MIGLIONICO, Andrea
MIGLIONICO, Andrea. – Nacque il 30 nov. 1662 nel borgo lucano di Miglionico da Francesco de Marrella e da Porzia de Raucio. Il cognome con cui è noto gli sarebbe stato dato da Giovanni Miglionico, che lo adottò e lo tenne a battesimo (Scarcia, p. 43). Il ritrovamento dell’atto di nascita ha definitivamente fugato i dubbi sull’esatta data e sul luogo di nascita di questo pittore, che De Dominici diceva originario del Cilento citandolo tra gli allievi di L. Giordano. Tuttavia, già in precedenza le notizie fornite dal biografo napoletano erano state messe in discussione da chi (Grelle Iusco, p. 220) aveva rilevato l’identità del cognome con il toponimo del piccolo centro al confine tra Puglia e Basilicata, regioni in cui peraltro il M. lasciò numerose opere.
La personalità artistica del M. è stata messa in luce solo di recente, dopo che a lungo era stato addirittura confuso con A. Malinconico (Thieme - Becker). L’ipotesi di un suo apprendistato nella bottega di Giordano è comunque del tutto verosimile: nel 1689 il M. si trovava sicuramente già a Napoli, poiché in quell’anno risulta iscritto alla locale corporazione dei pittori (Ceci). Al 1693 risale il primo documento noto relativo al pagamento di un dipinto non identificato raffigurante la Madonna di Costantinopoli e santi per la cappella di S. Giacomo Mugnano, presso Napoli (D’Addosio). Sia De Dominici sia Roviglione, nelle sue aggiunte all’Abecedario di Orlandi, menzionano opere del M. ancora visibili a metà Settecento in alcune chiese napoletane; l’unica sua tela finora rintracciata in territorio partenopeo è tuttavia la Pentecoste, firmata, in S. Antonio a Tarsia (Scarcia, pp. 175 s.).
Dipinti del M., tra cui alcuni eseguiti in collaborazione con il paesaggista messinese Filippo Giannetti, figuravano nella prima metà del Settecento in collezioni napoletane (Labrot). Che il M., oggi noto quasi esclusivamente per le sue opere di soggetto religioso, si sia dedicato anche a temi profani sarebbe attestato dal fatto che nel 1694 fu denunciato per le sue raffigurazioni troppo licenziose (Scarcia, p. 43); è interessante, in questo senso, l’ipotesi di una sua collaborazione con pittori di fiori (Galante, 1989).
Sullo scorcio del secolo il M. eseguì una serie di sei tele (firmate) commissionate da Gaetano Caracciolo, vescovo di Conza, per ornare la chiesa di S. Michele a Sant’Andrea di Conza, in Irpinia, rinnovata dopo il terremoto del 1694 (Troisi, pp. 158 s.). In queste tele (Apparizione dell’arcangelo Michele a s. Lorenzo Maiorano sul monte Gargano, Apparizione dell’arcangelo Raffaele a Tobiolo, S. Pietro liberato dal carcere, S. Giovanni Evangelista a Patmos, Annuncio a Zaccaria, Natività della Vergine) sono stati ravvisati elementi lanfranchiani, accanto all’ovvia dipendenza dallo stile di Giordano, nonché tracce di un avvicinamento ai modi più propriamente accademici di F. Solimena (Fontana, p. 132). Sono datate al 1695 due tele (S. Pietro d’Alcantara e la Battaglia di Belgrado) inserite nel soffitto della chiesa della Ss. Trinità presso Baronissi, nel Salernitano, nella quale si trova pure un Paradiso attribuito al M. (Pasculli Ferrara, 1991, p. 219 n. 31).
Ignota a De Dominici, ma rammentata da Roviglione (in Orlandi), è l’attività del M. in Puglia, attestata da numerose opere firmate. Una prima commissione per Bitonto risale al 1694, data della Madonna del Carmelo e santi, conservata nella chiesa di S. Teresa (Scarcia, p. 23). La presenza del M. è poi documentata dal 1706 al 1711 (Gambacorta), anni in cui egli eseguì pale d’altare per Bari, Putignano, Altamura e Castellana; a lui è stato attribuito anche un dipinto (S. Chiara libera la città dai Saraceni) nella chiesa di S. Chiara a Nardò (Galante, 2000). Altrettanto diffusa è la presenza di dipinti del M. in Basilicata (Grelle Iusco; Fontana).
Nelle opere del M. il linguaggio inequivocabilmente giordanesco appare come un filtro attraverso il quale è possibile cogliere rimandi alla pittura veneta e a Pietro Berrettini da Cortona. È stato in effetti rilevato come il suo alunnato presso Giordano debba essersi limitato a un periodo di pochi anni, antecedenti la partenza del maestro per la Spagna (1692): il M. avrebbe dunque avuto modo di espandere i propri modelli di riferimento verso l’ambito romano, forse favorito in questo da contatti con pittori di formazione napoletana attivi a Roma, quali il suo conterraneo P. De Matteis (Troisi, p. 161). Una conoscenza diretta della pittura romana del tardo Seicento da parte del M. è in effetti suggerita da due disegni inediti del Kupferstichkabinett di Berlino (KdZ 17312, 17315), copie dai pennacchi della cupola del Gesù affrescati da G.B. Gaulli detto il Baciccio, su cui è riportato il nome del M. «napolitano». Appare comunque evidente che il M. divenne di fatto il portavoce della pittura giordanesca in zone periferiche della Campania e dell’Italia meridionale, dove gli furono richieste prevalentemente da ordini religiosi pale d’altare analoghe per stile e composizione a quelle prodotte dal maestro per la capitale del Viceregno.
L’ultima opera pugliese documentata del M. è l’Apoteosi di s. Teresa che nel 1710 si impegnò a dipingere a sue spese per la Confraternita della Gran Madre di Dio (cui apparteneva), collocata nella chiesa di S. Teresa dei Maschi a Bari.
Morì a Ginosa (a poca distanza dal suo paese natale) nel 1711 (Scarcia, p. 44).
L’atto di morte smentisce le informazioni fornite da Roviglione – il quale lo diceva morto nel 1718 dopo un suo presunto rientro nel Cilento (Orlandi) – e di De Dominici, secondo cui il M. sarebbe scomparso poco dopo la morte di Giordano (1705). Va dunque abbandonata anche l’ipotesi di un protrarsi dell’attività del M. fino al 1735, avanzata sulla base dell’attribuzione al pittore lucano di cinque quadretti che incorniciano una Madonna del Suffragio di F. Guarino a Gravina (Pasculli Ferrara, 1990), per i quali è stato recentemente proposto (Fontana, p. 254) il nome di Niccolò, figlio del M., nato a Bari nel 1707 (Gambacorta).
Fonti e Bibl.: A. Roviglione, in P.A. Orlandi, Abecedario pittorico … con Aggiunta di alcuni altri professori, Napoli 1733, p. 433; B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani (1742), a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, III, Napoli 2008, pp. 850 s.; G. Ceci, La corporazione dei pittori, in Napoli nobilissima, VII (1898), p. 11; G. D’Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani dei secoli XVI e XVII, Napoli 1920, ad ind.; A. Gambacorta, A. M., in Tempi nostri, XVI (1970), 14, pp. 10, 15; L. Troisi, A. M.: opere napoletane e pugliesi, in Ricerche sul Sei-Settecento in Puglia, I (1980), pp. 157-176; L. Galante, La natura morta in Puglia e in Basilicata, in La natura morta in Italia, a cura di F. Zeri, Milano 1989, II, pp. 970 s.; M. Pasculli Ferrara, in Angelo e Francesco Solimena. Due culture a confronto (catal., Pagani-Nocera Inferiore), a cura di V. de Martini et al., Milano 1990, p. 36; Id., Giordano, M. ed altri episodi giordaneschi, in Ricerche sul ’600 napoletano, X (1991), pp. 210 s., 219; G. Labrot, Collections of paintings in Naples 1600-1780, Münich 1992, ad ind.; L. Galante, Un Leonardo Antonio Olivieri e un A. M. nella chiesa di S. Chiara a Nardò, in Kronos, I (2000), p. 121; A. Grelle Iusco, in Arte in Basilicata (catal., Matera), a cura di A. Grelle Iusco, Roma 2001, pp. 127, 219 s., 312 s.; S. De Simone, Gli Orsini di Solofra e la pittura a Gravina fra XVII e XVIII secolo, Bari 2005, pp. 100-103; G. Scarcia, A. M. Un pittore giordanesco tra Basilicata, Puglia e Campania, Potenza 2005; C. Gelao, in La Pinacoteca provinciale di Bari, I, Opere dal Medioevo al Settecento. Donazione Pagnozzato e Collezione del Banco di Napoli, a cura di C. Gelao, Roma 2006, pp. 227-230; M.V. Fontana, in Splendori del Barocco defilato. Arte in Basilicata e ai suoi confini da Luca Giordano al Settecento (catal., Matera-Potenza), a cura di E. Acanfora, Firenze 2009, pp. 132, 189 s., 254 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 545.
M. Epifani