PAZZI, Andrea di Guglielmo de'
PAZZI, Andrea di Guglielmo de’. – Nacque a Firenze intorno al 1372 da Guglielmo de’ Pazzi, esponente di una famiglia dell’antica nobiltà fiorentina.
Sembra che i suoi antenati avessero combattuto in Terrasanta e proprio là, durante le crociate, avessero stretto un legame con la monarchia e la nobiltà locale che avrebbe contraddistinto anche la traiettoria di Andrea. Esclusi dalla politica a seguito delle leggi antimagnatizie e per rimanere all’apice della vita cittadina, dalla fine del Duecento i Pazzi si erano dati con grande successo agli affari mercantili e bancari.
Nel 1409 Andrea sposò Caterina Salviati, anch’ella appartenente a una delle famiglie mercantili e bancarie più importanti della città. Ebbe sette figli: Antonio, nato nel 1412, Guglielmo nel 1414, Piero nel 1416, Lena nel 1418, Albiera nel 1421, Jacopo nel 1423. La casa di residenza della famiglia era posta nella parrocchia di S. Procolo. Nella portata catastale del 1427 figurano poi molti altri immobili di proprietà di Andrea de’ Pazzi: un’altra casa con bottega in città, nella parrocchia di S. Maria in Campo, e casali, poderi e fornaci nel contado, insieme a diversi titoli del Monte e due schiave. La parte più ingente del patrimonio era tuttavia costituita da partecipazioni in società commerciali e bancarie, in botteghe per l’arte della seta e la commercializzazione dei drappi, da investimenti privati nell’appalto di imposte all’estero (Archivio di Stato di Firenze, Catasto 1427, reg. 80, cc. 586r-594v).
Andrea de’ Pazzi fu un mercante e banchiere fiorentino di primo piano. Avviata una prima compagnia a Barcellona alla fine degli anni Venti, ebbe in seguito quote in diverse società disseminate nelle principali città commerciali e finanziarie d’Europa: a Firenze, Pisa, Roma, Barcellona, Avignone, Montpellier e Parigi. Ben 4250 fiorini erano stati investiti nella compagnia di Firenze a lui intitolata e in quella di Pisa. Per quanto riguarda le attività commerciali e bancarie all’estero, fece affari molto redditizi in ambito catalano-aragonese facilitati dai salvacondotti e dalle protezioni accordate dalla monarchia spagnola. Sotto il regno di Martino l’Umano, Andrea godette di una speciale protezione regia tanto da essere definito domèstic e familiar del re e da essere escluso dal provvedimento di espulsione emanato contro gli italiani nel 1401. Il salvacondotto fu poi confermato nel 1402 a lui e al fratello Domenico de’ Pazzi in cambio del pagamento alla corona di un drappo d’oro. I suoi legami con il re d’Aragona si consolidarono grazie agli anticipi di denaro e alle agevolazioni concesse in favore del sovrano, sebbene non sempre in forma volontaria, nel periodo della ribellione del giudicato d’Arborea.
Ulteriori affari legarono Andrea de’ Pazzi ad altre famiglie economicamente e politicamente rilevanti di Firenze. Nella prima decade del XV secolo fu agente della compagnia romana di Francesco de’ Bardi e Averardo di Francesco de’ Medici, per conto della quale operava nella circolazione delle lettere di cambio e nel trasferimento delle entrate ecclesiastiche tra la Camera apostolica, Avignone, Genova, Barcellona e Valenza. A partire dal 1422 Andrea de’ Pazzi ebbe una partecipazione nella filiale romana di Averardo de’ Medici intitolata “Francesco di Giacchinotto Boscoli & co.”, che gestiva affiancando Boscoli come socio minore insieme a Giuliano di Averardo de’ Medici.
A Firenze partecipava poi con una quota di maggioranza a una compagnia con ragione sociale ‘Orimanno degli Albizi’ che trafficava in tessuti auroserici. L’enorme disponibilità di liquidità di Andrea de’ Pazzi è attestata dal fatto che, negli anni Venti, la filiale fiorentina della sua compagnia arrivò a prestare al governo di Firenze ben 58.524 fiorini per coprire le spese di guerra. Inoltre in questa stessa epoca ebbe una partecipazione nella ragione sociale delle ‘galee di Ponente’, nell’ambito dell’organizzazione della navigazione di Stato della Repubblica fiorentina. Di una di queste imbarcazioni il figlio Antonio fu patrono nel 1440.
La spiccata vocazione commerciale che contraddistinse Andrea de’ Pazzi è colta, seppur in modo critico, da Vespasiano da Bisticci nelle prime righe della vita dedicata al figlio Piero: «Meser Piero di meser Andrea de’ Pazi, familia nobile et antica nella città, ebbe meser Piero assi buona notitia delle lettere latine, dette opera alle greche, ma nonne seppe molte. La cagione che meser Piero dette opera alle lettere latine, si fu che, sendo figliuolo di meser Andrea, et essendo giovane di bellissimo aspetto et dato molto a’ diletti et piaceri del mondo, alle lettere non pensaba, sì perché il padre era mercatante, et come fanno quegli che non hanno notitia nolle istimano, né pensaba che il figliuolo vi dessi opera. Arebbe più tosto voluto che fussi mercadante» (Bisticci, 1859, p. 372).
Dalla fine del Duecento la famiglia Pazzi era stata dichiarata magnatizia e per tanto esclusa dai consigli governativi della città. Per aprire la strada delle cariche pubbliche a se stesso e ai suoi discendenti, Andrea de’ Pazzi rinunciò allo status di magnate con un documento privato in cui dichiarava di aver svolto sin da ragazzo le attività commerciali. Nonostante la rinuncia, ottenne di poter conservare il nome e lo stemma di famiglia. Essendo già di mezza età e avendo parzialmente affidato gli affari al figlio Antonio, iniziò a dedicarsi attivamente alla politica cittadina ricoprendo cariche di rilievo: fu eletto tra i dodici Buonuomini nel 1434 e nel 1442, tra i Priori nel 1440, nella Mercanzia nel 1432 e nel 1442, nell’arte di Calimala nel 1430, 1439 e nel 1442 (Archivio di Stato di Firenze, Tratte, serie V, reg. 601, c. 168; reg. 602, c. 100; reg. 603, c. 34; reg. 83, cc. 23, 113; reg. 84, cc. 29, 175, 313).
Il saldo rapporto con la Casa d’Aragona entrò in crisi durante il regno di Alfonso il Magnanimo per la vicinanza di Andrea de’ Pazzi a Renato d’Angiò, rivale dell’aragonese nella successione al trono di Napoli. Nel 1434 il re d’Aragona si lamentò con i consiglieri di Barcellona che, su pressione del ceto mercantile, avevano eletto Andrea de’ Pazzi console dei catalani a Pisa e chiese la deposizione immediata di quello che definiva il tesoriere di Renato d’Angiò. Effettivamente i legami che intercorsero tra il fiorentino e l’angioino furono significativamente stretti. Nel 1442 il pretendente al trono di Napoli passò un periodo a casa di Pazzi, insignendolo delle sue armi. Andrea de’ Pazzi non nascose mai tale alleanza e anzi ne fece un vanto manifesto, tanto da celebrarla nelle decorazioni presenti sulle finestre e sul colonnato del suo palazzo e da dare il nome di Renato al proprio nipote.
Nel 1429 Andrea commissionò a Filippo Brunelleschi una cappella con nome di famiglia dedicata a s. Andrea posta nella chiesa di S. Croce a Firenze. Andrea de’ Pazzi morì nel 1445.
I lavori della cappella, che si protrassero dopo la morte del mecenate e dell’architetto nel 1446, non videro mai la conclusione per le conseguenze subite dalla famiglia Pazzi in seguito alla congiura contro i Medici.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Catasto 1427, reg. 80, cc. 586r-594v; Tratte, serie V, reg. 601, c. 168; reg. 602, c. 100; reg. 603, c. 34; reg. 83, cc. 23, 113; reg. 84, cc. 29, 175, 313.
P. Litta, Famiglie celebri italiane, IV, Pazzi di Firenze e Orsini di Roma, Milano 1819-1855; V. Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV. Stampate la prima volta da Angelo Mai e nuovamente da Adolfo Bartoli, Firenze 1859, p. 372; R. De Roover, The rise and the decline of the Medici bank: 1397-1494, Cambridge 1963 (trad. it. 1988); J. Favier, Les finances pontificales a l’époque du grand schisme d’occident 1378-1409, Parigi 1966; G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Milano 1966, p. 26; A. Molho, Florentine Public Finance 1400-1433, Cambridge 1971, p. 181; E. Capretti, Brunelleschi, Firenze 2003; L. Martines, April Blood: Florence and the Plot against the Medici, Oxford 2003 (trad. it. 2004); M.E. Soldani, Uomini d’affari e mercanti toscani nella Barcellona del Quattrocento, Barcellona 2010.