D'ORSI (Dorsi, D'Orso, Orsi), Angela (Angiola)
Attrice attiva dalla metà del sec. XVII, a meno che non si riferisca ai suoi esordi Iacopo Antonio Fidenzi, detto Cinzio, che, in qualità di responsabile di una compagnia legata al duca di Parma, in una lettera del 1638 menziona un'"Angiolina" tra i membri della troupe, di cui facevano parte tra gli altri Niccolò Barbieri e Brigida Bianchi (Molinari). Del resto, se il carnevale 1676 fu l'ultima stagione che vide la D., ormai anziana e stanca, recitare su sollecitazione del suo padrone, Ranuccio Farnese, l'anno del suo esordio starebbe ad indicare una longevità professionale che giustifica a quella data le richieste di collocamento in pensione da parte dell'attrice.
Certamente nei primi anni Cinquanta un'"Angela comica" interpretò il ruolo di Capitano generale in una commedia rappresentata, secondo il Bartoli, a Verona: infatti Giovanni Malaspina, accademico filarmonico, compose intorno alla singolare, ma non inusuale, interpretazione un sonetto contenuto nella raccolta di rime edite a Verona a suo nome nel 1653. Il sonetto ricalcava consueti modi di esaltazione dell'attrice in scena, che risalivano almeno all'Oratione... in morte della divina Vincenza Armani di Adriano Valerini (1570): la composizione del Malaspina è retta dal paragone tra il ruolo bellicoso svolto dall'interprete e l'autentica strage di cuori che la bella attrice compiva tra gli spettatori.
Nel 1656 la D. diede alle stampe in Venezia, per i tipi di Matteo Leni, Di bene in meglio, "comedia spagnola portata in italiano", dedicata ad Alessandro ed Orazio Farnese. La D. accompagnò alla sua professione di attrice una costante attività di scrittura teatrale, che si esercitò prevalentemente sul repertorio spagnolo di Lope de Vega, Calderón de la Barca e Tirso de Molina.
A partire dalla metà del XVII secolo, infatti, furono numerosi gli attori che ampliarono il proprio repertorio e quello della compagnia in cui operavano grazie alla traduzione e all'adattamento di testi spagnoli: accanto a quello della D. si trovano così, per esempio, i nomi di Francesco Manzani (Capitan Terremoto) e Marco Napolioni (Flaminio). Fu una moda che incontrò molto favore per i grandi margini di varietà compositiva che i modelli consentivano, in virtù delle ambientazioni esotiche o fantastiche, della ricchezza di avventure e colpi di scena, della regalità dei personaggi principali.
Di bene in meglio, ristampata in Bologna, per G. Longhi, nel 1686, illustra bene l'opera di adattamento di una commedia "regolare" alle esigenze di una compagnia professionistica, o meglio alle competenze di ciascun ruolo, secondo la lezione dei comici dell'arte: l'elenco dei personaggi restituisce l'onomastica delle "parti" dell'Improvvisa, della doppia coppia degli innamorati (Angiola-Fabrizio; Cinzio-Isabella) e dei servi (Diamantina e Zaccagnino). La trama complica la rituale vicenda d'amore, di omicidi, scambi di persona, travestimenti ed equivoci notturni, e vale soprattutto come esempio di un testo di routine nell'ambito dell'attività delle compagnie ducali della seconda metà del Seicento.
Rispetto alla generazione d'oro delle grandi compagnie dei Gelosi e dei Confidenti, gli attori della seconda metà del secolo testimoniano, secondo Tessari, un'alterazione profonda della commedia dell'arte, sia nella sua riduzione a mera pratica professionale, a "mestiere" redditizio, sia - sul versante letterario - nella sua assunzione tra i "generi" come nuova e originale variante tecnico-stilistica.
La produzione letteraria della D. si collegava probabilmente ad un'attività capocomicale, se è da leggersi in questo senso la lettera che l'attrice scrisse da Parma il 13 apr. 1672 al marchese Ippolito Bentivoglio a Ferrara. La D. rappresentava gli interessi della compagnia: facendo presente la necessità di sostituire il "moroso" Mario, ammalato, nelle recite da tenersi a Padova, si lagnava dell'assegnazione alla sua troupe della moglie di Bertolino, pessima attrice, e delle piazze di Vicenza, già sfruttata l'anno precedente, e Bologna, poco indicata nella stagione invernale. La lettera, inoltre, fornisce le uniche indicazioni sulla vita privata della D., che si dice "vedova, agravata da tanti figli e famiglia" ... (Rasi).
È probabile dunque che l'attività capocomicale motivasse la D. ad arricchire e variare il repertorio della compagnia con il lavoro di traduzione e adattamento, che forse fu di gran lunga superiore a quanto testimoniato dai testi superstiti; secondo l'elenco posto in fine all'edizione 1669 de Ilfinto medico, la D. avrebbe curato almeno altre nove riduzioni di commedie spagnole.
Per il 1664 risulta che un "Fabrizio napoletano", primo innamorato, desiderava approntare per i duchi di Parma una compagnia in cui figuravano tra gli altri "Angiola, prima donna" e "Auretta figlia d'Angiola", nel ruolo di servetta recitato in alternanza con Colombina, moglie di Bagolino.
Secondo il Bartoli, la D. pubblicò a Ferrara, nel 1666, per i tipi dei Maresti, Con chi vengo vengo, adattamento da Calderón de la Barca. La traduzione venne edita dal Tizzoni, a Roma, nel 1671 e sempre a Roma si pubblicò nel 1672, presso il Lupardi, il Ruffiano in Venezia e medico in Napoli. Il Ruffiano vanta anche un'edizione ferrarese dal titolo Paolo Gemma e una in Ronciglione, per il Toselli, del 1669 intitolata Il finto medico. Le edizioni romane permettono a Bartoli di affermare che la D. si sia recata a Roma a recitare. 1 mutamenti di titolo - semplice espediente per rinnovare almeno esternamente il repertorio - in effetti sembrano suggerire una vicenda editoriale che segue le tappe di una tournée.
Anche ne Ilfinto medico, "imitazione" e non traduzione - come protesta la dedica -, si rileva l'influenza della commedia dell'arte, dall'avvertimento all'"amico lettore" che il testo contiene "alcuni tratti comici", che nell'esercizio del "ridicolo" gli attori chiamano "lazzi", alla comparsa in scena, nelle improbabili vesti del nipote del finto medico, di Arlecchino.
Il carnevale del 1676 fu, secondo il Rasi, l'ultima stagione che vide la D. attiva in scena, probabilmente a Modena, dove Ranuccio Farnese la inviò a recitare presso il nipote, nonostante le proteste dell'attrice. In realtà, la dedica dell'Armida impazzita per amore di Rinaldo - opera eroica edita anonima a Modena da D. Degni nel 1677 e attribuita dai Salvioli a Giovan Battista Toschi - che la D. (a firma "Angiola Orsi") indirizzò a Francesco II d'Este duca di Modena è datata "li 17 febraro 1677": se la stampa accompagna, come d'abitudine, la rappresentazione del testo, si potrebbe posticipare di un anno la data dell'ultima tournée della D'Orsi.
Auretta, figlia della D., secondo il Rasi si sarebbe chiamata Annetta. Nel 1664 compare con la madre tra i membri della compagnia che "Fabrizio napoletano", primo innamorato, voleva allestire per i duchi di Parma: Auretta avrebbe interpretato il ruolo di servetta a vicenda con Colombina, moglie di Bagolino. Dal 1680 circa fu moglie di Angelo Costantini, detto Mezzettino. Recitò nella compagnia dei Farnese e poi, per un anno, nel 1678, con il marito, in quella dell'abate Grimani a Venezia. Dopo il 1682, o al più tardi dopo il 1688, anno della morte dell'Arlecchino Giuseppe Domenico Biancolelli, si recò a Parigi con il marito. Ma l'esordio non le fu favorevole, e Auretta fu costretta a cercare fortuna in Germania, forse alla corte dell'elettore di Baviera.
Dal matrimonio con Angelo Costantini nacquero una femmina, morta monaca nel monastero di Chaumont-en-Vexin, e un maschio, Gabriele, che segui con fortuna le orme dei genitori.
Teresa (Maria Teresa) fu, secondo alcuni, figlia della D. e sorella minore di Auretta, e dunque cognata di Angelo Costantini, secondo altri moglie di Vittorio D'Orsi. Si tratta probabilmente della stessa attrice, la famosa "Spinette" della Comédie-Italienne, specializzatasi "nel rappresentare la parte dello Spirito Foletto", come recita l'intestazione di un sonetto a lei dedicato, stampato a Mantova e citato dal Rasi.
Una Teresa è presente con il marito Vittorio D'Orsi nella compagnia di Francesco ed Agata Calderoni al servizio di Massimiliano Emanuele di Baviera, a Monaco e a Bruxelles, dalla seconda metà del 1687 in poi. La notizia è confermata anche dal Guellette che nega che "Spinette", già attrice nella compagnia del duca di Baviera, ne fosse stata anche l'amante. Nella voce a lei dedicata il Rasi non cita il matrimonio con Vittorio né il soggiorno alla corte di Massimiliano Emanuele; ma in quella concernente i Calderoni il Rasi menziona ambedue le circostanze.
Sul finire del marzo 1689 Vittorio si fece raccomandare dal duca di Baviera presso il duca di Mantova. E certamente Teresa nel 1695 era ancora al suo servizio perché il 23 maggio di quell'anno ottenne dal duca l'usufrutto della casa in cui abitava. Ma già il 4 marzo 1697 il duca di Beauvillier ordinava da Versailles alla troupe della Comédie-Italienne di "recevoir à l'essai" la "soeur" di Mezzettino, cioè di Angelo Costantini. E il Guellette conferma che in Francia Angelo Costantini spacciò Teresa per sua sorella.
Il debutto avvenne a Parigi, in aprile, nella pièce Spinette, Lutin amoureux e sempre il Guellette menziona la grande finezza e leggiadria dell'interprete. Il soggiorno parigino di "Spinette" si concluse, secondo il Campardon, poco dopo la chiusura della Comédie-Italienne il 14 maggio 1697.
Vittorio si affermò, secondo il Guellette, nelle parti di dottore; attivo nella seconda metà del Seicento, abbandonò le scene ancora giovane. Non risulta che esista una parentela con Angela D'Orsi. Fu con la compagnia di Agata e Francesco Calderoni al servizio di Massimiliano Emanuele di Baviera a Monaco e a Bruxelles dalla seconda metà del 1687. Nella compagnia era presente anche la moglie Teresa, probabilmente da identificarsi con la famosa "Spinette" della Comédie-Italienne. Il D. non restò a lungo con i Calderoni: si fece infatti raccomandare dall'elettore di Baviera presso il duca di Mantova sul finire del marzo 1689. li Rasi, alla voce "Calderoni", lo cita come Vittorino.
Fonti e Bibl.: F. S. Bartoli, Notizie istor. de' comici italiani, Padova 1762, II, p. 68; E. Campardon, Les comédiens italiens du roi de la Troupe italienne pendant les deux dernièrs siècles, II [1880], Genève 1970, pp. 143 s.; G. Salvioli-C. Salvioli, Bibliografia universale del teatro drammatico ital., Venezia 1895, ad vocem; L. Rasi, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, Firenze 1897, I, pp. 344 s., 716, 792-95, 854 s. (per Vittorio, pp. 344 s.); T.-S. Guellette, Notes et souvenirs sur le Théâtre Italien au XVIII siècle, a cura di J.-E. Guellette, Paris 1938, pp. 21-24; I. Sanesi, La Commedia, Milano s. d., II, pp. 28 s.; R. Tessari, La commedia dell'arte nel Seicento, Firenze 1980, pp. 60 ss.; G. Romei, Costantini, Angelo, in Diz. biogr. d. Ital., XXX, Roma 1984, pp. 279-83; C. Molinari, La commedia dell'arte, Milano 1985, pp. 49 s., 173; F. Taviani, Un vivo contrasto. Seminario su attrici e attori della commedia dell'arte, in Teatro e storia, I (1986), I, p. 69.