SARACINO, Andreotto
(Andreotto di Saracino Caldera). – Nacque con ogni probabilità a Pisa, nel secondo quarto del Duecento; apparteneva alla famiglia (de) Caldera, denominazione cognominale assunta tra XII e XIII secolo da un ramo della consorteria pisana degli Albizoni, ma è identificato anche nella tradizione storiografica con il patronimico.
Esponenti della citata consorteria, nel corso del XII secolo, ricoprirono la carica consolare in città e, nel Duecento, continuarono a far parte del ceto dirigente del Comune. Il nonno Albizone fu senatore nel 1220 e successivamente, con il figlio Giacomo, tra i maiores che sottoscrissero la pace antifiorentina del luglio 1228; il padre Saracino – console nel 1232-34, giudice negli anni 1234 e 1244 – fu rettore delle societates concordiae pisane in occasione dei preliminari di pace dell’aprile 1237; il fratello Bartolomeo, il 26 settembre 1256, fu tra i consiglieri del Comune per l’approvazione degli accordi di pace con Firenze. La famiglia – attestata come proprietaria di una torre – risiedeva non lontano dal ponte Vecchio.
Saracino fu coinvolto nelle medesime dinamiche che continuarono a vedere il ceto dirigente pisano, nel passaggio alla fase propriamente podestarile, ‘partito’ tra consorterie gentilizie – in una città contesa dai disegni egemonici dei Visconti e dei Gherardesca – e impegnato nel tentativo di strenua resistenza alla compagine guelfa guidata da Firenze. Il 1° maggio 1270, dopo il successo di Carlo d’Angiò a Tagliacozzo (1268) e le fallite trattative di pace condotte per Pisa da Giovanni Visconti, un tumulto cittadino ebbe come ultima conseguenza le sentenze di confino per i maggiori esponenti delle consorterie familiari coinvolte, in particolare per Giovanni Visconti, giudice di Gallura, tra i protagonisti dei tentativi di destabilizzazione interna. Anche Saracino venne esiliato assieme ad altri, presso Montopoli in Val d’Arno.
Alcuni anni più tardi, a seguito della pace cui Pisa fu costretta nel giugno 1276 di fronte all’ennesimo tentativo di Giovanni Visconti e dell’alleato guelfo Ugolino della Gherardesca di recuperare l’antica egemonia in città (sostenuti da Firenze e da Carlo d’Angiò), Saracino è attestato tra i Savi del Comune (7 settembre 1276).
Il ruolo di Saracino, in qualità questa volta di ammiraglio, fu di prim’ordine anche nella fase successiva, segnata dal definitivo scontro militare con Genova sviluppatosi con alterne vicende, tra il 1282 e il 1284, lungo le rotte tirreniche. Nel 1283 Saracino si mosse verso le città di Alghero e Sassari per sedarne la ribellione, riuscendo a ristabilirvi l’ordine con l’aiuto di Mariano II visconte di Bas, giudice d’Arborea, il quale – nell’ambito di una politica matrimoniale mirante a rafforzare la propria alleanza con Pisa – aveva sposato una sua figlia.
Nel viaggio di ritorno, le peggiorate condizioni del mare costrinsero la flotta a trovare riparo in parte nel porto di Cagliari e soprattutto in quello di Piombino; bloccate dalla flotta avversaria di Corrado Doria, solo a fatica e fortunosamente le trentanove navi poterono rientrare.
Nel 1284 – dopo la sconfitta pisana di Tavolara e la nomina a podestà di Pisa, con poteri allargati, del veneziano Alberto Morosini (marzo) – a Saracino e al conte Ugolino venne affidato il comando della flotta pisana nella guerra contro Genova. In luglio, i due condussero la flotta pisana davanti al porto di Genova, ma dopo questa muscolare esibizione di forza furono costretti sulla difensiva dai comandanti genovesi, Oberto Doria e Benedetto Zaccaria. Lo scontro tra le due flotte avvenne presso lo scoglio della Meloria, non lontano da Porto Pisano, il 6 agosto. Il comando attivo della flotta fu riservato a Morosini (da giugno comandante) e a Saracino, mentre l’anziano conte Ugolino fu preposto alla difesa del porto.
Le quaranta galee di Morosini e le trenta di Saracino – benché costituite, queste ultime, come unità di riserva – attaccarono. Ma la netta minorità rispetto alle forze genovesi, la peggiore preparazione tecnica e gli errori strategici dei due comandanti contribuirono a determinare la sconfitta e la distruzione quasi totale della flotta pisana. Saracino non fu tra i diecimila prigionieri circa – tra cui Morosini e Lotto, figlio di Ugolino – trasportati a Genova.
Una congiura (che la Cronaca Roncioniana data peraltro erroneamente al 1283) o una sommossa cittadina contro Saracino e Nieri di Donoratico va ascritta tra le conseguenze della sconfitta; i due sarebbero fuggiti a Oristano, presso il genero di Andreotto. Tuttavia, accuse di colpevolezza, per la discutibile conduzione delle operazioni militari, e rivalità personali e familiari in atto – nell’ambito della lotta per la conservazione del potere – si mescolano nella testimonianza delle fonti.
Non constano ulteriori notizie su Saracino. Il termine ante quem della sua morte potrebbe essere il 1292: un documento del 30 luglio fa riferimento, infatti, a una terra degli eredi nel quartiere pisano di S. Giovanni dei Gaetani.
Conosciamo – da un documento del 29 luglio 1322 (Archivio di Stato di Pisa, Archivio Spedali Riuniti 2549, c. 145t) – il nome di un’altra figlia di Andreotto, Bamba, imparentata con i Lanfranchi.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pisa, Archivio Spedali Riuniti 2518, c. 92t; Guido da Corvaia, Fragmenta Historiae Pisanae, in RIS, XXIV, Mediolani 1738, coll. 647ss., 675; F. Bonaini, Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, II, Firenze 1870, p. 1017 (per il padre di Saracino); Iacobi Aurie, Annales, in Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di C. Imperiale, V, Roma 1929, p. 47; E. Cristiani, Gli avvenimenti pisani del periodo ugoliniano in una cronaca inedita, in Bollettino storico pisano, s. 3, XXVI-XXVII (1957-1958), pp. 3-104 (in partic. pp. 28 ss., 45, 69 nota 84, 91s., Cronaca Roncioniana); N. Caturegli, Le carte arcivescovili pisane del secolo XIII, Roma 1974, nn. 181, 254 (per il padre di Saracino).
G. Benvenuti, Storia della repubblica di Pisa, Pisa 1962, pp. 95-124; E. Cristiani, Nobiltà e popolo nel Comune di Pisa. Dalle origini del podestariato alla signoria dei Donoratico, Napoli 1962, pp. 237 ss., 326, 362, 376 ss., 496; C. Violante, Nobiltà e chiese nei secoli XI e XII: la progenie di Ildeberto Albizo e il monasterio di S. Matteo [1968], ora in Id., Economia società istituzioni a Pisa nel Medioevo, Bari 1980, pp. 35-44, 54 ss.; G. Volpe, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa..., Firenze 19702, pp. 399 nota, 428 s.; G. Arnaldi, Gli annali di Iacopo d’Oria, il cronista della Meloria, in Genova, Pisa ed il Mediterraneo tra Due e Trecento (per il VII centenario della battaglia della Meloria), in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XXIV (1984), pp. 585-620 (in partic. p. 599); G. Benvenuti, Le repubbliche marinare: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, Roma 1989, pp. 94-97; E. Salvatori, La popolazione pisana del Duecento: il patto di alleanza di Pisa con Siena, Pistoia e Poggibonsi nel 1228, Pisa 1994, pp. 35, 41, 65; M. Sanna, Mariano d’Arborea, in Dizionario biografico degli Italiani, LXX, Roma 2008, pp. 316-318.