COSTA, Angelo Auria
Nacque, secondo la tradizione, a Palermo nel 1670; fu pittore di architetture e rovine scenograficamente impaginate, di vedute reali e ideate. Le opere del C. si trovano per la quasi totalità a Vienna e nei musei dell'Europa orientale, un tempo di proprietà dei feudatari e delle abbazie dell'Impero, e ciò non solo per avere il C. operato durante la dominazione austriaca in Italia, ma per essere stato il primo e il più raffinato interprete, in quadri di medio e piccolo formato, di quello che sarà il tipico gusto vedutistico settecentesco: ragione prima della formazione del collezionismo di opere raffiguranti le "bellezze d'Italia" archeologiche e paesistiche.
Se appare un dato inedito il contributo del C. alla formazione del gusto della veduta atmosferica, è pur vero che la sua formazione avvenne a Napoli ove giunse giovanissimo ed ove R. Longhi (in Paragone, VI [1955], 71) p. 41) colloca, a partire dal 1635, l'atto di nascita della veduta "secundum veritatem", che si pone ad antefatto del vedutismo settecentesco. Così nel C. la visione secentesca delle architetture urbane, poste a commento della rappresentazione di eventi storici, si trasforma in raffigurazione dell'ambiente e dei fatti quotidiani.
Nel 1606 aveva avuto inizio la celebrazione delle "antiche vestigia" della costa flegrea attraverso un'eccezionale serie d'incisioni che terminerà solo nel primo trentennio dell'Ottocento. Ciò, oltre a diffondere in Europa la conoscenza di questi ruderi, determinerà una particolare casistica di vedute archeologiche, reali ed ideate, che attraverso le esperienze dei pittori che precedettero il C. solleciterà i suoi interessi per questo genere.
Il C. tratterà ampiamente le vedute archeologiche a partire dalle più antiche prove costituite da due quadri (siglati; Napoli, coll. priv.) raffiguranti architetture di gusto scenografico dall'incerta composizione prospettica: essi dimostrano una ripresa di motivi dal contemporaneo G. Grieco, fantasioso impaginatore di scenografiche architetture, e negano invece l'apprendistato, voluto dalla tradizione, presso il Belvedere, il raffinato pittore di nature morte.
Il C. raggiunge un maggiore equilibrio formale e ricchezza di dettagli in due quadri (siglati; Napoli, coll. priv.) raffiguranti architetture con figurine inserite in paesaggi trasparenti e lontananti, di un evidente gusto evoluto verso ricerche atmosferiche.
Intorno al 1690 realizzò un gruppo di vedute cittadine riprese al vero attraverso il "visore traslucido" e costruite con lenticolare ricchezza di dettagli, commentati da un tocco arioso e penetrante che determina le forme. In queste opere il vivace colore presettecentesco si fonde alle variazioni monocromatiche di bruno e seppia, rialzate a biacca e tenuemente velate di giallo, verde e celestino: tecnica suggerita dalla pratica dei fondali e spezzati di scenografia che i pittori realizzavano per i teatri alla moda. Così nella fusione di realtà e fantasia viene a configurarsi l'insueto modo d'interpretare la pittura di paese.
Improntata a questo gusto è una Veduta del porto di Napoli con il faro-lanterna, la darsena e, in alto, la collina con il castello di Sant'Elmo sullo sfondo del fumante Vesuvio che si specchia in un trasparente mare verdeazzurro (Napoli, coll. priv.). Altra Veduta del porto insieme a quella della Collina di Posillipo, punteggiata da ville e case analiticamente descritte, e a due Vedute della città dal mare (quasi un diorama), tutte firmate, sono presso il Museo nazionale di Bucarest.
Il Giannone (1760) scrisse che il C. fu anche "convinto pubblico ladrone di notte con istrumenti e chiavi", per cui fu imprigionato nelle carceri della Vicaria, donde lo trasse la clemenza del consigliere Ciaves, al quale il C., per gratitudine, "fè quattro quadri". La notizia di un C. ladrone non trova conferma nei documenti, ma è altresì vero che a quel tempo organizzati gruppi di "compagnoni", guappi e ladri avevano libero gioco e potrebbero avere anche invischiato il C.; prova di ciò potrebbe essere che, fino ad oggi, del C. sono state recuperate in Spagna (Madrid, coll. de Lerma) quattro Vedute di piazze napoletane, due delle quali recano la firma e la data 1696.
Singolari il Largo di Palazzo e la Piazza del Carmine per la ricchezza "ottica" dei numerosi dettagli, per l'eleganza dell'impaginazione architettonica, per il vasto respiro della composizione, per lo spettacolo di vita popolare che offrono le numerose figure dipinte dal C. nell'impasto cromatico. Il C., ormai famoso, nel 1697 offrì all'ammirazione del pubblico, nella festa del Corpus Domini, otto quadri nei quali dipinse l'ambiente in prospettiva, in collaborazione con Giacomo del Po e Nicola Massari, rispettivamente figurista e paesista, assertori della corrente "bizzarra".
Uscito dalle carceri poco stié a Napoli, ché presto andò via, avendo moglie e figlio" (Giannone, 1760); sostò a Roma, come documentano i soggetti di alcune tele: veduta realistica del Colosseo (firmata; University of London, Senate House: fig. 28 in Blunt, 1960); vedute realistiche del Foro Romano e dell'Arco di Tito (castello di Roudnice, Cecoslovacchia: fig. 49 in Dvořák, 1910) firmate con la postilla "da Milano", ma dipinte, verosimilmente intorno al 1709, su disegni e appunti pittorici eseguiti durante il soggiorno romano. L'aggiunta "da Milano" compare anche in altri dipinti, tra i quali due architetture di fantasia, firmate Costa da o di Milano e datate 1709, appartenenti alla donazione Brunswick a Sommerau presso Spital am Semmering, simili ad altre due oggi presso la prelatura di Klosterneuburg (Vienna).
Nel 1714 il C. firmò e datò il Paesaggio con architetture scenografiche che si specchiano in una piscina - il tipico "sguazzaturo" napoletano secentesco - (Frimmel 1907, Ozzola, 1913; già Vienna, coll. Bindtner) e forse anche gli altri paesaggi, del tutto simili, che nel 1811 erano presso la coll. Birckenstok di Vienna (Frimmel). Il gruppo di opere di Klosterneuburg appartiene certo agli anni successivi: si tratta di sei paesaggi, due dei quali firmati e datati 1721, con "In Milano".
Questi due ultimi, nella loro aria circolante tra i vari elementi, appaiono come il messaggio dei tempi nuovi nell'obliterazione dei vecchi fondali scenografici e nell'ulteriore affermazione della veduta ideata come nuovo filone della pittura di paesaggio. Uno di questi quadri mostra, in primo piano, uno squarcio di archeologia riflesso in una piscina, un ricordo delle rovine puteolane, che si stacca sul paesaggio, lontanante, raffigurante il porto e la costa genovese con i galeoni della Repubblica alla fonda. L'altra opera rappresenta un loggiato - di quelli prospicienti il mare e che ornavano i giardini napoletani - che guarda verso un fiume che nel suo lento scorrere muove le ruote dei mulini, mentre, sullo sfondo, completano l'arcadico paesaggio le rapide di una cascata che sembra essere quella di Tivoli. In ambedue le opere le figure, forti e ricche di dettagli, appaiono ambientate nello spazio atmosferico nella chiara ed annuvolata aria mattutina del golfo e del fiume, mentre nelle lontananze si dissolvono le chiome degli alberi e le montagne.
Sono questi i caratteri della pittura di paesaggio a divenire, e certo non è un caso se queste, ed altre opere del C., furono per molti anni attribuite al Pannini.
Il C. morì a Milano dopo il 1721.
Bibl.: O. Giannone, Giunte alla vita de' pittori napoletani [1760 c.], in G. Ceci, Il primo critico di De Dominici, in Arch. stor. per le prov. Napol., XXXIII (1908), p. 629; C. T. Dalbono, Pitt. napol.. Napoli 1843, p. 169; Th. Frimmel, Zu A. M. C., in Blätter für Gemäldekunde, III (1907), p. 191; M. Dvořák-B- Matèjka, Topographie der ... Kunst-Denkmäle im Königreich Böhmen, XXVII, Der Politische Bezirk Raudnitz, II, Prag 1910, pp. 86 ss., ill. 62 s.; L. Ozzola, Le rovine romane nella pitt. del XVII e XVIII secolo in L'Arte, XVI (1913), pp. 123 s.; R. Buscaroli, La pittura di paesaggio in Italia, Bologna 1935, p. 319; Katalog der stiftlichen Kunstsamml., O. Benesch, Die Gemäldesamml. des stiftlichen Museums des Stiftes Klosterneuburg, Klosterneuburg s. a. [1938], p. 158; C. Lorenzetti, in Mostra della pittura napol. dei secc. XVII-XIX(catal.), Napoli 1938, p. 187; U. Prota Giurleo, Pittori napol. del Seicento, Napoli 1953, pp. 85 s.; A. Blunt, A "Veduta" by A. M. C., in The Burlington Magazine, CII (1960), p. 529; A. E. Pérez Sánchez, Pintura ital. del siglo XVII en España, Madrid 1965, pp. 386 s.; S. Ortolani, G. Gigante e la pittura di paesaggio a Napoli dal '600 all'800, Napoli 1970, p. 90; G. Borrelli, L. Coccorante o del realismo magico, in Realtà del Mezzogiorno, Roma 1974, p. 958; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 516.