GALLERANI, Andrea (Andrea da Siena)
Figlio di Ghezzolino, come attesta una glossa del 1437 apposta nel manoscritto trecentesco contenente la sua più antica biografia (Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, K.VII.2: Legenda beati Andree Senensis, c. 158v; ora edita in Acta sanctorum), nacque nei primi anni del XIII secolo in una ricca e potente famiglia senese. La sua gioventù fu probabilmente inquieta e dedita alle armi. Il suo biografo seicentesco, padre Raimondo Barbi, afferma - sulla base di fonti precedenti altrimenti non note - che combatté contro gli Orvietani a Campiglia d'Orcia nel 1219, uccidendo il loro capitano Andrea Martinelli. In seguito il G. fu protagonista a Siena di un episodio di violenza, forse una rissa tra bande di giovani; alcuni biografi (Tommasi, Barbi) ritengono che in quell'occasione il G. abbia ucciso un blasfemo, di cui non sopportava udire le orribili bestemmie. In ogni caso, colpito da bando, fu costretto a scappare e a rifugiarsi in Maremma. Dopo qualche tempo, pensando che l'episodio fosse stato dimenticato, decise di tornare in città. La Legenda narra che sulla strada del ritorno il G. avrebbe incontrato gli armati del podestà, ma sarebbe riuscito a sfuggire loro grazie a una nube che, sorta dalla gora di un vicino mulino, lo avrebbe sollevato da terra e portato lontano.
Il G. avrebbe visto nell'episodio un segno divino e avrebbe deciso allora di cambiare vita, dedicandosi alla preghiera e soprattutto alle opere di carità. Sempre secondo il racconto della Legenda avrebbero cominciato a verificarsi miracoli: moltiplicazioni di farina e di vino, guarigioni prodigiose, apparizioni di Gesù. Infine la Vergine - cui era particolarmente devoto - sarebbe apparsa al G. nella chiesa di S. Cristoforo, e gli avrebbe annunciato la prossima morte. Tornato a casa, egli avrebbe comunicato tale profezia, indicando la domenica seguente come giorno della morte. E la profezia si sarebbe puntualmente realizzata, forse il 9 apr. 1251. A detta degli agiografi il trasporto funebre verso la chiesa di S. Domenico, dove sono conservate tutt'ora le sue reliquie, si caratterizzò per molti eventi miracolosi e molti altri seguirono nei giorni successivi.
Le fonti sono incerte circa il giorno della morte. Secondo la Legenda: "Anno Domini millesimo ducentesimo quinquagesimo primo, in quadragesima, in die dominico, post vesperas ad Dominum trasmigravit" (c. 170v): una domenica della quaresima del 1251 (o del 1252 se anteriore al 25 marzo, data di inizio dell'anno a Siena). Il Barbi (p. 67) dà come giorno della morte la domenica delle palme del 1251, che egli però erroneamente colloca al 19 marzo. I padri bollandisti negli Acta sanctorum (p. 49) concordano - basandosi su una glossa del manoscritto trecentesco (c. 164r) - sul 19 marzo 1251, rifiutando però l'identificazione di questo giorno con la domenica delle palme (che quell'anno cadeva il 9 aprile). La tradizione della domenica delle palme come giorno di morte del G. era in ogni caso molto antica e diffusa a Siena. Nel primo documento che attestava e contemporaneamente ufficializzava il culto del G. - un breve del vescovo di Siena Bernardo (Gallerani), del 31 marzo 1274 (Siena, Arch. arcivescovile, Diplomatico, edito in Barbi, pp. 112-115) - si concedevano indulgenze a quanti ne avessero visitato il sepolcro il lunedì santo, indicato infatti come giorno della sepoltura del G., morto la domenica immediatamente precedente. Accettando questa tradizione alcuni studiosi hanno quindi indicato il 9 o il 13 apr. 1251 come giorno della morte del G. (Bacci, pp. 5 s. e sulla sua scia Carli, p. 255).
Se controverso è il giorno della morte ancora di più lo è l'attribuzione al G. della fondazione della DomusMisericordiae, un'importante istituzione caritativa per i poveri, i pellegrini e gli ammalati, sorta intorno al 1240. Nulla però in tal senso è detto nella Legenda trecentesca, mentre nel sec. XVI il Naccarini, che volgarizzò e pubblicò questa prima fonte agiografica, accenna all'episodio al termine della narrazione della vita del G., limitandosi a trascrivere un'iscrizione della chiesa della Sapienza (anticamente della Misericordia), risalente al 1347, in cui egli veniva indicato come fondatore dell'istituzione caritatevole.
Oggi l'epitaffio non esiste più, mentre è ancora conservato il registro del Consiglio generale di Siena contenente la delibera alla quale l'iscrizione stessa faceva riferimento con cui, l'8 giugno 1347, gli oblati della Misericordia facevano istanza al Comune affinché la festività del loro fondatore fosse celebrata il lunedì santo (Arch. di Stato di Siena, Consiglio generale, 140, c. 42rv). La prima attestazione sul legame tra la Misericordia e il G. risale però a un'epoca anteriore. Con una pergamena del 13 apr. 1302 - oggi non più esistente, ma regestata in uno spoglio del 1695 (Ibid., Mss., B.82, n. 515) - il legato apostolico fra Matteo, a 50 anni dalla morte del G., concedeva 100 giorni di indulgenza a chi, confessato e comunicato, avesse visitato la Casa della Misericordia durante le feste della Madonna e del beato A. Gallerani. Numerosi documenti, sia scritti sia iconografici, attestanti il legame tra il G. e la pia istituzione senese sono poi reperibili per tutto il sec. XIV e oltre e vengono citati da quanti sostengono la fondazione della Misericordia da parte del Gallerani.
Di parere diverso è invece un ristretto gruppo di studiosi, che avanzano dubbi su questa fondazione. Tra questi, il Carli sottolinea come la prima sede della Casa sia sorta su un terreno appartenente alla famiglia Salimbeni, mentre sarebbe stato più logico che il G., se ne fosse stato davvero il fondatore, avesse messo a disposizione beni appartenenti alla sua famiglia. Altri studiosi fanno poi giustamente notare che in nessuno dei non pochi documenti duecenteschi relativi alla Misericordia si accenna al G. quale fondatore della Casa della Misericordia. Condivisibili risultano quindi le conclusioni del Banchi (pp. XV s.), che esclude la diretta fondazione della Misericordia da parte del G., ma lega il sorgere dell'istituzione al clima da lui creato con la sua vita e il suo esempio di carità.
Va sottolineato comunque che la devozione per il G. fu sempre profondamente viva nella sua città, anche se alla vera e propria beatificazione si arrivò solo nel XVIII secolo. Fu infatti Pio VI, in esilio a Siena nel 1798, a istituire la festa del beato con messe e offizi propri, fissandola al 20 giugno.
La devozione per il G., che può essere annoverato tra i primi grandi rappresentanti del misticismo senese, è attestata da una iconografia particolarmente ricca e duratura. L'opera più antica a lui dedicata è un tabernacolo a due sportelli (Pinacoteca nazionale di Siena, inv. n. 5) datato non oltre l'ultimo decennio del XIII secolo. Alla prima metà del '300 risale poi una superba tavola, opera - secondo gli ultimi studi - della bottega di Simone Martini, in cui sull'abito del G. compare il monogramma della Misericordia, chiara attestazione del legame che nella prima metà del XIV secolo veniva ormai stabilito tra lui e l'istituzione. Ben tre immagini del G. sono poi presenti nel palazzo pubblico di Siena; altre rappresentazioni del beato, l'ultima delle quali del 1772, sono inoltre tuttora visibili nell'ospedale S. Maria della Scala, nel duomo e in altre chiese e musei senesi, segni di un culto che si è perpetuato nel tempo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Mss., D.5: G.A. Pecci, Raccolta universale di tutte le iscrizioni…, c. 221v; D.6, cc. 125v-126v; Acta sanctorum martii, III, Venetiis 1736, pp. 49-57; Cronaca senese conosciuta sotto il nome di Paolo di Tommaso Montauri, a cura di A. Lisini - F. Iacometti, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XV, pp. 188 s.; Docum. per la storia dell'arte senese, a cura di G. Milanesi, I, Siena 1854, pp. 20 s.; B. Naccarini, Vita del b. A. G., Siena 1528; O. Malavolti, Dell'historia di Siena, Venetia 1599, pt. I, l. V, c. 62r; pt. II, l. V, c. 82v; S. Razzi, Vite de' santi e beati toscani, II, Firenze 1601, cc. 40r-43v; G. Tommasi, Historie di Siena, Venetia 1626, pt. II, 1, l. X, p. 309; R. Barbi, Vita del beato A. G. nobil di Siena istitutore dello spedale e frati della Misericordia, Siena 1638; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi…, I, Pistoia 1649, p. 256; G. Gigli, Diario sanese, Lucca 1723, pp. 91, 405; G.A. Pecci, Storia del vescovado della città di Siena, Lucca 1748, pp. 233-235; G. Tiraboschi, Vetera humiliatorum monumenta, I, Mediolani 1766, pp. 223-229; Statuti de la Casa di Santa Maria della Misericordia di Siena volgarizzati circa il 1331, a cura di L. Banchi, Siena 1886, pp. VII-XIV, XVI; G. Olmi, I Senesi di una volta, Siena 1889, pp. 174-185; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1934, p. 648; P. Bacci, Dipinti inediti e sconosciuti di Pietro Lorenzetti… Siena e nel contado, Siena 1939, pp. 3-21, 25-31; Les livres des comptes des Gallerani, a cura di G. Bigwood - A. Grunzweig, II, Bruxelles 1962, pp. 25-27, 35; A. Fanfani, Recenti notizie sull'attività mercantile dei Senesi nel XIII e XIV secolo, in Economia e storia, X (1963), p. 547; E. Carli, Considerazioni e notizie sul beato A. G. e sulla sua famiglia, ibid., XI (1964), pp. 253-262; P. Cammarosano, La famiglia dei Berardenghi. Contributo alla storia della società senese nei secoli XI-XIII, Spoleto 1974, pp. 237 s.; U. Meattini, Santi senesi, Poggibonsi 1974, pp. 133-139; Le pergamene dell'Università di Siena e la Domus Misericordiae, Università di Siena, a.a. 1975-76 (seminario, copia in offset), pp. 9 s., 12, 27; G. Catoni, Gli oblati della Misericordia, in La società del bisogno. Povertà e assistenza nella Toscana medievale, a cura di G. Pinto, Firenze 1989, pp. 1-3, 5.
Esclusivamente per l'iconografia e i relativi riferimenti bibliografici: G. Kaftal, Iconography of the saints in Tuscan painting, Firenze 1952, pp. 53-58; P. Torriti, La Pinacoteca nazionale di Siena. I dipinti dal XII al XV secolo, Genova 1977, pp. 35 s.; L'arte a Siena sotto i Medici 1555-1609, Roma 1980, pp. 69, 71 s.; Mostra delle opere d'arte restaurate nelle province di Siena e Grosseto, II, Genova 1983, pp. 110 s.; Palazzo pubblico di Siena. Vicende costruttive e decorazione, a cura di C. Brandi, Siena 1983, pp. 160, 167, 190, 193, 270; Simone Martini e "chompagni", Firenze 1985, pp. 78-80; P. Torriti, Tutta Siena contrada per contrada, Firenze 1988, pp. 48, 244, 250, 258, 286; L. Bellosi, Per un contesto cimabuesco senese: a) Guido da Siena e il probabile Dietisalvi di Speme, in Prospettiva, LXI (1991), pp. 7-10, 15, 19 s.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., II, coll. 1668 s.