EMO CAPODILISTA, Andrea
Nacque a Battaglia (Padova) il 14 ott. 1901 da Angelo, di nobile famiglia veneziana, e da Emilia dei baroni Barracco, discendente da una altrettanto nobile casata calabro-napoletana di grandi tradizioni culturali; primo di tre fratelli (gli altri due erano Gabriele e Maria, morta bambina), rimase orfano di madre in giovanissima età.
Trascorse gli anni dell'infanzia a Battaglia, ma dal 1911 l'E. e il fratello passarono l'inverno a Roma, sia per motivi di studio, sia per essere vicini ai nonni materni, duramente provati dalla perdita della figlia. A Roma frequentò il liceo "Tasso" e, successivamente, si iscrisse alla facoltà di lettere dell'università dove segui assiduamente i corsi di G. Gentile.
Il 1918, anno in cui venne a contatto con la filosofia gentiliana, fu anche l'anno che vide l'inizio della compilazione dei "quaderni": imponente lavoro che lo accompagnerà per tutta la vita. Questa irrinunciabile ricerca di verità "definitive" su pochi, essenziali temi, sarà il "segreto lavoro" dell'E., che si interromperà solo per due brevi periodi a causa di avvenimenti esterni. La prima interruzione, dal maggio al novembre 1940, fu dovuta al servizio militare, la seconda - dal '41 all'agosto '43 - alle difficoltà del periodo bellico.
Nel 1938 sposò Giuseppina Pignatelli dei principi di Monteroduni, da cui ebbe due figlie, Marina ed Emilia. Se negli anni giovanili aveva partecipato con una certa passione alle prime manifestazioni del regime fascista (come volontario nelle squadre d'azione a Roma e alla marcia su Padova), nel secondo dopoguerra si ritrasse completamente dalla vita pubblica, vivendo in un volontario isolamento tra Roma e la casa di campagna nel Veneto.
L'E. mori a Roma l'11 dic. 1983.
Fu uomo di straordinaria cultura, lettore insaziabile, e della sua biblioteca, quasi quotidianamente, venivano a far parte nuovi volumi; attento all'esperienza sacra e religiosa, era abbonato a numerose riviste di teologia e filosofia; amante dei classici greci e latini, era solito leggerli nell'originale, cosi come per gli autori delle letterature francese, inglese e tedesca.
Schivo e distaccato, i suoi rapporti con il mondo accademico e con la cultura ufficiale furono rari ed occasionali: ebbe qualche incontro con Ugo Spirito; più rilevante fu l'amicizia con Alberto Savinio (Andrea De Chirico), testimoniata dai ritratti da questo fatti all'E. e alla moglie; un breve scambio epistolare vi fu con Ennio Flaiano. Tuttavia, il rapporto più profondo, coltivato anche attraverso una intensa corrispondenza, fu quello intrattenuto con Cristina Campo, l'unica ricordata anche nei quaderni.
In quest'opera, di circa trentottomila pagine di normale quaderno, conservata dalla famiglia, di cui l'E., finché fu vivo, non volle mai che si parlasse, è racchiuso il suo pensiero. Sono pagine scritte a mano, con rare cancellature; le annotazioni sono sempre datate, come del resto i singoli quaderni che recano in copertina la data iniziale e, alla fine, quasi sempre, la firma dell'autore. Trecentoventidue quaderni, con le annotazioni riguardanti gli anni dal 1925 al 1981, sono stati analizzati da M. Doná e da R. Gasparotti, curatori di una prima raccolta di frammenti (Il Dio negativo, Venezia 1989), che privilegia l'aspetto strettamente filosofico del pensiero dell'E., là dove viene affrontato essenzialmente il problema metafisico.
È difficile rintracciare le fonti della riflessione filosofica emiana; come si è detto, un forte influsso ebbe su di lui l'insegnamento del Gentile: l'attualismo lo porterà poi ad una rimeditazione di tematiche idealistiche, sia nella formulazione hegeliana, sia in forme che sembrano ricondursi all'ultimo Schelling e allo studio di Plotino e del neoplatonismo. Il pensiero dell'E., inoltre, si presenta, anche se esposto in forma di scrittura breve e aforismatica, come pensiero fortemente unitario e sistematico, che si svolge quasi ossessivamente intorno all'ineludibile - anche se per l'E. irrisolvibile - problema del "principio". Ogni vera filosofia è, insieme, necessariamente teologia, e l'errore inspiegabile dell'uomo moderno, afferma l'E., è quello di "vergognarsi" della metafisica, e conseguenza di ciò è il fallimento totale anche nella vita pratica. Punto focale della speculazione dell'E. è la sua interpretazione della dialettica hegeliana, di cui opera una radicale riformulazione, vedendone il senso più profondo nell'elemento contraddittorio e nullificante ("… già nel razionalismo di Hegel la tragedia è presente sotto il nome di dialettica; è presente nella potenza del negativo. La dialettica è un principio mistico e irrazionale c IlDio negativo, p. 70).
Nel movimento dialettico la realtà, il mondo, esistono in quanto autonegarsi dell'assoluto; esistono in quanto, in realtà, sono "nulla". L'assoluto, il principio, è al di là dell'essere e del nulla, è presenza solo in quanto si manifesta sdoppiandosi, opponendosi, ma è non.ente, in quanto la sua verità consiste nel suo stesso negarsi ("… nel negarsi, l'essere e il nulla coincidono, l'essere e il nulla sono entrambi negarsi": ibid., p. 23). Ma se tale concetto di negatività porta alla identità di essere e nulla, ecco porsi il problema che l'E., al pari di Heidegger, sente come fondamentale della metafisica: "… perché l'essere e non il nulla?". L'unica risposta coerente è che l'essere non è oggetto, ma atto, che è testimonianza del nulla, anzi è la stessa presenza del nulla. Il "Dio nascosto, il Dio negativo" è il Dio la cui "azione unica non può essere che la negazione di sé" (ibid., p. 76) e che, pertanto, per dimostrarsi, deve assumere fino in fondo la mortalità dell'individuo (il dramma della Croce). La dialettica universale individuale viene risolta nella radicalizzazione del rapporto, per cui solo attraverso la particolarità dell'individuale si può conquistare la vera universalità, mentre solo con la morte l'individuo conquista la sua universalità. Questo è il fondamento paradossale della nostra vita che rende illogica ogni logica e che fa si che ogni verità sia "sempre in sé contraddittoria" (p. 84) ed "ambigua per diritto di nascita" (p. 131). Cosi il pensare umano, che pure tende all'identico, crea anche la "…meravigliosa diversità" totalmente inconoscibile, origine e paradiso dell'assoluto. La contraddittorietà, il paradosso di ogni filosofare, adombra e testimonia l'impossibilità per l'assoluto, come "unico e identico", di manifestarsi se non attraverso la sua negazione, come "l'assolutamente altro", assoluta diversità che trascende e nullifica ogni possibilità umana. All'intemo di tale prospettiva ontologica, l'E. interpreta alcune categorie fondamentali del sapere occidentale: attualità (io, soggetto) e tempo (divenire). Il rapporto tra passato e presente viene risolto in quello tra "memoria e atto" come coscienza di sé: il divenire non può essere ridotto a realtà obiettiva, esistente al di fuori della coscienza. Infatti, l'E. ritiene che "… il tempo sia un unico atto" che vive in una dimensione del tutto interiore. Tale atto e negazione del passato e, quindi, negazione di sé, ma il negarsi crea il passato come memoria, e quindi coscienza di sé. Anche la continuità tra presente e futuro non può essere che dialettica: l'attualità, come coscienza di sé nel ricordo, è rinuncia al futuro, suprema rinuncia, perché il futuro è, nella sua assoluta alterità, Dio stesso. Il tempo come divenire è, quindi, "… essere nella forma del togliersi", un unico atto: atto del negarsi in cui l'attimo fuggente diviene permanente ed eterno. Ogni filosofia del soggetto puro, conclude l'E., sia essa idealismo, soggettivismo o attualismo, è filosofia del divenire, della storia, del tempo. Infatti, solo il soggetto, come pura coscienza del nulla, è tempo e memoria, concreta dialettica che, come si è visto, ha il suo nucleo portante nell'elemento negativo.
Gli interessi dell'E., assai più ampi e vari, lo portarono ad occuparsi, nei quaderni, anche di problemi di estetica e teologia, di storia dell'arte, di storia delle grandi civiltà e religioni e, inoltre, da molte annotazioni, traspare un vivo e spesso polemico interesse per la cultura e la politica del suo tempo. Studi e approfondimenti, ancora in corso, sull'opera dell'E. consentiranno una più precisa collocazione del suo pensiero originale e solitario nel panorama culturale e filosofico italiano di questo secolo. Oltre al già citato Il Dionegativo, sono stati pubblicati postumi alcuni frammenti: A. E. "… Una inspiegabile necessità…", in Anfione e Zeto (Monselice), 1989, 2-3, pp. 199-203, e Le voci delle muse, Venezia 1992.
Bibl.: I dati biografici sull'E. sono stati forniti dalla famiglia. Si veda inoltre: E. Rubin de Gervin, Ricordo dell'autore, in Il Dio negativo, cit., pp. 251-254; M. Cacciari, Prefazione, ibid., pp. VII-XI; M. Donà-R. Gasparotti, Gli "scritti teoretici" di A. E., ibid., pp. XIII-XXXII; Id., Nota dei curatori, ibid., pp. XXXIII-XXXV; F. Marcoaldi, Scritti al rogo, in La Repubblica, 28 marzo 1989; A. Arbasino, Lo ricordo così, ibid.; M. Cacciari, Ma quel Dio non è morto, in L'Avvenire, 6 apr. 1989; M. Quaranta, L'inquietante "attualismo" del Dio negativo, in Il Mattino di Padova, 8 apr. 1989; A. Negri, Negazione, implacabile sorella, in Il Messaggero, 11 apr. 1989; G. Campoliati, Il Dio negativo, in Il Gazzettino, 25 apr. 1989; G. Marchetti, Il Dio negativo di A. E., in Gazzetta di Parma, 3 maggio 1989; F. Gentiloni, L'attimo del presente di A. E., in Il Manifesto, 11 maggio 1989; P. Flores d'Arcais, Non è stato un filosofo della domenica, in La Repubblica-Mercurio, 20 maggio 1989; P. Mazzone, Un ritorno teologico che indaga sulle origini, in Paese sera, 8 giugno 1989; G. A. Cibotto, Quel nobile luogo di scontri d'acqua, in La Provincia, 18 giugno 1989; A. Gnoli, Io, A. E. eretico solitario, in La Repubblica-Mercurio, 22 luglio 1989.
Sull'opera dell'E. si è tenuta una giornata di studio presso l'Istituto Suor Orsola Benicasa di Napoli il 6 giugno 1989.