CARAGLIO, Angelo Carlo Maurizio Isnardi De Castello marchese di
Nacque a Torino da Carlo Maurizio Amedeo e da Maria Cristina Paola Solaro di Dogliani, sua prima moglie, probabilmente intorno al 1650.
La famiglia Isnardi, "nobilissima e antichissima" come è scritto in un "consegnamento dell'arma gentilizia" del 1687 fatto dal C. e da alcuni suoi congiunti, ebbe le sue origini in Asti dove prese parte preminente alle lotte tra guelfi e ghibellini, che dilaniarono per oltre un secolo la vita cittadina, schierandosi dalla parte filoimperiale. Alla crescita costante della sua potenza corrispose l'acquisto di numerosi feudi, cui fecero capo vari rami staccatisi dal ceppo originario. Fra essi gli Isnardi di Caraglio, che assunsero il predicato toponomastico dal luogo omonimo, posseduto con titolo marchionale dal 1585.
Il C., che fu il quattordicesimo marchese, arricchì il già cospicuo patrimonio familiare e il blasone con diverse nuove acquisizioni: il marchesato di Strevi (18 genn. 1703), pervenutogli per via ereditaria e di cui ottenne la surrogazione di primogenitura a favore del figlio Ignazio Giovanni Battista marchese di Senantes suo primogenito (23 dic. 1720); i feudi lorenesi di Ligneville, Wittel e Malmaison, grazie al matrimonio con Cristina Carlotta Havart di Senantes; Bra (1706). Investito di quest'ultimo da Vittorio Amedeo II, quasi certamente in ricompensa della condotta tenuta durante il celebre assedio di Torino di quello stesso anno, il C. dovette tuttavia presto rinunciarvi in seguito alla ribellione della comunità braidese che sentì l'infeudazione come atto arbitrario, lesivo delle proprie antiche libertà e manifestò simbolicamente la propria avversione bruciando l'effigie del C. in piazza, dopo averlo costretto alla fuga.
Entrato al servizio ducale non dopo il 1670, dal momento che, per sua stessa testimonianza, nel 1700 poteva vantare un impiego ormai trentennale, è quasi certo che subito intraprese la carriera militare e che, in considerazione della sua alta nascita, fu assegnato a un corpo privilegiato. Nel 1687 il C. era infatti ufficiale luogotenente nella 4a compagnia della guardia del corpo del duca. L'assenza del Piemonte dai campi di battaglia europei durante la reggenza di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours (1675-1680) a causa della sua politica di soggezione a Luigi XIV, corrispose a un disimpegno quasi completo delle forze militari sabaude. Ma l'atteggiamento, opposto a quello materno, del giovane erede Vittorio Amedeo, manifestatosi apertamente poco dopo la sua presa di potere (1685), coinvolse il ducato in una serie di guerre quasi trentennali. Agli eventi bellici del proprio paese fu, com'è naturale, legata la carriera del C. che ascese ai massimi gradi divenendo, almeno nel 1717 (ma forse già molto prima), generale di artiglieria.
Il primo episodio saliente della sua vita militare risale alla sanguinosissima battaglia combattuta dalle truppe sabaudo-imperiali contro quelle francesi comandate dal generale Catinat presso le cascine della Marsaglia (tra Orbassano e Cumiana) e durante la quale il C. fu fatto prigioniero (4 ott. 1693). Dopo essersi egualmente distinto nella campagna dell'anno successivo come capitano della 4a compagnia della guardia del corpo ducale, conseguì la promozione a luogotenente generale d'annata e la nomina (3 genn. 1697) a governatore generale della città e contado di Nizza, con il compito di ripristinare il forte e le difese di una città che, per la sua posizione di confine, costituiva uno dei punti chiave del ducato. Le vicende dell'assedio di questo luogo, iniziato ai primi di marzo 1705, ebbero il C. come protagonista.
Dopo una breve difesa della città il C. permise ai consoli di trattarne la capitolazione (15 aprile), ritirandosi nel castello con il presidio. La diminuita pressione nemica dovuta ad una diversione tattica, le trattative intercorse tra il C. e il comandante francese duca di La Feuillade, dirette a stabilire uno stato di tregua (per altro ufficialmente smentito da Vittorio Amedeo II, desideroso di non compromettere i suoi rapporti con l'alleato inglese), gli permisero di resistere alcuni mesi. Ma la decisa ripresa delle ostilità nel novembre e il mancato aiuto delle navi inglesi, oltre alla scarsezza di viveri e munizioni, all'esiguità del presidio ridottosi tra il 25 novembre e il gennaio successivo da millecinquecento a cinquecento uomini, indussero il C. a radunare un consiglio di guerra che deliberò di accettare la resa, concessa a patti di "buona guerra" (4 genn. 1706).
Ritornato a Torino, dove il duca stava organizzando l'estrema difesa del ducato, di cui gli rimaneva ormai poco più della capitale, il C. ne fu nominato governatore (19 agosto). Suo compito immediato fu la predisposizione della città a fronteggiare gli attacchi delle truppe francesi stanziate in assedio. Fra i suoi provvedimenti si ricordano l'ordine di disselciare le strade per limitare gli effetti dei tiri di artiglieria; di porre vedette sui campanili delle chiese affinché dessero notizia di ogni principio di incendio; di stabilire luogo per luogo riserve d'acqua; di costituire una guardia borghese cui competeva il mantenimento dell'Ordine e l'immediato intervento in caso di incendio. Elogiato pubblicamente dal duca assieme al conte Daun e al marchese della Rocca d'Allery che con, lui, quali comandante supremo e governatore della cittadella, avevano retto la difesa cittadina prendendo parte diretta agli ultimi combattimenti fuori le mura, il C. venne confermato governatore di Torino (1º luglio 1707), conservando la carica per un lungo periodo: almeno fino al 1721.
Fra gli incarichi speciali affidatigli dal duca vanno ricordate le missioni del 1698 presso la corte papale e quella del 1712 presso la corte imperiale, cui fu inviato come ambasciatore straordinario; fra le onorificenze e i riconoscimenti: la concessione del titolo di cavaliere della SS. Annunziata (24 sett. 1713) che, per tradizione ininterrotta, dalla seconda metà del sec. XVI, era dato ai Primogeniti della famiglia; il conferimento della presidenza del Consiglio supremo per gli affari della Sicilia (15 marzo 1717), con residenza a Torino.
Sposatosi certamente dopo il 1669, anno in cui CristinaCarlotta Havart di Senantes rimase vedova del primo marito Henri de Lenoncourt de Challant, ne ebbe nove figli.
Morì il 18 genn. 1723 a Torino.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, SezioneCamerale, art. 601, Archivio Isnardi di Caragliodal 1259 al 1863; art. 852, § 1, Consegnamentidelle armi gentilizie, 1687, vol. I, f. 91v; Controllofinanze, reg. 1692-1693, f 152; reg. 1697, ff. 75, 76, 95, 136, 172; reg. 1702-1704, f. 146; reg. 1704-1705, ff. 66, 134; reg. 1706-1707, f 50; reg. 1708, I, f. 55; II, f. 11; reg. 2, f. 24; Ibid., Sezione I,Lettere particolari, mazzo C, n. 22, 1696-1705; mazzo I, n. 7, 1701-1705, 1706-1721; mazzo P, n. 10, 5 febbr. 1715; V. A. Cigna Santi, Serie cronol. de' cavalieri... della Santissima Nunziata, Torino 1786, p. 207; [G. Galli della Loggia], Cariche del Piemonte..., II, Torino 1798, App., 2, pp. 12 s.; G. Casalis, Diz. geografico,storico,statistico,commerc. degli Statidi S. M. il re di Sardegna..., III, Torino 1836, p. 471; XI, ibid. 1843, pp. 936, 938 s.; XXII, ibid. 1852, pp. 757, 761, 770 s.; A. Manno, Relaz. e documenti sull'assedio di Torino nel 1706..., Torino 1878, pp. 57, 93, 129, 221, 231; D. Carutti, Storia della diplom. della corte di Savoia, III, Roma-Torino-Firenze 1879, pp. 361, 364; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, I, Torino 1881, p. 208 n. 2; D. Carutti, Il primo re di casa Savoia. Storia di Vittorio Amedeo II, Torino 1897, pp. 312, 315, 333; P. Fea, Tre anni di guerra e l'assedio di Torino del 1706…, Roma 1905, passim; Le campagne di guerra inPiemonte(1703-1708) e l'assedio di Torino (1706). Studi, documenti, illustrazioni, IV, Torino 1909, pp. 75, 356; V, ibid. 1933, pp. CXIII, 365, 371, 375; F. Guasco, Vittorio Amedeo II nelle campagne dal 1691 al 1696..., in Studi suVittorio Amedeo II, Torino 1933, p. 284; C. P. De Magistris, Lettere di Vittorio Amedeo II nelperiodo dell'assedio di Torino del 1706,ibid., p. 358; A. Valori, Condottieri e generali del Seicento Roma 1943, p. 192; G. Quazza, Le riforme inPiemonte nella prima metà del Settecento, II, Modena 1957, p. 340 n. 9; I. Scovazzi, Notarelledi storia strevese, Savona 1959, pp. 41, 55, 62, 124 140; Enciclopedia militare, IV, p. 385.