FASOLO (Faseolus, Fagiuola, Fasuol, Fasiol), Andrea
Nacque probabilmente a Chioggia (Venezia) intorno al secondo decennio del sec.XV, da Giovanni, notaio e procuratore della cattedrale di Chioggia.
Giovanni - e non Antonio come invece si afferma nella letteratura storica - era il nome di suo padre. Lo si evince con sicurezza dagli strumenti rogati dal F. pervenuti sino a noi. In essi, infatti, egli si sottoscrive quasi sempre così nella formula di completio: "Ego Andreas filius domini Iohannis Fasoli de Clugia, Venetiaruin notarius scripsi, complevi et roboravi". Antonio fu invece il nome di uno dei fratelli, indicato anche lui come figlio di Giovanni in un atto rogato dal F. (Notarile Atti, n. 14630, c. 20r, atto n. 76). Antonio, con il fratello, fu nel Comune di Chioggia, dove svolse diversi incarichi.
Conosciamo altri tre fratelli del F.: Angelo, decretorum doctor, che fu vescovo di Cattaro, poi di Modone e infine di Feltre; Matteo, che risulta già morto nel luglio 1454; e Alvise, che secondo la testimonianza di Aldo Manuzio morì a Costantinopoli per la sua patria (Botfield, Praefationes, p. 298). Infine, di una sorella del F., Maddalena, si ha notizia grazie ad una nota autobiografica del notaio di Chioggia Gerardo Dalla Rosa, che si trova nel libro di conti della famiglia patrizia dei Marcello (Atti Donà delle Rose, reg. 2, busta 165). In questa nota Gerardo afferma di avere sposato, il 21 luglio 1464, Franceschina, figlia di Andrea Robobelli "et de madona Magdaluza fia de miss. Zuhanne Fasuol de Chioza" e ricorda che, in occasione della cerimonia delle sue nozze, si erano riuniti in una casa sita nella parrocchia di S. Salvatore il vescovo Angelo Fasolo e "i altri suoi fradelli, barbani de la dicta Franceschina". Sulla base di questa testimonianza sembra lecito concludere che anche il F. presenziò all'avvenimento.
Pochissimo si sa, per il silenzio delle fonti, sul conto dei F. per quanto riguarda gli anni della sua fanciullezza e gioventù. Certo ricevette una buona formazione culturale, seguendo un regolare corso di studi e perfezionandosi nel campo del diritto, dato che le fonti note lo definiscono "notarius" e che attività di notaio egli svolse effettivamente almeno a partire dalla fine del quarto decennio del sec. XV.
La formazione, la cultura e gli interessi umanistici del F. sono stati scarsamente indagati e approfonditi dalla ricerca storica e filologica. Ciò è dovuto con ogni probabilità al fatto che egli non lasciò- per quanto si sappia - alcuno scritto di argomento filosofico o letterario. Però, se nessuna delle fonti note serba memoria di opere da lui composte, tutte invece lo ricordano come uno degli allievi del più famoso educatore dell'umanesimo, Vittorino da Feltre, e accennando a lui lo elogiano genericamente come valente oratore e dottissimo nella lingua latina.
Scrive, ad esempio, Aldo Manuzio nella prefazione alla sua raccolta di Orationes rhetorum Graecorum, stampata a Venezia nel 1513 e dedicata ad un figlio del F., quel Francesco, famoso giurista e cancellier grande a Venezia nel sec. XVI: "Magnus (vocatus est) Andrea patre viro doctissimo, qui inter discipulos illos Victorinae academiae, Vallam, Omnibonum, Guarinum et alios, qui Latinae linguae elegantiam et eruditionem, tot seculis sepultam, suscitarunt, a Platina connumeratur" (Botfield, pp. 297 s.).
Di Vittorino il F. dovette seguire le lezioni intorno al 1421-22, quando il maestro feltrense era a Venezia. In epoca successiva, sviluppando questi suoi interessi umanistici, si mise a raccogliere manoscritti greci e latini, giungendo a formare una raccolta abbastanza rinomata a suo tempo, della quale oggi non restano tracce. Altra attività del F., legata alla cultura umanistica, fu la partecipazione ad una specie di accademia che riuniva, a Murano, alcuni letterati attorno al poeta latino Caio Licinio e al patrizio veneto Niccolò Priuli, e alla quale ebbero occasione di partecipare anche Pietro Bembo, il Della Casa, Marcantonio Coccia Sabellico e Andrea Navagero.
Le prime testimonianze dell'attività notarile svolta dal F. iniziano verso la fine del quarto decennio del secolo, quando appaiono atti privati di vario tipo e testamenti da lui rogati soprattutto nei periodi 1438-46 e 1449-63. L'interruzione della sua attività notarile che si registra dal luglio del 1446 all'aprile del 1448 coincide con il periodo nel quale egli risiedette a Cipro, come risulta da una breva nota coeva (Notarile Atti, n. 14630, c. 42v).
All'incirca nel 1440 egli fece spostare la tomba di famiglia, sin'allora sita nella cattedrale di Chioggia presso la porta del vescovado, vicino all'altare di S. Dorotea, legando per questo 2 ducati all'anno al capitolo della chiesa, lascito che, nel 1455, egli commutò nella cessione del possesso delle vigne che aveva in Valderio, una località allora poco fuori l'abitato di Chioggia. In quegli anni, il F. risulta essere fra i procuratori del duomo di Chioggia (ibid., n. 14630, atto 22).
Alla fine del quinto decennio del secolo il nome del F. comincia a ricorrere con frequenza negli atti del Consiglio comunale di Chioggia. Da essi risulta, fra l'altro, che, tra il 1448 ed il 1449, egli sOstituì in più occasioni, nelle funzioni di "massarius Comunis" e di "iudex", il padre, impossibilitato da grave infermità che probabilmente lo portò in breve tempo alla morte, poco dopo il 1449, dato che dopo quell'anno il suo nome non ricorre più nella documentazione municipale.
Quando, alla scomparsa del cancellier grande di Chioggia, Francesco Venier, gli organi competenti di quel Comune si riunirono per provvedere alla designazione del suo successore, nello scrutinio del 18 sett. 1450, cui parteciparono anche Francesco Bozza e Pietro da Recanati, risultò eletto il F., che venne subito inviato a Venezia, al cospetto del doge, per la conferma della nomina. Del 12 ottobre dello stesso anno è la lettera ducale di Francesco Foscari confermante l'elezione appena avvenuta.
Il 13 dic. 1451 il F. venne eletto procuratore del convento di S. Domenico assieme con Niccolò Bozza; il fratello Antonio, almeno dal 1452, è invece procuratore della chiesa di S. Caterina. Entrambi, dunque, già partecipavano attivamente alla vita comunale. Infatti, mentre Antonio spesso venne inviato a Venezia (tra il 1450 e il 1455 soprattutto) per l'acquisto e la vendita di derrate alimentari, il F. si occupò di vari problemi, e in particolare dell'annosa questione del sale, di cui Venezia deteneva il monopolio e sul quale, proprio nei primi anni della seconda metà del secolo, la Serenissima aveva aumentato l'imposta. Il F. si recò a Venezia per tale questione più volte nel periodo 1452-54, accompagnato da Cristoforo Cauco e da Francesco Remario. Del 24 dic. 1456 è la lettera ducale con cui Francesco Foscari concesse al F., in qualità di cancellier grande, di rilevare e custodire le scritture e gli atti dei notai da poco scomparsi (Chioggia, Arch. Antico, Ducali, XII, c. 1v). L'11 ott. 1457 il F. si recò a Venezia presso il nuovo doge Pasquale Malipiero, per presentargli le congratulazioni del Comune di Chioggia per l'avvenuta elezione. Col Malipiero tratterà ancora la questione del sale, sostenendo le parti dei salinari chioggiotti: nel 1458 e nel 1459, insieme con Francesco Remario e con Gerardo Dalla Rosa; nel 1460-61 con Marco Nordio e con Giovanni Benvenuto.
Alla morte del Malipiero venne eletto doge, il 12 maggio 1462, il settantaduenne Cristoforo Moro, che era stato podestà di Chioggia dal 1429 al 1432, periodo di tempo nel quale aveva potuto conoscere Giovanni Fasolo e i suoi figli. Pochi giorni dopo, il 16 maggio, il F. fu inviato da Chioggia, insieme con otto personalità fra le più rappresentative del Comune, per porgere gli omaggi al nuovo doge. Il 5 luglio dello stesso anno fu nuovamente inviato a Venezia col compito di indurre il doge ad aiutare con una riduzione delle decime la Comunità di Chioggia, gravata di spese. Lo accompagnò nella nuova missione ancora Gerardo Dalla Rosa.
Il rapporto tra il F. e il doge doveva essere qualcosa di più di un semplice rapporto di carattere politico-istituzionale, se il Moro lo vorrà come proprio segretario in Mar in occasione della crociata antiturca del 1464.
Il 19 ott. 1463 era stata conclusa una sacra lega fra il papa Pio II, il doge di Venezia e il duca di Borgogna Filippo in vista di una crociata contro i Turchi. Il 9 novembre dello stesso anno il doge ne discusse in Senato. Nonostante una certa sua reticenza, quel consesso dette il suo assenso alla proposta di partecipare alla spedizione e decise l'invio di una flotta, alla cui testa pose lo stesso doge, l'ammiraglio Lorenzo Moro, duca di Candia, e quattro consiglieri di guerra, Triadano Gritti, Niccolò Tron, Girolamo Barbarigo e Pietro Mocenigo.
Al seguito del doge il F. lasciò Venezia con la flotta, che fece rotta su Ancona, luogo di raduno delle forze crociate. A Parenzo, dove i vascelli veneziani giunsero il 7 agosto facendovi scalo, il F. fu testimone dell'accoglienza organizzata per il doge, il suo seguito ed i suoi uomini dal rappresentante locale della Serenissima, Antonio Venier. Solo all'arrivo ad Ancona (12 agosto), però, si apprese che Pio II, giunto stanco e non in buona salute nella città, era caduto ammalato. La morte del pontefice, sopravvenuta inattesa il 14 agosto, determinò il fallimento dell'impresa e lo sfaldarsi della lega antiturca. Il 16 agosto il F., sempre al seguito dei doge, riprese il mare con la flotta della Serenissima e arrivò a Venezia il 23 dello stesso mese.
Nella città lagunare il F. entrò a far parte dei consigli segreti del Senato, pur proseguendo la sua attività politica a Chioggia. Tuttavia gli impegni pubblici, fattisi più pressanti, dovettero tenerlo lontano dalla sua attività professionale precedente. I documenti da lui rogati nel settimo decennio del secolo, infatti sono in numero significativamente minore rispetto agli anni precedenti; anche nei documenti del Consiglio di Chioggia il suo nome non ricorre più molto spesso.
L'ultimo incarico politico affidatogli dal Comune di Chioggia è del 18 genn. 1467, quando venne inviato a Venezia, accompagnato da Matteo Re, per stipulare con la Serenissima il nuovo contratto per l'acquisto dell'olio.
Il F. morì nell'autunno successivo, probabilmente a metà di ottobre. Ignoriamo il giorno esatto della sua scomparsa, che dovette comunque essere di qualche tempo anteriore al 17 ottobre, quando il doge Moro ratificò l'elezione di Niccolò Della Sola Bonacato a cancellier grande di Chioggia, "loco quondam Andreae Fasolo nuper defuncti" (Chioggia, Arch. Antico, Ducali, XII, c. 30v).
Fonti e Bibl.: Chioggia, Arch. Ant., Atti dei Consigli, XXVIII, cc. 9v, 19v-21r, 31r, 34rv, 38v, 40v, 42r, 44r, 45v, 63r, 69r, 70r, 81r, 82v, 86r, 92v, 95r, 106v, 108v, 110v, 116r-119r, 123r, 130r, 147v; Ibid., Ducali, XII, cc. 1v, 15r, 30v; Arch. di Stato di Venezia, Notarile Atti, n. 14630 passim; Ibid., Notarile Testamenti, n. 1437 passim; Ibid., Atti Donà delle Rose, reg. 2, b. 165; B. Botfield, Praefationes et Epistolae editionibus principibus auctorum veterum praepositae..., Cantabrigiae 1861, pp. 297 s.; S. Dall'Acqua, De Clodiensibus qui scientias atque litteras excoluerunt Elogium..., Venetiis 1816, p. 21; C. Rosmini, Idea dell'ottimo precettore nella vita e disciplina di Vittorino da Feltre, Milano 1845, p. 295; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, p. 444; M. Foscarini, Della letteratura veneziana, Venezia 1854, p. 81; P. Morari, Storia di Chioggia, Chioggia 1870, pp. 29, 263, 265, 267, 289; C. Bullo, Di tre illustri prelati clodiensi segretari di pontefici, in Nuovo Archivio veneto, XX (1900), pp. 249, 258, 260 s.; Id., Il cancellier grande di Chioggia, ibid., VIII (1904), p. 23; Id., Le iscrizioni lapidarie di Chioggia, Venezia 1908, p. 137 (per Giovanni); I. Tiozzo, I nostri. Note biografiche intorno a chioggiotti degni di ricordo, Chioggia 1928, pp. 39, 54 s.; B. Platina, Vita di Vittorino da Feltre, Padova 1948, pp. 31, 47; R. Vianello, Murano, Venezia 1964, p. 111; M. E. Cosenza, Biographical and bibl. Dictionary of the Italian humanists, II, Boston 1962, p. 1346.