DE BLASIO, Andrea
A la figura di maggiore spicco di una famiglia di orefici argentieri proveniente da Guardia Sanframondi (Benevento) la cui feconda attività si protrasse per molti anni, addentrandosi nella seconda metà del secolo XVIII. Affermatosi precocemente, dal 1708 al 1716 risulta essere stato per tre volte governatore dell'arte a Napoli (Catello, 1973, p. 133). Ivi ricoprì anche la carica di console negli anni 1714, 1719 e 1723, come indicano i bolli impressi su alcuni lavori per la cattedrale di Otranto e su una cartegloria, oggi ad Andria in collezione privata. Per la cattedrale di Otranto, in particolare, il D. eseguì negli anni che vanno dal 1716 al 1720 una serie di suppellettili in argento, tra cui un completo di brocca e bacile (1717) ancora ispirato a prototipi seicenteschi.
Gli viene attribuito anche un paliotto commissionato dall'arcivescovo F. Maria de Aste (1690-1715), lo stesso che richiese alla bottega De Blasio vari manufatti in argento, molti dei quali siglati dal bollo "A.D.B.", da interpretare verosimilmente come Andrea De Blasio. Il suddetto paliotto mostra alcune affinità stilistiche con quello del SS. Salvatore a Gerusalemme, di poco più tardo e opera di Gennaro De Blasio, nel gusto teatrale della decorazione barocca, con grandi scenari all'interno di partizioni architettoniche (Catello, 1973, p. 262).
Il D. si dedicò inoltre alla statuaria in argento, come testimonia la S. Comasia per la chiesa di S. Martino a Martina Franca (Gambacorta, 1976), nonché il busto reliquiario di S. Teresa nella cappella del Tesoro di S. Gennaro a Napoli di cui fu artefice anche per il disegno, insieme al fratello Domenico. L'unica scultura in scala monumentale riferibile al D., stando alla documentazione finora raccolta, è quella di S. Michele arcangelo per la cattedrale di Bitetto (Gelao, 1982, pp. 1881-95) che reca il bollo consolare del D. e quello di argentiere dello stesso maestro, oltre alla sigla "Nap 71..." (l'ultima cifra è illeggibile, ma stando ai riferimenti di archivio sì può interpretare come 1719, anno in cui il D. era console, carica che mantenne dal secondo semestre del 1719 al giugno 1720).
Intanto si susseguirono commissioni prestigiose: già nel 1718 per il monastero di Donnaregina aveva eseguito le statue di S. Anna e S. Bartolomeo "colla guida et indirizzo" di Francesco Solimena (Catello, 1985); nel 1725 il D. è documentato come artefice di un paliotto d'argento per la cappella di S. Francesco Saverio nell'infermeria del collegio Massimo dei gesuiti a Napoli. Ma non si tratta di un caso isolato nella sua produzione; da una serie di indicazioni di aichivio il maestro si configura come l'argentiere di fiducia dei gesuiti (Catello, 1982, pp. 50 s., 57). Al 1735 risalgono due reliquiari del convento di S. Chiara a Napoli e una cassettareliquiario a Paola in Calabria.
Il decennio successivo lo vede di nuovo attivo per la Puglia: nel 1747 bollava un tabernacolo con elementi decorativi in argento per l'altare maggiore della chiesa di S. Benedetto a Troia, che era stato commissionato dai duchi di Guevara, come attesta lo stemma impresso sulla base dell'oggetto (Pasculli-Nappi, 1983, p. 71). Sempre in Puglia, nella cripta della cattedrale di Acquaviva, l'altare argenteo dedicato a S. Maria di Costantinopoli risulta eseguito in tempi diversi da due artisti napoletani: il paliotto da Biagio Guariniello nel 1708; mentre la cona che racchiude il dipinto con l'immagine della Vergine, del 1753, è opera di un Andrea De Blasio, come rivelano i punzoni (Catello, 1981, p. 132). Si tratterebbe di un altro argentiere di nome Andrea, attivo nella seconda metà dei secolo, anch'egli proveniente dalla famiglia De Blasio (Gelao, 1982, p. 195 n.): l'ipotesi dell'esistenza di due personalità distinte appare la più plausibile, dato che la produzione finora documentata copre quasi l'arco del secolo.
L'altare, uno dei rarissimi esemplari di simili oggetti tuttora integri completamente in argento, reca una sontuosa cona con quattro angeli a tutto tondo realizzati mediante fusione, dei quali i due superiori reggono una grande corona. L'andamento mistilineo della cornice sottostante i due gradini e la leggerezza dell'impianto generale conferiscono all'opera un tono pienamente rococò. Se i punzoni indicano il 1753come data di esecuzione, già dall'anno precedente iniziano le trattative per il pagamento dell'"incassatura", e nei documenti compare esclusivamente il nome di Baldassarre De Blasio, console in quell'anno (il suo marchio è sulla cona stessa), e di Gennaro De Blasio, ideatore generale dell'opera (Pasculli-Nappi, 1983, pp. 125 s.).
Di tutti gli arredi per il servizio liturgico dell'altare restano una muta di candelieri piccoli (mentre quelli di dimensioni maggiori sono stati sostituiti da esemplari in legno argentato) e un parato di cartegloria. pienamente rococò; mancano inoltre le lampade, rifatte all'inizio del XX secolo (Catello, 1981, p. 133). Al secondo Andrea De Blasio (Gelao, 1982, p. 195 n.) documentato fino al 1775, possono riferirsi anche la copertura di messale e la collana in filigrana del S. Andrea nel duomo di Amalfi databile al 1765, una ricca pisside per la chiesa di S. Chiara a Matera, realizzata a traforo nel nodo e nella sottocoppa e mediante fusione nelle figurine a tutto tondo, nonché altri oggetti nella badia di Banzi (Grelle, 1981).
Bibl.: P. Pirri, Il duomo di Amalfi e il chiostro del Paradiso, Roma 1941, p. 107; E. Catello-C. Catello, Argenti napol. dal XVII al XIX secolo, Napoli 1973, ad Indicem; A. Gambacorta, Artisti in Martina Franca, in Studi di storia pugliese in onore di G. Chiarelli, Galatina 1976, p. 437; E. Catello-C. Catello, La cappella del Tesoro di San Gennaro, Napoli 1977, p. 146; E. Catello, G. D., Vinaccia e il paliotto di S. Gennaro, in Napoli nobilissima, XVIII (1979), p. 132 n.; A. Grelle, Per l'oreficeria dal XV al XIX sec., in Arte in Basilicata, Matera 1981, pp. 151 ss.; E. Catello, Gli altari d'argento nella cattedrale di Acquavivadelle Fonti, in Napoli nobilissima, XX (1981), pp. 132 s.; Id., L'arte argentaria napol. nel XVIII secolo, in Settecento napoletano. Documenti, Napoli 1982, pp. 50 s., 57; C. Gelao, Una statua d'argento di Paolo de Matteis nella cattedrale di Bitetto, in Napoli nobiliss., XXI (1982), pp. 190, 194 s.; M.Pasculli Ferrara-E. Nappi, Arte napol. in Puglia dal XVI al XVIII secolo, Fasano 1983, pp. 71, 125 s.; F. L. Bibbo, L'argenteria sacra della diocesi di Acerenza (XII-XVIII sec.), in Bollett. della Bibl. Provinciale di Matera. Riv. di cultura lucana, VI (1983), p. 40 n.; E. Catello, La Vergine di Altamura, in Seicento napoletano. Arte costume ambiente (catal.), a cura di R. Pane, Milano 1984, p. 361; A. Gonzáles Palacios, Il tempio del gusto, Milano 1984, p. 269; E. Catello, Francesco Solimena. Disegni ed invenzioni per argentieri, in Napoli nobilissima, XXIV (1985), 3-4, pp. 108-111.