MERLIN, Angelina (Lina)
– Nacque il 15 ott. 1887 a Pozzonovo, presso Padova, da Fruttuoso, segretario comunale, e da Giustina Poli, insegnante.
Trascorse l’infanzia e la giovinezza a Chioggia, dove frequentò l’istituto delle suore canossiane, conseguendo nel 1907 il diploma di maestra elementare nella scuola normale femminile Erminia Fuà Fusinato di Padova. Nell’aprile del 1914 ottenne presso la facoltà di lettere dell’Università di Padova l’abilitazione all’insegnamento del francese nella scuola media di primo grado, ma, nutrendo un profondo interesse per l’educazione dei fanciulli, preferì continuare a insegnare nelle scuole elementari.
Nel 1919 si iscrisse al Partito socialista italiano (PSI), al cui interno si batté per la costituzione di una sezione femminile. Si impegnò in particolare nell’attività pubblicistica, collaborando al settimanale socialista padovano L’Eco dei lavoratori e al periodico La Difesa delle lavoratrici, fondato nel 1912 da Anna Kuliscioff, con articoli sulla condizione delle donne, il diritto di voto, il lavoro femminile, la prostituzione.
A proposito del delicato problema sociale, cui avrebbe dedicato gran parte del suo impegno politico, in un articolo, Maddalene, apparso nell’Eco dei lavoratori del 4 marzo 1922, la M. scriveva: «È il difettoso sistema economico-sociale che crea la necessità della prostituzione. Bisogna trasformare la società attuale e la vergognosa istituzione cesserà […]. La società malamente costituita viola i due più possenti istinti umani che sono la legge naturale del progresso: la conservazione dell’individuo e la continuazione della specie, distribuendo ingiustamente i prodotti del lavoro, negando il diritto dell’amore. Il fenomeno sociale della prostituzione è precisamente il frutto di questa violenza […]. La donna è in uno stato d’inferiorità, sia nella casa […] sia quando viene impiegata nel lavoro […]. Ebbene, perché questo stato di inferiorità cessi, bisogna che nella donna si risvegli la coscienza di chi deve compiere una duplice missione sociale: di lavoratrice e di madre […]. Quando la donna comprenderà ch’ella è parte, e non la meno trascurabile, della classe degli sfruttati, parteciperà alla lotta contro il regime che la opprime».
Nel marzo 1926, per essersi rifiutata di prestare il giuramento di fedeltà al regime fascista, la M. venne allontanata dall’insegnamento. Il successivo 24 novembre fu condannata dal Tribunale speciale a cinque anni di confino, che scontò in Sardegna, dapprima a Dorgali, poi a Orune, a Isili e quindi a Nuoro. Ottenuta una riduzione della pena, il 24 nov. 1929 poté rientrare a Padova. Nel 1930 si trasferì a Milano, dove si guadagnò da vivere impartendo lezioni private di francese. Durante il soggiorno milanese incontrò il medico ed ex deputato socialista polesano D. Gallani, che divenne suo marito nel 1933, ma questi morì appena tre anni dopo.
Nel capoluogo lombardo la M. partecipò alla lotta antifascista e ospitò nella sua casa diversi incontri clandestini di dirigenti socialisti come S. Pertini, L. Basso e R. Morandi. Dopo l’8 sett. 1943 prese parte alla Resistenza e alla fondazione dei Gruppi di difesa della donna (GDD) e per l’assistenza ai combattenti per la libertà. Nel 1944 fu tra le fondatrici dell’Unione donne italiane (UDI), di cui fu presidente nel 1947, nel 1949 e nel 1953. Il 27 apr. 1945 venne nominata vicecommissario alla Pubblica Istruzione nel Comitato di liberazione nazionale (CLN) della Lombardia. Il 29 giugno fu chiamata a far parte della direzione nazionale del partito socialista, in qualità di responsabile della commissione femminile.
Il 2 giugno 1946 fu eletta all’Assemblea costituente nel collegio unico nazionale per il Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP). Alla Costituente fece parte della Commissione dei settantacinque, incaricata di redigere la bozza della costituzione repubblicana e partecipò ai lavori della terza sottocommissione sui diritti e doveri economico-sociali.
In tale ambito svolse la relazione sulle garanzie economiche e sociali per l’esistenza della famiglia, nella quale rilevava come l’insicurezza economica rappresentasse «il maggiore ostacolo alla libertà di ognuno di costituirsi una famiglia e la maggiore insidia all’unità e alla saldezza dell’istituto familiare medesimo» (Le donne della Costituente, p. 22). Era dunque compito dello Stato, secondo la M., rimuovere i problemi di ordine economico al fine di assicurare a tutti i cittadini la possibilità di crearsi una famiglia, tutelare la piena libertà della donna di dedicarsi a ogni tipo di lavoro e adempiere alla funzione sociale della maternità. La M. riteneva inoltre che, in attesa della riforma del codice civile, la costituzione avrebbe dovuto affermare «l’equiparazione dei diritti ad ogni effetto delle due arbitrarie categorie» dei figli legittimi e naturali (ibid., p. 23). La M. intervenne anche nella discussione sul diritto di proprietà e intrapresa economica, sostenendo che la proprietà privata doveva essere riconosciuta e garantita dallo Stato ed essere accessibile a tutti i cittadini. Fu infine sua la proposta di inserire nel testo dell’art. 3 della Costituzione, che sancisce la pari dignità sociale e l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, la locuzione «senza distinzione di sesso».
Il 18 apr. 1948 la M. venne eletta al Senato nel collegio di Adria e nel corso della I legislatura repubblicana fu membro della commissione Istruzione pubblica e belle arti. Rieletta al Senato il 7 giugno 1953, nel collegio elettorale di Rovigo, nella II legislatura fece parte, oltre che della commissione Istruzione, della commissione Lavoro, emigrazione, previdenza sociale. Il 6 ag. 1948 aveva presentato in Senato un disegno di legge per l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e la conseguente soppressione delle «case di tolleranza».
Nonostante l’iniziativa della M. incontrasse il favore di un vasto schieramento politico – soltanto la destra neofascista e monarchica era contraria – e fosse in linea con l’orientamento dell’Organizzazione delle nazione unite (ONU, di cui l’Italia aspirava a far parte), l’iter parlamentare del disegno di legge fu straordinariamente lungo e tormentato. Il dibattito fece emergere arretratezze culturali, ipocrisie, moralismi e fu caratterizzato nelle aule parlamentari e nella stampa da attacchi ingiuriosi e pesanti sarcasmi all’indirizzo della Merlin.
Era l’anticipo dell’accoglienza che sarebbe stata riservata alla legge, dopo la sua definitiva approvazione il 20 febbr. 1958 e l’entrata in vigore alla mezzanotte del successivo 20 settembre, un evento che segnò una svolta nel costume italiano.
Risultano particolarmente significativi, a questo proposito, i discorsi di inaugurazione dell’anno giudiziario che, ancora fino ai primi anni Sessanta, lamentavano il disorientamento dell’opinione pubblica per il dilagare della prostituzione sulle strade e invocavano l’abrogazione della legge Merlin.
Il testo licenziato dal Parlamento risultò sensibilmente modificato rispetto allo schema originario presentato dieci anni prima, che prevedeva l’istituzione di centri di assistenza e di un corpo di polizia femminile per l’aiuto alle donne che intendevano abbandonare la prostituzione. Su questo terreno la M. si era già mossa promovendo il 16 febbr. 1950, insieme con le parlamentari democristiane Ida D’Este, Angela Guidi Cingolani, Maria Federici e Maria De Unterrichter Jervolino, il Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna (CIDD), di cui fu vicepresidente fino al 1963.
Un’altra legge di grande civiltà, voluta con estrema determinazione dalla M., portò alla cancellazione dai documenti anagrafici della dicitura «N. N.» che discriminava i figli di genitore non identificato.
Consigliere comunale di Chioggia dal 1951 al 1955, la M. profuse grande impegno in favore delle popolazioni del Polesine, in particolare dopo la disastrosa alluvione del 1951, sostenendo la necessità della bonifica integrale del territorio. Eletta, il 25 maggio 1958, alla Camera dei deputati nella circoscrizione di Verona-Padova-Vicenza-Rovigo, con 7786 voti di preferenza, nella III legislatura repubblicana fece parte della commissione Igiene e sanità e, dal 14 febbr. 1963, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia.
Nell’ottobre 1961 i crescenti dissidi con i vertici del PSI polesano e nazionale e l’insofferenza nei confronti della rigida disciplina d’apparato la indussero a dimettersi dal partito e, al termine della legislatura, a lasciare la politica attiva.
Tornò alla ribalta nel 1974, allorché prese posizione a favore della indissolubilità del matrimonio ed entrò a far parte del Comitato nazionale per il referendum sul divorzio.
La M. morì a Padova il 16 ag. 1979.
Fra gli scritti della M. si ricordano: Chiusura delle case di tolleranza (fine di una schiavitù), Roma 1949; Lettere dalle case chiuse, a cura di L. Merlin - C. Barberis, Milano-Roma 1955; Libro bianco sui licenziamenti per causa di matrimonio in Italia. Situazione e documentazione, a cura di L. Merlin, Roma 1961; Contributo di Lina Merlin, in Referendum e divorzio, a cura di A. Marzotto, ibid. 1971; La mia vita, a cura di E. Marinucci, Firenze 1989; Discorsi parlamentari, Roma 1998.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Dir. gen. Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3244; ibid., Confinati politici, b. 660; Ibid., Arch. centrale dell’Unione donne italiane, Carte di Lina Merlin (relative agli anni 1946-47). Si vedano inoltre: S. Casmirri, L’Unione donne italiane (1943-1948), Roma 1978, ad ind.; T. Pitch, La sessualità, le norme, lo Stato. Il dibattito sulla legge Merlin, in Memoria, 1986, n. 17, pp. 24-41; G. Pallotta, Cronache dell’Italia repubblicana, Roma 1987, ad ind.; Le donne e la Costituzione. Atti del Convegno promosso dall’Associazione degli ex-parlamentari… 1988, Roma 1989, pp. 223-228, 321-329, 459; C. Dau Novelli, Le donne in Parlamento, in Il Parlamento italiano 1861-1988, XV, 1948-1949: De Gasperi e la scelta occidentale, la strategia del centrismo, Milano 1991, pp. 118 s.; G. Granati, Lina M., ibid., XVI, 1950-1953: Il centrismo, ibid. 1991, pp. 469-471, 484 s.; A.A. Mola, La legge Merlin per l’abolizione delle «case di tolleranza», ibid., XVII, 1954-1958: Il centrismo dopo De Gasperi, ibid. 1991, pp. 26 s., 486; Z. Ciuffoletti - M. Degl’Innocenti - G. Sabbatucci, Storia del PSI, III, Dal dopoguerra a oggi, Roma-Bari 1993, ad ind.; M. Addis Saba - M. De Leo - F. Taricone, Alle origini della Repubblica. Donne e Costituente, Roma 1996, ad ind.; V. Serafini, Prostituzione e legislazione repubblicana: l’impegno di Lina M., in Storia e problemi contemporanei, X (1997), 20, pp. 105-120; Il Novecento delle Italiane: una storia ancora da raccontare, Roma 2001, ad ind.; M. Boneschi, Di testa loro: dieci Italiane che hanno fatto il Novecento, Milano 2002, pp. 109-137, 298 s.; T. Merlin, Lina M.: vita privata e impegno politico, Este 2005; S. Spinoso, La lobby delle donne: legge Merlin e CIDD. Un modo diverso di fare politica, Soveria Mannelli 2005; G. Crainz, Storia del miracolo italiano, Roma 2005, ad ind.; P. Gabrielli, La pace e la mimosa. L’Unione donne italiane e la costruzione politica della memoria (1944-1955), Roma 2005, ad ind.; La senatrice Lina M.: un «pensiero operante», a cura di A.M. Zanetti, Venezia 2006; S. Bellassai, La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l’Italia degli anni Cinquanta, Roma 2006, passim; Le donne della Costituente, a cura di M.T.A. Morelli, Roma 2007, ad ind.; I deputati alla Costituente, Torino 1946, s.v.; I deputati e senatori del III Parlamento repubblicano, Roma 1960, s.v.; Enc. dell’antifascismo e della Resistenza, III, Milano 1976, s.v.; M. Ceratto, Il «Chi è?» delle donne italiane 1945-1982, Milano 1982, s.v.; Le donne nel Parlamento della Repubblica dalla Consulta alla VII legislatura, Roma 1989, s.v.; Le donne italiane. Il «Chi è?» del ’900, a cura di M. Mafai, Milano 1993, s.v.; A. Bravo - L. Scaraffia, Donne del ’900, Bologna 1999, pp. 61 s.; Donne del giornalismo italiano. Da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi: dizionario storico bio-bibliografico. Secoli XVIII-XX, a cura di L. Pisano, Milano 2004, s.v.; Italiane, III, Dagli anni Cinquanta ad oggi, a cura di E. Roccella - L. Scaraffia, Roma 2004, pp. 182-185 (R. Tatafiore).
G. Sircana