PETRUCCI, Andreoccio
PETRUCCI, Andreoccio. – Discendente da una famiglia di banchieri senesi del Monte dei Nove nota in origine come Cambi o Nicolucci, accreditata in Curia e con affari a livello internazionale, non risulta nel registro dei battezzati a Siena e senz’altro nacque sul finire del XIV secolo a Pisa, dove la famiglia aveva importanti cariche e il padre Rinaldo nel 1396 prese in moglie la pisana Jacoma di Mino.
Nel 1415 sposò Caterina di Franceschino Pico della Mirandola capitano dei senesi. Ebbe formazione umanistica e nel 1421 già s’interessava alla fabbrica della Loggia di Mercanzia, un’opera di gusto innovativo. Più tardi, la revisione delle rocche del comitatus, svolta con l’ingegnere Pietro Paolo del Porrina nel 1442, confermava il suo interesse per l’architettura e le cose militari. Tra il 1425 e il 1428 lo si trova a Firenze e a Bologna (Resta, in J. Marrasii Angelinetum..., a cura di G. Resta, 1976, p. 32) e nel 1428 ambasciatore a Vitozzo: un’attività, quella della rappresentanza diplomatica e in generale del funzionariato politico extra moenia, che gli fu congeniale e che svolse molto intensamente soprattutto negli anni Trenta, sia pure senza trascurare le cariche interne (fu infatti priore negli anni 1423, 1432 e 1436).
Nel 1428 accolse gli ambasciatori del papa, di Venezia, Firenze e Bologna insieme con l’amico fraterno Barnaba Pannilini; nel febbraio 1430 fu inviato nel Patrimonio per dissuadere dalla guerra il cugino Antonio Petrucci occupato ad arruolare milizie contro Firenze, e nello stesso anno fu ambasciatore a Piombino. Nel 1431 accolse in territorio senese il cardinale Albergati e fu commissario a Grosseto. Fra marzo e maggio del 1432 fu ambasciatore a Monterchi presso i Tarlati e a Poppi presso i Guidi per cercare alleati nella guerra di Lucca e Siena contro Firenze: quell’impresa di Antonio Petrucci, che proiettò la sua famiglia nella grande politica italiana. Da Poppi si recò a Urbino, dove assoldò Berardino della Carda per la campagna militare conclusa a San Romano. Fu inoltre commissario di guerra e accolse nel Senese gli ambasciatori dell’imperatore Sigismondo. Nel 1434 fu inviato al condottiero Roberto di Montalbotto, nel 1435 al cardinale Condulmer ai Bagni di Petriolo. Da fine novembre 1435 al marzo 1436 fu commissario in Maremma per il passaggio di Alfonso d’Aragona che, diretto alla conquista di Napoli, fece sosta a Talamone: un’occasione particolarmente importante, perché dalle trattative di quei giorni, orientate dal duca di Milano, derivarono per Siena duraturi rapporti culturali, politici, economici con Napoli. Andreoccio fu inoltre podestà a Fermo in data imprecisata, a Sarteano nel 1432, poi nel 1438 a Grosseto.
La sua attività di diplomatico e di politico per conto del Comune di Siena proseguì indefessamente anche negli anni successivi. Nel settembre 1441 Andreoccio fu ambasciatore a Francesco Sforza e Niccolò Piccinino, nell’aprile 1442 fu nella Balìa, nel maggio conferì con il condottiero Pietro Paolo Orsini e nel luglio fu ambasciatore a Firenze presso il papa, cui tra l’altro raccomandò l’Osservanza dei domenicani, l’ordine di cui i Petrucci erano patroni. In tale occasione contribuì ad appianare i problemi fra Eugenio IV e Siena. L’anno successivo, dietro suo parere, fu stanziata una somma notevole per onorare Niccolò Piccinino a Petriolo. Nel 1448 fu commissario in Maremma e nel Patrimonio di S. Pietro. Durante l’assedio di Alfonso a Piombino, fu lì ambasciatore con il parente Goro Massaini nel giugno 1448 e, per favorire Antonio allora al soldo del re, rischiò l’alto tradimento tentando d’introdurre gli Aragonesi nella cittadella (Pertici, 1990, p. 14). È del settembre-ottobre dello stesso 1448 l’ultima ambasceria, svolta presso il re accampato in Maremma.
Stimato per la cultura, l’esperienza diplomatica e le relazioni, svolse anche un ruolo di ‘intellettuale prestato alla politica’. Nel 1443 fu infatti candidato cancelliere della Repubblica, e consigliere del capitano del Popolo in ben tre occasioni nell’arco di un decennio (quando ricoprirono la carica il giurista Pietro Pecci nel 1435, il padre del dotto umanista Francesco Patrizi nel 1440, il giurista Tommaso Docci doctor veritatis nel 1446). Curò nel 1444, con Barnaba Pannilini e l’umanista Leonardo Benvoglienti, le onoranze per san Bernardino; si interessò anche dell’Università (fu tra i regolatori dello Studio nel 1435), ma rifiutò nel 1435 (Ep. IX) la cattedra universitaria, come in generale altre cariche continuative, per coltivare gli affari pubblici. Fu inoltre socio di un’impresa nell’Arte della lana in società con il potente ‘novesco’ Pietro Tancredi (Ep. XIX), che fu decapitato nel 1456 per la fedeltà ad Antonio Petrucci, il soldato e uomo politico all’ombra del quale Andreoccio visse, tanto da custodirne l’archivio privato.
La sua attività letteraria fu significativa. Compose una silloge di epistole latine tradita da un elegante codice pergamenaceo in littera antiqua (identico per grafia e formato al parallelo codice di Barnaba Pannilini, suo principale interlocutore; Berlino, Staatsbibliothek, ms. Hamilton 509). La raccolta, insieme alle epistole sparse, è fondamentale per ricostruire le tendenze culturali e la geografia del potere a Siena nella prima metà del XV secolo, attestando relazioni di massimo prestigio: gli umanisti Piccolomini, Panormita, Bruni, Traversari, Marsuppini, Niccoli, Aurispa che gli procurava codici, Toscanella, Filiziano e Filelfo che lo ringraziò per la chiamata allo Studio senese. Da quanto scrive a Francesco Patrizi, si deduce un suo ruolo nella formazione dell’umanista, che fu maestro di Achille Petrucci coltissimo cancelliere della Repubblica. Nutrì profondo affetto per Giovanni Marrasio, che lo ricordò nell’Angelinetum, il fortunato canzoniere caratteristico con l’Hermaphroditus del Panormita e il novelliere dello Pseudo Sermini della vivace e aggiornata cultura senese degli anni Venti-Trenta del Quattrocento. Oltre Patrizi, nella cerchia di Piccolomini corrispose con il canonico Francesco Tolomei e il giurista, setaiolo e orafo Giorgio di Jacopo Andreucci cancelliere della Repubblica e committente del Vecchietta. Fra i canonici del capitolo cattedrale, ove sedeva suo fratello Federico Petrucci, frequentò anche il diplomatico Memmo Agazzari. Fu inoltre in rapporto con il potente cardinale Antonio Casini, e con Matteo Malferito consigliere di Alfonso d’Aragona, nonché con il diplomatico e giurista Pietro de’ Micheli. Esperto del mondo ecclesiastico, influì sulle nomine episcopali e corrispose con Paolo Capranica, Cristoforo di San Marcello vescovo di Siena, Pietro dell’Orto vescovo di Massa, il predicatore osservante Alberto da Sarteano braccio destro di san Bernardino. L’Epistola XII al duca Filippo Maria Visconti è legata all’incarico del 1436 presso Alfonso d’Aragona. Nel ser Giovanni dell’Epistola XIII è da riconoscere il ser Giovanni da Prato (Gherardi?), lo stesso dello Pseudo Sermini (Novella XIII) e del Marrasio (Resta, in J. Marrasii Angelinetum..., a cura di G. Resta, 1976, pp. 120-122). Altre sue epistole sono conservate nella Biblioteca nazionale di Firenze, Mss., II.IX.148; Biblioteca dell’Accademia Rubiconia dei Filopatridi, Mss., 75; Stadtbibliothek di Zurigo, Car. 100.
La citata silloge costituisce una testimonianza importante dei suoi orientamenti politici: celebra l’imperatore, omaggia il duca di Milano, denuncia discordie e corruzione della vita pubblica, deplora i contrasti tra Siena e il papa, incita a lottare contro Firenze. Il maggior numero di lettere è per Barnaba Pannilini, con cui condivise militanza culturale e politica. Entrambi esaltano Antonio Petrucci, l’eroe del casato. Ma con queste tematiche non si esaurisce la sua attività letteraria. Tipica dell’Umanesimo senese e di Andreoccio è infatti la predilezione per l’argomento erotico, che si ritrova nello Pseudo Sermini come molti altri temi dell’epistolario: orgoglio di ottimate, antifiorentinismo, anticlericalismo, satira del villano.
Mentre il probabile autore delle novelle serminiane, Antonio, dopo gli otia giovanili si dedicò alle armi, Andreoccio intese proseguire gli studi umanistici ‘ad senectutem summam’ e fu referente di un gruppo coeso di intellettuali protagonisti di un’età di rinnovamento, per il quale fu significativo a Siena il suo operato. Difese il primato della consorteria Petrucci, promosse studia humanitatis e committenze artistiche aggiornate, indirizzò l’attività di governo e incoraggiò il continuo impegno bellico che, mentre favoriva l’affermarsi della sua fazione, dette impulso alla grande ingegneria del Rinascimento senese.
Andreoccio Petrucci morì durante un’epidemia di peste e fu sepolto il 27 agosto 1449 nella basilica di S. Domenico a Siena.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Consiglio generale, 218, cc. 151r, 231v, 246r, 247v, 256; 221, cc. 210r, 214v; 225, c. 218r; Concistoro, 2301, ff. 2, 3, 6, 11; 2407, cc. 5r, 16r, 60r, 61r, 76r, 85v, 87r, 88r, 106r, 108v, 128r, 133v, 148r, 149v, 151v, 154r, 215r, 221v, 223r, 225v, 284v, 289v; 2408, c. 3; 2411, cc. 32r-32v, 32v-33r, 34v-35r, 39v-41v, 63v-64r, 99r-99v;2413, cc. 24v-26r, 44r-44v, 47r, 50v-51r; Balìa, 2, cc. 44r-44v; Biblioteca comunale di Siena, Mss, A.III,7: G.A. Pecci, Famiglie senesi, cc. 112v-113r; J. Marrasii Angelinetum et carmina varia, a cura di G. Resta, Palermo 1976, pp. 165 s.; Barnaba Senese, Epistolario, a cura di G. Ferraù, Palermo 1979, pp. 79-113; G. Fioravanti, Università e città, cultura umanistica e cultura scolastica a Siena nel ’400, Firenze 1980, pp. 23-33; A. Panormitae, Hermaphroditus, a cura di D. Coppini, Roma 1990, pp. LXXXI, LXXXV; P. Pertici, Una coniuratio del reggimento di Siena nel 1450, Bullettino senese di storia patria, IC (1990), pp. 9-47; Tra politica e cultura nel primo ’400 senese: le epistole di A. P. (1426-1443), a cura di P. Pertici, prefazione di R. Fubini, Siena 1990; S. Hansen, La Loggia della Mercanzia in Siena, Sinalunga 1992, p. 186, passim; P. Pertici, Lo Pseudo Sermini agli Intronati, ibid., CXVIII-CXIX (2011-2013), pp. 487-491; P.L. Nardi, Lo Studio di Siena e l’insegnamento del diritto in epoca rinascimentale, in Umanesimo e Università in Toscana, Firenze 2012, pp. 227-232.