ANDREA
Succeduto il 30 nov. 809 a Landolfo nella cattedra arcivescovile di Milano, da un unico documento, una pagina iudicati, con il quale l'arcivescovo l'11 genn. 903 da Milano disponeva di alcuni suoi beni, possiamo sapere qualcosa sulle sue origini, la sua consistenza economico-sociale e quella della sua famiglia.
Figlio d'un Andrea da Canziano di legge Iongobarda - ed è interessante questo comparire di professione di legge longobarda in un'età in cui soprattutto Franchi ed Alamanni facevano sfoggio della loro nazionalità -, A. possedeva parecchi beni sia nel suburbio milanese (una casa, un orto, una corte nei pressi della cattedrale di S. Tecla), sia nel distretto (ville di Bazzana, Maconago, Cermanate e sul lago di Como), i primi dei quali giuntigli dal monastero milan di S. Ambrogio mediante permuta. Ben introdotta appare la sua famiglia nell'ambiente ecclesiastico milanese: due nipoti infatti, Andrea e Warimberto, poi arcivescovo di Milanol erano rispettivamente chierico e diacono ordinario della ecclesia Mediolanensis, mentre una nipote, Angelberga, era monaca del monastero di Dazio.
La famiglia di A., che non era quella dei Lamgnani come pur da alcuni studiosi è stato sostenuto, doveva quindi godere d'una certa floridezza economica e d'un certo prestigio sociale, probabile causa e conseguenza della elezione di A. alla dignità arcivescovile.
La stessa pagina iudicati è buona testimone sia dello slancio religioso e della pietà dei nostro arcivescovo, sia degli stretti legami che aveva con gli altri membri della sua famiglia. Con essa, infatti, procedette alla fondazione d'uno xenodochio "in elemosinis pauperuni", che fornì di larga dote; mentre dispose che il patronato dello stesso xenodochio fosse assunto vita natural durante dal nipote Warimberto e, alla sua morte, dalla badessa del monastero di Viglinda. Anche per il sostentamento dei patrono assegnò congrua dote.
Ben poco si può dire degli atteggiamenti di A. nel campo politico in quegli anni particolarmente incerti e agitati per il succedersi dei pretendenti alla corona italica e imperiale. Due sole sono infatti le testimonianze a questo riguardo: l'11 marzo 900 A. appare come "fidelissimus" di Berengario, presso cui intercedeva a favore del monastero di S. Teodota; nel luglio 905 invece presiedeva come "missus domni imperatoris", in quel momento Lodovico III, un placito insieme all'altro messo imperiale Ragifredo, per dirimere una controversia tra alcuni servi del monastero di S. Ambrogio e l'abate del monastero stesso. Si può pensare quindi che A. si sia limitato ad accettare di volta in volta l'autorità che in quel momento era più forte. Tale infatti era nel "Regnum" italico Berengario nel marzo 900; tale ancora Lodovico III nel luglio 905.
L'unico atto di A. come capo giurisdizionale dell'arcidiocesi milanese, del luglio 905, è stato dimostrato essere un falso, compilato tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo.
A. morì il 28 febbraio 906 e il suo corpo venne seppellito nella cattedrale di S. Ambrogio.
Fonti e Bibl.: Catalogus archiepiscoporum Mediolanensium, a cura di L. C. Bethmann e W. Wattenbach, in Monumenta Germ. Hist., Scriptores, VIII, Hannoverae 1848, p. 104; Codex diplomaticus Langobardiae, in Monumenta historiae patriae, XIII, Augustae Taurinorum 1873, coll. 675-679, n. 402; I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1903, in Fonti per la Storia d'Italia, XXX, pp.88-92; F. Ughelli-N. Coletti, Italia sacra, IV; Venetiis 1719, col. 90; G. A. Sassi, Archiepiscoporum mediolanensium series historico-chronologica, opus postumum, II, Mediolani 1755, pp. 315, 317-320; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300. La Lombardia, I, Milano-Firenze 1913, pp. 346-348; C. Manaresi, Un placito falso per il monastero di S. Ambrogio di Milano, in Scritti di Paleografia e diplomatica in onore di Vincenzo Federici, Firenze 1945, pp. 61-78; E. Besta - G. Vismara, Dall'invasione dei barbari all'apogeo del governo vescovile (493-1002), in Storia di Milano, II, Milano 1954, pp. 438, 441, 445; L. A. Muratori, Antiquitates italicae Medii Aevi, I, Mediolani 1738, coll. 773-775, 777 s.