RIGUARDI, Andrea
RIGUARDI, Andrea. – Orafo senese noto da tre documenti fiorentini del febbraio del 1325 e dalle sottoscrizioni apposte su quattro calici, uno conservato (Londra, British Museum, inv. 1960, 1203.1) e tre perduti, dei quali due un tempo nella sacrestia di S. Domenico a Perugia, di cui rimangono le relative patene (Perugia, Galleria nazionale dell’Umbria, inv. 1014-1015), e uno già nel convento francescano della Verna (cfr. Opere firmate, 2013, pp. 51-58).
I tre documenti (editi da Cioni, 1998, pp. 360, 362) riguardano una causa intentata presso il tribunale di Mercanzia da Andrea Riguardi, «pro se ipso et vice et nomine Tondini Guarini socii sui de Senis», contro l’orafo fiorentino Gellino di Geri al fine di ottenere il saldo del prezzo di un calice venduto dai due soci allo stesso Gellino.
Il calice del British Museum presenta l’iscrizione «Tondinus e Andreia me fecit» (Opere firmate, 2013, pp. 45-50). Iscrizioni analoghe comparivano sui calici perduti, noti grazie a descrizioni antiche. Secondo l’inventario del 1458 di S. Domenico a Perugia, un primo calice recava la ‘firma’ «Tondus et Andrea Riguardi de Senis fecerunt»; un secondo invece «Tondino et Andrea Riguardi de Senis me fecit» (Inventario, 1872, pp. 74 s.). L’inventario della Verna del 1486 descrive un calice recante la sottoscrizione «Tondo et Andrea Riguardi de Senis me fecit» (Mencherini, 1924, p. 660, n. 4).
Le descrizioni delle patene che accompagnavano i due calici perugini negli inventari quattrocenteschi hanno permesso di riconoscerle in due patene fortuitamente ritrovate in S. Domenico nel 1954 (Santi, 1955) e oggi custodite alla Galleria nazionale dell’Umbria. Una rappresenta la Resurrezione, l’altra S. Giacomo e un pellegrino. Quest’ultima apparteneva a un calice offerto da fra Giacomo de Scalzi, entrato nel convento tra la fine del 1318 e gli inizi del 1319 e morto il 30 novembre 1326 (Santanicchia, 2005).
Documenti e iscrizioni presentano sempre Andrea Riguardi assieme al più noto Tondino di Guerrino, documentato dal 1322 al 1340, che fu il maggior orafo e smaltista attivo a Siena nella prima metà del Trecento (Cioni, 1998, pp. 155-362 e passim; Davies, 2014, pp. 252-273). Essi implicano che i due avessero stipulato un contratto di compagnia, un tipo di associazione formale tra maestri (Davies, 2016, pp. 17 s.), anche se non è noto in quale data. Certamente in atto nel 1325, il rapporto esisteva probabilmente già nel 1324, se si ammette che qualche tempo fosse trascorso tra la vendita del calice a Gellino di Geri e l’istanza presentata al tribunale il 15 febbraio. Uno smalto del calice del British Museum raffigura s. Ludovico di Tolosa, canonizzato nel 1317; questo dato, unito ad argomentazioni fondate sullo stile, induce la maggior parte degli studiosi a datare il calice verso il 1320 (Leone de Castris, 1980, p. 27; Cioni, 1998, p. 267). La ‘firma’ sarebbe allora indice del fatto che l’associazione tra Andrea e Tondino era cominciata già a quell’epoca. È possibile che si sia conclusa entro la fine degli anni Venti, dato che documenti del 1327 e del 1340 fanno menzione del solo Tondino e che altri sei calici noti dalle fonti, due dei quali risalenti al 1328 circa (Opere firmate, 2013, pp. 59-65; Davies, 2014, pp. 86 s.), erano firmati solo da lui.
La costante e stretta associazione dei due personaggi ha indotto a interrogarsi sulla possibile ripartizione delle responsabilità nella lavorazione del calice londinese. Leone de Castris (1980) assegnò a Tondino gli smalti del piede, ad Andrea quelli del nodo; Élisabeth Taburet (1983) suggerì che il primo avesse eseguito la struttura e il secondo le placchette smaltate, dato che in documenti del 1322 e del 1327 Tondino è menzionato per opere forse prive di smalti. La pubblicazione successiva di notizie inventariali relative a calici smaltati ‘firmati’ dal solo Tondino rende tale ipotesi caduca. Ogni tentativo di distinzione del contributo rispettivo dei due si scontra peraltro con difficoltà insormontabili: non è possibile considerare le sottoscrizioni come rivendicazioni d’autografia (Cioni, 1998, pp. 170-172; Tomasi, 2000; Opere firmate, 2013; Davies, 2016; Riccioni, 2016); non possediamo nessuna opera certamente prodotta da uno solo dei due artefici; i rapporti societari non implicavano necessariamente l’intervento di tutti i soci nella produzione delle opere perché era possibile che un socio si limitasse a fornire del capitale (Tomasi, 2000; Davies, 2014, p. 260); infine, non è del tutto certo che Andrea Riguardi fosse effettivamente un orafo: né i documenti, né le iscrizioni lo designano mai chiaramente come tale, chiamandolo per esempio «aurifex», «orafo» o «magister». Non si darà tuttavia troppo peso a un argomento e silentio: i dati circostanziali spingono comunque a vedere in Andrea un artefice.
Malgrado queste incertezze, Andrea Riguardi merita un posto di rilievo nella storia dell’oreficeria trecentesca.
Fonti e opere fanno di lui un caso esemplare per riflettere su questioni aperte di grande momento. Le firme ‘doppie’ di Andrea e Tondino spingono a interrogarsi sul significato di questo genere di iscrizioni (Dietl, 2009; Opere firmate, 2013; Riccioni, 2016). La disseminazione delle opere conservate o note dei due artefici permette di meditare sul ruolo svolto dagli ordini religiosi, i francescani ma anche i domenicani, nel garantire il successo della produzione orafa senese nel Trecento (Davies, 2014, pp. 56-59). I documenti inducono a ragionare sia sull’organizzazione delle botteghe, sia sui fenomeni di produzione e circolazione degli oggetti suntuari (Leone de Castris, 1991). In effetti, la causa del febbraio del 1325 testimonia sia della permeabilità del mercato fiorentino ai prodotti orafi senesi, sia dell’esistenza, probabilmente, di un mercato speculativo: il fatto che Gellino di Geri non avesse saldato subito il calice potrebbe indicare che non aveva un committente, ma sperava di vendere il manufatto a un acquirente, ricavando così la somma necessaria da versare ai due senesi (Davies, 2009, p. 39).
Soprattutto, è in ragione della sua associazione con Tondino di Guerrino e per il fatto che il calice di Londra e le due patene di Perugia sono tre capolavori del gotico senese che il nome di Andrea Riguardi rimane presente negli studi sull’oreficeria gotica a Siena, anche se il suo specifico contributo resta elusivo.
Fonti e Bibl.: Inventario della Sagrestia di S. Domenico di Perugia nel secolo quindicesimo, in Giornale di erudizione artistica, 1872, vol. 1, pp. 73-83; S. Mencherini, Codice diplomatico della Verna e delle SS. Stimmate di San Francesco d’Assisi nel VII centenario del gran prodigio, Firenze 1924, pp. 619, 660; F. Santi, Ritrovamento di oreficerie medioevali in S. Domenico di Perugia, in Bollettino d’Arte, s. 4, XL (1955), 4, pp. 354-358; P. Leone de Castris, Tondino di Guerrino e A. R., orafi e smaltisti a Siena (1308-1338), in Prospettiva, 1980, n. 21, pp. 24-44; E. Cioni Liserani, Tondino di Guerrino e A. R., in Il gotico a Siena... (catal., Siena), Firenze 1982, pp. 114 s.; É. Taburet, in L’art gothique siennois... (catal., Avignone), Florence 1983, cat. n. 46, pp. 151 s.; P. Leone de Castris, L’area di diffusione commerciale del prodotto traslucido senese 1290-1350: lo stato della questione, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, cl. di lettere e filosofia, ser. 3, XXI (1991), 1, pp. 329-357; E. Cioni, Scultura e smalto nell’oreficeria senese dei secoli XIII e XIV, Firenze 1998; M. Tomasi, Oreficeria gotica senese: il nome e la mano, in Le opere e i nomi. Prospettive sulla ‘firma’ medievale..., a cura di M.M. Donato, Pisa 2000, pp. 35 s.; M. Santanicchia, Il committente del calice di Tondino di Guerrino e A. R. per il San Domenico di Perugia, in Prospettiva, 2005, nn. 117-118, pp. 149-151; G. Davies, «Omnes et singuli aurifices». Guild regulations and the Chalice Trade in Central Italy ca. 1250-1500, in The historian’s eye. Essays on Italian art in honor of Andrew Ladis, a cura di H.B.J. Maginnis - S.E. Zuraw, Athens (GA) 2009, pp. 33-44; A. Dietl, Die Sprache der Signatur. Die mittelalterlichen Künstlerinschriften Italiens,Berlin-München 2009, II, schede nn. A289 p. 934, A308, pp. 961 s., III, schede nn. A452-A453 pp. 1193 s.; E. Cioni, Nuove acquisizioni sulla bottega ‘dei Tondi’: un documento e alcuni smalti, in Opera Nomina Historiae, 2010, nn. 2-3, pp. 151-218; Opere firmate nell’arte italiana. Medioevo. Siena e artisti senesi. Maestri orafi, a cura di M.M. Donato, Roma 2013, pp. 43-58; G. Davies, The Chalice in Central Italy 1250-1500, tesi di dottorato, Londra, The Courtauld Institute of Art, 2014; E. Cioni, Per l’oreficeria senese della seconda metà del XIV secolo, in Orfèvrerie gothique en Europe: production et réception, a cura di É. Antoine-König - M. Tomasi, Roma 2016, pp. 219-238; G. Davies, The Organisation of Goldsmiths’ Trade in Trecento Siena, ibid., pp. 13-29; S. Riccioni, Le opere firmate degli orafi senesi, ibid., pp. 31-50.