LANCIA, Andrea
Notaio fiorentino, fiorito nella prima metà del secolo XIV. Nel 1355 chiese alla Signoria di Firenze che le Riformagioni si scrivessero in volgare e delle antiche scritte in latino si facesse la traduzione. Egli stesso ne tradusse parecchie, fra le quali la legge suntuaria fatta dal comune di Firenze nel 1355 (ediz. in L'Etruria, I, pp. 266 e 429). Questo amore per il volgare è anche documentato dalle versioni che fece di varie opere (ma non tutte quelle che gli sono attribuite appartengono a lui), fra le quali l'Eneide, tradotta in prosa non dal testo virgiliano, ma da una riduzione di essa in prosa latina di un frate minorita, Anastasio (ediz. ult. in L'Etruria, I, pp. 162, 221, 296, 497, 625, 745). Sembra che sia suo il commento alla Divina Commedia che va sotto l'appellativo di Ottimo.
Bibl.: C. De Batines, A. L. scrittore fiorentino del Trecento, in L'Etruria, I, pp. 18-27; L. Bencini, Intorno alle opere di A. L., in L'Etruria, I, pp. 140-155; P. Fanfani, Una lettera di A. L. e due favole d'Esopo, in L'Etruria, I, pp. 105-106; E. G. Parodi, Rifacimenti e traduzioni dell'"Eneide" di Virgilio prima del Rinascimento, in Studj di filol. romanza, II, p. 312 segg.; E. Bellorini, Note sulle traduzioni italiane dell'"Ars amatoria" e dei "Remedia Amoris" di Ovidio, Bergamo 1892; L. Rocca, Di alcuni commenti della Divina Commedia, ecc., Firenze 1891, p. 325 segg.; G. Vandelli, Una nuova redazione dell'Ottimo, in Studi Danteschi, XIV, p. 102. Non pare che siano di A. L. alcune novelle edite col suo nome dal Papanti, Bologna 1873; cfr. Novellino, ediz. L. Di Francia, Torino 1930, p. 172, n. 1.