ZOAN, Andrea (Zuan Andrea). – Con questo nome s’identificava, e parte della critica tuttora identifica, l’autore di alcune incisioni databili tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo e siglate ‘Z. A.’; tale calcografo non deve essere confuso con altri colleghi all’incirca coevi di nome Zoan Andrea (Masséna - Ephrussi, 1891), tra i quali sono l’autore di alcune copie silografiche dell’Apocalisse di Albrecht Dürer, datate 1515, e Giovan Andrea Valvassore (S. Minuzzi, Valvassore, Giovanni Andrea, in Dizionario biografico degli Italiani, 98, Roma 2020, p. 209)
Le incisioni siglate ‘Z. A.’ e riferite tradizionalmente a Zoan Andrea sono ventuno (Zucker, 1984, p. 235), ma a esse se ne aggiungono numerose attribuite per via stilistica. L’accostamento della sigla ‘Z. A.’ al nome Zoan Andrea fu suggerito da Pietro Zani, per via delle iniziali ‘i. a.’, ossia Giovanni (Ioannes) Andrea, sulle illustrazioni di un incunabolo veneziano del 1497 (Zani, 1802), e poi della firma estesa Zoan Andrea nelle citate copie dell’Apocalisse di Dürer (Zani, 1820), che vanno però riferite a un diverso incisore.
Un documento del 15 settembre 1475 narra del forte contrasto nato tra Andrea Mantegna e due artisti, uno «Zoano Andrea» coinvolto, assieme al reggiano Simone Ardizzoni, nella produzione di stampe: Mantegna, molto irritato dal comportamento dei due, li aveva fatti severamente malmenare (Lightbown, 1986, pp. 265 s.). Il documento ha suggerito alla critica (v. Fisher, 1886, pp. 208, 215; Hind, 1948, p. 61; Sheehan, 1973, p. 265) l’associazione tra questo «Zoano Andrea» e l’autore delle stampe siglate ‘Z. A.’. Lo «Zoano Andrea» attestato nel 1475 è stato identificato in «Zohanne Andrea, figlio del maestro Billano de’ Bugatti», in relazione con i Gonzaga e con Mantegna dal 1469 (Lightbown, 1986, p. 266), ma che questi fosse tutt’uno con l’incisore Zoan Andrea è problema rimasto in discussione.
Se alcuni studiosi (come lo stesso Lightbown, 1986, p. 267) ritengono imprudente questo accostamento, altri hanno collegato le stampe ‘Z. A.’ a Bugatti, a coprire un periodo che si ritiene vada dal 1475 circa ad almeno il 1519 (Sheehan, 1973, p. 265). L’identificazione dell’autore delle incisioni siglate ‘Z. A.’ con Bugatti è parsa a Mark Zucker (1984, p. 235) preferibile a quella dell’esistenza di un anonimo ‘Maestro Z. A.’, che in ogni caso sarebbe stato attivo a Mantova, stante l’influenza dello stesso Mantegna.
Questa produzione calcografica spazia da modelli mantegneschi, in una prima fase, a modelli leonardeschi nella seconda, affiancati da copie da Albrecht Dürer. Escludendo le ventotto incisioni attribuite e non siglate, quelle provviste delle iniziali mostrano, nelle più antiche, una maniera mantegnesca e sono caratterizzate da segni obliqui, paralleli e a zig-zag; lo stile del calcografo mutò in seguito, adottando segni incrociati e fondali marezzati, e rinunciando agli zigzag. Ciò ha fatto supporre che intorno al 1490 l’incisore si sia allontanato da Mantova, per accostarsi alla produzione di Leonardo a Milano (Hind, 1948, p. 62), dove sarebbe rimasto anche dopo la caduta degli Sforza e la partenza del maestro toscano (1499). A Milano egli avrebbe collaborato con il miniaturista Giovan Pietro da Birago, ma ciò nonostante avrebbe ripreso un soggetto mantegnesco, la Giuditta e Oloferne, ancora alla fine della sua carriera (Lambert, 1999, p. 243). Una conferma indiretta del suo avvicinarsi a modelli milanesi sarebbe offerta dalla stampa con Sette putti in un paesaggio (Zucker, 1984, p. 264 n. 009), il cui fondale paesaggistico è tratto da un’incisione del Maestro del Libro delle Ore Sforza (Giovanni Pietro da Birago), artista con il quale il nostro pare aver collaborato.
Il catalogo di stampe riconducibili alla sigla ‘Z. A.’ è formato da pezzi la cui datazione non può essere tuttavia ricondotta agevolmente agli anni Settanta e Ottanta del Quattrocento; già Adam von Bartsch avvertiva che «les estampes de Zoan Andrea appartiennent moins au quinzième siècle qu’aux prèmieres dizaines d’années du seizième» (1811, p. 294). Le stampe più antiche, ancorabili al 1475 per una parte della critica, sarebbero l’Ercole e Deianira e l’Uomo nudo inginocchiato, con la scritta ‘EL MATO’ (Zucker, 1984, pp. 260-262 n. 005, 265 sotto il n. 011), ma le sole due datate sono del 1505: la Madonna col Bambino, copia da Dürer (p. 289 n. 030), e un pannello ornamentale (p. 293 n. 038), mentre il Ritratto di Carlo V (che tuttavia non è siglato) non può essere anteriore al 1519 (p. 286 n. 028).
Tuttavia, Giovanni Andrea di Bellino Bugatti, questo il nome corretto dell’artista, non poté essere colui che siglò le sue stampe ‘Z. A.’, come inventore o come incisore; e non tanto o non solo per le ragioni addotte da Lamberto Donati (1959, p. 49), il quale lo escludeva poiché egli fu apparentemente solo pittore. Difatti, gli estremi cronologici di Bugatti, attivo già nel 1469 ma morto tra il 1490 e il 1493 (L’Occaso, 2019, p. 105), escludono definitivamente la sua identificazione con l’autore delle stampe siglate ‘Z. A.’, due delle quali datate 1505.
La personalità e l’esistenza di uno Zoan Andrea calcografo sono state messe in discussione, o meglio negate, da Suzanne Boorsch. Rifacendosi a un’ipotesi di Jean Duchesne (1819; ma si veda anche Masséna - Ephrussi, 1891, p. 412) e sostenuta dal parere di David Landau, la studiosa ha suggerito che le iniziali ‘Z. A.’ non siano altro che una variante del monogramma di Giovanni Antonio da Brescia, da questi adottata in un primo periodo: egli si sarebbe firmato ‘Z. A.’ fino al 1505-07 circa, per scegliere una firma più estesa in seguito (‘IO. AN. BX.’ e varianti), rimanendo attivo fino al 1520 circa. La studiosa concluse quindi che «there was no engraver named Zoan Andrea» (Boorsch, 1992, p. 61).
Questa ipotesi è stata favorevolmente accolta da Giovanni Agosti (1993; 1997; 2005, pp. 100 nota 45, 424 s. nota 130), ma il notevole ampliamento del catalogo di Giovanni Antonio da Brescia con l’aggiunta delle stampe siglate ‘Z. A.’ ha indotto alcuni studiosi, tra cui Barbara Furlotti (1993), Konrad Oberhuber (1995, 1999), Michael Matile (1998), Alessandro Serafini (2001, p. 281) e Vera Segre (2003), a dubitarne o a ipotizzare l’esistenza di un anonimo incisore, di iniziali identiche ma diverso dal bresciano; e Gisèle Lambert (1999) mantiene separati i profili di Zoan Andrea e di Giovanni Antonio da Brescia, ribadendo per il primo un’attività tra il 1475 e il 1520 circa. Tuttavia, venendo meno l’identificazione con Giovanni Andrea Bugatti, decade anche l’appiglio cronologico del 1475; e quindi non vi è necessità di datare le stampe siglate ‘Z. A.’ prima degli anni Novanta, né di sciogliere le iniziali in Giovanni Andrea, nome al quale non corrisponde l’identità di alcun calcografo attivo tra Lombardia e Veneto nell’epoca indicata.
Pur in mancanza di una revisione sistematica del corpus incisorio costituito dalla somma dei due cataloghi precedentemente separati, rimane verosimile l’ipotesi di Boorsch, che le ventuno sigle ‘Z. A.’, più altre analoghe per stile, corrispondano all’attività giovanile di Giovanni Antonio da Brescia. Purtroppo non conosciamo documenti o fonti utili a chiarire l’identità anagrafica di quest’ultimo, né il luogo in cui operò, e le uniche informazioni sono date dalle sue firme nelle stampe (Lambert, 1999, p. 219; Serafini, 2001). Queste sono segnate ‘IO·AN·BX’, ‘IO·ANTON·BRIXIANV’, ‘IO·ANTON·BRIXIAS’ (con la S rovesciata) e ‘IO·AN·BX·V9’. La sigla ‘Jo: AN. BX.’ fu accostata da Pellegrino Antonio Orlandi (Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 425) alla data 1538, forse facendo confusione con Joannes Baptista Brixianus, al quale lo stesso Orlandi (p. 433) assegnò la sigla ‘I. B. B.’. Giovanni Gori Gandellini (Notizie storiche degl’intagliatori, II, Siena 1771, p. 238) e i Coddè (Memorie biografiche poste in forma di dizionario dei pittori, scultori, architetti ed incisori mantovani per la più parte finora sconosciuti, raccolte dal fu dottore Pasquale Coddè segretario delle Belle Arti in Mantova, aumentate e scritte dal dott. fisico Luigi Coddè, Mantova 1837, p. 29) chiamarono Briziano o Brizziano Giovan Battista Scultori (detto anche Veronesi, forse Spinchieri), che si presume nato nel 1503, che fu anche calcografo e il cui padre si chiamò Giovanni Antonio. Il cognome Briziano, tuttavia, potrebbe essere stato ulteriormente confuso con quello di Giovan Battista Bertani, noto nei documenti anche come Britani o Britannus, il cui padre però ebbe nome Egidio.
Fonti e Bibl.: P. Zani, Materiali per servire alla storia dell’origine e de’ progressi dell’incisione in rame e in legno..., Parma 1802, pp. 109 s.; A. von Bartsch, Le peintre graveur, XIII, Vienne 1811, pp. 293-310; J. Duchesne, Notice des estampes exposées à la Bibliothèque du Roi, Parigi 1819, p. 49; P. Zani, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti, parte seconda, IV, Parma 1820, pp. 55-60; R. Fisher, Introduction to a catalogue of the early Italian prints in the British Museum, London 1886, pp. 200-215; V. Masséna - Ch. Ephrussi, Z. A. et ses homonymes, in Gazette des beaux-arts, s. 3, V (1891), pp. 402-405, 412; A.M. Hind, Early Italian engravings. Part II. Known masters other than Florentine monogrammists and anonymous, V, Catalogue, Washington-London 1948, pp. 61-71; L. Donati, Del mito di Z. A. e di altri miti grandi e piccoli, Firenze 1959; J.L. Sheehan, Z. A., in Early Italian engravings from the National gallery of art, Washington 1973, pp. 265-271; M.J. Zucker, The illustrated Bartsch. 25 (Commentary). Early Italian masters, New York 1984, pp. 255-303, 317; R. Lightbown, Andrea Mantegna, Milano 1986, ad ind.; S. Boorsch, Mantegna and his printmakers, in Andrea Mantegna (catal., Londra-New York), a cura di J. Martineau, Londra 1992, pp. 57-61; D. Landau, Mantegna as a printmaker, ibid., p. 53; G. Agosti, Su Mantegna, 1. (All’ingresso della mostra del 1992, a Londra), in Prospettiva, 1993, n. 71, p. 52 nota 34; B. Furlotti, Z. A., in La pittura in Lombardia. Il Quattrocento, Milano 1993, p. 470; G. Agosti, Su Mantegna, 6. (Lombardia), in Prospettiva, 1997, n. 85, p. 88 nota 103; K. Oberhuber, in Tiziano. Amor sacro e amor profano (catal., Roma), a cura di C. Strinati et al., Milano 1995, p. 284 n. 54; M. Matile, Frühe italienische Druckgraphik, 1460-1530. Bestandeskatalog der graphischen Sammlung der Eidgenössischen Technischen Hochschule Zürich, Basel 1998, pp. 89-91; G. Lambert, Les premières gravures italiennes. Quattrocento - début du Cinquecento. Inventaire de la collection du Département des estampes et de la photographie (Bibliothèque nationale de France), Parigi 1999, pp. 243-259 e passim; K. Oberhuber, Mantegna e il ruolo delle stampe: un prototipo di innovazione artistica in Italia e al Nord, in Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer e Tiziano (catal., 1999-2000), a cura di B. Aikema - B.L. Brown, Milano 1999, pp. 145, 149; A. Serafini, Giovanni Antonio da Brescia, in Dizionario biografico degli Italiani, 56 (2001), pp. 281-285; V. Segre, Introduzione al catalogo, in Andrea Mantegna e l’incisione italiana del Rinascimento nelle collezioni dei Musei civici di Pavia, Milano 2003, p. 24; G. Agosti, Su Mantegna, I, La storia dell’arte libera la testa, Milano 2005, ad ind.; S. Boorsch, Mantegna and engraving: what we know, what we don’t know, and a few hypotheses, in Andrea Mantegna: impronta del genio. Atti del Convegno... Padova, Verona, Mantova 2006, a cura di R. Signorini - V. Rebonato - S. Tammaccaro, Firenze 2010, pp. 419-425, 430; S. L’Occaso, La pittura a Mantova nel Quattrocento, Mantova 2019, pp. 104 s.