VERGA, Andrea.
– Nacque a Treviglio (Bergamo) il 30 maggio 1811 da una famiglia modesta, secondogenito di Giosuè, conducente della vettura a cavalli che trasportava i viaggiatori da Treviglio a Milano, e di Domitilla Carcano.
Da bambino non frequentò la scuola elementare, ma per interessamento della madre fu avviato agli studi ecclesiastici in seminario, terminati i quali si iscrisse, nel novembre del 1830, alla facoltà medica dell’Università di Pavia, dove fin dai primi anni fu attratto dalle lezioni del docente di anatomia, Bartolomeo Panizza, di cui nel 1836, dopo la laurea, divenne assistente.
Nello stesso periodo partecipò con Giulio Carcano, Cesare Correnti e altri giovani patrioti alla strenna Il Presagio. Ricordo di letteratura giovanile, in cui pubblicò la novella La Fatua (1836). L’amore per la poesia, lo stile chiaro e scorrevole e il gusto per il curioso furono un tratto caratteristico di Verga, che si ritrova anche nei suoi scritti scientifici, facendolo rientrare a pieno titolo nella tradizione italiana dei medici-letterati.
Gli anni di assistentato a Pavia (1836-42) furono per lui fondamentali. Con Panizza approfondì lo studio dell’anatomia umana e patologica, della fisiologia, dell’anatomia comparata e della pratica sperimentale; collaborò all’allestimento del museo anatomico e si dedicò allo studio del sistema nervoso. All’età di ventisei anni fece un viaggio di istruzione nei Paesi di lingua tedesca e, per seguire gli interessi di Panizza nel campo dell’anatomia comparata, tra il 1839 e il 1841 trascorse lunghi periodi a Comacchio, a studiare la riproduzione delle anguille.
Nel 1842 si trasferì a Milano, dove trovò impiego nel manicomio privato Villa Antonini (ospizio di S. Celso), di cui nel 1847 fu promosso «aggiunto direttore». Iniziò così, sul campo, lo studio delle alienazioni mentali. Intraprese al tempo stesso la pratica di medicina generale, chirurgia ed esercitazioni anatomiche all’ospedale Maggiore, collaborando anche alla nuova Gazzetta medica di Milano, fondata dall’amico Agostino Bertani e diretta da Panizza.
Frequentatore assiduo dei congressi degli scienziati italiani, in vista di quello milanese del 1844 partecipò alle Notizie naturali e civili su la Lombardia di Carlo Cattaneo (il cui secondo volume non uscì mai), inviandogli un testo sugli Stabilimenti pei pazzi, che pubblicò preventivamente sulla Gazzetta medica di Milano con il titolo di Cenni storici sugli stabilimenti de’ pazzi in Lombardia (XXX (1844), 39-40, pp. 343-358). Inviò inoltre a Cattaneo per il Politecnico l’articolo Ai medici dei venturi congressi scientifici d’Italia (VII (1844), 40, pp. 319-323), in cui sollecitava i colleghi a prendere esempio dai tedeschi, abbandonando le «metafisicherie» per dedicarsi ai «veri studj pratici e positivi» (p. 321). Nel 1845 pubblicò uno studio che ebbe larga diffusione: Sulla lipemania del Tasso. Frammento d’un lavoro sulle allucinazioni (in Giornale dell’I. R. Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti, XL (1845), 31-32, pp. 38-54), in cui per la prima volta si analizzavano i rapporti tra genio e pazzia.
Pur aderendo agli ideali risorgimentali, non prese parte alle Cinque giornate, e il 5 maggio 1848, nella Milano appena liberata, fu nominato dal governo provvisorio direttore del manicomio pubblico della Senavra. Pochi mesi dopo Bertani gli affidò la redazione della Gazzetta medica divenuta lombarda, affiancandogli l’altro e più giovane allievo di Panizza, Gaetano Strambio. Rientrati gli austriaci a Milano, riuscì a conservare l’incarico alla Senavra, pur rimanendo per qualche tempo sorvegliato dalla polizia. Nel 1849-50, in seguito alla chiusura dell’ateneo pavese, insegnò anatomia umana nella neonata scuola di medicina, chirurgia e farmacia nell’ospedale Maggiore, equiparata a quelle universitarie.
Nella successiva estate del 1850 fu inviato dallo stesso ospedale a visitare i manicomi della Svizzera e di altri Paesi europei per studiarne l’organizzazione e valutare una riforma della Senavra, di cui non smise mai di denunciare le condizioni fatiscenti e malsane. L’esperienza come direttore manicomiale lo convinse sempre più della necessità di riorganizzare i manicomi italiani, trasformandoli in veri strumenti di cura della pazzia e in centri di ricerca e didattica per la nascente psichiatria, che non trovava ancora spazio nelle università.
Nel 1852 decise di arricchire la Gazzetta medica, ora italiana. Lombardia con una Appendice psichiatrica, che divenne di fatto il primo periodico italiano dedicato espressamente a tale disciplina.
L’intento era quello di mettere in comunicazione gli alienisti della penisola, per i quali auspicava un’associazione sul modello della Societé médico-psychologique di Parigi. Il programma prevedeva la riforma dei manicomi, una statistica dei pazzi, una legge sugli alienati, l’istituzione di manicomi criminali e lo sviluppo delle ricerche eziologiche, cliniche e anatomo-fisiologiche sul sistema nervoso. Il piano di lavoro proposto rimase a lungo irrealizzato, ma costituì una traccia lungo la quale si mossero gli alienisti italiani nei vent’anni successivi. Iniziava così l’attività di Verga a favore del riconoscimento della psichiatria come branca autonoma della medicina.
Sempre nel 1852 fu nominato direttore dell’ospedale Maggiore di Milano, dove si distinse per le riforme del servizio medico-chirurgico nel suo complesso e per la promozione degli studi anatomo-patologici. Riorganizzò il museo anatomico, inviando i giovani medici a studiare all’estero e diede avvio alla pubblicazione dei Rendiconti della beneficenza dell’ospitale Maggiore, che uscirono dal 1852 al 1860. Nel 1857 divenne medico consulente di un altro manicomio privato milanese, l’ospizio Dufour, di cui nel 1871 fu nominato direttore onorario e consulente stabile. Dava intanto alle stampe diversi contributi sulla struttura del cranio e del cervello, sulle allucinazioni, la pellagra, il cretinismo, i deliri della paralisi generale e uno studio Delle particolari forme di delirio cui danno origine le grandi pestilenze (Milano 1862).
Con l’Unità d’Italia i tempi divennero maturi per realizzare il programma di unione degli alienisti italiani. Nel 1862 gli psichiatri si riconobbero come categoria autonoma al Congresso degli scienziati di Siena, stabilendo di darsi un nuovo strumento di comunicazione. Nel 1864 Verga trasformò quindi l’Appendice psichiatrica in un giornale autonomo, l’Archivio italiano per le malattie nervose e più particolarmente per le alienazioni mentali, dirigendolo insieme agli amici e colleghi Cesare Castiglioni e Serafino Biffi.
Nel 1865, in seguito a una riorganizzazione interna per cui fu soppresso il ruolo di direttore medico dell’ospedale Maggiore, dovette abbandonare l’incarico. Fu tuttavia istituita per lui nel nosocomio una cattedra di dottrina e clinica delle alienazioni mentali, dalla quale tenne lezioni ai medici e conferenze psichiatriche aperte al pubblico, come quella su La sovranità del sistema nervoso nell’organismo umano (Milano 1875). La sua fama di maestro nella neonata branca medica della psichiatria fu poi sancita definitivamente con la nomina, nel 1873, a presidente della Società freniatrica italiana, fondata a Roma durante l’XI Congresso degli scienziati italiani, titolo che mantenne fino al 1891, quando fu sostituito da Biffi e nominato presidente onorario.
Nel 1874, al congresso della Società a Imola, fu approvata la classificazione delle malattie mentali da lui proposta, che permetteva di uniformare le indagini statistiche sulle patologie presenti nei manicomi italiani. Basata sulla sintomatologia, essa comprendeva anche la «pazzia morale» o «ragionante», che introduceva il concetto dell’infermità di mente, considerata come causa d’irresponsabilità nei processi penali (celebri le sue perizie su Achille Agnoletti e David Lazzaretti). Dopo aver fondato nel 1874 la Società di patrocinio per i pazzi poveri della Provincia di Milano, il 16 novembre 1876 fu nominato senatore, su proposta dell’amico Correnti e con l’appoggio del presidente del consiglio Agostino Depretis. In Parlamento si impegnò per sostenere il progetto di legge sui manicomi e sugli alienati e per votare nel 1888 l’abolizione della pena di morte.
Presente in molte delle istituzioni politiche, culturali e scientifiche di Milano, fu a lungo consigliere provinciale (1867-89) e consigliere comunale (1876-89), membro della Commissione municipale di sanità (1882-88) e a partire dal 1845 dell’Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti, di cui fu vicepresidente dal 1855 al 1857 e presidente negli anni 1857-58 e 1864-65. Promosse e diresse inoltre dal 1882 fino alla morte l’Istituzione Loria per le autopsie gratuite ai poveri. Dopo aver realizzato nel 1878 il suo desiderio di un nuovo manicomio provinciale milanese a Mombello, che finalmente sostituì la Senavra, nel corso di una visita al manicomio di Siena, nel 1886, fu ferito da un ricoverato all’occhio sinistro, perdendo di fatto quasi completamente la vista. Quando poi nel 1892 l’Archivio italiano per le malattie nervose confluì nella Rivista sperimentale di freniatria, fondata nel 1875 a Reggio Emilia da Carlo Livi, Verga, ormai ottantenne, passò di fatto il testimone al successore di Livi, Augusto Tamburini. Negli ultimi anni della sua vita studiò la fisiologia della vecchiaia e fondò nel 1895 una Cassa di soccorso per gli alienisti poveri e le loro famiglie.
Considerato il padre della psichiatria italiana, diede il nome al diverticolo del setto pellucido del cervello posto sotto il corpo calloso (ventricolo del Verga), descrivendo inoltre per primo la prosopectasia (acromegalia) e molte fobie, tra cui l’acrofobia. Amico e medico di Tommaso Grossi, fu in corrispondenza con la maggior parte degli scienziati, politici e letterati dell’Ottocento, tra cui Vittoria Aganoor, Alexandre Brierre de Boismont, Cesare Cantù, Cesare Lombroso, Andrea Maffei, Tullo Massarani.
Non si sposò mai, ma amò la sua padrona di casa Adele Frigerio, con la quale visse dopo la morte del marito, l’amico letterato Natale Contini (1870).
Scrittore prolifico, pubblicò centinaia di articoli, prevalentemente sulle riviste da lui dirette e nei rendiconti dell’Istituto lombardo, per i quali si rimanda alla raccolta che i nipoti fecero pubblicare dopo la sua morte: Andrea Verga. Studi anatomici sul cranio e sull’encefalo, psicologici e freniatrici (I-III, Milano 1896-1897). Tra gli altri si ricordano: Sulla vita e sugli scritti di Bartolomeo Panizza (Milano 1869); Intorno all’ospitale Maggiore di Milano nel secolo XVIII e specialmente intorno alle sue scuole di anatomia e chirurgia (uscito in ventiquattro puntate sulla Gazzetta medica italiana. Lombardia, s. 6, IV-VI (1871-1873), e poi pubblicato a Milano nel 1873); Quanto contribuisca la vedovanza alla pazzia (in Archivio italiano per le malattie nervose, VIII (1871), pp. 65-102); Una scorserella nei campi dell’animismo (ibid., VIII (1872), 1-2, pp. 3-17, 65-80, 129-151); I medici alienisti e le corti d’assise (Milano 1873); Se e come si possa definire la pazzia (in Archivio italiano per le malattie nervose, XI (1874), 2, pp. 3-22, 73-83); Il manicomio e la famiglia (ibid., XVI (1879), pp. 102-110, 157-190, 293-310); Su la libertà umana (ibid., XXIII (1886), 6, pp. 399-413); La pena di morte in Italia e negli Stati Uniti d’America (ibid., XXIV (1889), 3-4, p. 168-222); Il bilancio della pazzia in Italia (in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti, s. 2, XXIII (1890), 15-16, pp. 676-689).
Morì a Milano il 21 novembre 1895.
Le sue spoglie furono collocate nel Famedio del cimitero Monumentale.
Fonti e Bibl.: Milano, Civiche raccolte storiche, Archivio Andrea Verga, inventario e copia digitale in Archivio storico della psicologia italiana, https://www. aspi.unimib.it/collections/object/detail/10208/ (29 marzo 2020).
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