GALLUZZI, Andrea
Nacque a Piacenza, nella parrocchia di S. Gervaso, il 24 ag. 1689 da Antonio Francesco e da Teresa Gibertini. Risiedette successivamente nella parrocchia di S. Maria degli Speroni quindi, nel 1711, si trasferì nella vicinia di S. Martino in Foro (Fiori, 1972).
Allievo di Francesco Galli Bibiena, che lo formò alla quadratura, alla pittura di architettura e alla scenografia, il G. viene ricordato dal contemporaneo G. Zanotti come "buon pittore ed architetto". A Piacenza frequentò verosimilmente anche i Natali, celebre famiglia di quadraturisti cremonesi attiva in città e nelle residenze del territorio.
Nella seconda metà del primo decennio il G. affiancò il cugino Giovanni Battista Galluzzi nella decorazione a quadratura del transetto, del coro e del presbiterio della chiesa piacentina di S. Vincenzo (Carasi assegnava invece al solo G. questa impresa). Come il cugino, anche il G. ebbe una committenza varia ed esigente che lo impegnò in numerose imprese sia in città, sia nel territorio piacentino, a cominciare da palazzo Farnese, all'interno del quale affrescò a quadratura una sala al piano nobile. Nel territorio gli spetta la decorazione del coro della chiesa di Vigolo, non lontano da Bettola, in alta Val Nure.
Nel 1716 il G. si trasferì alla corte di Modena. Nella capitale del Ducato estense fu attivo come scenografo e apparatore teatrale. Lavorò per il teatro Molza realizzando, su disegno del suo maestro Galli Bibiena, le scene dell'Enigmadisciolto e del Lucio Vero, quindi operò autonomamente firmando gli allestimenti delle opere Il Fernando (1717); L'Eudamia e Alessandro cognominato Severo (1718); Arsace e Li veri amici (1719). Nel 1720 progettò Il tempio della Gloria, un apparato pirotecnico, allestito per le nozze di Francesco III d'Este con Carlotta Aglae d'Orléans, rappresentato nell'incisione di L. Quadri contenuta nel libretto Descrizione della gran machina…per le nozze del duca Francesco III d'Este (Benassati, p. 226).
L'interesse della macchina ideata dal G., la cui tipologia, documentata dal disegno del reggiano Andrea Tarabusi, ebbe una successiva riproposizione nella macchina per le nozze di Antonio Farnese con Enrichetta d'Este celebrate a Parma nel 1728, consiste nella citazione di elementi costruttivi e decorativi propri della cultura romana. Il G. seppe infatti abilmente declinare derivazioni formali bibienesche con gli stilemi dell'apparato effimero in voga a Roma.
A Modena, appena dopo avere realizzato nel 1727 la ristrutturazione del convento dei domenicani modificando un precedente progetto del frate Domenico Agnani, il G. ideò la nuova facciata della seicentesca S. Bartolomeo.
I gesuiti intendevano da tempo completare la loro chiesa che si affaccia sulla strada dei Servi; l'occasione decisiva fu fornita dalla canonizzazione, proclamata da Benedetto XIII nel dicembre 1728, di Stanislao Kostka e Luigi Gonzaga. Il G. intervenne sia come inventore di un apparato effimero, in questo caso il "teatro" per la canonizzazione dei due santi gesuiti, sia come architetto responsabile della facciata. Rispetto alle soluzioni inizialmente proposte, delle quali si conserva un'interessante documentazione iconografica, quella elaborata dall'architetto piacentino risulta caratterizzata da una cifra meno sontuosa e trionfalistica, all'insegna di una maggiore sobrietà.
Sul volgere del terzo decennio lavorò nel duomo di Modena: fra il 1728 e il 1729 sono infatti documentati alcuni pagamenti a suo favore per la ristrutturazione della volta della cripta (Baracchi Giovanardi, p. 124).
Nel 1730, anno in cui risulta per la prima volta tra gli iscritti all'Accademia Clementina di Bologna, il G. si trasferì alla corte di Mantova dove, secondo la Lenzi (p. 170), era già stato nel 1720 quando firmò l'allestimento scenico della Candace o siano Li veri amici rappresentata al teatro Arciducale. A Mantova il G., da tempo collaboratore dei Bibiena, completò il teatro Nuovo che era stato iniziato da Ferdinando Galli Bibiena nel 1706. Il teatro fu inaugurato nel 1733 con il Caio Fabrizio, spettacolo per il quale il G. ideò anche le scene. Sempre a Mantova, il G. affrescò la chiesa dell'Immacolata Concezione (Cadioli) e ricevette la prestigiosa carica di architetto della fabbrica di S. Andrea, oltre a intervenire nel dibattito per la costruzione della cupola del duomo (Grassi).
Non si conosce l'anno di morte del G., che presumibilmente avvenne dopo il 1743.
In quell'anno, infatti, lo stampatore modenese Francesco Torri aveva annunciato con la stampa di un manifesto la pubblicazione di un trattato di architettura civile del G., opera che, a quanto è dato sapere, non fu mai data alle stampe e della quale non è stato rinvenuto il manoscritto: nel manifesto il G. è indicato come "Architetto della regia Arciducal Camera di Mantova e Soprintendente ai Teatri della medesima per la Maestà sua la Reina d'Ungheria e di Boemia" (Archivio di Stato di Modena, Archivio per materie, Architetti, b. 37).
Fonti e Bibl.: Commentari alla "Storia della Accademia Clementina" di G.P. Zanotti (1739), a cura di A. Ottani Cavina - R. Roli, Bologna 1977, p. 329; G. Cadioli, Descrizione delle pitture, sculture, e architetture… nella città di Mantova e ne' suoi dintorni, Mantova 1763, p. 66; C. Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, pp. 121-123; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, p. 226; L. Ambiveri, Gli artisti piacentini, Piacenza 1879, pp. 130 s.; L. Grassi, Province del barocco e del rococò. Proposte di un lessico di architetti in Lombardia, Milano 1966, p. 191; G. Fiori, Documenti biografici di pittori piacentini…, in Arch. stor. per le prov. parmensi, XXIV (1972), pp. 194 s.; G. Amadei, I 150 anni del Sociale nella storia dei teatri di Mantova, Mantova 1973, pp. 64 s.; G. Benassati, in Architettura, scenografia, pittura di paesaggio (catal.), Bologna 1980, pp. 226 s., 268 s.; S. Cattadori, in Società e cultura nella Piacenza del Settecento (catal.), II, Piacenza 1979, pp. 76, 103; M.A. Lazzarelli, Pitture delle chiese di Modena (1714), a cura di O. Baracchi Giovanardi, Modena 1982, p. 124; D. Lenzi, Dal Seghizzi al Monti ai Bibiena…, in Il Seicento nell'arte e nella cultura con riferimenti a Mantova, Atti… Mantova 1983, Cinisello Balsamo 1985, p. 170; F. Arisi, G.P. Panini, Roma 1986, pp. 14 s.; A. Coccioli Mastroviti, F. Natali nell'oratorio delle Grazie a Parma…, in Aurea Parma, LXX (1986), p. 233; Id., Architettura e decorazione negli edifici religiosi dei teatini: le chiese di S. Vincenzo a Piacenza e di S. Cristina a Parma, in Arch. stor. per le province parmensi, XL (1988), pp. 337 s.; P. Ceschi Lavagetto, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, I, p. 237; A. Coccioli Mastroviti, ibid., II, pp. 725 s. (con bibl.); Id., Piacenza 1680-1760. Spazi architettonici spazi dipinti nell'età di Panini, Piacenza 1993, p. 8; P. Venturelli, L'immagine del sacro nell'età di Panini, ibid., pp. 34 s.; A. Coccioli Mastroviti, Le quinte dell'abitare: il palazzo dei marchesi Baldini…, in Strenna piacentina, 1993, p. 63; G. Fiori, Documenti biografici di artisti e personaggi piacentini dal '600 all'800 nell'Archivio vescovile di Piacenza…, ibid., 1994, p. 77; A. Coccioli Mastroviti, L'architettura del Settecento a Piacenza…, in Il palazzo della prefettura di Piacenza, a cura di F. Arisi, Piacenza 1995, p. 75; Id., in La chiesa di S. Margherita e S. Liberata, a cura di F. Arisi, Piacenza 1996, p. 85; Id., Gianbattista e A. Galluzzi architetti, decoratori e scenografi da Piacenza alle corti del Nord Italia e di Madrid, in Strenna piacentina, 1997, pp. 126-139 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 131 s.