FANTONI, Andrea
Figlio primogenito dello scultore e intagliatore Grazioso il Vecchio e della moglie Bramina, nacque a Rovetta (Bergamo) nell'alta Valle Seriana il 25 ag. 1659. La maggior parte dei documenti che lo riguardano sono conservati nell'archivio Fantoni (Museo Fantoni, Rovetta), a cui peraltro si fa riferimento quando non sia differentemente citato. Nel 1674, per interessamento del cugino del padre Andrea Fantoni, segretario del vescovo di Parma e personaggio di rilievo della corte Farnese, venne messo a bottega, per imparare la tecnica dell'intaglio in legno, a Parma, da un certo maestro Giuseppe, con il quale lavorò in palazzo ducale; a Parma rimase però solo fino al gennaio 1675; il padre lo mandò poi a continuare l'apprendistato nella bottega di Pietro Ramus a Edolo in Val Camonica, dove non solo perfezionò la tecnica della scultura in legno, ma anche assimilò il gusto della forma a tutto tondo.
I pagamenti dei salari nella bottega del Ramus terminano il 18 luglio 1677; è perciò presumibile che in quell'anno il F. sia tornato a Rovetta, dove il padre ed i fratelli erano impegnati nel grande cantiere della prima sacrestia di S. Martirio ad Alzano; qui il F. firmò e datò (1680) la statua di S. Ambrogio, sulla cimasa degli armadi della parete sinistra. La prima commissione personale (1680-82) la ricevette dal parroco di Rovetta che gli ordinò una statua di S. Rocco, definita nel libro mastro della bottega "primus opus Andreae de Fantonis".
Assai scarne sono peraltro le notizie sul F. per gli anni 1677-1682. È stata ipotizzata (I Fantoni... [cat.], 1978, pp. 80 s.) una sua permanenza a Venezia presso Filippo Parodi nel cantiere per il monumento al patriarca Francesco Morosini, avviato subito dopo la morte di questo (1678), in S. Nicolò da Tolentino: tale ipotesi, fondata su osservazioni stilistiche e non suffragata da documenti, può tuttavia essere plausibile, anche tenendo conto dei frequenti soggiorni del F. a Venezia e degli intensi rapporti che la famiglia mantenne con la Serenissima, grazie alla conoscenza e alla protezione di famiglie nobili e influenti quali i Barzizza, i Marinoni, i Pedrocchi.
L'anno 1682 è una data miliare nella vita artistica del F., che a soli ventitré anni assunse di fatto in prima persona la direzione artistica della bottega: gli spettò quindi "di sostenere il bon incamminamento della sua casa et haver di questa la direzione et obbidienza e li fratelli suoi haver sotto un così buon conduttore" (lettera del conte: A. Barzizza, I Fantoni... [cat.], 1978, p. 81).
Nel 1682 il parroco di Zone don Belotti gli commissionò l'ancona lignea per l'altare del Sacramento nella parrocchiale e, poco dopo, anche quella per l'altar maggiore, terminata nel 1689 (ibid., pp. 81 n. 3, 110).
Questa, che deve considerarsi la prima opera impegnativa del F., mostra ancora forti legami stilistici con i modi del Ramus, forse anche suggeriti dal committente, più evidenti nello schema architettonico che nelle figure, nelle quali il giovane scultore inizia a manifestare una sua personalità indipendente.
Ancora don Belotti gli commissionò la sua prima Deposizione (1689-91), suggerendogli come modello quella di G. Mazzoni nella chiesa del Carmine a Brescia. Negli anni seguenti ne eseguì altre per la parrocchiale di Castelfranco di Rogno (1694), per la chiesa dei Disciplini di Rovetta (1699-1711), per quella di Clusone (1726), per la parrocchiale di Cerveno: opere che interpretano scrupolosamente il sentimento religioso popolare, con il tragico senso della irreparabilità della morte. Nel 1690 portò a termine il pulpito ligneo di Foresto Sparso, dove sono ancora presenti i modi del Ramus. Nello stesso periodo eseguì le piccole cariatidi in bosso per il coro della parrocchiale di Rovetta in sostituzione di quelle, sempre fantoniane, andate distrutte in un incendio.
Si tratta di una serie di figurette estremamente bizzarre eseguite con grande virtuosismo tecnico congiunto ad una forza creativa e fantastica non comuni. Le dimensioni ridotte ne accentuano la vivacità e l'immediatezza espressiva.
Alla fine del 1692 gli venne commissionato l'arredo della seconda sacrestia di S. Martirio ad Alzano. I fabbricieri si erano rivolti anche ad altri scultori, invitandoli a presentare progetti; l'aggiudicazione al F. fu dovuta soprattutto all'interessamento di G. B. Caniana e del conte Antonio Barzizza di Alzano.
I disegni per gli armadi, i credenzini e i due inginocchiatoi furono forniti dai Caniana che lavorarono insieme con i Fantoni agli intarsi dei mobili. Tre pareti della sacrestia sono occupate da cassettoni con credenzini al di sopra dei quali corre una stupefacente teoria di trentadue Scene di martirio intervallate da ovali con Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Il complesso è descritto con molta ammirazione dal Tassi (1793, p. 52).
Il conte Barzizza, che fu l'unico vero mecenate del F., molto si era adoperato a suo tempo perché il giovane avesse una buona istruzione, favorendone, tra l'altro, anche più tardi, i rapporti con i principali centri artistici dell'Italia settentrionale: lo condusse con sé a Venezia e gli affidò alcuni lavori di arredo per la sua casa (un'ancona nel 1693 e delle medaglie nel 1696) e per quelle di alcuni amici veneziani; il Tassi (1793, p. 55) ricorda del F. alcuni Crocifissi da camera per le famiglie Pisani, Moro e Labia. All'Accademia Carrara di Bergamo si conserva un "ornamento per camino", commissionatogli nel 1714 dai conti Carrara, con la Favola di Venere e Vulcano (cfr. lettera del F., da Rovetta, a Venturino Carrara, del 29 febbr. 1714 in Bottari-Ticozzi, 1822, V, p. 351). Lo stesso conte Barzizza lo introdusse nell'ambiente artistico milanese: quando il F. nel 1697 si recò a Milano (dove era già stato nel 1694) per acquistare, tramite l'amico Giuseppe Vergano, doratore, tutti i modelli di uno scultore milanese non identificato, il Barzizza gli diede una lettera di accompagnamento per il conte Carrara (29 nov. 1697: cfr. Pedrocchi, 1969-70, p. 442) con la raccomandazione di dargli ogni aiuto, anche finanziario, affinché potesse "vedere le cose più rimarcabili del paese".
Sicuramente il nuovo modo di intendere la scultura che il F. andava maturando in quegli anni gli derivava soprattutto dai contatti con la Fabbrica del duomo di Milano: le statue del F. appaiono più slanciate, il panneggio meno abbondante e più aderente alla figura. Nei bassorilievi, deriva da questa esperienza il senso della composizione, la padronanza dei piani prospettici che nel F. si accompagna ad una particolare sensibilità pittorica rivelata dal sapiente gioco di luci ed ombre. Per quanto riguarda l'apertura verso l'esterno, vanno segnalate varie lettere (tra 1693 e 1708) che testimoniano rapporti con Genova e inoltre viaggi a Brescia e a Parma nel 1710. Nel periodo 1707-1709 il F. mantenne una fitta corrispondenza con il pittore B. Litterini che da Venezia gli procurava commissioni, ma soprattutto disegni e modelli; disegni per altari e ancone gli forniva anche, tra il 1704 e il 1708, lo scultore Domenico Corbarelli attivo a Brescia; e infine lo scultore Vincenzo Baroncini riforniva i Fantoni di marmi da Rezzato.
Altri lavori eseguiti dalla bottega in quegli anni, sotto la direzione del F., furono: il coro di Vertova (1694-1707), ancora in collaborazione con i Caniana (cfr. Pedrocchi, 1979); l'ancona lignea per l'altare del Rosario (1696) e l'altare maggiore (1699-1703) nella parrocchiale di Foresto; il paliotto dell'altare nella cappella del Rosario in S. Martino ad Aliano (1698-99); l'altare maggiore della parrocchiale di Clusone (1702-1713). Nel 1702 il F. inviò in dono un Crocifisso da camera al duca Francesco Farnese che in tale occasione gli rilasciò un "diploma ducale".
Una delle opere più famose del F. è il confessionale del duomo di Bergamo (attualmente nella basilica di S. Maria Maggiore). Gli fu commissionato dal canonico Mazza il 7 ag. 1704, quando l'artista si trovava a Venezia; perciò il fratello Donato gli scrisse esortandolo a trarre spunto da un qualche esemplare "di bella inventione" esistente in quella città. A un'opera molto singolare, con qualche squilibrio tra la struttura architettonica e l'esuberante decorazione plastica; piacque tuttavia ai committenti che subito gli allogarono anche la sedia vescovile con relativo inginocchiatoio per il coro (1705-1706; rimasti nel duomo). Nei primi decenni del 1700 furono eseguiti ancora, tra altre cose: il paliotto per l'altare degli Apostoli nella parrocchiale di Foresto (1709); i sette bassorilievi con Storie di Cristo per l'altare della Pietà del duomo di Bergamo (1709-1712); il palchetto per la Madonna del Rosario di Lovere (1712; ora nei depositi della sacrestia della chiesa di S. Giorgio); la Madonna vestita della parrocchiale di Breno (1714), ora molto rimaneggiata; i paliotti per l'altare del Rosario e per quello di S. Antonio di Cerveno (1715), l'altare del Rosario di Breno (1718-1719) e l'altare maggiore per la parrocchiale di Rovetta (1712-1723), caratterizzato da "vaga ed elegante simmetria" (Tassi, 1793, p. 54).
Nel 1711, tramite G.B. Caniana, autore del disegno, il F. era riuscito ad ottenere la prestigiosa commissione per il pulpito di S. Martino in Alzano.
Spettano al F. le quattro superbe cariatidi che sostengono la coppa (simboleggiante la coppa della Sapienza che la predicazione somministra ai fedelì), mentre la tarsia marmorea si deve ad Andrea Manni di Gazzaniga. Il precedente iconografico per le cariatidi è il pulpito del duomo di Milano eseguito nel 1559 da Francesco Brambilla. Le medaglie a bassorilievo furono eseguite solo nel 1751, su bozzetti in creta del F., dai nipoti Grazioso il Giovane e Francesco.
Le opere successive al terzo decennio vedono un sempre maggiore intervento della bottega familiare e anche di lavoranti esterni; nel 1725 il F. firmò, insieme col fratello Giambettino, il Crocifisso a braccia snodate per la parrocchiale di Vertova, mentre nel 1727 firmò da solo, nella stessa parrocchiale, il Cristo risorto.
Il F. morì a Rovetta il 6 luglio 1734 e fu sepolto in quella parrocchiale dove l'altare della Madonna, da lui iniziato, fu portato a termine da fratelli e nipoti.
Se è giusto tener presente il contributo apportato dai fratelli del F., con la loro costante collaborazione, alla vitalità della bottega, si deve comunque sottolineare il suo impegno instancabile di direttore artistico e di intelligente imprenditore, nello sforzo costante di conciliare la propria autonomia artistica con le esigenze della committenza ed infine la volontà di migliorare la qualità del prodotto, per conquistare una sempre più larga fascia di clienti.
Spesso nelle opere di grande impegno il F. si avvaleva di progetti e disegni di altri artisti e soprattutto dell'amico architetto G. B. Caniana, dal quale acquistò molti disegni, fra cui alcuni di provenienza romana. Tra i disegni di architettura della collezione Fantoni a Rovetta vi sono le piante delle chiese di S. Ivo alla Sapienza, del Gesù, di S. Andrea al Quirinale, di S. Carlo alle quattro Fontane e quella del Redentore di Venezia; la presenza di altri disegni d'architettura di mano del F., che ricalcano con qualche variante i prototipi romani e veneziani, conferma l'ipotesi che i Fantoni si occupassero anche di architettura seppure non nel senso di seguire i progetti nella fase esecutiva: sono firmati i disegni della parrocchiale di Foresto, di Mirangolo, di Endine, di Scanzo e di Premolo. Per i disegni del F. vedi Corpus graphicum Bergomense, 1970.
Fonti e Bibl.: Per la bibl. fino al 1974, cfr. I Fantoni, quattro secoli di bottega di scultura in Europa (catal. della mostra, Bergamo), Vicenza 1978, passim (con spoglio del materiale documentario conservato in massima parte a Rovetta nell'Archivio del Museo Fantoni). Ma cfr. inoltre e in particolare: F. M. Tassi, Vite de' pittori, scult. e archit. bergamaschi, Bergamo 1793, II, pp. 51-57; G. Bottari-S. Ticozzi, Raccolta di lettere, Milano 1822, IV, p. 78; V, pp. 349-352; G. Rota, A. F. nei doc. d'archivio..., Bergamo 1934; G. Cesarano, Formelle inedite di A. F., in Arte figurativa, VII (1959), 3, pp. 36 s.; Corpus graphicum Bergomense, II, Bergamo 1970, ad Indicem; A.M. Pedrocchi, Il F. e la decorazione lombardo-veneta tra '500 e '700, tesi di laurea, Univ. di Roma, a.a. 1969-70; Id., Il coro ligneo della parrocchiale di Vertova: Caniana e F., in Arte lombarda, XXIV (1979), pp. 57-61; Atti del convegno "I Fantoni e il loro tempo" (1978), Bergamo 1980, passim; A. Nava Cellini, La scultura del Settecento. Torino 1982, ad Indicem; M. Lorandi, Il "De martyrum cruciatibus" della seconda sacrestia di Alzano e l'iconografia della scultura fantoniana, in Antichità viva, XXII (1983), 5-6, pp. 35-48. Vedi anche la bibl. alla voce Fantoni, famiglia, di questo Diz. biogr.