aneuplodia
Condizione irregolare del numero di cromosomi in cui, a differenza della poliploidia, la variazione è limitata a uno o a pochi elementi dell’assetto cromosomico, per eccesso o per difetto. È il contrario di euploidia, che indica il corretto numero di cromosomi. La formazione dei gameti (spermatozoi e oociti) richiede una divisione cellulare specializzata, la meiosi, durante la quale la duplicazione del materiale genetico è seguita da due successivi eventi di segregazione dei cromosomi per cui ciascun gamete eredita una sola copia di ogni cromosoma. Errori in questo processo possono portare alla produzione di gameti con un numero aberrante di cromosomi e, di conseguenza, dopo fecondazione, ad aneuploidia. Si parla di aneuploidia sia nel caso di cromosomi mancanti (monosomia: un cromosoma invece di una coppia nella cellula fecondata) sia nel caso di cromosomi soprannumerari (trisomia: tre cromosomi invece di una coppia). Nella maggioranza dei casi l’aneuploidia è incompatibile con il corretto sviluppo embrionale e di conseguenza essa è una delle cause principale di aborti spontanei. Il fattore di rischio principale sembra essere l’età della madre anche se i meccanismi molecolari responsabili non sono chiari. Alcune forme di aneuploidia non sono però letali, ma, comunque, portano a severe disfunzioni. La trisomia più frequente è quella relativa al cromosoma 21 che causa la sindrome di Down (con una frequenza di circa un caso ogni 800 nascite) caratterizzata da ritardo mentale e da invecchiamento precoce. Errori nella segregazione dei cromosomi possono avvenire anche durante le mitosi, il processo di divisione cellulare di cellule somatiche e l’aneuploidia rappresenta una delle maggiori cause delle alterazioni genomiche osservate nei tumori. Mentre non è formalmente provato che l’aneuploidia possa dare origine a un tumore, ed è anche possibile che essa sia la conseguenza e non la causa della trasformazione neoplastica, appare assai probabile che contribuisca all’evoluzione di tumori verso forme sempre più maligne. Paradossalmente farmaci che inibiscono la corretta segregazione dei cromosomi possono esercitare un’azione antitumorale perché grossolane alterazioni nel numero di cromosomi sono incompatibili con la sopravvivenza cellulare e quindi cellule in attiva replicazione come le cellule tumorali sono particolarmente sensibili a tali farmaci.