VERROCCHIO, Andrea del
Orafo, scultore, pittore, ingegnere, nacque a Firenze nel 1435, morì a Venezia nel 1488. Prese il nome dall'orefice Giuliano Verrocchi suo primo educatore artistico. Come scultore fu allievo di Donatello, del quale terminò il fonte della sagrestia di S. Lorenzo, come pittore derivò dal Pesellino e da Alessio Baldovinetti. Tuttavia l'arte sua ebbe subito un carattere stilistico e fisionomico spiccatamente personale, tanto il V. divenne prontamente padrone della forma umana e del drappeggio mediante la sicurezza del disegno e la forza del rilievo chiaroscurale. Di natura scultore, preoccupandosi di preferenza di dar carattere alla figura singola, divenne ben presto costruttore di prototipi immortali per vigore intelligente o per grazia realistica, non senza abbellirli talvolta, lui orafo, di spiritose invenzioni ornamentali. Non ebbe egli invece campo di manifestare una immaginazione compositiva. Ben presto nella bottega del V. convennero artisti di ogni ramo, cui egli, disegnatore sapiente, esatto, energico doveva essere molto liberale di consigli e di modelli, se i caratteri verrocchieschi si imposero prontamente e si diffusero intorno al 1475 per tutta l'arte fiorentina formando una vera moda. Egli però lasciava la massima indipendenza ai suoi discepoli nel seguire le proprie ispirazioni; i pittori in special modo si dimostrarono essenzialmente divergenti nelle conclusioni compositive, naturalistiche, cromatiche. Del resto la pittura non sembra aver troppo interessato il V.; malgrado tanti studî relativi, la critica non è giunta a definire il tipo assoluto del Verrocchio pittore, lasciando egli condurre i quadri commessigli ai discepoli secondo i loro intendimenti personali. Il celebre suo Battesimo di Cristo dipinto circa il 1470 per la chiesa di S. Salvi oggi agli Uffizî, è da considerare eseguito da lui soltanto nel S. Giovanni, nell'angelo volto di fronte e nella parte più prossima del paese; poiché l'angelo di sinistra fu dipinto dal giovane Leonardo da Vinci, il quale verosimilmente ripassò la figura del Cristo e creò il fondo con tutte quelle ricerche naturalistiche affini al suo genio incipiente. La pala della cattedrale di Pistoia, commessa al V. circa il 1478, fu lasciata dipingere a Lorenzo di Credi forse col concorso di Leonardo, se la piccola Annunciazione del Louvre appartiene realmente alla sua predella.
Nel 1468, per la giostra di Lorenzo il Magnifico cantata dal Pulci, il V. dipinse uno stendardo con una impresa di Lucrezia Donati, della quale fece anche un ritratto su tavola. Nel 1475, per la giostra di Giuliano de' Medici cantata dal Poliziano, dipinse una impresa allegorica e diverse altre decorazioni ornamentali e pittoriche. Di tutto ciò non esistono più se non descrizioni. Aveva lavorato anche, nel 1471, all'apparato per il ricevimento di Galeazzo Sforza presso Lorenzo il Magnifico. Così pure nel 1469 aveva fatto per il tribunale di mercanzia un cartone non approvato d'una Fede per accompagnare le altre virtù commesse ai Pollaiolo e in seguito anche al Botticelli. La critica odierna tenta di raggruppare sotto il nome del V. altri quadri che hanno affinità stilistiche con i suoi disegni autentici. Tra i più probabili ricordiamo una Madonna con Angioli (n. 296) e un S. Raffaele con Tobiolo (n. 781) a Londra, una Madonna a Berlino (n. 108) e poco più.
Della vasta attività di orefice del V. non rimane se non il rilievo d'argento dell'altare di S. Giovanni Battista nell'Opera del duomo di Firenze, rappresentante la Decollazione del Santo, da lui eseguito nel 1472 con la massima perfezione. Celebri in tal campo furono talune sue grandi statue d'argento di Apostoli per S. Pietro a Roma (1471-74) ormai distrutte. Quanto a oggetti di oreficeria, nulla di sicuro rimane di sua mano, ma se ne può argomentare il gusto ornamentale dalle sue ricche e variate decorazioni scultorie e dalla diffusa opera dei suoi imitatori.
Il V. eseguì e collocò il 2 dicembre 1478 la palla di rame di quattro braccia di diametro in vetta alla cupola del duomo. Abbattuta da un fulmine nel 1602, essa venne sostituita con quella attuale.
Ma la vera gloria del V. è dovuta alla sua arte plastica. Secondo le più antiche fonti, la sua prima opera sarebbe la Madonna con angioli nel monumento di Leonardo Bruni in Santa Croce, di Bernardo Rossellino. In S. Lorenzo, oltre al suddetto completamento del fonte donatelliano, circa il 1464 fece il sepolcro sotterraneo di Cosimo, padre della patria, con l'affiorante placca terragna di porfido e bronzo; e nel 1472 in sagrestia il sontuoso sepolcro di marmo policromo decorato con fogliami e cordami di bronzo, di Piero e di Giovanni de' Medici, uno dei capolavori dell'arte ornamentale.
Il V. fu costantemente al servizio de' Medici per i quali a Careggi portò l'acqua della collina, fece nel giardino una fontana con un puttino di bronzo, oggi nel cortile di palazzo Vecchio, e altri lavori perduti, e per la cappella un rilievo di terracotta policroma con la Resurrezione oggi al Bargello. Quivi si trova pure una Madonna di marmo, un'altra assai più bella di terracotta proveniente dall'arcispedale di Santa Maria Nuova, un bassorilievo marmoreo con la Morte di Francesca Pitti Tornabuoni, parte d'un monumento sepolcrale mai terminato, un busto in cotto di Piero de' Medici, quello celebre, di marmo, di donna che stringe sul petto un mazzolino di fiori, capolavoro di grande vitalità e di grazia spiritosa (attribuzione però contestata) e specialmente il David giovinetto, di bronzo (1476), che Lorenzo il Magnifico vendette alla Signoria per ornarne il palazzo, una delle statue più naturali, più animate, più fieramente gentili dell'arte. L'opera più monumentale del V. a Firenze è il gruppo del Cristo con S. Tommaso (1478-83) nel tabernacolo di Mercanzia all'esterno di Orsammichele, mirabile per la intensità dell'espressione, la nobiltà degli atteggiamenti, e dei drappeggi. Per la cattedrale di Pistoia fu commesso al V., il 15 maggio 1476, il monumento del cardinale Niccolò Forteguerri, che egli lasciò incompiuto; proseguito dopo il 1514 dal Lorenzetto, venne sistemato in forma barocca da Gaetano Masoni nel 1753.
L'universalità della fama dell'artista è legata principalmente al monumento di Bartolommeo Colleoni (1479-88) a Venezia, la più solenne tra le statue equestri, nella quale il V. ci tramandò il prototipo del condottiere del Rinascimento che incede dominatore. La morte gl'impedì di terminarla, ciò che fecero Lorenzo di Credi e Alessandro Leopardi che la fuse in bronzo apponendovi il proprio nome. All'estero poco di sicuro si trova di lui: notevoli un piccolo rilievo con la Deposizione a Berlino, modelli per gli angeli del monumento Forteguerri al Louvre, busti di Giuliano de' Medici a Washington e di Lorenzo il Magnifico a Boston, un putto che corre, presso lord Duveen, tutti di terracotta.
Secondo il Vasari il V. perfezionò l'arte di trarre maschere dai morti per farne poi busti di terracotta e di cera, dirigendo in quest'ultimo campo l'opera di Orsino Benintendi detto Fallimmagini di una famiglia di ceraioli fiorentini celebri per ritratti votivi al naturale, oggi non più esistenti, che popolavano in particolare il santuario della SS. Annunziata.
Furono discepoli del Verrocchio gli scultori Francesco di Simone, Benedetto Buglioni, Francesco Rustici, Agnolo di Polo, del quale busti di Cristo e probabilmente gruppi sacri di terracotta policroma in chiese fiorentine. In pittura furono suoi scolari diretti il Perugino, Lorenzo di Credi, Leonardo da Vinci, Francesco Botticini, e varî anonimi, i cui molti dipinti si tenta di raggruppare sotto nomi di riconoscimento; ma ebbero temporanei notevoli rapporti con l'arte sua anche il Botticelli, il Ghirlandaio, Fiorenzo di Lorenzo. (V. tavv. XLIX-LII).
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