Vedi ANFITEATRO dell'anno: 1958 - 1994
ANFITEATRO (v. vol. I, p. 374)
L'iscrizione dedicatoria dell'a. di Pompei, databile intorno al 70-65 a.C., designa l'edificio con il nome di spectacula, termine senza dubbio all'origine più di ogni altro adatto a definire un monumento per spettacoli di nuovo genere, all'interno del quale la cosa più importante era il poter godere di una buona vista da tutti quanti i posti. Si sa anche che nel 15 o nel 10 a.C. A. Clodius Flaccus organizzò in questa stessa città alcuni giochi in spectaculis: l'uso di questo termine latino al plurale, qualunque ne sia la forma, è però rimasto confinato in ambito locale.
A Roma altre formule furono a lungo utilizzate per definire l'edificio adibito allo svolgimento dei combattimenti di gladiatori (munera) e di animali (venationes). Dione Cassio, p.es., chiama «teatro cinegetico» il monumento ligneo eretto da Cesare in occasione del suo quadruplice trionfo del 46 a.C. L'a. di Statilio Tauro, inaugurato nel 29 a.C., è definito col nome di amphitheatra, e così Augusto, nelle sue Res Gestae (22,3), chiama un edificio di questo tipo.
L'uso sistematico del plurale sembrerebbe indicare che i primi nomi scelti per il monumento si ispirassero alla sua forma generale, che sembrò a lungo l'equivalente di due teatri accostati l'uno all'altro, proprio come quelli ideati da Curione nel 53 o nel 52 a.C. che costituivano un «anfiteatro» nel vero senso del termine.
Il termine generico amphitheatrum, usato al singolare, compare per la prima volta a Lucera nell'iscrizione dedicatoria dell'edificio del 2 a.C., e verrà quindi impiegato a più riprese sino a che il suo uso non si imporrà in forma quasi definitiva con gli inizî del II sec. d.C.
Più che l'evoluzione dei termini utilizzati, è però quella del quadro monumentale stesso che merita di essere qui ripercorsa al fine di consentirci di spiegare le più importanti caratteristiche dell'a. e la loro origine. Gli indizî più antichi, relativi all'esistenza di gare di combattimento, ci vengono forniti da alcune pitture tombali di Paestum e da diversi oggetti (urne, vasi) dell'Italia meridionale. Inizialmente semplice prolungamento dei ludi funebres, consistente nell'opporre tra loro solo alcune coppie di combattenti presso la tomba di un valoroso guerriero, la gladiatura si venne via via evolvendo sino alla fine del II sec. a.C., trasformandosi nel senso di una professionalizzazione e di una laicizzazione sempre più netta.
Sfortunatamente l'aspetto generale dello spazio destinato all'originario combattimento può essere immaginato soltanto in maniera molto approssimativa: senza dubbio si trattava di una semplice area pianeggiante, delimitata da transenne di legno ed eventualmente fiancheggiata da tribune leggere, analoghe a quelle che compaiono sulle pareti della Tomba delle Bighe di Tarquinia, databile al V sec. a.C.
Il primo munus romano conosciuto ebbe luogo nel 264 a.C. nel Foro Boario e venne seguito da numerosi altri, menzionati da diverse fonti letterarie, con una sequenza che ci porta sino al 101 a.C. Tali fonti rivelano un consistente incremento dell'importanza di questi spettacoli, e ci fanno sapere che, a partire dal 216 a.C., l'ambiente preferito per il loro svolgimento era divenuto il Foro Romano. Anche in numerose altre città d'Italia come Pompei, Paestum o Cosa, sappiamo che la piazza pubblica serviva abitualmente a tale scopo. Già molto tempo prima che facesse la sua comparsa un edificio costruito per questo uso, i combattimenti di gladiatori dovevano svolgersi in uno spiazzo oblungo, le cui dimensioni non variavano sensibilmente da una città all'altra. L'importanza complessiva dell'arena primitiva fu dunque determinata dall'uso, mentre la sua forma allungata veniva ereditata dal foro, i cui lati, stando a Vitruvio, dovevano avere come rapporto ideale 3:2.
Sui lati lunghi dell'area destinata ai combattimenti si innalzavano tribune smontabili in legno, sopra alle quali erano realizzate le balconate, pure lignee, chiamate maeniana dal nome del censore Maenius, il primo ad averle erette nel 338 a.C. In ogni caso la rigidità delle tribune e gli «angoli morti» determinati dalla forma oblunga dell'arena dovevano creare gravi inconvenienti tanto agli spettatori che ai combattenti, soprattutto quando si incominciarono a utilizzare gli animali. Nel 252 a.C. furono mostrati in pubblico per la prima volta elefanti e in seguito poterono essere presentati diversi altri animali, mentre al Circo Massimo o, più raramente, al Circo Flaminio, veniva rappresentata una venatio di importanza più modesta rispetto a quelle cui si poteva assistere in tali grandi edifici. La soppressione degli angoli morti dell'arena determinò un miglior funzionamento dello spazio percorribile, mentre, nel contempo, la forma curva delle tribune favoriva una buona visione dello spettacolo da tutti i posti. È inoltre assodato che gli architetti non poterono conferire al nuovo edificio la sua forma ideale, quella ellittica, se non a partire dal momento in cui la costruzione fu progettata su un terreno libero, all'esterno del centro urbano.
La prosperità della Campania alla fine del II sec. a.C., il dinamismo dei suoi evergeti, così come quello dei suoi architetti, e infine la lunga tradizione locale della gladiatura, sono altrettanti fattori che spiegano perché l'a. sia nato in questa regione. Uno dei primi a essere costruito, quello di Pompei, offre di colpo una versione assai compiuta di un tipo di edificio che alla fine dell'età repubblicana sarebbe stato ormai largamente diffuso in Italia e oltre i suoi confini, sino alla Spagna e alla Siria.
La diffusione dell'a. si va ulteriormente intensificando a partire dagli inizî dell'età imperiale, anche se la sua struttura, spesso piena, e l'aspetto pesante ricordano di primo acchito le caratteristiche dei più antichi esempi conosciuti, come vediamo soprattutto a Lucera, Susa, Cemenelum o Alba Fucente. La sua concezione d'insieme si andrà peraltro perfezionando a partire dal momento in cui il riempimento che costituisce il sostegno delle gradinate sarà stipato all'interno di compartimenti, come attestato a Emerita Augusta, Carsulae, Lione o Segobriga.
L'a. di Saintes (Mediolanum Santonum), iniziato sotto Tiberio e completato sotto Claudio, è un edificio di transizione che, di fatto, possiede contemporaneamente compartimenti riempiti di terreno di riporto nelle parti addossate al pendio e, alle estremità, una struttura cava, costituita unicamente da muri radiali e da volte. Quest'ultima in ogni caso non fa che ricordare quella che era stata adottata già da tempo, dalla fine del II sec. a.C., per la costruzione di alcuni teatri come quello di Teano in Campania.
Si può peraltro constatare in via del tutto generale che la cavea dell'a. ha ereditato sempre con sensibile ritardo gli importanti perfezionamenti che erano stati apportati inizialmente a quella del teatro. Questo è, p.es., quanto si verifica per ciò che concerne la comparsa delle grandi facciate aperte, a carattere monumentale.
L'a. di Terni (Interamnia Nahars), datato con esattezza al 32 d.C., è, a nostra conoscenza, il primo ad aver posseduto una galleria perimetrale ad arcate, sia pure con aperture eseguite ancora un po' timidamente, interessanti un'arcata su due. Si dovrà attendere proprio la fine dell'età giulio-claudia per vedere realizzate le prime grandi facciate provviste di più file di gallerie ad arcate, decorate con ordini di colonne addossate: belle composizioni che in realtà non fanno altro che ricordare la monumentalità del Teatro di Marcello, inaugurato più di cinquant'anni prima.
Nessun edificio per spettacolo sorpasserà, per splendore o dimensioni, il Colosseo di Roma, illustre rappresentante della grande architettura di prestigio giunta al suo apogeo sotto i Flavi e diffusa nelle più grandi città dell'Impero sino agliinizî del III sec. d.C. Ciononostante, se a Pozzuoli, Nîmes, Capua o Thysdrus sono stati costruiti gli a. più importanti del mondo, non bisogna dimenticare che vicino ai campi del limes o nelle piccole città ci si dovette accontentare di realizzazioni molto più modeste, eseguite utilizzando materiali poveri come la terra e il legno.
Il livello della progettazione architettonica non fu infatti omogeneo in tutto l'Impero. Caratteristiche assai diverse si riscontrano nelle varie province e, tra queste, il caso delle Gallie merita un'attenzione particolare. In Aquitania, nella Lugdunense e nella Belgica, l'a. di forma ellittica è esistito soprattutto nelle città di una certa grandezza: anzitutto a Treviri (dove la cavea in parte poggia su sostruzioni, in parte su terrapieno); e poi ad Avaricum, Augustodunum, Limonum Pictonum o Vesunna Petrocoriorum.
Al contrario, in tutte le zone rurali, nei pressi di santuari di origine celtica ristrutturati in età romana, non vennero realizzati che edifici di un tipo molto diverso, costruiti con materiali precari.
Come possiamo ancora constatare a Lutezia o a Gand, quelli più grandi erano dotati di una vera e propria arena di forma ellittica, mentre nella maggior parte dei casi quest'ultima era circolare. Di fronte alla cavea era situato un edificio scenico: questo, però, appare talmente ridotto, che non è pensabile potesse servire per l'allestimento di vere rappresentazioni teatrali. In ambiente gallico, un posto di rilievo spetta però soprattutto alla Narbonese, dove, accanto all'a. di Nîmes, sono da ricordare almeno quello (parimenti monumentale) di Arles e quello di Fréjus.
Anche nella parte orientale del mondo romano si sono potute riscontrare notevoli differenze di concezione tra una provincia e l'altra. Se è innegabile che in Siria veri e propri a. ellittici coesistessero con grandi teatri analoghi a quelli dell'Occidente, in Asia Minore invece gli a. ellittici furono estremamente rari. Tale situazione peraltro si spiega molto chiaramente con il fatto che - come sappiamo - in questa provincia i combattimenti si svolgevano all'interno di grandi teatri concepiti in forma del tutto particolare, contemplanti la presenza, nello spazio solitamente adibito all'orchestra, di una piccola arena circondata da un muro a mo' di podio. La cavea a forma di ferro di cavallo si arrestava in corrispondenza di una splendida scena, dietro alla quale si ergeva una monumentale scaenae frons.
In ogni caso, sia l'a., sia il suo sostituto orientale, il grande teatro misto dell'Asia Minore, costituiscono l'espressione di un evergetismo locale assai attivo che ha caratterizzato per molti secoli la vita delle varie province e regioni.
Nei casi in cui ci è rivelata l'identità dei generosi donatori, il più delle volte appare trattarsi di un gran sacerdote del culto locale, più raramente di un detentore di un sacerdozio municipale, occasionalmente di ricchi cittadini privati. Pertanto, più che la condanna generale degli spettacoli, affermata dalle leggi moralizzatrici del 325 e del 404 d.C., ispirate dall'ideologia cristiana, è la rovina delle finanze locali a spiegare la cessazione dei programmi edilizî in questo campo.
Edificio per spettacoli di lotta di creazione campana, l'a. costituisce - per origini, concezione e significato - il monumento più rappresentativo della società che l'ha ideato e più meritevole della qualifica di «romano».
Bibl.: J. C. Golvin, L'amphithéâtre romain. Essai sur la théorisation de sa forme et de ses functions, Parigi 1988 (con bibl. prec.).