CAPRANICA (Crapanica), Angelo
Nacque intorno al 1410 a Capranica Prenestina da Niccolò e da una Iacobella. Era fratello minore del cardinal Domenico, al quale egli dovette la sua ascesa nella carriera ecclesiastica. Come Domenico, ricevette la sua prima istruzione, a quel che pare, a Roma, proseguendo poi gli studi all'università di Bologna, dove fu forse suo maestro il noto canonista e civilista Giovanni (Nicoletti) da Imola. Poi passò a Padova, dove conseguì il dottorato in decretis. Non è noto quando precisamente il C. ottenesse la laurea, ma molto probabilmente non molto tempo dopo il 1428: il 18 febbraio di quell'anno egli è ancora ricordato come "studens in iure canonico" (cfr. Piana, Nuove ricerche, p. 154).
Verso la fine del 1434 il C. raggiunse il fratello Domenico a Basilea, dove questi si era recato per ottenere dal concilio il riconoscimento della sua dignità cardinalizia (il 19 novembre di quell'anno egli venne infatti incorporato nel concilio: cfr. Haller, IV, p. 252). Insieme con il fratello, riconciliatosi con Eugenio IV, sembra che abbia lasciato Basilea alla fine di marzo 1435. Il 17 marzo 1438 il papa lo nominò arcivescovo di Siponto (Manfredonia) come successore di Matteo Foschi trasferito a Rieti (Arch. Segr. Vat., Obl. et Sol. 66, f 64r). Niccolò V, che nutriva grande affetto per suo fratello Domenico, trasferì il C. il 5 maggio 1447 ad Ascoli Piceno (Ibid. 72, f. 50v), conferendo in commenda l'arcidiocesi di Siponto al cardinal Bessarione. Come vicario del C. ad Ascoli è ricordato un certo Amico de Fossulanis dell'Aquila.
L'11 giugno 1448 Niccolò V lo nominò, al posto del vescovo di Urbino, subcommissario della commissione cardinalizia incaricata di preparare il processo di canonizzazione di Bernardino da Siena. Insieme con l'iniziatore del processo Giovanni da Capestrano, intraprese perciò un viaggio per visitare tutti i luoghi dell'attività del beato dove si sarebbero verificati dei miracoli, come per esempio Bolsena, Buonconvento, Siena (dove si trattenne dal 14 luglio al 26 ag. 1448), Ascoli Piceno, L'Aquila e Rieti, dove arrivò alla fine di gennaio 1449. Non è tuttavia accertabile se egli partecipasse alla solenne canonizzazione del santo, celebrata il 24 maggio 1450 a Roma. Poco tempo dopo, il 7 ag. 1450, Niccolò V lo nominò governatore di Foligno (Arch. Segr. Vat., Reg. Vat. 435, ff. 105-106r), e in questa qualità il 14 agosto prestò il "iuramentum fidelitatis" richiesto (Ibid., Reg. Vat. 433, f 84v). Il 25 sett. 1450 il papa gli assegnò una nuova sede, e precisamente quella di Rieti, come successore del Foschi morto nel frattempo (Ibid., Obl. et Sol. 72, f 68v, e Reg. Vat. 412, ff. 260v-261r), e gli conferì in commenda l'abbazia benedettina di S. Eutizio nella diocesi di Spoleto. Il C. rinunciò al vescovato di Rieti, che aveva potuto tenere in commenda anche dopo la sua nomina a cardinale (5 marzo 1460), nel febbraio del 1469 a favore di Domenico Camisati, ma nel 1477 assunse di nuovo l'amministrazione di questa diocesi che tenne poi fino alla morte.
L'ascesa del C., però, iniziò solo durante il pontificato di Pio II. Inizialmente gli fu affidata la reggenza della penitenzieria apostolica, rimasta vacante dopo la morte del fratello Domenico (14 ag. 1458; cfr. Reg. Vat. 515, f. 75r). Fu poi governatore dell'irrequieta Bologna.
Nominato a questa carica da Pio II il 23 ott. 1458 (Reg. Vat. 515, ff. 65v-67r), fece il suo solenne ingresso in questa città già il 12 novembre "et venne cum lui li nostri ambassaturi ch'erano andati a papa Pio Secundo" (Corpuschronicor, IV, p. 256). Come uomo probo ed incorruttibile, il C. era persona adattissima per questo difficile compito ed in effetti ricoprì il suo ufficio per ben nove anni, dal novembre del 1458 fino al dicembre del 1467, suscitando lo stupore dei contemporanei (cfr. Gaspare da Verona, p. 29). Anche gli osservatori diplomatici testimoniano il suo grande talento e sensibilità nell'esercizio delle sue funzioni. A Bologna non solo poté mediare numerosi contrasti che dilaniavano la città, ma anche dare prova delle sue qualità amministrative.
Nel frattempo Pio II, quando il 5 marzo 1460 procedette per la prima volta alla creazione di cardinali, aveva assunto il C., primo fra tutti, nel Collegio cardinalizio, presentandolo con le parole "vero angelus et vita et morum honestate conspicuus" (I. D. Mansi, Pii II P. orationes, Lucae 1757, II, p. 89). La notizia della elevazione venne accolta con molto entusiasmo a Bologna (Corpus chronicorum, IV, p. 272); il 17 marzo il C. si mise in viaggio per recarsi alla corte pontificia, in quel momento a Siena, dove giunse il 21 (Arch. Segr. Vat., Arm. XXXI/52, f. 62r). Insieme con il nipote del papa Francesco Todeschini Piccolomini fu investito nel duomo di Siena del cappello rosso e del titolo presbiteriale di S. Croce in Gerusalemme, detenuto prima di lui dal fratello Domenico. Il 4 aprile lasciò Siena e tornò a Bologna, dove fece il suo ingresso l'8 "cum lo capello" (Corpus chronicorum, IV, p. 272). Per desiderio di Pio II alla fine di novembre dovette recarsi nuovamente a Roma e questa volta tornò nella sua legazione solo il 17 giugno 1461. Ma già il 5 novembre il pontefice lo chiamò di nuovo presso di sé, e in quest'occasione presenziò alla solenne cerimonia con cui Pio II per la seconda volta creò nuovi cardinali, tra i quali si trovava il più intimo amico del C., Iacopo Ammannati. Era di ritorno a Bologna soltanto il 25 marzo 1462, ma lasciò la città nuovamente il 20 marzo 1463 per discutere con Pio II a Siena la progettata crociata contro i Turchi. Durante la sua assenza fu sostituito dal vescovo di Alba Pietro del Carretto, che esercitò le funzioni di governatore con la qualifica di locumtenens. Di ritorno a Bologna nel maggio del 1464, all'inizio del mese di agosto si recò ad Ancona per benedire l'armata pontificia. Egli si trovò infatti vicino al papa, quando questi morì nella notte tra il 14 e il 15 agosto. In seguito accompagnò la salma del pontefice a Roma, dove partecipò alle esequie e al conclave. Il suo nome in quest'occasione è ricordato tra i papabili.
Dato che i Bolognesi avevano chiesto e ottenuto dal nuovo papa Paolo II la riconferma del C. nella sua carica di governatore, egli tornò a Bologna il 5 febbr. 1465. Il papa però, che era fermamente deciso a rafforzare l'autorità pontificia in questa città e aveva dato precise disposizioni a proposito, richiamò il C. in Curia, dove si recò accompagnato dagli uomini scelti dal Comune per "confirmare e sigilare i capitoli" (17 nov. 1465; cfr. Corpus chronicorum, IV, p. 348). Il C. tornò ancora una volta a Bologna l'8 giugno 1466, ma il 10 dic. 1467 lasciò definitivamente la città e andò a Roma, richiamato dal pontefice (ibid., IV., p. 369). Fu sostituito prima da Giovanni d'Amelia regens ad interim, e poi nel 1471 dal cardinale Francesco Gonzaga.
A Bologna il C. aveva acquisito particolari meriti per l'ampliamento e il restauro di chiese e conventi, tra i quali S. Petronio, S. Michele in Bosco (dove "suis impensis" fu costruita una nuova sagrestia), S. Domenico, dove fece restaurare il dormitorio dei novizi "vetustate consumptum" (Borselli, p. 97).
Durante tutta la sua vita il C. intrattenne stretti rapporti con l'Ordine dei domenicani, di cui divenne protettore il 5 luglio 1474 come successore del cardinale Alain de Coëtivy. Già nel 1468, in occasione del capitolo generale celebrato a Roma aveva fatto una "bona eleemosina" (Monumenta Ordinis, VIII, p. 318). Era molto legato anche a Leonardo de' Mansueti, il quale, "eum instruens et docens in scripturis divinis" (Bologna, Bibl. universitaria, cod. Lat. 1999: Cronica magistrorum generalium. Ordinis Fratrum Praedicatorum, f. 234r), faceva parte della sua "famiglia". Dagli eredi del C. il Mansueti fece poi acquistare alcuni codici per la biblioteca dell'Ordine. Durante gli anni 1468-1478 era anche protettore dei certosini. Durante il pontificato di Pio II era stato membro della commissione insediata da questo papa per mediare il conflitto tra osservanti e conventuali che divideva l'Ordine minorita, ma al tempo di Paolo II il C. passò quasi del tutto in secondo piano. È segnalato solo nel 1469 quando accompagnò fino a Viterbo l'imperatore Federico III che tornava in Austria.
La figura del C. emerse di nuovo durante il pontificato di Sisto IV. Già nel conclave aveva potuto raccogliere su di sé quattro voti (Bessarione, Calandrini, Estouteville e Della Rovere) come candidato ufficiale del duca di Milano; ora il nuovo papa lo chiamò a far parte della commissione incaricata di saldare i debiti di Paolo II, un lavoro che richiederà più di un anno. Nel concistoro del 22 dic. 1471 il C. fu nominato legato a latere con l'incarico di predicare la crociata nelle corti italiane, ma non ottenne molto successo. L'11 dic. 1472 successe al cardinale Coëtivy nella dignità di cardinale vescovo di Palestrina, ma fino alla morte conservò anche il suo titolo di S. Croce.
Dopo l'improvvisa morte del nipote Nicolò Capranica (9 apr. 1473) assunse l'amministrazione della diocesi di Fermo alla quale rinunciò già il 17 giugno 1474 a favore di un altro nipote, Girolamo, riservandosi però una pensione annua di 600 fiorini di camera. Durante il breve periodo del suo governo tenne un sinodo diocesano e consacrò la locale chiesa degli osservanti (25 ag. 1473). Come suo vicario è ricordato Angelo de Golfis da Pergola. Tra i suoi benefici merita particolare menzione l'abbazia benedettina di S. Bartolo o Bartolomeo alle porte di Ferrara, dove fece introdurre l'Ordine cisterciense da Bernardo della Casa, abate di Settimo; il C. vi rinunciò il 1º ott. 1467 in cambio di una pensione annua di 80 fiorini di camera. Già il 10 nov. 1466 aveva rinunciato a S. Pancrazio a Firenze e il 27 febbr. 1469 a S. Basilide a Cavana (diocesi di Parma) a favore dell'Ordine di Vallombrosa; per tutta la vita conservò soltanto S. Sofia a Benevento e S. Giovanni degli Eremiti a Palermo.
Già da parecchio tempo di salute malferma, tanto da essere costretto più volte a rimanere assente dal concistoro, il C. morì il 3 luglio 1478 nel suo palazzo romano nel pressi di S. Maria in Aquiro e fu sepolto lo stesso giorno in S. Maria sopra Minerva, accanto al fratello Domenico.
Il C. non lasciò opere letterarie. Acquisì i suoi meriti maggiori nell'ambito del rinnovamento della vita religiosa nell'Italia del Rinascimento. Per questo i contemporanei lo qualificarono come "vir... catholicus ac religiosorum amicus" (Borselli, p. 94), amante delle lettere e dei letterati, "doctrina in omniscientiarum genere, praesertim civili et canonico..., praeditus" (Gaspare da Verona, p. 29); Vespasiano da Bisticci così lo ricorda: "uomo dottissimo in teologia... ebbe notizia di più dottrine. Fu di buonissima coscienza, e tenne vita non inferiore al fratello perché imitava tutte le sua vestigie". Ebbe vasta fama anche come predicatore. Rivolse tutta la sua attenzione al "Collegium Capranicense" fondato dal fratello. Nel 1460 infatti fece costruire, non lontano dal suo palazzo, la sede del collegio conservatasi fino ad oggi; fece redigere i suoi statuti e si preoccupò dell'ampliamento della biblioteca. Per tutto questo Stephen d'Irsay lo celebra come "un de ces mécènes de grande envergure", caratteristici del Rinascimento.
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