FERRERI, Andrea
Nacque a Milano il 23 febbr. 1673 da Antonio e Isabella Gnoli. Probabilmente nello stesso anno la famiglia si trasferì a Bologna, dove successivamente il F. frequentò gli studi giuridici sulle orme dello zio materno. Attratto precocemente dagli studi di architettura, iniziati da autodidatta sui testi di S. Serfio, frequentò poi la scuola dello scultore bolognese G. M. Mazza, dal quale assimilò un'impostazione di tradizione classicista e accademica. Fu tra i quaranta fondatori dell'Accademia Clementina di Bologna (1709-1710) e rivestì per diversi anni (1712-1720) la carica di direttore della scuola di figura (Zanotti, 1739; Benassi 1988). Nel 1722 venne nominato principe dell'Accademia.
Agli anni bolognesi risalgono i suoi primi lavori: datata 1704 è, infatti, la statua della Madonna del Carmine, collocata l'anno dopo sulla colonna della piazza di S. Martino. La solida costruzione volumetrica ricorda i modi del Mazza e caratterizza inoltre le sette statue (di cui due disperse), raffiguranti i santi Alano, Raimondo, Usanna, Agnese e Lucia, eseguite per la chiesa di S. Domenico a Recanati, e la Madonna col Bambino (Bologna, portici di S. Luca), per il marchese Francesco Monti nel 1716. Nel 1717 i padri domenicani di Ferrara gli commissionarono le quattro statue in marmo di Pio V, Vincenzo Ferreri, Antonino vescovo, Tommaso d'Aquino, da collocare nelle nicchie della facciata della nuova chiesa di S. Domenico, che era stata ricostruita in quell'anno dall'architetto A. Santini.
Il trasferimento definitivo a Ferrara nel 1722 (insieme con i genitori, la moglie Anna Sarti e il figlio Giuseppe, di appena un anno) lo trasformò nel protagonista incontrastato della produzione scultorea locale della prima metà del secolo. Le sue capacità artistiche erano già note a Ferrara non solo per i lavori eseguiti per S. Domenico, ma soprattutto per l'importante commissione affidatagli (1712) dal cardinale T. Ruffo di decorare l'intero scalone d'onore a due rampe del nuovo palazzo arcivescovile (Pampolini, 1994).
Si trattava di ideare una decorazione plastica che fungesse da elemento costruttivo essenziale del vasto vano, nodo qualificante dell'intero complesso edilizio. Il F., coadiuvato dal bolognese F. Suzzi, affrontò un programma iconografico denso di riferimenti simbolici e allegorici, volti alla glorificazione del cardinale Ruffo, già raffigurato in abiti pontificali e attorniato dalle province legatizie di Ravenna, Bologna e Ferrara nell'affresco centrale del soffitto dipinto da V. M. Bigari. Attorno allo sfondato, la cornice è mossa da quattro telamoni che sostengono il soffitto e la collegano con ghirlande e putti alle pareti laterali. Su queste, sopra un alto zoccolo a finto bugnato, è inserita una serie di sei medaglioni in stucco, raffiguranti, a basso rilievo, i busti-ritratto dei pontefici Urbano III, Gregorto VIII, Eugenio IV, Clemente VIII, Innocenzo XII e Innocenzo XIII. Al termine della prima rampa, sul pilastro di risvolto, il F. pose la statua della Vigilanza, accompagnata da due putti reggilampada, oggi collocati sull'altare di S. Lorenzo in cattedrale. L'elegante massa scultorea della Vigilanza, rappresentata come una giovane divinità guerriera con calzari, scudo, lancia, elmo, si rivela cronologicamente prossima ai due Angeli oranti con putti e serafini eseguiti nel 1720 per la cappella del Ss. Sacramento in cattedrale (Scalabrini, 1773), il cui tono scenografico svela l'influenza del Mazza.
Ancora ai modi del maestro bolognese e in particolare alla Madonna in stucco eseguita per l'altare del Rosario nella chiesa del Corpus Domini a Bologna, si rifanno La Madonna con il Bambino e angeli (marmo), posta al centro del primo chiostro dell'abbazia dei canonici regolari lateranensi di S. Maria in Vado, e il gruppo scultoreo della Madonna con il Bambino e due angeli che decora il tinipano della facciata della stessa chiesa.
A tale commissione si riferisce una serie di documenti attestanti che nel settembre 1714 il F. si impegnava con Giacomo Gentina, abate di S. Maria in Vado, ad eseguire tre statue (Madonna con il Bambino e due Angeli), da porsi sulla facciata della chiesa entro l'aprile dell'anno successivo. Non solo il F. rispettò i termini di consegna, ma fornì anche i bozzetti, da ritenersi documento fondamentale per conoscere l'aspetto originario delle statue, oggi profondamente deteriorato (Faoro, 1994).
Nella cattedrale ferrarese, radicalmente trasformata a partire dal 1712 dall'architetto F. Mazzarelli, l'attività scultorea del F. s'intreccia con quella dei pittori impegnati nell'esecuzione delle nuove pale d'altare e diviene più assidua e incalzante in seguito al trasferimento definitivo dell'artista da Bologna a Ferrara (1722).
Tale impegno registra, da questo anno fino al 1728 (anno di consacrazione dell'edificio), l'esecuzione di due statue in marmo dei santi Gioacchino e Anna (sesta cappella di destra), le statue in stucco dei santi Michele arcangelo, Antonio da Padova (terza cappella di destra), Bernardo Tolomei e Francesca Romana (quinta cappella di sinistra), angeli, putti, serafini e vari ornamenti in marmo per gli altari di S. Filippo Neri, S. Maurelio, S. Giorgio e S. Tommaso d'Aquino.
Nel 1729, in onore del cardinale Ruffo, il F. condusse a termine la grande statua in marmo della Madonna con il Bambino da porsi sopra una colonna nella piazza antistante la chiesa olivetana di S. Giorgio (attualmente conservata all'interno della chiesa).
Nella vicenda artistica del F. e all'interno dell'assetto settecentesco della cattedrale riveste fondamentale importanza la grandiosa decorazione scultorea dell'altare del santuario dedicato alla Beata Vergine delle Grazie (primo altare di destra). L'artista realizzò verso il 1734 (anno del trasporto dell'immagine miracolosa), in stretta collaborazione con l'architetto progettista A. Poggi, un sontuoso apparato costituito da angeli, coppie di putti, serafini, festoni e stemmi, prendendo a modello la decorazione del Mazza in S. Maria dei Poveri a Bologna.
Tra il 1734 e il 1735, terminata l'attività per la cattedrale, il F. proseguì con assiduità a lavorare per altri edifici religiosi. Naturalezza ed eleganza di modellato contraddistinguono le due statue in legno di S. Antonio e S. Chiara, che adornano l'ancona (pure di sua mano) dell'altare maggiore della chiesa delle Stimmate (1734), le statue in stucco di S. Caterina da Siena e S. Rosa da Lima della chiesa di S. Monica e quelle di S. Tommaso d'Aquino e S. Vincenzo Ferreri eseguite nel 1735 per la chiesa del convento domenicano di S. Caterina da Siena (queste ultime quattro statue sono attualmente collocate nella parrocchiale di Saletta).
Moltissimi altri lavori sono testimoniati dalle fonti storiche locali. C. Cittadella (1783) ricorda in particolare l'opera del F. come scultore ed architetto nella cappella di S. Nicola nella chiesa degli agostiniani di S. Andrea (distrutta), dove eseguì statue (perdute) di Santi agostiniani e un S. Michele Arcangelo in marmo, ora nel museo di casa Romei a Ferrara. Nel 1737 portò a termine la decorazione dell'altare e gli angeli che adornano l'ancona per la chiesa di S. Guglielmo delle monache francescane, opere trasferite un secolo dopo nella parrocchiale di Porotto.
Nella produzione in terracotta la personalità del F. evidenzia una narrazione più esplicita e una fattura più leggera, come nelle sei statuette di S. Giorgio, S. Maurelio, S. Francesco, S. Antonio da Padova, S. Bonaventura, S. Felice da Cantalice, poste nelle nicchie dei pilastri fra le cappelle nella chiesa di S. Maurelio (ante 1735), nel S. Francesco d'Assisi in estasi (terracotta policroma), nella terza cappella sinistra della chiesa di S. Spirito, dove l'artista verrà sepolto con l'abito francescano.
Alle continue prestigiose commissioni si aggiunse nel 1736 la nomina di direttore di figura presso l'Accademia del disegno, istituita a Ferrara nello stesso anno (Fiocchi, 1983-1984). Il 1738 registra l'ultima grandiosa fatica del F., perduta: la decorazione dell'oratorio degli Speziali dedicato ai Ss. Cosma e Damiano. Il complesso comprendeva le statue dei quattro Dottori della Chiesa, dei santi Giuseppe e Giovanni Battista ed i busti di quattro Sante vergini poste sul cornicione della grande sala.
All'intensa attività didattica e alle continue commissioni religiose si aggiunsero in questi anni numerosi incarichi per privati, tra i quali il busto in marmo e terracotta di Giuseppe Zavaglia (Ferrara, palazzo dell'Università); figure allegoriche in palazzo Bevilacqua (ora Massari); la decorazione (1737) del cenotafio dei Bevilacqua nell'omonima cappella in S. Francesco a Ferrara.
Il F. morì a Ferrara il 13 luglio 1744.
Alla sua scuola si formarono il figlio Giuseppe (nato a Bologna nel 1721 e morto a Ferrara nel 1789), Filippo Suzzi e i fratelli Pietro e Alessandro Turchi, insieme con il nipote Luigi Turchi (attivi sulla metà del secolo), artisti coinvolti nella realizzazione delle opere scultoree dei cantiere della cattedrale. A Giuseppe si devono le statue dei santi Eligio e Andronico e Andrea Avellino nella navata destra e quelle dei santi Ignazio, Giovanni Battista, Antonio Abate, Pio V, Romano, Severo e del Beato Benedetto XI nelle nicchie dei pilastri della navata centrale (G. Medri, La scultura a Ferrara, Rovigo 1957, pp. 143 s.).
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. dell'Archiginnasio, ms. B 112: M. Oretti, Vite di artisti bolognesi, loro testamenti ed altre notizie..., pp. 121-23; C. Brisighella, Descrizione delle pitture e sculture della città di Ferrara [XVIII sec.], a cura di M. A. Novelli, Ferrara 1991, ad Indicem; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi [1697-1722], con annotaz. di G. Boschini, II, Ferrara 1846, pp. 360-371; G. P. Cavazzoni Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, II, Bologna 1739, pp. 135-141, 361; C. Barotti, Pitture e scolture che si trovano nelle chiese, luoghi pubblici e sobborghi della città di Ferrara, Ferrara 1770, ad Indicem;A. Scalabrini, Mem. istor. delle chiese di Ferrara e de' suoi borghi, Ferrara 1773, ad Indicem; C. Cittadella, Catalogo istor. de' pittori e scultori ferraresi, IV, Ferrara 1783, pp. 266-285; A. Frizzi, Guida del forestiere per la città di Ferrara, Ferrara 1787, pp. 65 s., 94, 147; F. Avventi, Il servitore di piazza, Ferrara 1838, pp. 148, 190 s., 211, 215, 219, 239; F. Riccomini, Vaghezza e furore. La scultura del Settecento in Emilia, Bologna 1977, pp. 84-89; M. Cecchelli, La scultura del Settecento in cattedrale, in La cattedrale di Ferrara. Atti del Convegno... (1979), Ferrara 1982, pp. 580-599; A. Mezzetti - E. Mattaliano, Indice ragionato delle "Vite de' pittori e scultori ferraresi" diG. Baruffaldi, III, Ferrara 1983, pp. 17 s.; F. Fiocchi, L'Accademia del disegno di Ferrara, in Musei ferraresi, XIII-XIV (1983-84), p. 233; S. Benassi, L'Accademia Clementina. La funzione pubblica. L'ideologia estetica, Bologna 1988, p. 90 n. 42; A. Pampolini, Sul palazzo arcivescovile, in Il palazzo arcivescovile, Ferrara 1994, pp. 80 ss.; A. Faoro, Le statue di A. F. a S. Maria in Vado, in Boll. della Ferrariae Decus, 31 dic. 1994, pp. 50-55; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 472.