CECCONI, Angelo (pseudonimo Thomas Neal)
Nacque a La Ferruccia, frazione di Agliana (Pistoia) nel 1865. Ebbe un'educazione fortemente religiosa in collegi e seminari di Pistoia e Prato. Lo stesso C. ricorda come il suo maestro più amato il padre Giuseppe Silvestri. Fin dai primi suoi scritti assunse lo pseudonimo di Thomas Neal, con il quale è più conosciuto e citato.
La sua attività di pubblicista iniziò con regolarità nel 1896, quando il C. divenne collaboratore fisso de Il Marzocco; tale collaborazione durò ininterrottamente fino al 1900. In questi anni scrisse una sessantina di articoli, molti dei quali furono raccolti nel volume Studi di letteratura e d'arte (Firenze 1898). Sono note, recensioni, piccoli saggi critici, che dimostrano una notevole facilità ad affrontare un'ampia gamma di questioni letterarie, artistiche e filosofiche.
Le recensioni sono sempre l'occasione per vaste digressioni sull'arte e sulla morale. Tra queste due attività dell'uomo c'è un legame strettissimo: l'artista è morale in quanto è uomo e non può fare a meno, che lo voglia o no, di dare un significato morale alla sua opera. Egli professerà dunque, a seconda della sua posizione nei riguardi dell'universo, un atteggiamento ottimista, pessimista o indifferente. Il C. non nasconde le sue simpatie per la terza posizione, a suo parere più elevata, poiché presume un'esperienza più vasta e completa, mai unilaterale. Così un vago scetticismo e un'identificazione di morale e religione sono le caratteristiche principali di questa fase del pensiero del Cecconi.
Durante il primo decennio del 1900 il C., pur interrompendo l'attività di pubblicista, da un lato approfondì i suoi studi filosofici, dall'altro strinse con il gruppo del Leonardo un rapporto che negli anni seguenti avrà importanti sviluppi. Il primo di essi è la partecipazione costante all'attività della Biblioteca filosofica fiorentina, fondata nel 1908 da Amendola e Papini, e soprattutto a quella del Circolo filosofico, strettamente legato alla Biblioteca. Il C. partecipò con assiduità a discussioni e conferenze, tenendo fra l'altro, sul finire del 1919, una relazione su "La teologia di Aristotele".
In questo periodo il C. mutava in maniera considerevole le sue convinzioni filosofiche, passando dal moderato pirronismo del Marzocco a un aristotelismo di stampo scolastico, carico di forza polemica. Già in un saggio polemico su G. Vailati (in Cultura contemporanea, III [1911], 4-5, pp. 271-273) si manifesta quella violenza, nel linguaggio come nei contenuti, che caratterizza tutta la sua opera e che troverà poi piena espressione, poco dopo, in un articolo su Vico e l'immanenza (ibid.,7-8, pp. 1-24); nella sua polemica con l'idealismo crociano il C. ripropone il tema della trascendenza in contrapposizione a tutte le correnti della filosofia contemporanea.
Negli anni seguenti il C. entrò nel vivo dell'attività delle riviste fiorentine, collaborando a La Voce (per la quale aveva già scritto vari articoli) e a Lacerba, con saggi sempre particolarmente notevoli per carica polemica.
Nei primi numeri de La Voce, antecedenti agli scritti su Vailati e Vico, il C. aveva già espresso con decisione la sua posizione di scolastico intransigente e misoneista. In filosofia - afferma in un articolo su Gioberti (ibid., I [1908-09], 30, pp. 121-122) - non esistono novità: ciò che è nuovo non è importante e ciò che è importante non è nuovo.
Oltre a registrare alcuni scritti sulla pittura seicentesca, indubbiamente interessanti, ma che poco contribuiscono alla definizione della sua personalità, gli anni seguenti segnano l'accentuarsi progressivo della sua aggressività intellettuale, a cominciare da un articolo del dicembre 1913 (Alla pittura di domani, in La Voce, V [1913], 50, pp. 1217-1218); dopo aver bonariamente criticato i futuristi, apprezzandone, da buon "passatista", come dice, l'indiscutibile fascino, il C. fa derivare la teoria e la pratica di questo movimento dalla filosofia crociana, a suo parere puerile e confusionaria quanto basta a rovinare quanto c'è di buono nel futurismo. Ma il suo antidealismo si esprime in modo ancora più violento negli articoli interventisti che redasse dal sett. 1914 all'aprile 1915 per Lacerba. Essi sono improntati a un esasperato odio contro la Germania. Il militarismo tedesco e il pericolo gravissimo per tutta la civiltà che da esso proviene sono per il C. una derivazione diretta dell'idealismo e dell'immanentismo, i cui primi germi sono già presenti nell'imperativo categorico kantiano, che pretende di erigere l'uomo ad arbitro assoluto del ben pensare e del ben agire.Ma lo scritto che fece più rumore di tutti, provocando una risposta del Croce, fu Estetiche inconcludenti (in La Voce, VII[1915], 17, pp. 1038-1060). In esso il C. intendeva dimostrare che i caratteri essenziali del crocianesimo sono "il semplicismo e il bluffismo", insieme alla negazione totale della filosofia, che egli tornava a individuare nella tradizione aristotelico-scolastica.
Infine va detto che, fondandosi su di una conoscenza diretta e assai profonda dell'Action di M. Blondel, fu il C. a introdurre il pensiero del filosofo francese nella cultura fiorentina del tempo; il suo contributo alla diffusione delle posizioni blondeliane culminò nella redazione di un saggio (Blondel e il problema religioso, in Bilychnis, X [1921], 4, pp. 233-247) che riassume con molta cura la "filosofia dell'azione" e nello stesso tempo ribadisce con la consueta chiarezza le posizioni filosofiche del Cecconi.
Dopo il 1921 la sua attività letteraria e filosofica si esaurì, finita che fu la gloriosa stagione delle riviste fiorentine, alla quale aveva partecipato, se non come protagonista, certamente come significativa testimonianza di un'atmosfera culturale.
Morì a Firenze nel 1937.
Bibl.: E. Corradini, Thomas Neal, in Il Marzocco, III (1898), 23, p. 1; G. Amendola, La filos. Del fango, in L'Anima, I(1911), 1, pp. 25 ss.; B. Croce, risp. a Estetiche inconcludenti, in La Critica, XIV (1916), 6, pp. 66 s.; A. Hermet, La ventura delle riviste, Firenze 1941, ad Indicem; Bibliografia filos. italiana (1900-1950), I,Roma 1950, ad vocem (non è però ricordato l'opuscolo del C., Rembrandt e l'arte del suo tempo, Firenze 1906); G. Prezzolini, Il tempo della "Voce", Milano-Firenze 1960, p. 727; E. Garin, Cronache di filosofia ital., Bari 1966, ad Indicem.