MALINCONICO, Andrea
Nacque a Napoli il 3 giugno 1635, figlio di Aniello e di Isabella d'Apice, e fu battezzato con il nome di Domenico Andrea presso la parrocchia della Carità, ora di S. Liborio (Prota-Giurleo, p. 34).
Secondo De Dominici, seguito in tale indicazione pressoché da tutte le fonti successive, il M. avrebbe svolto il proprio apprendistato nella bottega di Massimo Stanzione e la maniera del maestro sarebbe stata cruciale nella formazione del giovane artista ("fra i più bravi allievi che uscirono dalla numerosa e fiorita scuola del cavalier Massimo Stanzione": p. 293). Si direbbe, peraltro, più opportuno considerare l'influenza stanzionesca come una componente presente ma tutt'altro che esclusiva del linguaggio pittorico giovanile del M., da valutare in combinazione con altri punti di riferimento significativi. Tra questi, in ambito naturalistico, la pittura di Andrea Vaccaro; mentre, entro un quadro d'influenze aperto alle suggestioni classicistiche e barocche (pur esse di evidente significato nella realtà artistica partenopea e nella produzione del M.), s'impone il riferimento all'arte di Anton Van Dyck, Francesco Guarino, Bernardo Cavallino e Charles Mellin, che fu a Napoli tra il 1643 e il 1647 e nel 1646 ultimò l'Annunciazione per S. Maria Donnaregina, veicolando degnamente alcune delle novità legate allo stile di Nicolas Poussin. Di tale trama di referenti e varietà d'accenti possono essere considerate efficaci testimonianze la Rebecca al pozzo (Bari, Pinacoteca provinciale), la Maddalena penitente, siglata "A.M.", di collezione privata romana (ripr. in Bologna, fig. 11), e la Susanna e i vecchioni in deposito al Museo del Sannio di Benevento, firmata: tutte opere, la cui esecuzione non dovrebbe superare il principio degli anni Sessanta.
Il 15 luglio 1658, ancora residente con il padre nella dimora di Giovan Girolamo Acquaviva d'Aragona duca delle Noci, presso S. Biagio dei Librai, il M. prese in moglie Antonia De Popoli, sorella del pittore Giacinto.
Alle nozze che si celebrarono nella parrocchia della Carità, il M. ebbe come testimoni i pittori Andrea Vaccaro e suo figlio Nicola, ciò che indusse Prota-Giurleo, anche alla luce delle risultanze stilistiche, a stimare plausibile un alunnato del M. piuttosto presso Vaccaro che presso Stanzione (p. 35). La coppia ebbe sei figli, due dei quali, Oronzo e Nicola, seguirono le orme professionali del padre.
Databile con buona approssimazione negli ultimi anni del settimo decennio (Bologna, pp. 357 s.) è il S. Giuseppe con in braccio Gesù Bambino che addita l'immagine della Croce della chiesa del monastero di Suor Orsola Benincasa, firmato "And.a / Malinco / nico": una tela che indica una fase di maturazione del linguaggio del M., capace di portare a più compiuta unità la moltitudine di suggestioni che si è vista affacciarsi e incidere nella sua fase di formazione.
Si può evincere dai pur radi documenti disponibili che il M. ebbe anche una non sporadica attività di ritrattista, alla quale è purtroppo assai difficile associare opere sicure. Di certo, nel 1670 il M. eseguì un ritratto, oggi irreperibile, del Principe di Torella (D'Addosio).
Al principio dell'ottavo decennio dovrebbe risalire l'esecuzione della Madonna della Purità, per il Pio Monte della misericordia di Napoli; mentre si colloca nel 1676 l'Assunzione della Vergine per il soffitto della chiesa di S. Maria delle Grazie a Calvizzano, firmata e datata, per la quale il 4 sett. 1676 il M. ricevette un acconto di 50 ducati da "Juorio et Gioseppe Visconte Maestri della Chiesa" (Izzo, p. 25). In quest'ultima opera risaltano con particolare evidenza i richiami a Stanzione e a Guarino. Ma la maturità artistica - piuttosto inevitabilmente, verrebbe da aggiungere - condusse il M. a confrontarsi vieppiù con la maniera regalmente barocca di Luca Giordano, conducendolo verso un ruolo quasi di anticipazione della pittura di Francesco Solimena, come si evince con sempre maggiore chiarezza attraverso le opere di destinazione ecclesiastica eseguite negli ultimi due decenni del secolo.
Quasi certamente nella prima metà del nono decennio il M. eseguì le quattro tele per la chiesa matrice di Paceco, in provincia di Trapani, da cui traspare uno spettro d'influenze ormai decisamente virato nel senso del più aggiornato stile barocco (Bologna, pp. 353-356): la Natività di Maria, ispirata al dipinto di analogo soggetto eseguito da Luca Giordano per la chiesa dei Ss. Apostoli a Napoli; l'Immacolata Concezione, utilmente raffrontabile alle tele dello stesso tema realizzate intorno al 1683 da Giordano per la chiesa napoletana di S. Maria dei Miracoli (ma tenendo a mente anche le opere napoletane di Charles Mellin); la Trinità che accoglie in cielo i ss. Rosalia e Carlo Borromeo, e infine la Madonna con cinque santi.
Tra il 1679 e la fine del 1687 il M. fu assiduamente impegnato nella chiesa di S. Maria dei Miracoli, che di fatto divenne una sorta di museo della sua arte.
A lui, infatti, si deve quasi integralmente la realizzazione degli imponenti arredi pittorici della chiesa, con l'eccezione della pala dell'altare maggiore, compiuta da A. Vaccaro, della decorazione della cupola, opera di Giovan Battista Beinaschi, e di pochi altri dipinti (per una trattazione sistematica e per i riferimenti documentari si veda il saggio di Nappi). Il M. eseguì dunque due dipinti in controfacciata con S. Pietro e S. Paolo; rappresentò sui pilastri ai lati della sagrestia e dell'entrata laterale i Quattro dottori della Chiesa e i Quattro evangelisti; per la volta della navata dipinse nel 1687 quattro tele con episodi della vita della Vergine. Totalmente di responsabilità del M. sono poi le decorazioni pittoriche delle prime due cappelle di destra e della prima di sinistra; e ancora alla sua mano si debbono la tela sull'altare della cappella del braccio destro del transetto e le due tele laterali in quella del braccio sinistro. Il M., infine, eseguì le due tele poste ai lati dell'altare maggiore. La gran parte di questi dipinti furono descritti dettagliatamente e con trasparente apprezzamento da De Dominici (pp. 294 s.). Al 1687, l'anno in cui il M. ultimò il suo impegno per S. Maria dei Miracoli, dovrebbe risalire anche l'Annunciazione, firmata, della Real Casa dell'Annunziata a Napoli (D'Addosio).
Oltre ad alcune altre opere del M. che sono ancora situate all'interno di chiese partenopee (Gesù Vecchio, Girolamini), è il caso di segnalare anche che De Dominici, ripreso da Ceci, ebbe a citare diversi ulteriori cimenti del M. per chiese napoletane di cui oggi non è però dato trovare traccia. A detta dello storico, infatti, si ammiravano tele di sua mano in S. Giuseppe dei Ruffi e soprattutto in S. Francesco delle Monache, presso S. Chiara (ove dovevano trovarsi, nella navata e nella tribuna, almeno undici dipinti del M., dei quali viene accuratamente descritto il soggetto: p. 293) e in S. Maria della Sapienza ("Nella chiesa della Sapienza dipinse similmente i quadri intorno alla nave, e sopra gli archi delle cappelle; ove espresse varie azioni miracolose del Redentore, che alludono alla Divina Sapienza, e son queste storie migliori delle anzidette della chiesa di S. Francesco": p. 294).
L'ultima opera documentata del M. risulta essere un ritratto del Principe di Roccafiorita di Palermo (ubicazione ignota), eseguito nel 1696 (D'Addosio).
Il M., come riportano i registri della Confraternita dei Ss. Anna e Luca dei professori di pittura, morì a Napoli il 4 ott. 1698, lasciando in eredità ai sei figli beni per un ammontare complessivo di 894 ducati (Prota-Giurleo, p. 36).
Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite dei pittori, scultori ed architetti napoletani (1742-43), III, Napoli 1844, pp. 293-295; G.B. D'Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani dei secoli XVI e XVII (1920), Napoli 1991, p. 78; G. Ceci, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, Leipzig 1929, p. 594; U. Prota-Giurleo, Pittori napoletani del Seicento, Napoli 1953, pp. 34-39; E. Nappi, La chiesa di S. Maria dei Miracoli, in Napoli nobilissima, s. 3, XXI (1982), pp. 196-218; C. Fiorillo, Francesco Di Maria(, ibid., XXIII (1984), pp. 46, 47, 53, 54; S. Schütze - T.C. Willette, Massimo Stanzione, l'opera completa, Napoli 1992, pp. 128, 148; F. Bologna, A. M. in Sicilia. E anche qualche chiarimento sul suo esordio, in Studi in onore di Michele d'Elia, a cura di C. Gelao, Matera 1996, pp. 353-365; M. Izzo, Una "Assunta" di A. M. a Calvizzano, in Napoli nobilissima, s. 5, IV (2003), pp. 21-26.