RAVIZZA, Andrea
RAVIZZA (Rapicio), Andrea. – Nacque a Trieste il 2 dicembre 1533 da famiglia patrizia. Il padre, Domenico (1490 ca.-1566) apparteneva alla fazione che alla metà del XVI secolo si schierò apertamente a favore del capitano imperiale Giovanni de Hoyos. La madre Caterina era figlia di Pietro Bacchino e Colotta Petazzi. Andrea, secondogenito, ebbe sei fratelli, il primogenito Tiberio, e poi Giusto, Tiberio II, Fabrizio, Lucio e Valerio; e tre sorelle, Livia, Silvia e Silvia II.
Ebbe come precettore a Capodistria il letterato Ambrogio Febeo. Studiò diritto all’Università di Vienna; ma nel 1550, a causa di un’epidemia, dovette trasferirsi a Padova, dove si laureò nel 1554. Risalgono a questo periodo i Facilioris Musae carminum libri duo (Venezia, G.M. Bonelli, 1552) dedicati al capitano Hoyos. Nel 1556 fu inviato alla corte di Vienna come oratore del Consiglio cittadino per chiedere la libertà di navigazione nell’Alto Adriatico e la fine dei contrabbandi verso i porti veneti dell’Istria. In tale occasione Ravizza (che da allora cominciò a firmarsi Rapicio) consolidò i rapporti con personaggi autorevoli: oltre a Hoyos, conobbe Sigismondo di Herberstein, che presiedeva la camera aulica, il vicecancelliere dottor Georg Sigismund Seld e i nobili goriziani Francesco Della Torre, Massimiliano e Vito di Dornberg. Giovò alla sua carriera a corte anche la raggiunta fama letteraria: risale infatti a questi anni la sua più nota opera latina, il poema Histria (Vienna, M. Zimmermann, 1556), dedicato a Sigismondo di Herberstein, contenente una dolente invocazione della cessazione degli odi di parte a Trieste. Ravizza ottenne così rapidamente la carica di segretario imperiale.
Quanto ai suoi orientamenti politico-religiosi, si sa che in età giovanile egli aderì con il padre alla fazione filoimperiale e controriformistica del patriziato triestino. Ma a Vienna poté conoscere quel più tollerante cattolicesimo asburgico, che ancora caratterizzava la corte di Ferdinando I e del figlio Massimiliano. Difatti, tra il 1558 e il 1560, accettò di fare da tramite fra l’imperatore e un letterato già gravemente sospetto di eresia, come Aonio Paleario. Indiscutibile però, la personale ortodossia di Ravizza, che a partire dagli anni Sessanta fu vicino all’abate di Moggio Bartolomeo di Porcia e, per il suo tramite, a Carlo Borromeo.
Fedele esecutore della politica asburgica, Ravizza fu sempre ostile a Venezia e ai patriarchi di Aquileia. Nominato consigliere dall’imperatore nel marzo del 1563, prese parte al convegno tenuto in Friuli in materia di confini e di navigazione adriatica: vi sostenne, contro il veneziano Giacomo Chizzola, la tesi della libertà di navigazione nell’Adriatico. Nel maggio del 1565, ancora laico, fu designato dall’arciduca Carlo di Stiria al vescovato di Trieste; e nel novembre di quell’anno partecipò assieme con Vito di Dornberg, come commissario imperiale, al sinodo diocesano tenuto ad Aquileia da Iacopo Maracco, vicario generale del patriarca Giovanni Grimani. In quella sede si oppose al recepimento dei decreti del sinodo nella parte austriaca della diocesi, perché il tridentino non era ancora stato riconosciuto nell’Impero. Ravizza era inoltre convinto che il patriarca Grimani mirasse solo ad accrescere la propria autorità: perciò propose all’arciduca Carlo di richiedere la creazione di un arcidiaconato a Gorizia, nell’attesa di erigervi, quando possibile, un vescovato.
Nel gennaio del 1566 Ravizza, come vescovo eletto di Trieste, emanò delle Constitutiones, in dodici capitoli, tese alla moralizzazione del clero diocesano. Ottenne però solo con grave ritardo, il 22 agosto 1567, la conferma papale della propria nomina (probabilmente perché la Curia non aveva gradito la sua resistenza all’approvazione del sinodo aquileiese). Ravizza, che in quel momento aveva già ricevuto il sacerdozio, fu consacrato vescovo nel mese di ottobre del 1567.
Il suo episcopato coincise con le prime fasi della Controriforma nell’Austria interna. Nel 1567 egli agì contro non meglio precisati sectatores (forse eretici, ma anche seguaci di fazioni politiche cittadine): l’arciduca Carlo, pur lodando il suo operato, lo invitò ad appoggiarsi al braccio secolare. Nel 1570 affiancò come commissario imperiale, assieme con Giovanni Kobenzl, il visitatore apostolico Bartolomeo di Porcia nella visita del basso Friuli, di Gradisca, e del Goriziano. Su incarico dell’arciduca, difese i provvedimenti del visitatore per l’allontanamento delle concubine dei parroci.
Continuavano frattanto gli impegni diplomatici: tra il 1569 e il 1570 partecipò, assieme con il conte di Ortenburg e a Massimiliano di Dornberg, a un nuovo congresso con i commissari veneti in materia confinaria. Nel dicembre del 1570 si recò in missione a Roma, dove ottenne da Pio V la dispensa per le nozze tra l’arciduca Carlo d’Asburgo e la principessa Maria di Baviera, destinate a rivelarsi decisive per la Controriforma nell’Austria interna.
Sicuramente, fra le doti diplomatiche di Ravizza va annoverata la sua persuasiva eloquenza. Ci rimangono due orazioni: quella per la morte di Carlo V (Vienna, R. Hofhalter, 1559) e un’altra, composta nel giugno del 1565, per la morte di Ferdinando I (edita in Zlobec, 2003, pp. 251-278). Si conserva invece solo in frammenti una sua opera storica, contenente brevi profili latini dei vescovi di Trieste.
Morì a Trieste il 19 dicembre 1573. Una tradizione, risalente a Johann Weikhard von Valvasor (1689) e a Ireneo della Croce (1881), ma non suffragata da prove certe, vuole che egli sia stato avvelenato durante un banchetto convocato per placare le furiose fazioni triestine.
Fonti e Bibl.: Trieste, Biblioteca civica, Mss., 12.A.3/5; 16.C.11/6, 17, 21 (lettere di Ravizza); 18.G-15/4; 22.C.1: L. Jenner, Albero genealogico della famiglia Rapicio; 1/2.D.6: Biografia, epistolario e opera per l’abate P. Tomasin; Udine, Archivio della curia arcivescovile, Moggio, bb. 978: sinodo 1565; 1004: visita apostolica del 1570; G. Bini, misc. 11/15.
J.W. von Valvasor, Die Ehre deß Hertzogthums Crain, II, Laybach 1689, p. 688; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, V, Venetiis 1720, coll. 575, 582; P. Stancovich, Biografia degli uomini distinti dell’Istria, I, Trieste 1828, pp. 428-444; F. Hurter, Geschichte Kaiser Ferdinands II. und seiner Eltern bis zu dessen Krönung in Frankfurt, Schaffhausen 1850-1864, I, pp. 76-85, 172; II, pp. 95-103, 165 s.; C. Morelli di Schönfeld, Istoria della contea di Gorizia, Gorizia 1855, I, pp. 98, 213, 256 s., 262 s., III, p. 300; P. Kandler, Storia del consiglio dei patrizi di Trieste dall’anno 1382 all’anno 1809 con documenti (1858), a cura di G. Cervani, Trieste 1972, pp. 159-162; Id., Documenti raccolti e pubblicati [...] in onore di Enea Silvio Piccolomini [...], di A. R. [...] e di Rinaldo Scarlicchio, Trieste 1862, passim; V. Scussa, Storia cronologica di Trieste dalla sua origine sino all’anno 1695, Trieste 1863, ad ind.; P. Antonini, Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualità politica in questa regione, Venezia 1873, pp. 250-254, 257 s., 539 s., 547; Ireneo della Croce, Istoria antica e moderna sacra e profana della città di Trieste, IV, Trieste 1881, pp. 94-99; G. De Renaldis, Memorie storiche dei tre ultimi secoli del patriarcato di Aquileia (1511-1751), Udine 1888, pp. 298, 302, 352; Documenta historiam archidioceseos Goritiensis illustrantia, I, Gorizia 1907, pp. 221 s.; G. Marcuzzi, Sinodi aquileiesi, Udine 1910, pp. 214, 226; Nuntiaturberichte aus Deutschland, II, 1560-1572, IV, Wien, 1914, p. 365; V, Wien-Leipzig 1926, p. 31; B. Ziliotto, La cultura letteraria di Trieste e dell’Istria. Parte prima, Trieste 1913, pp. 155-162; A. Tamaro, Storia di Trieste, Roma 1920-1924, ad ind.; M. Premrou, Serie documentata dei vescovi triestini dei secoli XV-XVIII, in Archeografo triestino, s. 3, XI (1924), pp. 239 s.; P. Sarpi, Il Dominio del mare Adriatico, a cura di R. Cessi, Padova 1945, pp. XXX-XXXII, 74-76; P. Paschini, Eresia e riforma cattolica al confine orientale d’Italia, Roma 1951, pp. 117 s., 122 s., 142 s.; R. Cessi, La Repubblica di Venezia e il problema adriatico, Napoli 1953, pp. 186 s., 211; P. Sarpi, La Repubblica di Venezia la casa d’Austria e gli Uscocchi. Aggionta e supplimento all’istoria degli Uscocchi. Trattato di pace et accommodamento, a cura di G. Cozzi - L. Cozzi, Bari 1965, pp. 94-96, 100; G. Negrelli, Comune e Impero negli storici della Trieste asburgica, Milano 1968, pp. 54-56, 63, 125; L. Tacchella - M.M. Tacchella, Il cardinale Agostino Valier e la riforma tridentina nella diocesi di Trieste, Udine 1974, pp. 58-62; S. Caponetto, Aonio Paleario (1503-1570) e la riforma protestante in Toscana, Torino 1979, pp. 133 s., 153, 199 s.; P. Sarpi, Venezia, il patriarcato di Aquileia e le ‘giurisdizioni nelle terre patriarcali del Friuli’(1420-1620), a cura di C. Pin, Udine 1985, pp. 223, 235, 238 s., 304; L. Tavano, I vescovi di Trieste (1448-1803). Profili biografici, in Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, XCVII (1997), pp. 478 s.; B. Zlobec, L’orazione di A. R. per la morte di Ferdinando I, in Quaderni giuliani di storia, XXIV (2003), pp. 243-285; Ead., A. R., vescovo e umanista triestino, 1533-1573, Treviso 2004; S. Cavazza, Controriforma nella contea di Gorizia: autorità ecclesiastica e potere politico, in Quaderni giuliani di storia, XXVII (2006), pp. 389 s.