BIURE, Andrea de
Spagnolo al servizio di Ferdinando di Trastámara e di Alfonso V, ebbe un ruolo importante nell'esecuzione della politica aragonese in Italia agli inizi del sec. XV.
Viene ricordato per la prima volta nel 1410, quando il viceré e luogotenente in Sardegna, Pedro de Torellas, - durante la ribellione antiaragonese riaccesasi alla morte di Martino il Vecchio - lo inviò in Catalogna con l'incarico di informare il Parlamento delle disastrose condizioni in cui si trovavano le truppe aragonesi a difesa delle fortezze e di sollecitarne l'invio di aiuti finanziari.
La fase più rilevante dell'attività del B. è costituita dall'azione diplomatica svolta per conto di Alfonso d'Aragona, a partire dal 1424, presso alcuni dei più importanti governi d'Italia.
Conclusa nel 1423 con un insuccesso la prima spedizione nel Regno, Alfonso, ritornato in patria per intervenire nelle lotte ivi scoppiate, cercava di reinserirsi nel 1424 nel complesso gioco diplomatico degli Stati italiani. Si andava allora delineando un duplice schieramento: da un canto Filippo Maria Visconti si avvicinava a Giovanna II d'Angiò, anche per tutelare gli interessi commerciali di Genova da lui conquistata nel 1421; dall'altro si ponevano Firenze e Venezia, timorose di un rafforzamento visconteo, e ad esse guardavano i fuorusciti genovesi.
Alfonso cercò, come prima mossa, di avvicinarsi ai Fiorentini: e a Firenze inviò (1424) il B. insieme con Bernardo de Corbera, perché cercassero di ottenere un aiuto finanziario per la campagna navale che l'infante Pedro stava conducendo in Liguria. Nello stesso tempo essi dovevano prendere contatti con Tommaso Campofregoso e i fuorusciti genovesi, attraendoli con la prospettiva della restaurazione di un loro governo a Genova.
Ma Alfonso non voleva precludersi la via ad un accordo con il Visconti. Perciò quando nel corso della campagna ligure cominciò a delinearsi il successo aragonese, il sovrano richiamò il B. in patria, per inviarlo di nuovo in Italia il 10 nov. 1425 con nuove istruzioni: insieme con Bernardo de Corbera, doveva tentare di raggiungere un accordo definitivo con i Fiorentini; ove questo non fosse stato possibile, doveva recarsi a Milano per indurre il duca a stringere una lega con l'Aragonese. Gli sviluppi della situazione resero possibile quest'ultima: Filippo Maria, di fronte al pericolo di una coalizione fiorentino-veneziano-aragonese e alle vittorie aragonesi in Liguria, accettò l'offerta presentatagli dal B., e si giunse così alla conclusione dell'accordo di Porto Pisano dell'aprile del 1426 con il quale il Visconti prometteva di cedere ad Alfonso la Corsica e gli consegnava, a garanzia di questa sua promessa, le basi navali di Porto Venere e Lerici. Il B., con il Corbera, ricevette il giuramento di fedeltà al re aragonese da parte di queste due città.
Ancora presso Filippo Maria troviamo il B. nel 1426 e 1427, impegnato nei negoziati promossi dal duca di Milano per concludere un'alleanza con Alfonso e l'imperatore Sigismondo in funzione antiveneziana. Il 17 luglio 1427 il Visconti dava disposizione di fornire per iscritto al B. in procinto di recarsi presso il suo sovrano, e di raccomandarglielo vivamente, lo schema del piano. Il progetto fallì perché Alfonso esigeva l'appoggio di Sigismondo di Lussemburgo per la sistemazione del problema napoletano e perché Filippo Maria non era in grado di mantenere gli impegni per Bonifacio e Calvi, a causa della debolezza della sua posizione presso i Genovesi. Proprio a questi ultimi il re aragonese si volle allora avvicinare e inviò a Genova nel 1428 il B., insieme con il Corbera. Essi, all'insaputa del Visconti, il 5 maggio di quell'anno riuscirono a stringere un patto in virtù del quale i Genovesi si impegnavano a privare del loro appoggio navale la regina Giovanna.
Dopo questa data non abbiamo notizie del B. fino al 1432, quando Alfonso rinnovò il tentativo di conquistare il Regno. Il B. venne allora inviato, insieme con Bernardo Alberti, a prendere contatti con i baroni napoletani favorevoli alla causa aragonese. Giunto il re a Ischia alla fine di dicembre, il B. ricevette l'incarico di compiere un giro diplomatico a Milano, Firenze, Genova e Siena, e in particolare di prendere contatto con l'imperatore Sigismondo che si trovava da tempo a Siena. Quando poi, nel corso del 1433, si delineò un atteggiamento decisamente filo-angioino del pontefice Eugenio IV, il B. prese nuovi contatti con l'imperatore al fine di concordare con lui una politica comune al concilio di Basilea.
L'attività del B. in Italia dovette cessare il 22 apr. 1433, quando Alfonso lo inviò, insieme con Berengario Dolms, in patria per una missione presso la regina Maria. Dopo questa data dovette rimanere in Spagna ove Alfonso, che già in precedenza lo aveva remunerato con la concessione di numerosi privilegi, lo fece membro del Consiglio che, nel principato di Catalogna, coadiuvava la luogotenente Maria nel disbrigo degli affari; il B. ricopriva ancora la carica nel 1436. Ignota risulta la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: G. Curita, Los cinco libros primeros de la segunda parte de los Anales de la Corona de Aragón, Caragoça 1579, XI, cap. V, f. s, col. 2; XIII, cap. XXXIX, f. 171, col. 1; f. 174 col. 4; cap. XLI, f. 176, coll. 3-4; cap. XLVI: f. 182, col. 4; f. 183, col. 1; XIV, cap. X, f. 216, col. 1; cap. XI, f. 216, col. 4; f. 217, col. 1; cap. XXXI, f. 235, col. 2; cap. XXXV, f. 240, col. 4; Doc. diplom. tratti dagli Arch. milanesi, a cura di L. Osio, Milano 1864-1872, II, doc. 196, pp. 315 s.; J. Ametller y Vinyas, Alfonso V de Aragón en Italia y la crisis religiosa del siglo XV, I, Gerona 1903, pp. 215 s., 220 ss., 265, 380, 383, 394, 499 s., 501-503, 510-512; III, San Feliu de Guixols 1928, pp. 523-528, 536 (con documenti); N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904, pp. 318 s., 351 s., 393-395.