PIERINI, Andrea
– Scarse risultano le notizie biografiche relative a questo pittore, che nacque a Firenze nel 1786. Il 16 luglio del 1818 la Gazzetta di Firenze pubblicò la notizia della vittoria del premio di prima classe dell’Accademia del disegno di Firenze per l’elaborato grafico d’invenzione con Diogene prega Alessandro di non coprirgli il sole. Dal 1820 fino al 1827 Pierini è menzionato tra gli artisti che avevano il permesso di eseguire copie da dipinti conservati nelle Gallerie fiorentine (Gli Uffizi. Catalogo generale, 1979). Tra i suoi soggetti preferiti figuravano i ritratti e le opere del Cigoli e di Bartolomé Esteban Murillo.
Nel 1822 Pierini fu tra i vincitori di un premio minore, istituito dall’Accademia, per un dipinto a olio per la categoria del nudo (Antologia giornale di scienze, lettere ed arti, 1822) e l’anno successivo per il bozzetto a olio con Mercurio e le ninfe, conservato a Firenze presso l’Accademia del disegno. Nel 1824 fu tra gli allievi migliori dell’Accademia per la realizzazione del Figliol prodigo, lodato per la semplicità della composizione, per il buon disegno e il colore equilibrato. Nel 1825 l’artista vinse il premio di prima classe di pittura con La peste di Firenze del 1348, soggetto tratto dalle Novelle di Giovanni Boccaccio. Il dipinto, esposto nelle aule dell’Accademia, risulta attualmente disperso (Morandi, 1990). La fama arrivò con il quadro raffigurante Pluto e Proserpina porgono a Psiche il vaso letale, ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, che il granduca di Toscana, Leopoldo II, acquistò nel 1828 per la sua villa di Poggio Imperiale (Pezzano - Morolli, 2009). Il successo dell’opera, oggi conservata nella Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti, ebbe come conseguenza l’ottenimento di una pensione vitalizia elargita dal granduca stesso. Sempre nel 1828 Pierini licenziò anche il Cristo morto pianto dalle Marie e dai discepoli che, dopo essere stato esposto in Accademia, fu comprato dal medesimo granduca. Il dipinto, finito nella Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti, dimostra l’attenzione di Pierini per la pittura del Cinquecento fiorentino. Nel 1829, di nuovo su sollecitazione del granduca, l’artista si recò a Venezia allo scopo di copiare due opere: Maria condotta al Tempio di Tiziano e il Ratto di Europa del Veronese, consegnate l’anno successivo al guardarobiere di Poggio Imperiale e successivamente trasferite nel vestibolo della Galleria di palazzo Pitti (Descrizione degli oggetti d’arte..., 1869). Nel settembre del 1831 il pittore partecipò a Roma all’Esposizione dei giovani artisti toscani con due dipinti: Bondelmonte fiorentino che resta sorpreso dalla bellezza della giovane Donati presentatagli dalla madre (di ubicazione sconosciuta) e Romeo e Giulietta (di ubicazione sconosciuta), entrambi ispirati fortemente al colorito dei veneti del XVI secolo (Notizie del giorno, 1831). Nel 1836 Pierini si trasferì a Roma, venendo in contatto con il gruppo dei Nazareni. Il nome del pittore compariva nell’elenco, del 1837, dei donatori di manoscritti di Torquato Tasso (Alberti - Gentilucci, 1837).
Dal 1843 Pierini rivestì l’incarico di professore pensionato della corte di Toscana presso palazzo Firenze a Roma (Il Mercurio di Roma, 1843). Nel 1845 giunsero a Firenze opere realizzate a Roma l’anno precedente, come Farinata, Petrarca, Pier Capponi, non rintracciate (Morandi, 1990). Del 1850 circa è Dante Alighieri legge la Divina Commedia alla corte di Guido Novello (Firenze, Galleria d’arte moderna). Del 1853 è un bozzetto a olio con L’incontro di Dante e Beatrice alle porte del Purgatorio, celebrato nel 1855 da Luigi Scalchi in un canto polimetro (1855). L’opera fu spedita nella città toscana nel 1856 e oggi è esposta nella Galleria di arte moderna di palazzo Pitti.
Morì a Roma il 19 febbraio del 1858 (Almanacco etrusco..., 1858).
Pierini lasciò, con il suo testamento, la tela con Dante alla corte di Giulio Novello al granduca di Toscana, mentre gli Uffizi ereditarono, per volontà del fratello dell’artista, il suo Autoritratto.
Nel Catalogo delle opere ammesse nelle sale della Società promotrice di belle arti di Firenze del 1859 (p. 16), tra le opere originali e le copie eseguite da autori estinti antichi e moderni, viene ricordato, come di Pierini, il dipinto Cornelia madre dei Gracchi. È noto che la Galleria di palazzo Pitti di Firenze comprò molti dipinti tra quelli segnalati dalla Società promotrice di belle arti di Firenze nel 1859, ma non esiste traccia di quest’opera, che potrebbe essere finita nei depositi della Galleria, o altrove, o che potrebbe non essere riconosciuta e inventariata come opera dell’artista.
Fonti e Bibl.: Antologia giornale di arti scienze, lettere ed arti, VIII, Firenze 1822, p. 198; Giornale di Roma. Notizie del giorno, n. 39, venerdì 20 settembre 1831, p. 26; M. Alberti - R. Gentilucci, Manoscritti inediti di Torquato Tasso: ed altri pregevoli documenti per servire alla biografia del medesimo, Lucca 1837, p. 131; Il Mercurio di Roma, Roma 1843, p. 288; L. Scalchi, Cento lavori moderni di pittura e scultura illustrati da Luigi Scalchi, Roma 1855, p. 192; Almanacco etrusco: cronologico, statistico, mercantile per l’anno 1859, Firenze 1858, p. 337; Catalogo delle opere ammesse nelle sale della Società promotrice di belle arti in Firenze per l’Esposizione del 1859, Firenze 1859, p. 16; Descrizione degli oggetti d'arte della Reale Accademia delle Arti del disegno di Firenze, Firenze 1869, p. 50; S. Pinto, Sfortuna dell’Accademia, in Cultura neoclassica e romantica nella Toscana granducale. Collezioni lorenesi... (catal.), a cura di S. Pinto, Firenze 1972, pp. 28 s., 70 s., 216; Gli Uffizi. Catalogo generale, II, Firenze 1979, p. 218; C. Morandi, P. A., in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1990, p. 965; C. Pezzano - G. Morolli, La Galleria d’arte moderna di Firenze: il luogo, le collezioni, 1784-1914, Firenze 2009, pp. 79, 109.