NAVAGERO, Andrea
Nacque a Venezia nel 1483, ultimo dei quattro figli di Bernardo di Andrea e di Lucrezia Bolani.
Dopo avere studiato retorica con Marcantonio Coccio (Sabellico) nella scuola di S. Marco, compì studi universitari a Padova, di greco con Marco Musuro e di filosofia con Pietro Pomponazzi; fu condiscepolo, tra gli altri, di Girolamo Fracastoro, Giovambattista Ramusio, Gasparo Contarini.
Tra gli anni della guerra della lega di Cambrai (1508-10) e il 1515, fu militare stipendiato di Bartolomeo d’Alviano nell’enclave di Pordenone, riconquistata dal generale a Venezia, e membro, insieme con Fracastoro, Giovanni Cotta e altri letterati, dell’Accademia Alviana. Intorno al 1516 soggiornò a Roma con Agostino Beaziano, ospite di Baldassarre Castiglione, nella cui dimora fu effigiato da Raffaello Sanzio nel famoso doppio ritratto con Beaziano. Agli anni 1513-16 va ricondotta la maggior parte della sua attività di curatore di testi latini per i tipi di Aldo Manuzio: le orazioni di Cicerone (in tre volumi), Virgilio e Quintiliano nel 1514 (quest’ultimo sulla base di un codice procurato dall’amico Ramusio); Lucrezio nel 1515; Ovidio (in tre volumi) nel 1515-16 e dopo la morte di Aldo, per gli eredi e Andrea Torresano, due edizioni di Terenzio (1517 e 1521).
Nonostante un avvio precoce (è del 1504 l’ingresso nel Maggior Consiglio), gli inizi della carriera politica di Navagero parvero a Bembo (in una lettera del 13 ottobre 1523) stentati per un giovane della sua famiglia e della sua cultura. Forse anche per le difficoltà economiche della famiglia, pare che verso il 1513 avesse manifestato l’intenzione di prendere i voti ecclesiastici. Sono di questi anni le sue due prime orazioni pubbliche: quella (perduta) tenuta nel 1510 per la morte di Caterina Corner, e quella del 1515 per il funerale di Bartolomeo d’Alviano, morto il 7 ottobre sotto Brescia assediata dalle truppe imperiali.
Il 30 gennaio 1516 il Senato lo nominò responsabile della Biblioteca Nicena. In questa funzione recuperò alcuni importanti codici prestati negli anni precedenti agli studiosi. In connessione con l’incarico di bibliotecario, ricevette la nomina a storiografo ufficiale della Repubblica, affinché proseguisse le Historiae rerum Venetarum del Sabellico, compito al quale non adempì e nel quale dopo la morte fu sostituito da Bembo (un frammento è conservato a Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., D. 87 inf.). In qualità di storiografo ufficiale, nel giugno 1521 fu chiamato a pronunciare l’orazione in morte del doge Leonardo Loredan; fu poi nel Consiglio dei quaranticinque che il 6 luglio ne elesse il successore, Antonio Grimani.
Frattanto, le schiaccianti vittorie spagnole sui francesi nel Milanese mutarono i rapporti di forza nella penisola e sotto la pressione della parte filoimperiale Venezia firmò con Carlo V i capitoli di pace e alleanza del 29 luglio 1523. Per la ratifica, il 10 ottobre il Senato inviò ambasciatori straordinari in Spagna Navagero e Lorenzo Priuli, in sostituzione di Gasparo Contarini. Il lungo periodo intercorso tra la partenza da Venezia (14 luglio 1524) e l’effettivo imbarco da Genova alla volta di Barcellona (6 aprile 1525) fu effetto non solo di contingenze, come l’epidemia di peste che affliggeva Parma e che colpì Priuli e il rafforzarsi nell’area tirrenica della flotta francese, ma anche delle incertezze del Maggior Consiglio sulla posizione politica da tenere tra Francia e Spagna. Incertezze rotte dalla battaglia di Pavia (24 febbraio 1525) e dalla cattura di Francesco I, che spostarono definitivamente l’asse della situazione italiana.
Il lungo soggiorno in Spagna, oltre a essere rilevante per la ricostruzione degli avvenimenti politici intercorsi, rende anche testimonianza degli interessi culturali non solo di Navagero, ma del suo ambiente e della sua generazione. Nelle cinque lettere inviate a Ramusio tra il 5 maggio 1525 e il 31 maggio 1526 da Barcellona e da Granada, tramandate a stampa nelle Lettere di diversi autori eccellenti (Venezia, Giordano Ziletti, 1546) e nel Viaggio fatto in Spagna et in Francia, dal Magnifico M. Andrea Navagiero, fu oratore dell’Illustrissimo Senato Veneto, alla Cesarea Maesta di Carlo V (ibid., Domenico Farri, 1563), affiorano temi cari ai comuni amici, dalle relazioni personali, agli interessi economici, a quelli culturali dominati dall’attenzione per l’antiquaria e l’archeologia ma anche dalla poesia e dalla letteratura, fino al gusto per le scoperte geografiche e il nascente sistema imperiale spagnolo.
Sbarcati il 1° maggio a Barcellona, Navagero e Priuli giunsero a Toledo l’11 giugno, accolti per l’entrata ufficiale dal governatore delle Indie Diego Colombo, dal «vescovo di Avenea» (forse Diego Ramírez de Fuenleal, vescovo di Cuenca), dagli ambasciatori dei vari Stati italiani e da Contarini. Il 13 furono ricevuti da Carlo V. In questi primi mesi Navagero iniziò la raccolta di informazioni sul Nuovo mondo, frequentando il presidente e alcuni membri del Consiglio delle Indie, e facendo amicizia con lo storiografo ufficiale e membro del Consiglio Pietro Martire d’Anghiera.
Il 24 febbraio 1526, liberato Francesco I e firmate le capitolazioni della pace di Madrid, Carlo V trasferì la corte a Siviglia per la celebrazione delle sue nozze con Isabella d’Aviz, fissate per il 10 marzo. Navagero giunse a Siviglia l’8 marzo, separatosi al momento della partenza da Toledo da Priuli e Contarini, messisi sulla via del ritorno in patria. È plausibile che il suo primo incontro con Garcilaso de la Vega sia avvenuto in occasione del viaggio da Toledo a Siviglia, che i due avrebbero compiuto insieme con il nunzio apostolico Baldassarre Castiglione. Durante i due mesi e mezzo trascorsi a Siviglia Navagero visitò la città e prese contatto con il Nuovo mondo attraverso la sua porta d’ingresso, la Casa de la contratación delle Indie, di cui descrisse alcuni mirabilia naturali e antropologici.
Il 28 maggio giunse a Granada, dove Carlo V aveva spostato la corte, e vi restò fino al dicembre 1526. Visitò l’Alhambra e i giardini del Generalife, dove, secondo la posteriore ricostruzione di Juan de Boscan (Lettera alla Duchessa di Soma, risalente al 1543 e premessa al libro II delle sue Obras), avrebbe frequentato lo stesso Boscan e Garcilaso de la Vega: attraverso i due poeti Navagero avrebbe introdotto in Spagna i metri della lirica petrarchesca, fondamentali alla poesia del Siglo de oro. Il 7 dicembre lasciò Granada alla volta di Valladolid, dove Carlo V aveva deciso di riunire le cortes nel tentativo di far fronte a una complicata concatenazione di eventi, con Francesco I che aveva deciso di disattendere le condizioni della pace di Madrid e la notizia di una Lega antimperiale degli Stati italiani. Giunse a Valladolid il 10 gennaio 1527.
Nei mesi seguenti, a seguito di un’epidemia di peste, Carlo V spostò la corte prima a Palencia, poi a Burgos. Navagero fu alloggiato con gli altri ambasciatori a Paredes de Nava (dal 30 agosto al 15 ottobre 1527), da dove si recava spesso a Palencia per le trattative. Dal 17 ottobre 1527 al 22 gennaio 1528 si spostò, con gli altri ambasciatori della Lega, a Burgos, nel tentativo vano di concludere la pace.
Il giorno stesso in cui gli araldi di Francia e Inghilterra gli dichiararono guerra, Carlo V, lamentando che ai suoi ambasciatori in Francia e a Venezia non veniva concesso di tornare in patria, negò il congedo all’ambasciatore veneziano e ai tre ambasciatori francesi, li fece prendere in consegna da 40 armati e li fece condurre nella vicina fortezza di Pozza, dove rimasero in stato di semiprigionia per quasi quattro mesi. Solo il 19 maggio 1528 Navagero lasciò Pozza alla volta di Fuentarrabia, dove il 30 maggio, avvenuto lo scambio degli ambasciatori francesi con quelli spagnoli, attraversò il fiume Andaja e passò in territorio francese, per giungere il giorno stesso a Bayonne, da dove mandò un lungo dispaccio al Senato.
Dal 27 giugno al 6 agosto fu a Parigi. Rientrò a Venezia il 24 settembre 1528 e il 6 ottobre tenne in Senato una ricca relazione, mai depositata in forma scritta presso la Cancelleria. Eletto savio di Terraferma il 29 settembre 1527, quando ancora si trovava in Spagna, entrò in carica il 3 ottobre 1528. Ma la lunga esperienza maturata non gli valse un riconoscimento univoco all’interno del ceto dirigente veneziano: il 17 ottobre non raggiunse i voti sufficienti per l’elezione a riformatore sopra lo Studio di Padova. L’8 gennaio 1529, invece, fu eletto ambasciatore in Francia in sostituzione di Sebastiano Giustinian. Partito da Venezia il 2 marzo 1529, giunse a Bourges l’11 aprile; il 13 era a Blois, dove Francesco I lo accolse insieme con il collega Giustinian per farsi riferire la posizione della Signoria (priorità della riconquista di Milano su quella di Genova).
Ammalatosi, morì a Blois l’8 maggio 1529.
Le spoglie, accompagnate a Venezia dal fratello Pietro, furono sepolte come da sua volontà nella chiesa di S. Martino di Murano.
La competenza in entrambe le lingue classiche fu il principale vettore della sua fama in vita e in morte. Fracastoro intitolò a lui il Naugerius, sive de poetica. Aldo Manuzio lo citò nella sua premessa all’edizione di Pindaro (1513) come modello per lo studio della poesia greca. Ariosto lo nominò in Furioso, XLVI, 13, 7, accanto a Giano Lascaris e Marco Musuro, in una sorta di discendenza da maestri ad allievo. Incontratolo a Valladolid nel 1527, Pedro Juan Olivares lo menzionò in una lettera del 17 marzo a Erasmo da Rotterdam come «vir utriusque linguae eruditissimus». Pochi mesi dopo la morte, «amicorum cura», furono pubblicate a Venezia Orationes duae, carminaque nonnulla (G. Tacuino, 15 marzo 1530), contenenti, sotto il titolo di Lusus, 44 poesie latine. Secondo i curatori, il suo stesso amore per la perfezione letteraria poteva averlo spinto fino al punto di dare alle fiamme la maggior parte dei suoi scritti.
Stando a Litta (1842), esistono due distinte iconografie navageriane: un «medaglione in bronzo del Cavino» (riprodotto negli Opera omnia, Venezia 1754, p. II) e un «quadro presso la famiglia Giovio in Como» (riprodotto in Cicogna, 1853, pp. 172 s.). Quest’ultimo può essere ricondotto al Ritratto di Andrea Navagero e Agostino Beaziano di Raffaello (1516, ora a Roma, Galleria Doria Pamphili), in origine conservato in casa di Bembo. Sfortunatamente, il ritratto del Museo gioviano non è stato riprodotto da Tobias Stimmer nella serie illustrata degli Elogia (Basilea, P. Perna, 1577, pp. 93 s.). La presenza di Navagero anche in un affresco raffigurante il Parnaso su una parete esterna del Museo gioviano è attestata da Anton Francesco Doni in una lettera ad Agostino Landi del 20 luglio 1543 e in un’altra a Iacopo Tintoretto del 17 luglio 1543 (Scritti d’arte del Cinquecento, 1977, pp. 2899 e 2894). Il ms. Treviso, Biblioteca comunale, 994 contiene i Dispacci dalla Spagna e la bozza della relazione al Senato (pubblicata come Sommario inedito della relazione di A. N. ritornato di Spagna, in E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, 1, Venezia 1853, pp. 310-318 e poi in A. N. alla corte di Spagna, a cura di G.M. Malvezzi, Pinerolo 1871).
L’opera letteraria è raccolta in Opera omnia, a cura di G.A. - C. Volpi, Padova 1718, e Opera omnia, a cura di G.A. e C. Volpi, Venezia 1754. Le poesie latine sono edite modernamente in Lusus, a cura di A.E. Wilson, Nieuwkoop 1973; B. Navagero - G. Cotta, Carmina, a cura di R. Sodano, Torino 1991; Lusus, a cura di C. Griggio (2001), in Poeti d’Italia in lingua latina tra Medioevo e Rinascimento ‹http://www.mqdq.it/mqdq/poetiditalia/home.jsp›. Sulla base delle nuove attribuzioni compiute da C. Griggio, Per l’edizione dei «Lusus» del Navagero, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, CXXXV (1976-77), pp. 87-113, si giunge al totale di 69 componimenti. Le poesie in volgare pervenute sono invece solo 18. Videro la luce nelle miscellanee in versi del XVI secolo a partire dalle Rime diverse di molti ecellentiss. auttori nuovamente raccolte, Venezia, G. Giolito, 1545. Gli Opera omnia ne raccolgono 12 e 6 ulteriori il libretto Per le nozze del signor Francesco Soprani di Piacenza colla signora Teresa Caravel di Nizza, Piacenza 1808. Del Viaggio fatto in Spagna et in Francia la parte inerente il tragitto francese è edita in Relations des ambassadeurs vénitiens sur les affaires de France au XVIe siècle, a cura di N. Tommaseo, I, Paris 1838, pp. 1-40. Le dediche del Cicerone e del Quintiliano del 1514 sono in Aldo Manuzio editore. Dediche, prefazioni, note ai testi, a cura di G. Orlandi, I, Milano 1975, pp. 106-108 (quella di Manuzio a Navagero del Pindaro del 1513 ibid., a pp. 126-136).
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, I Diarii, a cura di F. Stefani et al., XXXV-XL, Venezia 1892-94; XLVI, ibid. 1897; XLVIII-L, ibid. 1898, ad indices; Scritti d’arte del Cinquecento, III, a cura di P. Barocchi, Milano-Napoli 1977, pp. 2894, 2899; Erasmo da Rotterdam, Opus epistolarum, a cura di P.S. Allen, VI, Oxford 1926, p. 474; G.A. Volpi, Andreae Naugerii patricii veneti vita, in A. Navagero, Opera omnia, Venezia 1754, pp. CVII-CXXXI; A. Meneghelli, Elogio di A. N., Venezia 1813; P. Litta, Famiglie celebri di Italia, fasc. 91, Milano 1842, tavv. 1-2; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, 1, Venezia 1824, pp. 173-348 (da cui è stato estratto Della vita e della opere di A. N...., Venezia 1855); E. Lamma, Il «Viaggio in Ispagna» di A. N. (1524-1528), in Rassegna nazionale, CLXXXI (1911), pp. 321-335; M. Cermenati, Un diplomatico naturalista del Rinascimento. A. N., in Nuovo Archivio veneto, XXIV (1912), pp. 164-205; G.B. Parks, Ramusio’s literary history, in Studies in Philology, LII (1955), pp. 127-148; A. López de Meneses, A. N., traductor de Gonzalo Fernandez de Oviedo, in Revista de Indias, XVIII (1958), pp. 66 s.; Contemporaries of Erasmus, III, a cura di P.G. Bietenholz - T.B. Deutscher, Toronto-Buffalo-London 1987, pp. 8 s.; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, II, Torino 1970, pp. XI s.; VIII, ibid. 1981, p. VI; M. Donattini, Giovanni Battista Ramusio e le sue «Navigationi». Appunti per una biografia, in Critica storica, XVII (1980), pp. 74 s.; B. Fasola, Per un nuovo catalogo della collezione gioviana, in Paolo Giovio. Il Rinascimento e la memoria. Atti del Convegno ..., Como 1985, pp. 169-180; C. Griggio, A. N. e l’«Itinerario» in Spagna (1524-1528), in Miscellanea di studi in onore di Marco Pecoraro, I, a cura di B.M. Da Rif - C. Griggio, Firenze 1991, pp. 153-177; Id., Il frammento della «Storia veneta» di A. N. Appunti di storiografia veneziana nell’età del Rinascimento, in Tra storia e simbolo. Studi dedicati a E. Raimondi..., Firenze 1994, pp. 81-98; C.R. Brothers, The Renaissance Reception of the Alhambra. The Letters of A. N. and the Palace of Charles V, in Muqarnas, XI (1994), pp. 79-102.; B. Basile, A. N. e il mito dell’Alhambra, in Filologia e critica, XXI (1996), pp. 255-263; R. Norbedo, Per l’edizione dell’«Itinerario in Spagna» di A. N., in Lettere italiane, LII (2000), pp. 58-73; C.J. Pastore, Expanding antiquity: A. N. and villa culture in the Cinquecento veneto, dissertazione di Ph.D., Univ. of Pennsylvania, 2003 ‹http://repository.upenn. edu/dissertations/ AAI3087447/›; I. Melani, «Per non vi far un volume». A. N., gli «amici tutti» e la costruzione di un «Viaggio»..., in Rivista storica italiana, CXIX (2007), pp. 515-604.