel,in Quellen und Forschungen aus Italien. Archiven und Bibliotheken, XIV(1911), p. 124; A. de Boüard, Documents en français des archives angevines de Naples, II,Paris 1935, p. 123; C. De Lellis, Gli atti perduti della Cancelleria angioina..., a cura di B. Mazzoleni, I, 1 e 2, in Regesta Chartarum Italiae, XXVe XXVI, Roma 1939-1943, ad Indicem (sub voce Marra de, Angelo); I registri della Cancelleria angioina..., I, IV,VI-XIV, XVI-XVIII, XX, XXI, XXIV-XXVIII, Napoli 1950-1980, ad Indices (sub voce Marra de, Angelo e Giovanni); F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non, comprese ne' Seggi di Napoli...,Napoli 1641, p. 349; D. Tomacelli, Storia de' reami di Napoli e Sicilia dal 1250al 1303, I, Napoli 1846, p. 508; M. Camera, Mem. storico-diplomatiche dell'antica città e ducato, di Amalfi..., I,Salerno 1876, p. 441; II, ibid. 1881, pp. 381 s.; P. Durrieu, Les archives angevines de Naples, Paris 1886, p. 216 n. 3; O. Cartellieri, Peter von Aragon und die sizilian. Vesper, Heidelberg 1904, p. 115; F. Carabellese, Carlo d'Angiò nei rapporti politici e commerciali con Venezia e con l'Oriente,Bari 1911, p. 108; E. Sthamer, Der Sturz der Familien Rufolo und della Marra nach der sizilischen Vesper, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, phil. hist. Klasse, Berlin 1937, 3, in particolare pp. 4 s., 9 s., 15, 17, 19, 23 s., 26 (con documenti riportati in appendice); Id., Das Amtsbuch des sizilischen Rechnungshofes, Burg 1942, pp. 114, 120 s. (con ulteriori indicazioni bibliografiche); A. Nitschke, Der sizilianische Adel unter Karl von Anjou und Peter von Aragon, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XI-V(1965), p. 253, n. 79; Id., Carlo II d'Angiò, in Diz. biogr. degli Italiani, XX,Roma 1977, p. 228.