anfibi
Il popolo delle paludi e degli stagni
Almeno cento milioni di anni prima che comparissero i dinosauri sul nostro pianeta gli anfibi erano partiti alla conquista della terraferma, senza riuscirci del tutto. Anche se molte specie vivono, allo stato adulto, lontano dall'acqua, gli anfibi restano molto legati a questo elemento. In particolare non ne possono fare a meno nel periodo degli amori e per tutta la fase larvale, quando hanno le stesse modalità di vita dei pesci. Oggi sono uno dei gruppi più a rischio di estinzione, probabilmente a causa dell'azione simultanea di più fattori.
In natura esistono numerosi esempi di animali che svolgono la propria vita fra l'acqua e la terra, anche se ciò avviene in modi molto differenti. Prendiamo per esempio gli ippopotami e le libellule, due animali diversissimi tra loro. Gli ippopotami trascorrono le ore calde del giorno immersi nei fiumi o nel fango, per poi uscire di notte a pascolare nelle savane: il nome scientifico di questi pachidermi è infatti Hippopotamus amphibius. Diverso è il caso delle libellule, che trascorrono la prima fase della loro vita nell'acqua dolce, come larve; soltanto dopo la metamorfosi sviluppano le ali e conducono vita terrestre. Nel primo caso l'aggettivo anfibio si riferisce al fatto che l'animale utilizza i due ambienti in diversi momenti della propria attività quotidiana, mentre nel secondo esempio si riferisce a un radicale cambiamento dello stile di vita durante lo sviluppo. Inteso come un semplice aggettivo, quindi, il temine anfibio può essere attribuito a molti altri animali che conducono vita anfibia e non sono imparentati tra loro, come le testuggini palustri, i coccodrilli, i pinguini, le anatre, le sanguisughe e così via. Come sostantivo, invece, il nome anfibi corrisponde a una specifica categoria della classificazione zoologica e si riferisce esclusivamente a un gruppo di animali vertebrati, fra loro imparentati più o meno strettamente. Gli anfibi comprendono le rane, i rospi, le raganelle, le salamandre, i tritoni e le cecilie.
La maggior parte degli anfibi presenta una fase larvale, legata all'ambiente acquatico, e una fase adulta che può essere più o meno slegata da esso. Per esempio, diverse specie di salamandre e tritoni conducono vita attiva soltanto o prevalentemente in acqua, sia in fase adulta sia in fase larvale. Invece, gli adulti di altre specie di salamandre, dei rospi e delle raganelle sono prevalentemente terrestri ma si recano in acqua nel periodo riproduttivo per deporvi le uova. Infine, nel caso di diverse specie di rane, gli adulti conducono vita attiva in entrambi gli ambienti, cacciando le loro prede soprattutto nella zona di transizione fra terra e acqua.
Tutti gli anfibi hanno in comune la pelle nuda, ossia priva di peli, piume, squame o di altre strutture protettive cornee che invece troviamo nelle altre classi di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili e pesci). Infatti, la difesa dell'epidermide dal disseccamento, dall'attrito e dai predatori è affidata soprattutto alle sostanze prodotte dalla pelle stessa, che è mantenuta perennemente umida da un velo di muco. Ciò riduce la perdita di acqua dai tessuti, attutisce gli urti e rende l'animale molto viscido, capace quindi di svincolarsi facilmente quando viene afferrato da un predatore.
La pelle sottile degli anfibi permette inoltre all'ossigeno di penetrare attraverso i pori quando questi animali si trovano sul fondo dell'acqua. In questo modo, alcune specie, pur essendo provviste di polmoni, possono trascorrere lunghi periodi di tempo sul fondo degli stagni e dei torrenti, senza dover ritornare a galla per respirare.
Le uova degli anfibi, deposte in acqua, sono prive di un guscio protettivo, come quello dei rettili e degli uccelli, e l'embrione che si sviluppa è protetto da una sottile membrana trasparente.
Molte specie di anfibi producono veleni assai potenti o sostanze repellenti che scoraggiano i predatori stessi. Le ghiandole parotoidi, poste dorsalmente ai lati del collo nei rospi e nelle salamandre, secernono un veleno assai forte, dall'aspetto lattiginoso, che ha un effetto irritante sulle mucose boccali dei mammiferi che cercano di morderli. Ovviamente questo non impedisce ad alcuni predatori di nutrirsi di essi: è il caso degli aironi e delle bisce che sono specializzati per cibarsene.
Molto spesso gli anfibi velenosi sfoggiano livree formate dall'accostamento di colori vivaci (combinazioni di giallo, arancione, rosso e nero) che hanno una funzione di avvertimento: i predatori non specializzati imparano così a riconoscere gli anfibi velenosi ed evitano di ferirli inutilmente. È il caso delle salamandre pezzate (nere a macchie gialle) o di molte raganelle tropicali. Pochi millimetri cubici del loro veleno possono essere mortali anche per l'uomo se vengono iniettati nel sangue, e comunque creano grossi fastidi se messi a contatto con l'occhio o con altre mucose.
L'origine degli anfibi è assai antica: i primi resti fossili risalgono all'Era Paleozoica, tra il Devoniano e il Carbonifero, intorno a 360 milioni di anni fa, quando le forme più arcaiche realizzarono il passaggio definitivo dall'ambiente acquatico a quello terrestre. Questi anfibi arcaici avevano un aspetto simile a quello delle attuali salamandre e probabilmente si spostavano sul terreno come queste, flettendo la colonna vertebrale e puntellandosi sulle corte zampe che non riuscivano a sollevare il tronco dal suolo. Come le salamandre, erano provvisti di una coda che, nelle forme più acquatiche, veniva usata quale timone per nuotare analogamente a come si osserva nei tritoni attuali. I progenitori degli anfibi moderni comparvero già nell'Era Mesozoica: durante il Giurassico, il periodo di massima evoluzione dei dinosauri (fra 200 e 140 milioni di anni fa), già esistevano Anuri e Urodeli di aspetto molto simile a quello attuale.
All'interno degli anfibi, si distinguono tre ordini cui corrispondono tre principali modelli anatomici: Urodeli, Apodi e Anuri. Agli Urodeli, che conservano un aspetto arcaico, simile a quello degli anfibi primordiali, appartengono le salamandre e i tritoni, caratterizzati dalla presenza di quattro arti e una coda ben sviluppata; agli Apodi, privi di arti, che sembrano dei grossi vermi e vivono esclusivamente nella fascia tropicale appartengono le cecilie; agli Anuri, privi di coda e provvisti di arti posteriori adattati a saltare, appartengono le specie dall'aspetto a noi più familiare come i rospi, le raganelle e le rane.
Le larve degli Urodeli hanno branchie esterne, costituite da tre rami per lato, e sviluppano le zampe anteriori prima di quelle posteriori. Invece, le larve degli Anuri, dette girini, hanno branchie interne e un corpo ovale da cui emergono prima le zampe posteriori. La coda dei girini, a un certo stadio avanzato dello sviluppo, inizia a regredire e viene riassorbita dall'organismo. Mentre le larve degli Anuri possono essere sia carnivore sia erbivore, quelle degli Urodeli sono solo predatrici.
Tutti gli anfibi sono predatori e si nutrono sia di invertebrati sia di piccoli vertebrati che inghiottiscono interi. Infatti sono privi di denti adatti a sbranare o masticare la preda e i piccoli denti che possiedono sulle mascelle e sul palato hanno la funzione di trattenere la preda impedendole di fuggire. Ciascuno dei tre ordini attualmente viventi presenta numerosi adattamenti e strategie per ridurre la competizione tra le specie e per meglio sfruttare le risorse dell'ambiente.
Oltre al diverso grado di acquaticità, le specie frequentano differenti tipi di habitat oppure sono attive in differenti orari. Le raganelle vivono sulle foglie delle piante erbacee, o sui rami di arbusti e alberi, dove rimangono immobili in attesa di piccoli insetti e ragni. Nelle foreste tropicali, numerose specie di raganelle possono convivere distribuendosi a diversa altezza sulle piante. Alcune sono attive di giorno, altre di notte. Nella maggior parte degli Anuri, le uova vengono deposte in grande numero direttamente nell'acqua e vengono abbandonate a sé stesse. Tuttavia esistono numerose specie di Anuri che preparano nidi di fango o di schiuma in cui si svilupperanno i girini. Tra gli Urodeli, i tritoni depongono le uova sulle foglie delle piante acquatiche. La femmina sistema ciascun uovo sotto una foglia appositamente ripiegata verso il fusto, in modo che siano nascoste alla vista dei predatori. Invece, le specie che hanno tagliato ogni rapporto con l'ambiente acquatico, come i geotritoni, depongono le uova nel terreno umido, fra le fessure delle rocce o nelle grotte. In questi casi, le uova sono pochissime e vengono accudite dalla femmina.
Una delle maggiori differenze tra Anuri e Urodeli riguarda le modalità con cui avvengono il corteggiamento e la fecondazione. Il corteggiamento degli Anuri è associato alla produzione di suoni medianti sacchi vocali: questi suoni servono sia a delimitare acusticamente il territorio di ciascun maschio, sia ad attirare le femmine della propria specie. Per questo i canti degli Anuri sono molto ben differenziati da specie a specie. Invece negli Urodeli il corteggiamento si affida a segnali visivi e olfattivi. I maschi delle diverse specie, durante il periodo degli amori, possiedono livree molto differenti (creste, colori, macchie, eccetera) che esibiscono davanti alle femmine. Inoltre, agitando la coda, inviano loro i propri feromoni, sostanze chimiche dall'odore specifico e attrattivo. Per quanto riguarda la fecondazione, va tenuto presente che i maschi degli anfibi non hanno organi genitali capaci di introdurre gli spermatozoi nel corpo della femmina.
Nel caso degli Anuri, la fecondazione avviene esternamente al corpo della femmina come nella maggioranza dei pesci: alla fine del corteggiamento, il maschio monta sul dorso della femmina afferrandola per le ascelle o per le cosce e la stimola a emettere nell'acqua le sue numerose uova. Man mano che le uova escono vengono fecondate. Negli Urodeli, invece, la fecondazione è quasi sempre interna, ovvero lo spermatozoo raggiunge l'uovo all'interno del corpo della femmina. Infatti, alla fine del corteggiamento, il maschio deposita un pacchetto di spermatozoi (spermatofora) sul terreno o sul fondo dello stagno, e la femmina vi passa sopra inserendolo nel proprio orifizio (cloaca). Grazie alla fecondazione interna, gli Urodeli possono mettere in atto un'altra strategia riproduttiva, che negli Anuri non compare quasi mai: la viviparità. Questo vuol dire che i nuovi individui non nascono, come larve, da uova deposte ma vengono partoriti presentando già le caratteristiche degli esemplari adulti, cioè sono metamorfosati.
Un altro fenomeno biologico che si riscontra negli Urodeli, ma non negli Anuri, è la neotenia. Esso consiste nella maturazione precoce delle gonadi nelle larve, prima cioè che queste abbiano completato lo sviluppo. Infatti, in certe condizioni ambientali, le larve possono interrompere la metamorfosi e non assumere la forma dell'adulto, divenendo tuttavia capaci di riprodursi. In alcune specie, come la salamandra tigre dell'America del Nord, si trovano intere popolazioni neoteniche, dove tutti gli individui conservano permanentemente l'aspetto larvale. Inoltre, ci sono alcune specie, della famiglia dei Proteidi e dei Sirenidi, che non raggiungono mai la fase adulta in natura.
L'ordine meno conosciuto e più bizzarro di anfibi è quello degli Apodi, completamente privi di zampe. Il corpo di questi animali, lungo fino a un metro, è cilindrico e percorso da solchi trasversali, che gli conferiscono un aspetto simile a quello dei lombrichi. La pelle è liscia e umida grazie al secreto di ghiandole mucose. L'ano è posto all'estremità posteriore del corpo, per cui si può dire che questi animali non hanno nemmeno una coda ma sono costituiti soltanto da un tronco estremamente allungato e stretto.
Secondo gli studiosi, gli Apodi hanno perso le zampe in seguito a un processo di specializzazione verso la vita fossoria (termine che deriva dal latino fodere, "scavare") che essi conducono scavando nel suolo umido e fangoso. Questi animali vivono soltanto nelle foreste tropicali dell'America del Sud, dell'Africa e della regione indomalese, dove prediligono i suoli paludosi e si nutrono di invertebrati. Per via del loro stile di vita, prevalentemente notturno e fossorio, gli Apodi hanno perso la funzionalità degli occhi, che sono ridottissimi o assenti, mentre hanno sviluppato l'olfatto e il tatto. Alcune specie depongono uova in acqua, dando vita a larve branchiate. Altre specie depongono le uova nel suolo umido e le femmine si avvolgono intorno a esse con il proprio corpo per proteggerle dalla disidratazione. Esistono anche specie vivipare in cui gli embrioni sviluppano all'interno del corpo della madre e i piccoli escono già formati.
Gli anfibi si trovano in tutti i continenti e in tutti i tipi di habitat. Mentre gli Apodi sono confinati alle foreste tropicali, gli Anuri si trovano in tutti gli ambienti esclusi quelli più settentrionali e quelli marini. Tuttavia, la massima diversità di Anuri si incontra negli ecosistemi tropicali; viceversa, gli Urodeli presentano il maggior numero di generi e di specie nella fascia temperata, e mancano sia nel continente africano a sud del Sahara sia in Australia. Attualmente sono conosciute oltre 5.100 specie di anfibi ma ogni anno ne vengono scoperte di nuove, soprattutto nelle aree tropicali meno esplorate del Pianeta.
Gli anfibi presentano gravi problemi di conservazione a livello globale poiché centinaia di specie mostrano un forte declino anche all'interno di aree protette e apparentemente indisturbate. Secondo la World conservation union, il 25% delle specie conosciute rientra in una delle tre categorie: vulnerabile, in pericolo di estinzione, estinta. Soprattutto gli Anuri sono a rischio perché, in generale, sono più legati all'acqua rispetto agli Urodeli e spesso necessitano di condizioni ambientali che siano adeguate sia alle esigenze delle larve (acquatiche e spesso erbivore) sia a quelle degli adulti (prevalentemente insettivori e legati all'ambiente terrestre circostante). Fattori che perturbano l'uno o l'altro ambiente, o che influiscono alternativamente sulle risorse alimentari della larva o dell'adulto, possono mettere a rischio una specie. In pratica, l'esistenza degli Anuri può essere minacciata sia dalla trasformazione degli ecosistemi terrestri, come il disboscamento o l'inquinamento del suolo, sia dall'alterazione di quelli acquatici attraverso le bonifiche, l'inquinamento, le opere idrauliche.
L'attuale declino degli anfibi può essere determinato dall'azione simultanea di numerosi fattori. Periodi di siccità associati al riscaldamento globale provocano il disseccamento dei bacini e delle uova; l'introduzione di pesci predatori in aree dove prima non erano presenti comporta un'intensa predazione sia sulle larve sia sugli adulti; l'inquinamento dell'acqua, del suolo e dell'aria produce forti effetti sull'epidermide sottile e permeabile di questi animali; numerose sostanze tossiche, derivanti dall'agricoltura o dall'industria, vengono assunte dagli anfibi attraverso la pelle oppure attraverso gli insetti di cui si alimentano; le piogge acide alterano la composizione degli ambienti d'acqua dolce; l'assottigliamento dello strato di ozono atmosferico, causato dall'uomo, ha un'influenza negativa sulla pelle e sulle uova, producendo malformazioni e malattie. Il declino degli anfibi preoccupa gli studiosi degli ecosistemi perché può essere il sintomo di un profondo deterioramento degli habitat naturali e può determinare la scomparsa a catena di numerose specie di pesci, rettili, uccelli e mammiferi di cui essi rappresentano un'importante risorsa alimentare. Infine, va ricordato che le sostanze chimiche secrete dall'epidermide degli anfibi rappresentano un importante serbatoio di novità farmaceutiche a disposizione dell'uomo, per il loro ruolo antibatterico, antivirale, anestetico e antinfiammatorio.