MASSENA, Andrea
MASSENA (Masséna), Andrea (André). – Figlio di Giulio Cesare, commerciante, e di Caterina Fabre, nacque a Nizza il 6 maggio 1758. Morto il padre nel 1764 e passata la madre a nuove nozze, venne affidato ad alcuni parenti che, invece di curarsi della sua educazione, lo misero a lavorare nell’azienda di famiglia. Così, appena adolescente, nel 1771 il M. si imbarcò come mozzo compiendo anche qualche traversata oceanica. Nel 1775, a Tolone, si arruolò nel reggimento Royal-Italien al servizio francese, in cui era già stato soldato suo padre e nel quale serviva anche, come sergente, suo zio Guglielmo Marcello.
Questi fu la guida del M. nella vita militare, ma anche colui che lo fece perfezionare nel leggere, scrivere (ma l’ortografia francese del futuro maresciallo rimase sempre assai approssimativa) e nel far di conto: cose indispensabili per il suo progresso nella carriera, non essendo sufficienti le pur innegabili doti militari subito rivelate. Il M. fu così promosso caporale già il 1° sett. 1776, sergente il 18 apr. 1777, furiere il 14 febbr. 1783 e aiutante sottufficiale il 4 sett. 1784, senza tuttavia poter procedere oltre nei gradi dopo che, nel 1781, le ordinanze del gen. Ph.-H. de Ségur avevano riservato ai nobili tutti i posti da ufficiale.
Così il 3 ag. 1789 il M. si congedò ad Antibes, dove da un anno erano di guarnigione gli Chasseurs royaux de Provence, nuova denominazione del Royal-Italien. In città aveva conosciuto Marie-Rosalie Lamarre, figlia di un farmacista, che sposò una settimana dopo il congedo, divenendo poi, senza troppo successo, un negoziante.
Riuscito inutile il tentativo di ottenere un posto da ufficiale nella gendarmeria allora costituita, fu con la Rivoluzione che poté tornare alla vita militare, data l’estrema necessità di elementi esperti che, dopo l’emigrazione di buona parte degli ufficiali, fossero in grado di inquadrare le guardie nazionali e i volontari. Il M., che già nel 1790 aveva aderito al club degli Amis de la Constitution, fu subito eletto capitano istruttore e quindi aiutante maggiore della guardia nazionale di Antibes, passando successivamente al 2° battaglione dei Volontaires du Var, del quale venne eletto tenente colonnello il 1° febbr. 1792, con 431 voti su 463, e poi colonnello il 1° agosto dello stesso anno.
Il suo reparto entrò in campagna sulle Alpi, operando nel contado di Nizza, soprattutto contro i «barbetti», i partigiani sabaudi. Distintosi alla presa di Sospello, il M. ebbe il comando dei campi di Brolet, Fougasses e Fourches. Promosso capobrigata (colonnello) e assegnato al 51° reggimento fanteria il 17 ag. 1793, il 22 dello stesso mese fu promosso generale di brigata. Dopo la vittoria di Castel Ginestra venne chiamato, il 14 dicembre, all’assedio di Tolone. Il 17 riuscì a impadronirsi dei forti Lartigue e Sainte-Catherine, venendo provvisoriamente elevato al grado di generale di divisione dai rappresentanti del popolo in missione il giorno 20 (e confermato nel grado il 29 ag. 1794).
Quando Tolone cadde, il M. fu per breve tempo comandante dei forti, per poi rientrare nell’Armée d’Italie, al comando dapprima della divisione del Tanaro e poi, da settembre, di quella di Tenda, con le quali, nel corso del 1794, occupò Saorgio, Ormea, il colle di Tenda e Dego. Dopo quattro mesi di malattia, nell’aprile 1795 prese il comando della 1ª divisione dell’ala destra dell’Armée che tenne fino alla battaglia di Loano (23 e 24 nov. 1795), del cui piano era stato l’autore. All’arrivo di Napoleone Bonaparte il M. ebbe il comando dell’avanguardia con cui combatté a Montenotte e a Dego. Occupata Cherasco e uscito il re di Sardegna dalla coalizione antifrancese, al M. fu affidata la 3ª divisione, alla testa della quale, passato l’Adda a Lodi il 19 maggio 1796, entrò per primo a Milano.
Si segnalò anche nelle fasi successive della campagna: vittorioso a Borghetto, il 1° giugno entrò a Verona, partecipò alle battaglie di Lonato e Castiglione, sconfisse D.S. Wurmser sotto Mantova, combatté a Caldiero e il 15-17 novembre ebbe gran parte del merito per la vittoria di Arcole. Il 12 genn. 1797 respinse gli Austriaci a San Michele e, fatte marciare le sue truppe per tutta la notte, il 15 fu a Rivoli, contribuendo in maniera decisiva alla vittoria. Inseguì poi il nemico sino all’interno dell’Austria e, il 23 aprile, fu incaricato di portare il testo dei preliminari di Leoben a Parigi per l’approvazione. Accolto con cerimonie in suo onore, il M., durante il soggiorno nella capitale, fu indotto a partecipare alle elezioni supplementari del 24 maggio per il Direttorio, ma non superò la prova. Tornato in Italia con la ratifica dei preliminari, fu destinato al comando della 1ª divisione di stanza a Padova.
Il soggiorno nella città veneta fu caratterizzato da imposizioni forzose a danno di singoli e comunità, da requisizioni dei depositi nei Monti di pietà e di argenti e opere d’arte appartenenti a chiese e conventi; il tutto, però, più a beneficio del M. e della sua cerchia che delle truppe o del governo francesi. Questo clima di rapina aveva già caratterizzato l’arrivo e la permanenza dell’Armée d’Italie, da Bonaparte all’ultimo soldato, con rare eccezioni, ma pare che il M. con la collaborazione di elementi fidati, tra cui il cugino Agostino, fatto nominare commissario di guerra, si fosse particolarmente distinto in ruberie e saccheggi. Le stesse accuse – assai spesso documentate – gli vennero mosse anche in seguito, sia nel 1800 sia nelle campagne del 1805 e 1806, oltre che in quella di Spagna; e l’avidità del M., come pure la parsimonia della moglie, divennero di dominio pubblico, a giustificazione anche del ricchissimo patrimonio messo insieme dalla famiglia.
Richiamato a Parigi alla fine dell’anno, nel febbraio 1799 il M. sostituì A. Berthier al comando delle truppe dell’Armée d’Italie distaccate nell’ex Stato della Chiesa. Giunto a Roma, vi trovò una situazione che giudicò insostenibile. L’armata, da lungo tempo senza paga pur mentre proseguiva il saccheggio delle province invase, era ormai sull’orlo della rivolta e il suo arrivo, preceduto dalla sua fama, provocò l’ammutinamento. Il 24 febbraio, 242 ufficiali si riunirono al Pantheon intimandogli di pagare gli arretrati o di lasciare subito la città, non riconoscendolo come loro comandante. L’indomani, approfittando della situazione, insorsero i popolani di Trastevere: il M. stroncò la loro rivolta, ma non quella delle proprie truppe. Fu quindi richiamato in patria e rimase ad Antibes per otto mesi, finché il 9 dicembre gli venne affidato il comando dell’Armée d’Helvétie.
Per la prima volta comandante in capo, il M. superò brillantemente la prova, dapprima tenendo a bada gli Austro-Russi e finendo poi per batterli il 25 e 26 nov. 1799 sotto Zurigo, obbligandoli a ritirarsi e salvando così la Francia dall’invasione. A novembre fu messo a capo dell’Armée d’Italie, ridotta a tre sole divisioni tra Piemonte e Liguria, con reparti allo sbando per privazioni e diserzioni. Essendogli stata tagliata la via della ritirata verso il Varo, il M. si chiuse a Genova che dal 7 apr. 1800 venne stretta d’assedio. La resistenza contro Austriaci e insorti sul fronte di terra e contro la squadra inglese sul mare si protrasse per settimane, mentre in città fame e malattie falcidiavano la popolazione e la guarnigione che, alla fine, non era neppure più in grado di effettuare sortite. Il 2 giugno una capitolazione onorevolissima, che concedeva ai Francesi il rientro in patria, pose termine alla resistenza, la cui durata aveva dato tempo a Bonaparte di passare le Alpi e portarsi alle spalle degli Austriaci.
Il 24 giugno il M. venne rimesso al comando dell’Armée d’Italie, ma per breve tempo. Ad agosto fu richiamato in Francia dal ministro L. Carnot che lo accusava di non provvedere al benessere delle sue truppe ma solo a quello personale. Poiché Bonaparte avallò tale decisione, il M. si ritirò dapprima ad Antibes, con una pensione di 30.000 franchi, e poi a Parigi. Nei dintorni della capitale acquistò una residenza, Rueil, già appartenuta al card. A.-J. du Plessis de Richelieu, e vi si stabilì. Napoleone, primo console e poi imperatore, tollerò la blanda fronda che il M. faceva alla sua ascesa, cercando, anzi, di attirarlo a sé. Così nell’ottobre 1801 gli consegnò armi d’onore, nel 1803 ne facilitò l’elezione al Corpo legislativo per il collegio elettorale della Senna, nel maggio 1804 lo elevò alla dignità di maresciallo dell’Impero e l’anno seguente lo nominò grand’aquila e comandante della 14ª coorte della Legion d’onore.
Lo riportò alle armi la guerra della terza coalizione. Il 30 ag. 1805 riprese il comando dell’Armée d’Italie, al fianco del viceré Eugène de Beauharnais; affrontò a Caldiero, in una battaglia dall’esito incerto, l’arciduca Carlo d’Asburgo e, obbligato quest’ultimo a ritirarsi dopo la capitolazione di Ulm, lo inseguì attraverso le Alpi ricongiungendosi con la Grande Armée sotto Vienna.
A fine anno venne incaricato del comando dell’Armée de Naples, che doveva porre sul trono dei Borbone Giuseppe Bonaparte. Caduta Napoli già il 14 febbr. 1806 e passata l’armata alle dirette dipendenze del fratello di Napoleone, il M., al comando del I corpo, presidiò le province settentrionali del Regno e mise sotto assedio Gaeta. Grazie anche alla presenza di una squadra navale britannica, Gaeta prolungò la resistenza fino al 18 luglio, dando così tempo agli Inglesi di sbarcare in Calabria e battere i Francesi a Maida il 4 luglio, determinando la rivolta della regione e di quelle contermini. Il M. guidò allora il contrattacco francese alternando la durezza (sacco e incendio di Lauria, 8 agosto) con le concessioni (amnistia del 1° sett. 1806), e riuscendo sul finire dell’anno ad avere un controllo, sia pure precario, di quasi tutta la Calabria.
Lasciò Napoli il 12 genn. 1807, chiamato alla Grande Armée, che raggiunse però solo dopo la battaglia di Eylau. Ebbe il comando del IV corpo, incaricato di coprire Varsavia; poi, anche per motivi di salute, a luglio fece ritorno in Francia, dove rimase sino alla fine dell’anno successivo, quando ottenne la nomina a duca di Rivoli (19 marzo); a settembre, subì un incidente di caccia durante il quale venne ferito a un occhio dal maresciallo Berthier.
Nel febbraio 1809 il M. fu nominato comandante del IV corpo dell’Armée d’Allemagne: iniziata la guerra ad aprile, in tre mesi di lotta ebbe modo di distinguersi a Passavia, a Ebersberg e soprattutto a Essling, il 22 maggio, e a Wagram il 6 luglio. A Essling la tenacissima resistenza offerta dalle sue truppe coprì la ritirata del grosso sull’isola di Lobau; a Wagram, impossibilitato a montare in sella per i postumi di una caduta, guidò da una carrozza l’ala sinistra e sostenne presso Aspern il massimo sforzo degli Austriaci. A novembre rientrò in Francia dove il 31 genn. 1810 lo raggiunse la notizia della nomina a principe di Essling. Il 10 aprile venne nominato comandante dell’Armée de Portugal, con l’incarico di espellerne gli Inglesi e completare così l’occupazione della penisola iberica.
L’impresa si rivelò subito difficilissima per diverse ragioni: scarse truppe, poca collaborazione degli altri generali, linee di comunicazione lunghissime e infestate di guerriglieri che rendevano problematico e saltuario l’arrivo di rinforzi e rifornimenti. Preso il comando a Valladolid il 10 maggio, il M. per potere penetrare in Portogallo dovette far capitolare Ciudad Rodrigo il 10 luglio e Almeida il 28 agosto. Respinto da A. Wellesley futuro duca di Wellington a Busaco il 27 settembre, riuscì poi ad aggirarne le posizioni, occupando Coimbra il 1° ottobre e obbligando il nemico a ritirarsi sulla linea fortificata di Torres Vedras, davanti a Lisbona. Per cinque mesi, fino al 6 marzo 1811, il M., privo di truppe fresche, cercò inutilmente di forzare lo schieramento nemico, iniziando poi a ritirarsi verso la frontiera spagnola. A Fuentes de Oñoro, fra il 3 e il 5 maggio, diede battaglia a Wellington, che lo inseguiva, ma non riuscì a batterlo e dovette proseguire la ritirata. A quel punto Napoleone affidò il comando supremo a A.-Fr.-L. Viesse de Marmont. Caduto in disgrazia e in non buone condizioni fisiche, il M. non ebbe più alcun comando attivo e soltanto il 16 apr. 1813 venne nominato governatore dell’8ª divisione militare a Tolone, un incarico secondario e in una regione lontana dalla guerra.
Nel 1814 il M., con un atto di piena adesione alla restaurata monarchia borbonica, riuscì a mantenere il suo incarico. Chiese e ottenne dal re le lettere di «grande naturalizzazione» che accordavano a lui, ridivenuto straniero con il ritorno di Nizza ai Savoia, oltre alla cittadinanza francese anche la possibilità di sedere alla Camera dei pari o in quella dei deputati. Al ritorno di Napoleone dall’Elba si schierò a suo favore con molto ritardo, innalzando il tricolore solo dopo il 10 apr. 1815, e a malincuore. Incontratosi con l’imperatore a Parigi, durante i Cento giorni non accettò alcun incarico, ritirandosi a Rueil e limitandosi a prendere il comando della guardia nazionale della capitale per mantenervi l’ordine dopo Waterloo. Alla seconda restaurazione borbonica dapprima si rifiutò di presiedere la corte incaricata di giudicare per alto tradimento il gen. M. Ney, allegando i suoi precedenti cattivi rapporti con l’imputato; obbligato a presiederla, dichiarò, insieme con gli altri marescialli, la sua incompetenza, cosicché Ney fu giudicato dalla Camera dei pari. Fatto segno a una campagna ostile da parte degli ultras monarchici, nel gennaio 1816 fu rimosso dal comando dell’8ª divisione militare e privato di tutti i suoi emolumenti.
Peggiorate ulteriormente le sue condizioni di salute, a causa della tisi, il M. non si mosse più da Parigi, dove morì il 4 apr. 1817 e, dopo un solenne funerale, venne deposto nel cimitero di Père-Lachaise.
Fonti e Bibl.: Il M. aveva raccolto il materiale per scrivere le sue memorie, che non ebbe però il tempo di compilare. Questo materiale fu affidato dal figlio al generale J.B. Koch, cui si deve la cura dei Memoires d’A. M., duc de Rivoli, prince d’Essling, maréchal de l’Empire, redigés d’après les documents qu’il a laissés et sur ceux de la guerre et de dépôt des fortifications, I-IV, Paris 1848-50. Per la storia militare del M. sono poi indispensabili i volumi di E. Gachot: La deuxième campagne d’Italie, Paris 1899; La première campagne d’Italie, ibid. 1901; La campagne d’Helvétie, ibid. 1904; Le siège de Gênes, ibid. 1908 e La troisième campagne d’Italie, ibid. 1911. Si vedano inoltre: J.-B. Toselli, Notice biographique sur M., Nice 1869; A. Thierry, M.: l’enfant gâté de la Victoire, Paris 1947; R. Valentin, Le maréchal M., Paris 1960; A. Corvisier, Histoire militaire de la France, Paris 1992, ad ind.; W. Serman - J.P. Bertrand, Nouvelle histoire militaire de la France, 1789-1919, Paris 1998, ad ind.; V. Ilari - P. Crociani - C. Paoletti, La guerra delle Alpi (1792-1796), Roma 2000, ad ind.; Storia militare dell’Italia giacobina (1796-1802), Roma 2001, ad ind.; V. Ilari - P. Crociani - G.C. Boeri, Storia militare del Regno murattiano, Invorio 2007, ad ind.; G. Six, Dictionnaire biographique des généraux et amiraux français de la Révolution et de l’Empire (1792-1814), Paris 1934, II, s.v.; Enc. Italiana, XXII, sub voce.