LUCCHESI PALLI, Andrea
Nacque a Messina il 16 apr. 1692 (fu battezzato il 24) da Fabrizio, duca di Adragna dei principi di Campofranco, e da Anna Avarna dei baroni di Manganisi. Fu fratello minore di Giuseppe (poi generale imperiale e governatore di Bruxelles, caduto nel 1757 a Leuthen al comando della cavalleria austriaca) e di Francesca, primogenita, dal 1710 monaca a S. Maria di Basicò in Messina, che gli cedette le sue ragioni patrimoniali.
La nascita del L. fu circondata a lungo di reticenze perché si riteneva che il padre fosse un illegittimo. Un fortunoso ritrovamento a fine Ottocento ristabilì la verità: il testamento del nonno del L., Salvatore Lucchesi dei baroni di Delia, dal 1679 principe di Campofranco come marito della cugina Francesca (pure Lucchesi Palli), definisce il padre del L., Fabrizio, "filius legitimus et naturalis ipsius testatoris natus et procreatus". La famiglia, scesa in Sicilia con il "gran conte" Ruggero il Normanno, si riteneva originaria del castello di Tre Palli presso Lucca, e fiorì in Messina, Sciacca e altrove con gran numero di personaggi illustri in tutti i campi; si chiamò solo Lucchese, o Lucchesi, fino alla fine del XVII secolo, quando aggiunse Palli in memoria del luogo di origine.
Morto il padre l'8 ag. 1707, il L. acquisì il titolo di conte ed ebbe per tutore uno zio materno, il sacerdote F. Avarna, già maestro razionale del tribunale del Regio Patrimonio, che contribuì a spingerlo verso la carriera ecclesiastica; compiuti gli studi presso i gesuiti di Messina, il 23 luglio 1715 si laureò in teologia (poi in filosofia) nell'università cittadina. Fu ordinato sacerdote il 1( nov. 1716 dal teatino B. Castelli, vescovo di Mazara del Vallo, perché, a causa delle controversie allora in atto fra governo e clero siciliano, i presuli di Messina, Catania e Agrigento (all'epoca Girgenti) erano stati esiliati e le loro diocesi sottoposte a interdetto, tolto solo dopo il giugno 1718, quando cessò la breve sovranità sabauda in Sicilia.
Sul periodo immediatamente successivo mancano notizie; risulta però che il L. partecipò alla fioritura culturale che portò in quegli anni alla nascita sull'isola di importanti accademie. Dal Diario palermitano di A. Mongitore risulta che il 2 ott. 1720 partecipò, nel palazzo del principe P. Filangieri di Santa Flavia, a una seduta dell'Accademia del Buon Gusto, una delle più illustri della Sicilia, sorta nel 1718. Fu dunque a Palermo che il giovane L. si formò culturalmente, sembra sotto la guida di alcuni dei fondatori di quell'accademia, fra cui l'arcidiacono del duomo L. Migliaccio e D. Schiavo, in stretto contatto e corrispondenza con le principali accademie italiane e straniere. Mancano notizie di lui fino al 1729, quando venne nominato tutore di tre pronipoti, figli del principe Emanuele, e poi fino al 28 febbr. 1733, quando il Diario di Mongitore lo dice presente alla processione per la fondazione dell'albergo dei poveri, cui parteciparono in massa il clero, la nobiltà e le istituzioni, forse come canonico della cattedrale (nella processione fu al seguito della croce capitolare, portata dall'arcidiacono); è invece certo che non fu mai dei chierici regolari teatini, come fu poi opinione diffusa. Nell'ottobre 1754, poco dopo la nomina ad arcivescovo di Palermo di M.P. Cusani, F.M. Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, annota che "Mons. Arcivescovo dichiarò suo Vicario Generale Monsignor Andrea Lucchese e Averna, dei principi di Campofranco, nato in Messina, ma cittadino palermitano per suo domicilio, tenuto in essa città di Palermo" (Della Sicilia nobile, II, 2, Palermo 1754, pp. 96 s.). Tuttavia il L. resse la carica per meno di un anno: era allora in atto un movimento di nomine a sedi vescovili siciliane, fra cui quella di Girgenti, vacante per la morte di L. Gioeni e Cardona avvenuta il 26 sett. 1754. Così il 22 maggio 1755 Carlo di Borbone propose il L. per quella sede, e Benedetto XIV ne confermò la nomina nel concistoro segreto del 21 luglio. Il 27 successivo egli venne consacrato a Roma dal cardinale G.F. Portocarrero, e il 1( agosto fu nominato assistente al soglio e prelato domestico. È importante ricordare che proprio nel lungo periodo palermitano (1716-55) egli fece acquisto della maggior parte dei libri, codici, monete e medaglie destinati a costituire il nucleo della sua futura donazione, provvedendovi per oltre 18.000 scudi "co' miei propri denari, e co' frutti del mio patrimonio, prima d'essere io Vescovo di Girgenti" (come terrà a sottolineare nel testamento e in altri documenti). Prese possesso della diocesi il 13 agosto. Uno dei primi atti del suo governo fu la pubblicazione di Ordinamenti e istruzioni per le visite pastorali (Girgenti 1756).
Il documento, minuzioso e severo, prescrive pratiche di frugalità e semplicità che evitino spese e festeggiamenti eccessivi, comminando gravi castighi a chi del seguito accetti regalie anche minime o trattamenti privilegiati. Le visite, iniziate il 28 ott. 1755, si svolsero ogni anno fino al 1764; i numerosi decreti emessi nel corso di esse evidenziano la pietà e carità del L., che a Sciacca ebbe anche occasione di mostrarsi fermo nel salvaguardare i privilegi vescovili. Ebbe qualche controversia con il capitolo della cattedrale, tra l'altro sull'uso delle 200 once annuali che la mensa vescovile doveva alla fabbriceria della cattedrale e sulle modalità di conferimento dei canonicati. Si dedicò a ristrutturare e ampliare il palazzo vescovile e il seminario, al quale nel 1757 assegnò benefici, sostituendo poi nell'insegnamento i domenicani con sacerdoti diocesani di sua fiducia e completando la costruzione dell'ala nuova, iniziata dal suo predecessore. Nel 1755 a Roma aveva conosciuto Alfonso Maria de' Liguori, e aveva preso accordi per affidare ai liguorini le missioni di predicazione nella sua diocesi, fino ad allora tenute da gesuiti e francescani. Il progetto non poté realizzarsi fino al 1761, ma il rapporto con quella Congregazione divenne importante: per essa egli aumentò considerevolmente la dotazione finanziaria delle missioni, e, per assicurarne la permanenza a Girgenti anche dopo la propria morte, la legò al grande progetto di una biblioteca.
Tra i documenti pubblicati dal L. si ricordano: Notificazione sopra l'osservanza delle feste, Girgenti s.d. [ma 1759]; Istruzione pastorale sopra la clausura delle monache, ibid. s.d. [ma 1763]; Diocesana contro i regolari che oseranno contravvenire al rituale romano( (ibid. 1764); Istruzione pastorale sovra la comunione (ibid. 1765); Raccolta di alcune notificazioni( (Palermo 1765). Della sua carità vi sono numerose testimonianze (arrivò a dispensare in elemosine 6000 scudi all'anno); essa si manifestò particolarmente nella grave carestia del 1762-63, quando, preposto dal viceré all'Annona della città, fece comprare grano dovunque a qualsiasi prezzo, affrontando gravi sacrifici personali per alleviare la fame delle popolazioni. Fu rigoroso e tenace nelle convinzioni, anche nei riguardi dell'autorità civile, come quando, avendo ricevuto da Napoli ordinanze che riteneva lesive per i diritti della Chiesa, pur facendole affiggere come era ordinato, proibì sotto pena di scomunica che venissero eseguite.
La realizzazione per la quale il L. viene maggiormente ricordato fu la grande biblioteca pubblica che porta il suo nome, per la quale non risparmiò impegno, sforzi e mezzi finanziari. L'impresa ebbe inizio nel 1760 con l'acquisto delle aree attigue al palazzo vescovile, sulle quali in un quinquennio sorsero gli edifici destinati a ospitare le raccolte librarie e numismatiche.
Essi furono costituiti da sei ampi locali al pianterreno, con un cortile interno, e da 14 vani al primo piano, da adibirsi alla custodia dei libri e all'abitazione del bibliotecario e del suo vice, con una grande aula decorata da artistici scaffali lignei di artigiani locali, da un ballatoio cinto da ringhiere di ferro battuto e da una statua marmorea del donatore scolpita da G. Orlando. Il secondo piano, aggiunto in seguito, sarà composto di 20 vani.
L'atto di donazione alla cittadinanza agrigentina, rogato dal notaio G. Giudice il 16 ott. 1765 e corroborato da due bolle di Clemente XIII del 10 dicembre dello stesso anno, prevedeva con grande minuzia le modalità di funzionamento e le regole di amministrazione dell'istituzione; fu confermato solennemente, salvo piccole modifiche, dal rogito 28 sett. 1768 del notaio A. Diana, pochi giorni prima della morte del fondatore.
Con questi due atti il L mirò a svincolare la fondazione da ingerenze delle autorità, civili e religiose (specialmente dei suoi successori nel vescovato), fornendole personalità giuridica di ente morale autonomo e dotandola di rendite necessarie per il funzionamento, gli stipendi del bibliotecario e del personale, l'acquisto di nuovi libri (questa volontà di autonomia sarà nei secoli fonte di non poche controversie, a cominciare da quelle con gli eredi stessi del vescovo). Volle che le regole per la frequentazione della biblioteca fossero eternate su una lapide in latino posta nell'ingresso. Deputati ad amministrare l'ente (dopo quelli nominati personalmente dal L.) furono il ciantro, il tesoriere e i due primi presbiteri pro tempore del capitolo della cattedrale, che avrebbero dovuto in perpetuo eleggere a bibliotecario (con l'uso dei locali a tale carica destinati) un liguorino, purché dotato di sufficiente cultura, il che avvenne quasi sempre fino al 1856; a quella Congregazione il vescovo lasciò per testamento anche i terreni per costruire una casa e l'uso dell'adiacente chiesa dell'Itria.
Il L. aveva suddiviso per argomento le collezioni che costituirono il nucleo originario della biblioteca, stimato in oltre 20.000 volumi: circa 18.000 testi di teologia, letteratura, diritto e scienze (84 rarissimi e 410 stampati tra il 1472 e il 1550, fra i quali La protesta dei Messinesi di Manfredi Zizo [Messina, Heinrich Alding, 1478], ritenuta il primo libro stampato in Sicilia); 180 manoscritti italiani, greci e latini (fra cui un prezioso Sallustio); 32 codici arabi di gran pregio, datati dal 986 al XVI secolo (Amari).
I libri erano "descritti in un volume in folio che contiene il catalogo di essi" (atto di Donazione della biblioteca(, c. 3: si tratta probabilmente di un volume di 227 carte, mancante delle pagine iniziali e finali, rilegato in pergamena con il dorso in cuoio, oggi con la segnatura Mss., II.1-12-C-64, che indica ogni opera per autore, titolo, luogo di stampa, editore, formato e numero di pagine). Nel tempo, al fondo originario si unirono le raccolte delle corporazioni religiose soppresse in Agrigento (circa 8000 volumi provenienti dai conventi di S. Anna, S. Francesco di Paola, dei cappuccini e dei mercedari) e varie donazioni e legati.
Nel 1990 il patrimonio librario è risultato di circa 47.000 volumi e opuscoli (35.000 anteriori al 1800), con 82 incunaboli, 3000 cinquecentine (La Mantia) e molte edizioni rare o di pregio. Vi sono inoltre 350 manoscritti e i 32 codici arabi sopracitati.
Un altro settore della donazione del L. presentava grande pregio: la ricca collezione (circa 1200 pezzi) di monete e medaglie "imperiali, consolari, siciliane, greche e cartaginesi, conservate in un gran medagliere lavorato di noce [(] come pure alcuni monumenti antichi d'oro e di altre specie, non che alcune corniole". Di questo tesoro numismatico non resta quasi nulla: una parte era già scomparsa nelle complesse vicende ottocentesche della biblioteca; il resto fu saccheggiato durante i traslochi imposti dal crollo del tetto, la notte del 22 dic. 1963, fino alla restituzione seguita ai restauri, nel luglio 1979 (cfr. De Gregorio, pp. 75-198).
Dal settembre 1768 la salute del L. declinò rapidamente: conscio della fine imminente, perfezionò la donazione mediante il citato atto di conferma; il 21 marzo 1762 aveva già sottoscritto il testamento, che il 10 ott. 1765 affidò in custodia al notaio A. Diana.
Il L. morì a Girgenti il 4 ott. 1768.
Le spoglie imbalsamate vennero esposte nel palazzo vescovile fino al 7 ottobre, quando ebbero luogo i funerali e fu aperto il testamento. Gli fu eretto nella cattedrale un grandioso monumento funebre, da lui fatto progettare a Roma, che venne danneggiato da una frana nel 1966.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Congregazione del Concilio, Visite ad limina, Agrigentin., 18 (a p. 563 il L. dichiara che tutti gli acquisti di libri derivano dal suo privato patrimonio); Arch. di Stato di Agrigento, Atti notarili, Notaio C. Palumbo, vol. 1651, anni 1762-63: Donatio pro operibus piis cum ill.mo et rev.mo ep.o Ag.no, 3 nov. 1762; Notaio A. Diana, voll. 796: Obbligazione per la prosecuzione della fabbrica del palazzo vescovile, 16 sett. 1765; 799: Conferma della donazione della biblioteca, 28 sett. 1768; 801: Apertura del testamento di A. L. v.vo di Girgenti, 7 ott. 1768; Notaio G. Giudice, vol. 3309: Donazione della Biblioteca Lucchesiana al popolo agrigentino, 16 ott. 1765; Agrigento, Arch. della Curia vescovile, Atti dei vescovi, voll. 1755-1766; Ibid., Archivio capitolare, Registro delle visite pastorali di mons. L.; Verbali di sedute, vol. VI (a c. 55r concessione del posto in cattedrale per il mausoleo del L.); Ibid., Arch. della Biblioteca Lucchesiana, 11, VI (costruzione dell'edificio della biblioteca); Brunnsee, Arch. Lucchesi Palli, Acquisto e passaggio dello Stato di Campofranco, f. 330, 12 luglio 1730; P. Bentivegna, in Opuscoli di autori siciliani, IV, Palermo 1760, p. XI (sull'attività edilizia del L.); V.S. Palermo, In funere Iosephi Lucchesii supremi in Austriaco exercitu equitatus ducis ad Andream Lucchesium fratrem, ibid., IX, Palermo 1767, pp. 337 s.; J.H. Bartels, Briefe über Sizilien, Göttingen 1791, pp. 382-384; I.P. Paternò di Biscari, Viaggio per le antichità della Sicilia, Palermo 1817, p. 182; P. Politi, Il viaggiatore in Girgenti, Palermo 1842, pp. 77-79; D. Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, I, Palermo 1859, p. 17; G. Picone, Memorie storiche agrigentine, Girgenti 1866, pp. 578 s., 604; M. Amari, Catalogo dei mss. arabi esistenti nella Biblioteca Lucchesiana di Agrigento, Firenze 1869; Id., Abbozzo dei mss. arabi della Lucchesiana, Palermo 1869; A. Mongitore, Diario palermitano, in Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, a cura di G. Di Marzo, IX, Palermo 1871, p. 40; V. La Mantia, Sui libri rari del secolo XV esistenti nella Biblioteca Lucchesiana di Girgenti, in Il Propugnatore, XIV (1881), pp. 143-152; A. Lauricella, Notizie storiche del seminario e del collegio dei Ss. Agostino e Tommaso di Girgenti, Girgenti 1897, p. 96; A. Mancini, I codici latini della Biblioteca Lucchesiana di Girgenti, in Rass. di antichità classica, 1898, nn. 4-5, pp. 129-132; R. Gaglio, A. L., in La Sicilia sacra, IV, Palermo 1902, pp. 483-486; C. Frati, Diz. bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani, Firenze 1933, p. 307; Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, s.v.; A. Daneu Lattanzi, Per la rinascita della Biblioteca Lucchesiana, in Akragas, 1946, n. 2, pp. 13-17; Id., Sistemazione radicale della Biblioteca Lucchesiana, in Sicilia del popolo, 4 apr. 1947; R. Telleria, S. Alfonso M. de Ligorio, Madrid 1951, I, pp. XVIII, 305, 557, 625; II, pp. 97, 455-457; M. Parenti, Aggiunte al Diz. bio-bibliografico( di C. Frati, Firenze 1959, s.v.; S. Giammusso, I redentoristi in Sicilia, Palermo 1960, pp. 35 s., 128-131, 179, 185 s.; F. Pillitteri - G. Testa, A. vescovo di Girgenti e la Biblioteca Lucchesiana, Palermo 1986; L. Sciascia, La biblioteca di Mattia Pascal, in Id., Fatti diversi di storia letteraria e civile, Palermo 1989, pp. 94-101; D. De Gregorio, Biblioteca Lucchesiana, Agrigento, Palermo 1993 (in particolare pp. 17-36); Hierarchia catholica, VI, p. 71.