MATTIOLI, Andrea.
– Nacque a Faenza da Tommaso e da Giulia, di cui si ignora il casato, e fu battezzato nella locale cattedrale il 15 ott. 1611. Avviato allo studio della musica, a sedici anni entrò come cantore al servizio del capitolo metropolitano della cattedrale faentina. Nel 1633 gli fu conferita con voto unanime dei canonici la qualifica di mansionario, nella quale fu riconfermato sino al 1634, quando, dopo avere ottenuto per due anni consecutivi un giudizio negativo, venne privato dell’incarico. Ordinato sacerdote, proseguì la carriera musicale e nel 1639 pubblicò a Venezia una Compieta a quattro, dedicandola al vescovo Francesco Giustiniani. Tre anni dopo risulta aver ottenuto l’incarico di mansionario e maestro di cappella della cattedrale di S. Cassiano a Imola, come si evince dal frontespizio dei suoi Hinni sacri concertati a una, due, tre, cinque, e sei voci, con instromenti e senza… opera seconda, stampati a Venezia nel 1646.
L’attività di compositore gli permise di acquisire una certa fama anche al di fuori delle città in cui aveva operato. Una sua lettera da Faenza del 2 sett. 1648 documenta, infatti, l’invio di alcune composizioni a Ferrara, commissionategli dal marchese Cornelio Bentivoglio. Sempre agli ambienti ferraresi sembra essere collegata una sua Messa da requiem, oggi perduta, probabilmente composta per il «funerale solennissimo» del marchese Guido Villa, svoltosi a Ferrara agli inizi del 1649 (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Mss., cl. I, n. 399: A. Bresciani, Memoriale d’alcune cose notabili…, ad annum).
A Cornelio Bentivoglio e alla sua famiglia il M. si legò sempre più strettamente, tanto da essere chiamato nel 1650 a Ferrara come maestro di cappella presso l’Accademia dello Spirito Santo, una delle tre istituzioni stabili che a quel tempo animavano la vita musicale della città, insieme con l’Accademia della Morte e con la cappella della cattedrale.
Le due accademie musicali ferraresi, nate come emanazioni di confraternite caritative, mantenevano un organico vocale e strumentale che prestava servizio all’interno delle chiese nelle quali avevano sede, e a volte anche all’esterno, in occasione di particolari manifestazioni pubbliche. Essendo l’Accademia dello Spirito Santo governata pressoché in toto dalla famiglia Bentivoglio, che proteggeva i musicisti dell’istituzione e se ne serviva con grande libertà, il M. si trovò di fatto alle dipendenze del marchese Cornelio. Benché il M. fosse stipendiato dall’Accademia (finanziata dai contributi dei suoi membri), ricevette da C. Bentivoglio l’usufrutto di un possedimento agricolo; ottenne poi, nel 1653, il vicariato perpetuo della parrocchia ferrarese di S. Romano, grazie a una raccomandazione del marchese al fratello Annibale, che ne era priore. Ciò non impedì comunque al M. di accettare commissioni esterne, purché compatibili con il suo incarico e previo consenso del marchese, circostanza che non mancò di creare in varie occasioni contrasti con il protettore.
È certamente da riferire al legame con i Bentivoglio e al vivace clima musicale cittadino il crescente interesse che il M. dimostrò nei confronti dell’opera in musica negli anni del suo soggiorno ferrarese. Nel 1650 furono rappresentate a Ferrara due sue opere: La palma d’amore (a fine febbraio, nel teatro di S. Lorenzo, in occasione delle nozze di Francesco Maria Estense Mosti con Caterina Pio di Savoia) e Il ratto di Cefalo (il 26 giugno, nel teatro della Sala grande), entrambe su libretto di Francesco Berni, macchine di Carlo Pasetti. Il medesimo gruppo (a cui andrebbe aggiunto come quarto membro permanente C. Bentivoglio in qualità di ideatore e finanziatore) mise in scena altre due opere nel carnevale dell’anno successivo, ancora all’interno del teatro della Sala grande: una ripresa del Ratto di Cefalo e L’esiglio d’Amore. Questa seconda opera, che il M. mise in musica in collaborazione con Filiberto Laurenzi, fu replicata in maggio, con l’aggiunta di un nuovo prologo dedicato al cardinale legato Benedetto Odescalchi, per festeggiare l’arrivo in città del fratello e della moglie di quest’ultimo. Le ultime opere realizzate a Ferrara dal M., in collaborazione con Berni librettista e con Pasetti scenografo, furono Gli sforzi del desiderio (una «ricreazione dramatica musicale» allestita nel 1652 in una sala di palazzo Miroglio per il passaggio a Ferrara degli arciduchi del Tirolo) e L’Antiopa, il 23 e 24 febbr. 1653, nuovamente nel teatro della Sala grande.
Nel 1653 il M. diede alle stampe a Venezia la raccolta Messa e salmi concertati a tre, quattro, e cinque voci… opera terza, comprendente diverse composizioni sacre scritte per il servizio presso l’Accademia dello Spirito Santo, come egli stesso dichiara nella dedicatoria a «Cornelio Bentivoglio principe della stessa accademia».
La collaborazione con i Bentivoglio ebbe termine alla fine del 1654, quando insorsero gravi dissapori tra questi e il M., che fu costretto a lasciare l’incarico presso l’Accademia dello Spirito Santo. Problemi dovevano già essersi verificati, se è vero che il M. aveva cercato di trovare un impiego nella natia Faenza. In una seduta del 28 genn. 1653, infatti, i canonici della cattedrale faentina lo avevano persino eletto maestro di cappella e mansionario; ma la cosa non ebbe seguito e il M. fu rapidamente sostituito da Orazio Tarditi. Spazientito per un ennesimo ritardo nel pagamento dello stipendio, il M. sporse denuncia contro il massaro dell’Accademia ferrarese, senza tener conto del discredito che il suo gesto avrebbe procurato all’istituzione e al suo principe C. Bentivoglio. La reazione più violenta giunse non tanto dal marchese quanto da Annibale Bentivoglio, che da Roma scrisse una durissima lettera al fratello, accusandolo di essere responsabile dell’accaduto per avergli raccomandato il M. e minacciando quest’ultimo di ritorsione per la condotta tenuta. Il M. fu allontanato così dall’Accademia dello Spirito Santo, anche se per il momento poté conservare l’incarico presso S. Romano. Egli rimase tuttavia il più stimato compositore attivo a Ferrara, anche se le possibilità di riguadagnarvi un impiego musicale di prestigio e stabile erano divenute pressoché nulle. Nonostante l’accaduto, i rapporti con C. Bentivoglio non si interruppero completamente; il marchese, responsabile dei festeggiamenti in occasione della sosta a Ferrara di Cristina di Svezia in viaggio verso Roma, volle coronarli con l’allestimento di un’opera in musica. Svanita la possibilità di ottenere da Benedetto Ferrari un lavoro del tutto nuovo, si rivolse al M. affinché mettesse in musica in gran fretta un testo di Almerico Passarelli, l’Oritia, che andò in scena alla presenza della sovrana nel teatro della Sala grande il 24 nov. 1655. Il generale apprezzamento della parte musicale dell’opera non valse a risolvere i problemi del M., che alla fine fu costretto ad accettare incarichi offertigli da altre città. Nel gennaio del 1656, munito di una raccomandazione del cardinale Carlo Pio di Savoia, vescovo di Ferrara, si recò a Mantova per scrivere le musiche per una commedia che il duca Carlo II Gonzaga Nevers aveva deciso improvvisamente di allestire; nella primavera andò poi in scena a Bologna la sua Didone su libretto di Paolo Moscardini. Negli ultimi mesi dell’anno la rottura con Ferrara divenne definitiva. Chiamato a Mantova come maestro di cappella del duca, in ottobre il M. lasciò il vicariato di S. Romano in cambio di un nuovo beneficio in Romagna e il mese successivo si trasferì definitivamente presso la corte dei Gonzaga.
Al servizio dei due ultimi duchi di Mantova il M. trascorse il resto della sua esistenza e d’allora in poi venne sempre qualificato e firmò tutte le opere date alle stampe come maestro di cappella di quella corte. Nel 1658 fu temporaneamente a Roma dove, col titolo appunto di «maestro di cappella di Sua Altezza Serenissima di Mantova», compare in un elenco dei forestieri dimoranti nella parrocchia di S. Pietro, insieme con Giovan Battista Maggi, anch’egli musicista del duca. Nel settembre del 1659 il M. era di nuovo a Mantova, da dove scrisse a Ferrara al fine di sollecitare la restituzione degli originali di sue musiche, lasciati presso i Bentivoglio, che gli occorrevano per il servizio ducale. Tre anni dopo andò in scena nel teatro di Castello a Mantova L’Artabano, su libretto del marchese Annibale Lanzoni, poi replicato nel medesimo teatro nel 1664. Fu comunque fuori da Mantova che si svolse maggiormente la sua attività di operista. Per Ferrara compose La Filli di Tracia, su libretto di Ippolito Bentivoglio, figlio di Cornelio, allestita nel nuovo teatro Bonacossi di S. Stefano nel carnevale del 1664. L’anno seguente fu chiamato a Venezia dai Grimani per curare la stagione del loro teatro ai Ss. Giovanni e Paolo, per la quale fornì un nuovo lavoro (Il Perseo su libretto di Aurelio Aureli) e rielaborò Il Ciro di Giulio Cesare Sorrentino già messo in musica da F. Cavalli, aggiungendovi delle nuove arie. Al periodo mantovano risalgono due edizioni di musiche sacre: i Salmi a otto voci pieni, e brevi alla moderna… opera quarta (Venezia 1671) dedicati al granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici, nel cui frontespizio alla qualifica di maestro di cappella aggiunse quella di canonico, e l’Harmonia sacra dedota [sic] del concerto di salmi, motetti, inni e antifone a voci sole con violini (ibid. 1675).
Il M. morì a Mantova il 2 ott. 1679. L’anno seguente il duca Ferdinando Carlo Gonzaga concesse una patente di familiarità al nipote, Nicolò Ferniani, in segno di riconoscenza per le benemerenze da lui guadagnate durante il servizio a corte.
Opere: Oltre alle opere a stampa sopra citate si conservano manoscritti il dramma per musica Il Ciro (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. IV, 354 [=9878]: parte della musica è di F. Cavalli); Missa Petropolitana (1670: ibid., cl. IV, 732 [=10489]; sette arie dal dramma per musica Perseo nella Biblioteca del Conservatorio di musica S. Pietro a Majella, Mss., 33.4.18b, cc. 86v-106r.
Fonti e Bibl.: Faenza, Arch. capitolare della cattedrale, Registri degli atti battesimali della cattedrale, 1611, c. 108v; Atti capitolari, voll. 251, c. 284r (31 dic. 1627); 252, c. 1v (31 dic. 1628), c. 14v (31 dic. 1629), cc. 24v, 40v (2 genn. 1631), c. 46r (30 dic. 1632), c. 60r (29 genn. 1633), c. 73r (31 dic. 1633), c. 100r (30 dic. 1634); 253, cc. 94v-95r (28 genn. 1653); Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, Esteri, b. 1275 (lettere del cardinal Carlo Pio di Savoia da Ferrara a Carlo II Gonzaga Nevers duca di Mantova, in data 26 gennaio e 18 nov. 1656; lettera del M. da Ferrara a un funzionario della corte di Mantova, 22 ott. 1656); A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga in Mantova. Dal secolo XV al XVIII, Milano 1890, pp. 108 s., 112; G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale di Bologna, II, Bologna 1892, pp. 204, 267 s.; P. Bedeschi, La cappella musicale della cattedrale d’Imola e i suoi celebri maestri, in Il Nuovo Diario, 1966, nn. 29-35, p. 10; D. Mele, L’Acc. dello Spirito Santo. Un’istituzione musicale ferrarese del sec. XVII, Ferrara 1990, pp. 15-21, 38, 53 s.; S. Monaldini, L’orto dell’Esperidi. Musici, attori e artisti nel patrocinio della famiglia Bentivoglio (1646-1685), Lucca 2000, ad ind.; I teatri di Ferrara. Commedia, opera e ballo nel Sei e Settecento, a cura di P. Fabbri, Lucca 2002, ad ind.; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, I, p. 415; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, VIII, col. 1823; The New Grove Dictionary of music and musicians, XVI, pp. 149 s.